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Capitolo 1 MODELLI ANALITICI PER LO STUDIO DELLA RISPOSTA

1.2 Analisi monodimensionale della risposta sismica locale

1.2.3 Modello completamente non lineare

L’approccio lineare equivalente appena illustrato è in grado di calcolare la risposta del terreno per molti casi pratici, tuttavia esso rimane pur sempre un’approssimazione del reale comportamento del terreno e pertanto anche la risposta del terreno risulterà approssimata. Alternativamente è possibile utilizzare un approccio non lineare che consenta di derivare il comportamento del terreno e valutare la risposta per integrazione diretta dell’equazione del moto nel dominio del tempo.

Esistono diversi modelli che possono essere utilizzati per descrivere il legame costitutivo nel piano τ-γ. Se si considera un deposito di terreno infinitamente esteso lateralmente (ipotesi di risposta sismica monodimensionale), sollecitato tramite un input sismico orizzontale al bedrock, la sua risposta sarà governata dalla seguente equazione del moto:

∂τ ∂z=ρ ∂2u ∂t2 =ρ ∂u ∂t (1.92)

Utilizzando il metodo delle differenze finite esplicito in avanti, la derivata di una funzione

f(x) in un punto x1 assegnato risulta pari a:

df x1

dx = limΔx→0

f x1+Δx

Supponendo di suddividere l’intero deposito di terreno in N sottostrati di altezza Δz ed utilizzando il metodo delle differenze finite in avanti, è possibile esprimere le derivate della tensione tangenziale e della velocità in termini di rapporto incrementale:

∂τ ∂z≈ τi+1,ti,t ∆z (1.94) ∂u ∂t≈ ui,t+∆t-ui,t ∆t (1.95)

Sostituendo le (1.94) e (1.95) nell’equazione del moto si ottiene che: τi+1,t-τi,t

∆z =ρ

ui,t+∆t-ui,t

∆t (1.96)

Dall’equazione (1.96) è possibile esplicitare per lo strato i-esimo la velocità al tempo t+Δt in funzione della velocità e dello stress di taglio dello strato i-esimo e del successivo valutati all’istante precedente.

ui,t+∆t ui,t+ ∆t

ρ∆z τi+1,t-τi,t (1.97)

Applicando l’equazione (1.97) a tutti gli N strati in cui il deposito è stato suddiviso, può essere determinato il profilo delle velocità al tempo t+Δt; le velocità così determinate alla fine di ogni time-step rappresenteranno le velocità iniziali di quello successivo. Come per ogni altro problema di integrazione numerica, è necessario che le condizioni al contorno vengano soddisfatte. In corrispondenza della superficie, le tensioni tangenziali devono risultare nulle, per cui l’equazione (1.97) diventa:

u1,t+∆t ui,t+

∆t

ρ∆zτ2,t (1.98)

Le condizioni al contorno alla base della colonna di terreno dipendono principalmente dalla natura del substrato roccioso; se il bedrock viene assunto infinitamente rigido rispetto al terreno, la sua particolare velocità può essere specificata direttamente come input. Se si considera invece il bedrock deformabile, occorre imporre la condizione al contorno secondo la quale, all’interfaccia bedrock-terreno, deve essere soddisfatta la continuità:

uN+1,t+∆t uN+1,t+

∆t

ρ∆z τr,t-τN,t (1.99)

Un’onda incidente che si propaga verso l’alto attraverso il bedrock, con una certa storia di velocità all’interfaccia bedrock-terreno, è tale che lo stress di taglio al contorno risulta approssimativamente:

τr,t≈ρrVr 2ur t+∆t -uN+1,t+∆t (1.100)

Sostituendo la (1.100) nella (1.99) è possibile ricavare la velocità relativa allo strato N+1 e al tempo t+Δt: uN+1,t+∆t=uN+1,t+ ∆t ρ∆z 2ρrVrur t+∆t -τN,t 1+ρ∆z ρ∆t rVr (1.101)

Una volta stabilite le condizioni al contorno, l’integrazione numerica procede dalla base del deposito (strato i=N+1) sino alla sua superficie (strato i=1) per ciascun intervallo di tempo. Le velocità determinate alla fine di ogni istante temporale sono necessarie per calcolare le tensioni tangenziali nello stesso istante. Se il deposito di terreno è inizialmente in quiete, la velocità e la tensione tangenziale sono nulle per tutti gli strati in cui il deposito è suddiviso. L’incremento degli spostamenti per ogni istante di tempo può essere determinato tramite la seguente relazione:

Δui,t=ui,tΔt (1.102)

La deformazione di taglio per ogni strato può essere invece stimata come:

γi,t=∂u ∂z≈

∆ui,t

∆z (1.103)

Pertanto, assumendo per il terreno un comportamento elastico lineare, la tensione tangenziale dipenderà soltanto dalla deformazione di taglio corrente (1.104); se, invece, si assume un comportamento non lineare, la tensione tangenziale dipenderà sia dalla deformazione di taglio corrente che dal legame costitutivo utilizzato (equazione 1.105).

τi,t=Giγi,t (1.104)

τi,t=Gi γi,t γi,t=

Gi γi,t

Gi,0 Gi,0γi,t

(1.105)

Il processo di integrazione appena descritto può essere dunque riassunto nei seguenti passi: 1. all’inizio di ogni intervallo temporale vengono determinate le velocità e gli spostamenti

competenti ad ogni strato;

2. si risale al profilo delle deformazioni di taglio tramite il profilo degli spostamenti;

3. il legame costitutivo τ-γ (che può essere lineare o non lineare), viene utilizzato per determinare le tensioni tangenziali in ogni strato. Se viene assunto un legame costitutivo non lineare l’inversione delle tensioni tangenziali viene individuata applicando i criteri di Masing (1926);

4. dall’input sismico imposto alla base del deposito si determina il moto all’istante successivo

t+Δt;

5. il moto di ogni strato all’istante t+Δt viene determinato dalla base alla superficie del deposito;

6. si ripete nuovamente il processo illustrato sin dal punto 1.

Per quanto concerne il legame costitutivo non lineare esistono diversi modelli che sono in grado di descrivere il comportamento ciclico del terreno. Tali modelli sono caratterizzati da una curva scheletro (backbone curve), ossia dal legame τ-γ, e da una serie di leggi che governano i cicli di carico e di scarico, di seguito esposte:

L1. La curva di primo carico risulta essere proprio la curva scheletro che indicheremo come Fbb. L2. Allorquando si verifichi una inversione di carico, definita dalle coordinate (γr,τr), la curva di

scarico assumerà il seguente andamento: τ-τr

2 =Fbb γ-γr

2 (1.106)

Quanto appena detto significa che le successive curve di carico e scarico avranno la stessa forma della curva scheletro, con origine nel punto di inversione ma scalata di un fattore 2. L3. Se il tratto di carico o scarico interseca la curva scheletro, in tal caso il percorso tenso-

L4. Se il tratto di carico o scarico subisce una inversione senza intersecare la curva scheletro allora il percorso tenso-deformativo evolve lungo la curva prevista dalla seconda legge. Un esempio che permette di comprendere meglio le suddette leggi è illustrato in Figura 1.20.

Figura 1.20 – Modello completamente non lineare.

Il ciclo di carico inizia nel punto A e procede verso il punto B seguendo la curva scheletro come richiesto dalla Fbb (legge L1). Nel punto B si verifica una inversione di carico che segue la curva prevista dall’equazione (1.106) (legge L2). Il processo di scarico successivamente interseca nel punto C la curva scheletro pertanto, in virtù della legge L3, il percorso continua lungo la curva scheletro stessa fino a raggiungere il punto di inversione D. Dal punto D il percorso evolve lungo la curva prevista dalla legge L2 e il processo si ripete analogamente per il resto del carico.

E’ necessario infine sottolineare che per i modelli appena descritti, attraverso la definizione della curva scheletro, si definiscono i cicli di isteresi e di conseguenza lo smorzamento; si riesce a controllare solo la curva di decadimento della rigidezza e non quella di incremento dello smorzamento che è automaticamente descritta; per le analisi elastiche di tipo lineare equivalente si riesce invece ad avere il controllo sia sul decadimento del modulo che sull’incremento dello smorzamento.

La ricerca in questo senso sta procedendo verso la definizione di modelli non lineari che colgano contemporaneamente i due aspetti del problema.

Il modello lineare equivalente e quello completamente non lineare, possono essere efficacemente utilizzati per risolvere problemi di risposta sismica locale, anche se hanno ipotesi alquanto differenti. Le due metodologie sono state confronta teda diversi Autori su casi reali ed in generale è possibile enunciare le seguenti principali differenze:

τ γ B A C D E F G H Backbone curve A B C D E F G H t τ

• il modello lineare equivalente può stimare condizioni di risonanza quando le componenti principali dell’input coincidono con le frequenze naturali di oscillazione del sistema lineare equivalente; in realtà questa condizione di risonanza potrebbe anche non verificarsi in quanto la rigidezza del terreno cambia istantaneamente durante l’evolversi del sisma, per cui in superficie spesso non si verificano le elevate amplificazioni previste dall’analisi lineare equivalente;

• i modelli completamente non lineari, a differenza dei modelli lineari equivalenti, possono essere formulati in termini di tensioni efficaci, consentendo la modellazione numerica della generazione, ridistribuzione ed eventuale dissipazione dell’eccesso di pressione interstiziale indotta da un evento sismico.

• le differenze principali tra le due modellazioni dipendono sostanzialmente dal grado di non linearità raggiunto. Infatti, per problemi in cui il livello deformativo indotto dal sisma è basso (depositi di terremo molto rigidi o input sismici di ampiezza modesta) entrambe le analisi possono produrre stime accettabili della risposta sismica locale. Per problemi in cui il livello deformativo indotto è elevato, le analisi completamente non lineari sono preferibili e conducono ad una stima più attendibile della risposta sismica locale in superficie.

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