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Modellizzazione della struttura della foresta

- La spazializzazione verticale

La mutua interazione tra la crescita forestale e le condizioni di luce causano una differenziazione verticale ed orizzontale nel mosaico forestale naturale (Bossel & Krieger, 1994). Il modello 3D-

CMCC, in funzione dei dati passati in ingresso, determina, all'inizio di ogni anno di simulazione,

per ciascuna cella, la struttura e la fisionomia della foresta. Il modello ordina in maniera decrescente tutte le classi di altezza presenti e le suddivide per i vari piani. In fase di inizializzazione l'operatore decide gli intervalli spaziali (ovvero il numero di layer “z” da considerare) su cui il modello deve creare i vari strati ad esempio: 0-5 m per lo strato dominato, 5- 20 m per lo strato dominante (caso di foresta bi-plana). In funzione del tipo di foresta che deve essere modellizzata, associa ad ogni classe di altezza la terza dimensione descritta dalla variabile “z”. Il modello in questo modo ha spazializzato in senso verticale il bosco. Per semplicità di calcolo, classi di altezza differenti, ma che rientrano negli stessi intervalli spaziali sopra elencati, vengono considerate o co-dominanti (nel caso in cui la loro altezza le ponga nello strato dominante) o dominate (caso di simulazione di foresta bi-plana). Successivamente alla definizione della

fisionomia verticale della foresta il modello procede alla definizione della stessa sul piano orizzontale. Tramite le equazioni allometriche e la funzione ”DBHDC Function”, principalmente basate sul diametro del tronco e sulla densità di popolamento, per ogni albero “medio” rappresentativo della classe, viene calcolata l'area di insidenza, ovvero l'area occupata dalla proiezione verticale della chioma al suolo che viene considerata uguale all'area della chioma. L'area di insidenza viene quindi moltiplicata per il numero di individui presenti per ogni strato, permette di ottenere la copertura totale di quella classe, in quel layer per ogni cella.

- La spazializzazione orizzontale e la “ DBHDC Function

L'area della chioma risulta linearmente e strettamente legata alla densità del popolamento (Dixon, 1985, Dai et al., 2009). Un albero, in un popolamento molto denso, tenderà a sviluppare una chioma più stretta ma più alta (alto coefficiente di rastremazione della chioma) rispetto allo stesso albero posto isolatamente (Bossel & Krieger, 1994; Peng et al., 2002). Per poter cogliere tale aspetto è stata sviluppata in 3D-CMCC una funzione lineare densità-dipendente che determina, entro certi valori massimi e minimi di densità, numero di individui per layer ad ettaro, l'area della chioma tramite l'equazione:

DBHDCeffective=DBHDCmaxDBHDCmin DENmaxDENmin

∗DEN −DENminDBHDCmin (7)

dove DBHDCeffective rappresenta il rapporto effettivo tra il diametro a petto d'uomo del tronco (DBH) e il diametro della chioma (DC), DBHDCmax il valore massimo tra DBH/DC e DBHDCmin il minimo, DENmax il valore massimo teorico di densità del popolamento e DENmin il minimo e DEN la densità effettiva (vedi Fig. 8). Oltre tali valori (sia minimi che massimi) il modello utilizza, nel caso di bassa densità, il rapporto massimo tra diametro del tronco e diametro della chioma (chioma espansa) mentre nel caso di alta densità viene utilizzato dal modello il rapporto minimo (chioma

estremamente rastremata).

Ottenuto il diametro della chioma, la copertura dello strato da parte della specie A (sia esso dominante o dominato) viene calcolato prima per ogni classe di altezza:

CanopyCoverspecieA=∗DBHDCeffective

2

4 (8)

e poi sommato tra tutte le classi di altezza presenti nello strato restituendo così il valore di copertura dello strato analizzato:

CanopyCoverlayer=CanopyCovern (9)

Seguendo l'approccio di Sitch (2003), se la copertura totale dello strato supera il valore di 1 (copertura maggiore del 100% con sovrapposizione delle chiome) interviene la funzione definita “Crowding Competition” che diminuisce il numero di individui (quindi la copertura totale delle chiome) fino ad un valore pari a 0,95 (copertura totale del layer uguale al 95%).

2.6.1 Competizione per la luce e dominanza relativa in un modello multi-strato

Risulta universalmente riconosciuto come la competizione per la luce in organismi fotosintetizzanti sia uno dei principali forzanti nella dinamica di un popolamento (Loach, 1970; Bazzaz, 1979, Bormann & Likens, 1994; Kobe et al., 1995). La competizione è infatti il processo attraverso il quale le piante si modificano e modificano l'ambiente circostante, è un processo dinamico all'interno del quale fattori biotici ed abiotici e le interazioni tra soprassuolo e suolo sono legati

Fig. 8: Funzione DBHDC (Denmin = 0,04 e Denmax = 0,2, DBHDCmax = 0,2 e DBHDCmin = 0,32) 0,010,020,030,040,050,060,070,080,09 0,1 0,110,120,130,140,150,160,170,180,19 0,2 0,210,220,230,24 0,16 0,18 0,2 0,22 0,24 0,26 0,28 0,3 0,32 0,34 0,36 DBH-DC Function DBHDCeffective Density (trees/ha) D B H /C ro w n D ia m e te r

indissolubilmente (Cannel & Grace, 1993). In un esperimento di Weiner & Thomas (1986), viene dimostrato come la competizione in semenzali sia essenzialmente di tipo “two sided” ovvero legato quasi esclusivamente alla presenza di acqua e di nutrienti nel suolo, ma al crescere del semenzale la competizione possa essere considerata principalmente di tipo “one side”, legata esclusivamente alla quantità di luce. Secondo Cannel & Grace (1993), quando la competizione è di tipo one-side al crescere della comunità viene a determinarsi una gerarchizzazione strutturale legata alle diverse dimensioni che ogni singolo individuo assume all'interno della comunità stessa. Numerosi studi hanno confermato l'effetto positivo della formazione di gap all'interno della copertura vegetale delle chiome sugli strati sottostanti specialmente se lo strato dominato è costituito da specie eliofile. La conoscenza della quantità di luce che viene intercettata e trasmessa da ogni strato permette di conoscere il gradiente di radiazione a disposizione per la fotosintesi di ogni albero e di predire gli effetti sulla produttività degli strati sottostanti a quello dominante in base ad un aumento, o ad una diminuzione di quest'ultima, in funzione anche di un intervento selvicolturale. In una foresta omogenea dal punto di vista fenologico (stessa fenologia tutta sempreverde o tutta decidua) l'altezza degli individui ne determina la dominanza. In foreste non omogenee (foresta mista di sempreverdi e caducifoglie) l'altezza può non determinare più la dominanza assoluta ma semplicemente una dominanza relativa. Facciamo un esempio.

Caso 1)

Foresta mista di decidue e sempreverdi in cui le sempreverdi, per la loro altezza, occupano nella struttura la posizione di dominanti e le decidue quella di dominate (vedi Fig. 9).

In questo caso la dominanza assoluta corrisponde alla dominanza relativa (l'albero più alto può essere considerato anche il dominante).

Fig. 9: Modellizzazione di una foresta mista a caducifoglie e sempreverdi (il singolo albero dell'immagine è da considerarsi rappresentativo dell'intero popolamento)

Caso 2)

Foresta in cui le decidue sono le più alte (vedi Fig. 10).

In una foresta di questo tipo (le foreste italiane a Fagus sylvatica ed Abies alba ne sono un esempio), le decidue vengono considerate dal modello in posizione dominante ma relativa, dominanti ma solo quando si trovano in fase vegetativa. Le sempreverdi sono invece sia in posizione dominata (quando le sempreverdi sono in fase vegetativa) ma anche in posizione dominante, quando le decidue sono in riposo vegetativo (se per semplicità viene considerato pari a zero l'ombreggiamento dovuto a fusti e rami delle specie sovrastanti). C'è quindi un caso di “co- dominanza” ma sfalsata e temporalmente disomogenea. In questi casi il modello, in funzione della somma termica o del limite termico definito dalla variabile “GrowthMin”, determina mensilmente, partendo dagli strati più alti, se ogni specie decidua si trovi o meno in fase vegetativa. Nel caso in cui la specie decidua sia la più alta ma in riposo allora il modello considera, per quel mese, la specie sottostante sempreverde come dominante ed ad essa verrà associata una quantità di PAR per il suo rango dominante. Successivamente, quando la specie decidua sovrastante si troverà ad essere in fase vegetativa, allora la specie sempreverde sottostante verrà ad essere “declassata” a specie dominata.

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