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Capitolo 2 La metodologia Data Envelopment Analysis (DEA) per la misurazione

2.1 Potenzialità e limiti della metodologia DEA

La Data Envelopment Analysis (DEA) è un metodo non parametrico di misurazione dell’efficienza di unità decisionali (in letteratura DMU, ossia decision making unit11), introdotto per la prima volta da Charnes, Cooper e Rodhes nel 1978.

Ai fini dell’analisi empirica che verrà effettuata nei successivi capitoli per mezzo di tale metodologia, il presente capitolo focalizzerà l’attenzione sul funzionamento di quest’ultima ed in particolare dei modelli CCR e BCC.

Fornire un’indicazione di quali siano le organizzazioni migliori in termini di efficienza, per mezzo del confronto tra le performance conseguite, è infatti un aspetto fondamentale per potenziali investitori, clienti di un servizio o di coloro che ne gestiscono la fornitura. Sono diversi i decision makers, come ad esempio direttori museali, visitatori, fundraisers e donatori, che potrebbero avere interesse nelle attività concernenti il museo e di conseguenza potrebbero preferire indicatori diversi nel valutarne la performance. Il modello DEA può particolarmente facilitare l’investitore nelle proprie scelte, integrando obiettivi di carattere finanziario e non finanziario, al fine di condurne l’attenzione verso investimenti responsabili.

La Data Envelopment Analysis consente dunque una collaborazione tra analisti e decision makers che va dalla scelta dei parametri utilizzabili, a quella delle possibili variabili da prendere in considerazione, all’identificazione di competitori potenziali e dei loro possibili comportamenti. Misure di performance comparabili hanno più valore quando sono relative a obiettivi e aspetti legati alla prestazione per i quali si è responsabili e quando rimandano ad aspetti della fornitura di un servizio.

I risultati ottenibili tramite la metodologia in questione possono rappresentare uno strumento di miglioramento molto utile: il processo di misurazione della performance

11 Genericamente per DMU si intende l’entità responsabile della conversione di input in output e le cui

determina infatti la facoltà di identificare inefficienze nelle prestazioni e quindi di fornire un incoraggiamento e una direzione per il perfezionamento di queste ultime. Tale processo di misurazione può determinare inoltre ulteriori benefici.

In primis la misurazione delle prestazioni necessita di una chiara comprensione delle risorse utilizzate e degli output prodotti: rendere trasparenti input ed output può condurre infatti ad una valutazione critica del perché tali risorse siano state utilizzate per fornire un determinato output, chiarendo obiettivi e priorità del servizio fornito.

In secondo luogo, il tentativo di misurazione della performance determina una maggiore consapevolezza per managers e responsabili politici rispetto ad un’eventuale carenza di dati. Se tali carenze sono catalogate e segnalate, la qualità dei dati può essere migliorata, così come la capacità di praticare misurazioni più precise. Nel provare nuovi approcci nella misurazione della performance, potrebbero esserci esitazioni per paura che tali dati non siano qualitativamente adatti; tuttavia, come suggerito da Scales (1997), un buon punto di partenza può solitamente essere quello di affidarsi a dati attualmente disponibili, in quanto l’attesa di dati precisi può portare ad ampi ritardi e l'uso dei dati disponibili è spesso un catalizzatore per lo sviluppo di una migliore qualità dei dati. Per discutere della metodologia DEA nel modo più accurato, l’autore distingue diversi tipi di efficienza, facendo in particolare riferimento al concetto di efficienza allocativa indicativo di come l'organizzazione stia usando le sue risorse in maniera tale da ridurre al minimo i costi, e a quello di efficienza tecnica, facente riferimento alla conversione di input fisici (come ad esempio i servizi di dipendenti o macchine) in una data quantità di output e indicativo della capacità di ottimizzare l'output, dati certi input, o di utilizzare la minor quantità possibile di input per ottenere la stessa quantità di output, evitando così sprechi di risorse. In tal caso, la misura di efficienza relativa12 di un’unità efficiente sarà pari ad 1.

La metodologia DEA offre il vantaggio di poter tenere contemporaneamente in considerazione una molteplicità di input ed output, ognuno dei quali valutato con una propria unità di misura, e di misurare l’efficienza relativa, le fonti e il grado di inefficienza di ogni unità, senza la necessità di scegliere a priori i pesi da attribuire ai diversi input ed output o di specificare la relazione tra i due.

Come tuttavia spiegato in Pitaktong, Brockett, Mote e Rousseau (1998), cercare di comprendere tale relazione è fondamentale nel determinare i tassi di cambiamento degli output al variare degli input, tassi che possono infatti avere importanti implicazioni

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Per efficienza relativa si intende il rapporto tra la misura di efficienza di ciascuna unità decisionale e la misura di efficienza maggiore.

economiche e gestionali nell’analisi dei risultati ottenuti con tale metodologia, nelle previsioni e nelle decisioni legate all’allocazione di risorse. Un primo e fondamentale passo per comprendere e stimare tali tassi di cambiamento è la corretta identificazione delle unità decisionali efficienti e la Data Envelopment Analysis permette di calcolare il potenziale miglioramento ottenibile, in quanto le proiezioni sono basate sulla perfomance migliore tra tutte le DMU collocate sulla frontiera efficiente.

Charnes, Cooper, Lewin e Seiford (1994) hanno delineato in maniera particolare altri importanti pregi relativi alla metodologia in questione. La Data Envelopment Analysis, basandosi su caratteristiche quali la definizione di ogni DMU a partire da un singolo punteggio complessivo di efficienza relativa, l’elaborazione di proiezioni di miglioramento specifiche per ogni DMU e l’abbandono di approcci alternativi e indiretti di natura statistica,risulta adatta a mettere in luce relazioni che rimangono nascoste per le altre metodologie.

Tale strumento si distingue inoltre per l’attenzione rivolta alle osservazioni individuali, finalizzate ad evitare l’uso di medie generali, e per la creazione di una singola misura aggregata per ogni DMU, in termini di utilizzo degli input impiegati e degli output prodotti. Infine la Data Envelopment Analysis non implica la specificazione di pesi a priori da attribuire ad input e output. Nonostante tali pregi, la metodologia prevede alcuni limiti, come ad esempio la produzione di risultati particolarmente sensibili all’errore di misurazione: se gli input di un’organizzazione sono sottostimati o i suoi output sovrastimati, si può infatti verificare un’anomalia che distorce in maniera significativa la forma della frontiera, riducendo i punteggi di efficienza delle altre organizzazioni. La DEA inoltre è in grado di misurare l’efficienza di determinate DMU all'interno di un particolare campione, pertanto non è utile nel confronto tra punteggi di casi diversi, in quanto le differenze tra le migliori prestazioni di tali casi non sono conosciute. La Data Envelopment Analysis è tuttavia uno strumento utile ed impiegato spesso per esaminare l'efficienza dei fornitori di servizi pubblici.

Proprio come devono essere tenuti in considerazione questi limiti, è necessario considerare i potenziali benefici introdotti dalla DEA che, in combinazione con altri metodi di misurazione, è ad esempio in grado di aumentare la generale comprensione delle prestazioni di organizzazioni e di pensare a potenziali modi per migliorarlo.

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