9. APPLICAZIONE DEL MODELLO DPSIR PER L’ANALISI DEL FENOMENO
9.1. Il modello DPSIR applicato alla problematica dei danni da ungulati
La situazione generale delle popolazioni di ungulati nel nostro Paese, sebbene in maniera piuttosto variabile a seconda del contesto geografico e comprensoriale considerato, è andata pro-gressivamente migliorando a partire dagli anni ‘50-‘60 secondo un andamento in cui sono evi-denziabili tre fasi principali (Carnevali et al., 2009).
Una prima fase, i cui maggiori effetti si sono incominciati a sentire nel secondo dopoguerra (soprattutto negli anni ’60 e ’70) e sono tuttora presenti seppure in forma attenuata. Ci riferiamo alle mutate condizioni socio-economiche e ambientali derivanti dal boom economico e dall’au-mento del benessere intervenuto in questo periodo storico nel nostro paese. Tra i diversi effetti di questa evoluzione vi è stato il forte esodo della popolazione e della forza lavoro dalle cam-pagne e dalle zone di collina e montagna alle aree cittadine e alle zone di maggiore sviluppo industriale di pianura e fondo valle. Tale situazione ha determinato il ritiro dell’agricoltura dai territori di coltivazione meno facili e meno produttivi ed il conseguente abbandono di molte aree montane e collinari con uno sviluppo dell’incolto, del bosco e della wilderness di questi terri-tori. La conseguenza di ciò è stata la riduzione della presenza rurale e delle attività produttive, l’aumento della superficie forestale con una maggiore disponibilità di risorse trofiche derivanti dai prodotti del bosco oramai meno utilizzate dall’uomo. Tali fenomeni hanno innescato il na-turale recupero delle popolazioni di ungulati selvatici in molte aree del nostro Paese e soprat-tutto nelle zone della medio-alta collina e montagna.
Una seconda fase, o aspetto, di questa evoluzione socio-economica e territoriale, è stata quella dell’incremento dell’interesse della comunità per la conservazione dell’ambiente e delle risorse naturali che ha portato ad una maggiore programmazione del territorio, al controllo delle atti-vità produttive e ricreative e alla diffusione di numerose aree protette. Tale fenomeno, iniziato timidamente alla fine degli anni ’70, si è accentuato negli anni ’80 per esplodere nel decennio successivo. Ciò ha indubbiamente favorito l’incremento numerico e la stabilizzazione delle po-polazioni di ungulati soprattutto nelle aree più vocate (INFS, 2002; Genghini, 2007).
Un ultimo aspetto di questa evoluzione è quello ascrivibile all’incremento e diffusione della pratica degli allevamenti da una parte e delle reintroduzioni, immissioni e ripopolamenti di un-gulati dall’altra. Mentre le prime erano già diffuse da tempo in diverse aree del territorio nazio-nale, il secondo gruppo di interventi si è sviluppato soprattutto a partire dagli anni ’90. Di questi interventi ne hanno “beneficiato” soprattutto alcune specie di ungulati ed in particolare il Cin-ghiale Sus scrofa, il Capriolo Capreolus capreolus, il Cervo Cervus elaphus e il Daino Dama dama, che hanno in questo modo allargato velocemente i propri areali diffondendosi in modo consistente in molte aree del nostro paese.
Queste tre fasi, sebbene non siano nettamente distinguibili dal punto di vista cronologico, costituiscono la fonte determinante del conflitto con le attività agro-silvo-pastorali (gli impatti).
Per quanto riguarda il Cinghiale, le pressioni e gli impatti originati dalla specie sono larga-mente predominanti rispetto a quanto originato da tutti gli altri ungulati messi insieme. Ciò è dovuto principalmente alle caratteristiche eco-etologiche del suide, in grado di adattarsi alle di-verse condizioni ambientali, alla presenza antropica e alla sua “aggressività” nei confronti del-l’habitat agro-forestale e degli altri selvatici. Anche la diffusione e l’incremento degli alleva-menti e dei ripopolaalleva-menti sono stati superiori a quelli delle altre specie. In particolare vi è da considerare che spesso i ripopolamenti sono stati realizzati con animali non autoctoni, per lo più di origine centro-europea. Tali cinghiali oltre ad essere di taglia superiore rispetto a quelli
originariamente presenti in Italia, e quindi con maggiori esigenze alimentari, proprio perché al-loctoni risultano più impattanti per l’ecosistema agricolo e forestale originando problematiche maggiori nei confronti delle attività produttive e conservative.
Per un inquadramento di questa problematica specifica nel modello DPSIR è stato neces-sario anzitutto individuare i nodi del modello (da distinguere dagli indicatori veri e propri), come indicato nella figura 9.2.177
Determinanti
L’origine dei fenomeni di pressione ed impatto può essere fatta risalire a cause molto gene-rali o a problemi più immediati e diretti. Tra i determinanti genegene-rali è possibile identificare: 1. i cambiamenti climatici (possono influire sui fenomeni di intensificazione e
marginalizza-zione);
2. lo sviluppo tecnologico (anch’esso può influire sull’intensificazione e la diffusione delle pres-sioni antropiche);
177Nella definizione del modello la prima difficoltà è sorta nel dover distinguere nettamente i nodi del modello. In particolare è risultato difficile separare completamente i “Determinanti” dalle “Pressioni”, e lo “Stato” dagli “Im-patti”. In relazione a ciò, per rimanere coerenti con lo schema del modello DPSIR tradizionale, abbiamo mantuto comunque distinti i nodi fra loro, ma graficamente abbiamo accentuato le sovrapposizioni esistenti fra alcuni di questi (figura 9.2).
Figura 9.2 - Approccio DPSIR applicato al fenomeno dei danni da ungulati alle colture agricole e fo-restali.
3. i cambiamenti dell’uso del suolo (possono determinare redistribuzione delle attività umane, intensificazione e marginalizzazione);
4. i cambiamenti nel benessere degli individui (possono originare una modifica degli interessi e dei desiderata individuali).
Tra i determinanti più immediati e conseguenti rispetto ai precedenti è possibile invece in-dividuare:
5. la riduzione della presenza antropica e dell’agricoltura nelle aree di collina e montagna (col-legata ai cambiamenti di uso del suolo);
6. lo sviluppo e la diffusione delle foreste, dell’incolto e la riduzione delle aree aperte in zone di collina e montagna (collegate ai cambiamenti di uso del suolo);
7. lo sviluppo e la diffusione delle aree protette (collegato ai cambiamenti nel benessere degli individui);
8. l’incremento dell’influenza e dell’attività venatoria (collegato ai cambiamenti nel benessere degli individui e allo sviluppo tecnologico).
Pressioni
L’azione dei Determinanti genera delle pressioni sull’ambiente. In particolare, considerando la problematica dei danni da ungulati alle attività agro-forestali, queste pressioni sono rappre-sentate principalmente dall’incremento dell’areale e della consistenza delle popolazioni di un-gulati (in particolare dei cinghiali).
Stato
Lo stato rappresenta le caratteristiche e le condizioni dell'ambiente al momento in cui viene analizzato. Considerando il problema specifico, l’ambiente maggiormente a contatto con le po-polazioni di ungulati è quello dei territori di collina e montagna, pertanto la descrizione dello stato dell’ambiente riguarda in particolare questi territori e può comprendere:
9. le caratteristiche dell’agricoltura dell’area (principali coltivazioni agricole e tipologie di aziende agricole presenti);
10. Le caratteristiche delle foreste dell’area (tipologia e modalità di gestione);
11. Le caratteristiche delle altre risorse naturali tipiche del territorio in questione (fauna, flora, acqua, suolo, ecc.);
12. Le caratteristiche paesaggistiche e di ecologia del paesaggio dell’ambiente interessato.
Impatti178
Gli impatti sono tipicamente l’effetto delle pressioni sullo stato, quindi nel nostro caso gli effetti dell’azione delle popolazioni di ungulati sulle attività agricole e forestali e sul patrimonio naturale. Si tratta quindi dei:
178In quest’ambito, avendo impostato la problematica come “danni delle popolazioni di ungulati alle attività agro-forestali”, nel modello DPSIR vanno considerati solo gli impatti negativi di queste specie alle attività produttive, seppure evidentemente vi siano anche aspetti positivi di queste interrelazioni.
13. danni economici alle attività agro-forestali (quando cioè l’impatto fisico è significativo e si traduce in danno economico);
14. danni al patrimonio ambientale (quando cioè l’impatto fisico diventa rilevante e significa-tivo per alcune componenti dell’ambiente naturale, non rimane cioè nell’ambito del danno “fisiologico”, “naturale” o sostenibile.
Risposte
Le risposte rappresentano gli interventi dello Stato, delle Amministrazioni pubbliche e degli Enti di gestione faunistica e agro-ambientale del territorio. Tra queste in particolare vi possono essere:
15. le Istituzioni esistenti e create a fini specifici per la gestione ambientale e faunistico-vena-toria del territorio;
16. le politiche economiche (regolamenti comunitari, leggi nazionali e regionali);
17. la gestione locale (il monitoraggio, le misure di prevenzione, indennizzo/risarcimento, con-trollo e prelievo delle popolazioni selvatiche e le misure di programmazione agro-ambien-tale del territorio).