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Capitolo 2 La metodologia Data Envelopment Analysis (DEA) per la misurazione

2.5 Il modello DEA CCR

Il metodo DEA comprende concetti e metodologie attualmente incorporate in una serie di modelli con relative possibilità interpretative, tra cui in particolare i due modelli che verranno utilizzati nel presente elaborato: il modello DEA CCR, ossia il modello DEA originale, che fornisce una valutazione dell’efficienza complessiva, identificando le fonti di inefficienza, e il modello DEA BCC, utile nell’identificare la presenza di rendimenti di scala crescenti, decrescenti o costanti13. Nonostante entrambi permettano di formulare conclusioni manageriali ed economiche e forniscano utili risultati, i relativi orientamenti sono diversi.

Il modello CCR, che prende nome dai suoi ideatori, Charnes, Cooper e Rhodes, calcola l’efficienza tecnica relativa di ogni DMU, considerando il rapporto tra la somma pesata degli output e la somma pesata degli input, dove tali pesi sono selezionati in maniera da calcolare l'efficienza di ogni unità decisionale, tale che nessuna di esse possieda un’efficienza relativa maggiore all’unità; i pesi attribuiti ad ogni DMU massimizzano l’efficienza di quella DMU nel confronto con le altre, a condizione che l'insieme di pesi ottenuto in tale maniera per ogni unità sia attuabile anche per esse.

Per ogni unità decisionale inefficiente, la DEA identifica la fonte e il livello di inefficienza per ogni input ed output ad essa relativi.

13

Meritano alcuni brevi accenni ulteriori modelli ed estensioni della metodologia DEA esistenti e che non verranno in questa tesi utilizzati ai fini dell’analisi empirica, come i modelli moltiplicativi, che determinano una frontiera log-lineare, i modelli additivi, i modelli additivi estesi, facenti riferimento alle iniziali analisi di Charnes e Cooper e al concetto di Pareto efficienza in economia, così come interpretato dai primi lavori di Koopmans (1949), e la Free Disposal Hull (FDH), modello per la prima volta formulato da Deprins, Simar e Tulken nel 1984 e sviluppato ed esteso da Tulken e dai suoi collaboratori dell’università di Louvain in Belgio, volto ad assicurare che le valutazioni di efficienza siano effettuate solo da performance effettivamente osservate. Importante estensione della metodologia DEA, che non verrà però impiegata nell’analisi empirica, è la window analysis, che Charnes ha proposto nel 1985. La window analysis è volta a valutare le performance delle unità decisionali nel tempo, trattandole come entità differenti in ogni periodo temporale, ed è in grado di monitorare le prestazioni di un’unità o di un processo. Una variante di questa estensione, proposta da Talluri nel 1997 e denominata modified window

analysis, consente invece ad un nuovo periodo di essere messo a confronto con il migliore dei periodi

precedenti, agevolando in tal modo eventuali possibili miglioramenti e il processo di benchmarking.

Tale livello è determinato da un confronto con una singola DMU o con una combinazione convessa di altre DMU localizzate sulla frontiera efficiente. La metodologia DEA fornisce un valore di efficienza globale basato su un processo dove il peso associato ad ogni input ed output dovrebbe riflettere l’importanza relativa ad essi attribuita dal decision maker.

La somma pesata di input ed output è ottenuta moltiplicando ognuno di questi per un peso e poi sommando le quantità pesate per costituire un output o un input composto. Un indicatore di efficienza globale può essere definito calcolando il rapporto tra la somma ponderata degli output e la somma ponderata degli input:

1 1 2 2

1 1 2 2

u u ... u ... u

somma pesata output

somma pesata input ... ...

r r t t r r t t y y y y v x v x v x v x + + + + + = + + + + + .

(2.4)

Tale metodologia supera quindi le difficoltà legate alla ricerca di un insieme comune di pesi, consentendo che ogni museo scelga i pesi migliori, e consente di misurare l’efficienza tecnica relativa di un set di organizzazioni analizzandone la frontiera efficiente. Per determinare i pesi, viene quindi utilizzata la programmazione lineare nel tentativo di massimizzare il rapporto (2.4).

Le variabili di input ed output non devono necessariamente avere la stessa unità di misura (alcune possono coinvolgere il numero di persone, altre aree di spazio, spese e così via) ed andrebbero scelte in maniera tale che i dati numerici siano disponibili e positivi e che i parametri scelti riflettano gli interessi di un manager o di un’analista. Ottenuti i dati, l’efficienza di ogni DMU verrà misurata effettuando un numero n di

ottimizzazioni, una per ogni DMU che deve essere valutato.

Si supponga ad esempio di considerare un numero n di unità decisionali (DMU1, 2

DMU ,…, DMUn). Per valutare l’efficienza relativa di una determinata DMU k (k =

1,…, n), si definiscono:

- yrk l’ammontare di output r (r = 1, 2, …, t) prodotto dalla DMU k ;

- x l’ammontare di input i ( i = 1, 2, …, m) utilizzato dalla DMU k ; ik

- urk il peso assegnato all’output r, per la DMU k ;

- v ik il peso assegnato all’output i, per la DMU k .

1 1 2 2 1 1 2 2 ... ... ... ... k k k k rk rk tk tk kk k k k k ik ik mk mk u y u y u y u y E v x v x v x v x + + + + + = + + + + + (2.5)

dove i pesi sono selezionati in modo da mostrare l’unità decisionale k sotto la luce più

favorevole; i pesi u e rk v massimizzano quindi la misura di efficienza di ik E , sotto il kk vincolo per il quale non vi sono altre DMU j, utilizzando gli stessi pesi, che

mostreranno una misura di efficienza maggiore di 1. Definiamo quindi Ekj come l' efficienza relativa della DMU j quando utilizziamo i pesi associati alla DMU k:

1 1 2 2 1 1 2 2 ... ... ... ... k j k j rk rj tk tj kj k j k j ik ij mk mj u y u y u y u y E v x v x v x v x + + + + + = + + + + + (2.6)

Il problema DEA per misurare la performance di una unità decisionale k può essere formulato nel modo seguente:

massimizzare E (2.7) kk

s.a. Ekj ≤1 (j = 1, …, n) (2.8)

urk,vik

ε

(r = 1, …, t; i = 1,…, m) (2.9)

dove E ed kk E sono definite come in (2.5) e (2.6). Risolvere dunque il seguente kj

problema permetterà di ottenere valori per i pesi (vjk)(j = 1, …, m) degli input e i pesi

(urk) (r = 1,…, s) degli output.

Il suddetto problema di ottimizzazione deve essere eseguito n volte, una per ogni unità

decisionale target k (k = 1, …, n). I vincoli (2.8) esprimono come il rapporto tra output

ed input virtuale non debba superare l’unità per ogni DMU che deve essere valutata. Questo problema di programmazione lineare può essere poi convertito in un problema di programmazione lineare equivalente.

Nel modello input-oriented lo scopo delle unità decisionali è quello di minimizzare gli input, senza diminuire il livello di output, mentre nel modello output-oriented lo scopo è quello di massimizzare gli output senza aumentare il livello di input.

Il problema di programmazione lineare input-oriented equivalente al problema (2.7) – (2.9) è rappresentato dal seguente problema:

massimizzare 1 m rk rk i u y θ = =

(2.10) s.a. 1 1 m ik ik i v x = =

(2.11) 1 1 0 m m rk rj ik ij r i u y v x = = − ≤

(j = 1, …, n) (2.12) urk,vik

ε

(r = 1, …, t; i = 1, …, m) (2.13)

I pesi u e rk v , che rappresentano le variabili da determinare, devono essere maggiori o ik

uguali alla quantità ε, per evitare che eventuali input o output vengano ignorati nella misura di efficienza.

Se la misura ottima di efficienza E*kk è pari all’unità, allora la DMU k sarà relativamente efficiente e nessun altra DMU sarà altrettanto efficiente per quei pesi ottimali.

Se invece tale efficienza sarà minore di 1, significa che esiste almeno un’altra organizzazione che possa produrre la stessa quantità di output, utilizzando una quantità minore di input, o in alternativa possa produrre un ammontare maggiore di output, mantenendo invariate le quantità di input, e che l'unità decisionale target potrà essere considerata relativamente inefficiente.

In termini di efficienza, possono essere tratte delle considerazioni interessanti a partire dal problema duale del suddetto problema di programmazione lineare, nel quale xo

indica il vettore degli input ed yo quello degli output, ossia:

minimizzare θ (2.14) s.a.

θ

xoX

λ

≥0 (2.15) X

λ

yo (2.16) λ≥0, (2.17)

*

θ è la soluzione ottima del problema (2.14)-(2.17) e, secondo il teorema della dualità della programmazione lineare, è anche soluzione ottima del problema (2.10)-(2.13), nonché valore di efficienza CCR.

Se risulta θ*≺ , la DMU non può considerarsi efficiente. Di conseguenza, a partire dai 1 vincoli (2.15) e (2.16) è possibile definire delle variabili slack quali s− =θxoXλ

(input excesses) e s+ =Yλ−yo(output shortfalls), con s− ≥0 e s+ ≥0.

Il seguente problema può dunque essere risolto al fine di identificare le variabili λ, s−e

s+: massimizzare w=es−+es+ (2.18) s.a. s− =θ*xoXλ (2.19) s+ =Yλ−yo (2.20) λ≥0, s−≥0, s+ ≥0, (2.21) dove e=(1,...,1), es− =∑ ed im=1 es+ = Σsr=1sr+.

L’obiettivo di tale problema è quello di trovare una soluzione che massimizzi la somma degli input excesses e delle output shortfalls mantenendo θ θ= *.

Una soluzione ottima del problema (2.18)-(2.21) è chiamata max-slack solution e, se soddisfa le condizioni *

0

s− = e *

0

s+ = , allora è chiamata zero-slack. Un’unità decisionale sarà dunque detta CCR-efficiente se *

1

θ = e le variabili s e s+ sono uguali a zero.

Come affermato in Tone, Seiford e Cooper (2000), la prima di queste due condizioni è anche detta efficienza radiale, in quanto un valore θ*minore di 1 significherebbe che gli input possono essere contemporaneamente ridotti senza alterare le proporzioni in cui sono impiegati, mentre la seconda è definita inefficienza mista14.

Il rispetto di entrambe le condizioni determina infine la cosiddetta efficienza di Pareto-

Koopmans, secondo la quale un’unità decisionale è pienamente efficiente se e solo se

non è possibile migliorare un input o un output senza peggiorare la condizione degli altri input e output. Quando vengono coinvolte organizzazioni pubbliche e non profit, si verificano problemi nell’identificare il servizio da questi offerto; inoltre, in particolare

14

La condizione che determina l’inefficienza mista, se riguardante input ed output, può rivelarsi un utile strumento per effettuare miglioramenti in termini di efficienza.

nel settore culturale, deve essere prestata particolare attenzione alla scelta dei fattori più adatti nell’applicazione della metodologia.

Il numero totale di variabili prese in considerazione non dovrebbe poi eccedere rispetto al numero di unità decisionali considerate, poiché questo comporterebbe difficoltà nel distinguere le unità efficienti da quelle inefficienti.

Gli input includono, nel caso del museo, tutte le risorse necessarie all’organizzazione per condurre le proprie attività, mentre gli output comprendono i servizi prodotti dal museo a tutti i livelli (dall’esposizione, alla conservazione, alla ricerca alla didattica). Poiché le variabili possono avere differente natura, è possibile includere ad esempio attività ausiliarie, come quelle svolte dal bookshop e dalla caffetteria.

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