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2. I modelli di previsione della crisi

2.1 I modelli statici di previsione delle insolvenze aziendali

2.1.1 Modelli teorici e modelli empirici

Gli strumenti statistici di diagnosi della crisi possono essere divisi in modelli teorici (o strumenti deduttivi) e modelli empirici (o modelli induttivi).I primi utilizzano una logica di tipo deduttivo, nel senso che partono dalla formulazione di considerazioni di carattere puramente concettuale, tralasciando i legami con il contesto reale in cui il fenomeno indagato si manifesta. I modelli teorici hanno come obiettivo la definizione di un modello statistico che possa stimare la probabilità di default di un’impresa, avente determinate caratteristiche strutturali, entro un certo periodo di tempo.

I modelli teorici si fondano sulla semplice considerazione che il ricorso all’indebitamento da parte dell’azienda comporta un incremento del rischio di fallimento. I modelli più noti e rappresentativi sono quello di Wilcox (Wilcox, 1971) e quello di Scott (Scott, 1981).

Entrambi esaminano un’azienda che resta in vita due soli periodi amministrativi ed i cui titoli azionari vengono negoziati sul mercato regolamentato. Osservando quindi che al termine del secondo periodo, viene dichiarato il fallimento se il valore di liquidazione è inferiore al suo valore di indebitamento totale.

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A queste due variabili viene associato un modello statistico di probabilità, che consente di calcolare le probabilità di fallimento della combinazione produttiva investigata.

I modelli teorici hanno dei limiti, che riguardano la loro sensibilità ai parametri che vengono definiti ex-ante, sulla base di considerazioni unicamente teoriche; inoltre, non sono in grado a cogliere in anticipo i segnali anticipatori di una crisi, perché si concentrano nel prevedere la fase terminale del processo degenerativo delle condizioni di equilibrio, caratterizzata dall’illiquidità. La scarsa precisione di questa metodologia deriva dall’indeterminatezza delle ipotesi poste alla base dei modelli, le quali difficilmente trovano un riscontro nello scenario delle imprese realmente operanti.

Per ovviare alla scarsa capacità di anticipare gli eventi dei modelli teorici si fa ricorso ai modelli empirici, cosi chiamati perché derivano da analisi ed osservazioni condotte su imprese, o campioni di imprese realmente operanti. Queste metodologie utilizzano un approccio bottom-up, nel senso che possiedono un’impostazione che consente il passaggio dal particolare al generale, attraverso l’applicazione del modello costruito sul campione ad un contesto molto più ampio (Mariani, 2012).

2.1.1.1 Caratteristiche dei modelli empirici di previsione delle insolvenze

Lo scenario delle metodologie statistiche di previsione delle crisi elaborate negli ultimi 70 anni, si presenta ampio ed eterogeneo; gli elementi che li contraddistinguono sono, in particolare:

• L’obiettivo prefissato

• La definizione di insolvenza • Le variabili utilizzate

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• Le tecniche statistiche utilizzate • I risultati ottenuti.

Per quanto riguarda il primo punto, le differenti analisi empiriche svolte nel tempo possono perseguire diverse finalità, come, ad esempio, prevedere il fallimento e classificare le diverse società, in maniera da definire quali sono quelle maggiormente propense alla crisi, oppure paragonare i diversi modelli e le differenti tecniche o variabili usate, per comprendere quali si dimostrino maggiormente significative o determinare la probabilità di default sulla base delle variabili analizzate (Teodori, 1994).

La scelta delle variabili è un momento molto determinante nella costruzione dei modelli, all’interno del quale la componente soggettiva, quindi il giudizio e le convinzioni dell’analista costituiscono un ruolo fondamentale. Trattandosi di modelli empirici, la loro individuazione, spesso, non risulta effettuata sulla base di schemi teorici di riferimento, ma in considerazione della capacità che tali variabili hanno di classificare e discriminare le imprese, ovvero in base alla loro significatività statistica. In linee generali, si può affermare che, in primo luogo, in tali ricerche si parte dalla considerazione di una serie di indicatori ritenuti rappresentativi di tutti gli aspetti rilevanti della gestione (redditività, liquidità, solidità) e, in un successivo momento, si effettua una riduzione del numero di tali variabili.

Il processo di selezione delle variabili continua, eliminando quelle che hanno un elevato grado di correlazione e che indagano il medesimo aspetto della gestione: in questo modo si escludono una serie di indicatori senza provocare una perdita di potere informativo ed esplicativo del modello. Dall’esame della letteratura emerge che le tipologie di

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indicatori maggiormente utilizzate nella costruzione di modelli in grado di diagnosticare anticipatamente uno stato patologico della gestione aziendale sono tre:

1. Indici di bilancio;

2. Variabili derivate dagli indici di bilancio; 3. Variabili a livello macro.

La prima tipologia di indicatori è la più utilizzata; per quanto riguarda la seconda, ci si riferisce all’utilizzo di trend dell’indice nel tempo o alla variabilità degli indici di bilancio osservata nel tempo, o ancora i market based ratio, rapporti che hanno al numeratore il valore della singola azienda e al denominatore l’aggregato della popolazione (Mariani, 2012).

I modelli empirici sono numerosi e hanno diversi gradi di complessità. Essi si possono distinguere in modelli empirici tradizionali e modelli empirici innovativi. I primi possono essere semplici, complessi o evoluti, a seconda del grado di difficoltà delle elaborazioni che si rendono necessarie.

Fig.2 I diversi modelli di previsione degli stati di crisi

Fonte: Podighe, Madonna, “I modelli di previsione delle crisi aziendali: possibilità e limiti Modelli di previsione Modelli teorici Modelli empirici Modelli tradizionali Modelli innovativi Semplici Complessi Evoluti Semplici

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I primi strumenti, le analisi sommarie e la tecnica a punteggio, sono molto semplici e non richiedono alcuna competenza tecnica specifica.

L’analisi di bilancio richiede invece una buona conoscenza delle tecniche ragionieristiche. L’analisi discriminante, necessità oltre alle precedenti anche di competenze statistiche.

I modelli innovativi, molti dei quali sono ancora in fase embrionale, sia a livello embrionale, sia a livello di studio che di applicazione pratica, richiedono conoscenze tecniche ancora più variegate e complesse (Podighe, Madonna, 2006).

Di particolare interesse, ai fini della nostra ricerca sono l’analisi di bilancio e le analisi di tipo multivariato, rappresentate dall’analisi discriminante (Z-Score).

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