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Un modello di formazione continua degli insegnanti

Nel documento RicercAzione Volume 7 - Numero 2 (pagine 119-125)

per la formazione degli insegnanti all’imprenditività 1

7. Un modello di formazione continua degli insegnanti

all’imprenditività

Un possibile progetto prevede l’implemen-tazione di un Laboratorio Imprenditoriale, una forma di Change Laboratory adattata per l’in-segnamento dell’imprenditività ai docenti, in un istituto tecnico o professionale. Un gruppo selezionato di una quindicina di insegnanti parteciperà a una decina di incontri settimanali della durata di due ore circa durante i quali si discuterà di come implementare l’impren-ditività nelle classi e nelle materie specifi che.

L’elemento scatenante, cioè il cambiamento importante che l’organizzazione deve aff ron-tare, potrebbe essere costituito

dall’imple-5 Il Change Laboratory è qui descritto per grandi linee cercando di non utilizzare termini sconosciuti. Per com-prendere i suoi processi bisogna appropriarsi di concetti quali doppia stimolazione, cellula germinale e tipo di generalizzazioni (empirico-teoriche vs. storico-genetiche). Il lettore interessato è rimandato ai testi specifi ci della bibliografi a.

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mentazione dell’alternanza scuola-lavoro negli istituti tecnici e professionali così come im-posto dal Decreto della Buona Scuola (legge 107/2015). Non si tratta solo di aumentare le interazioni tra scuola e imprese, ma di mettere in atto una pedagogia dell’imprenditività in linea con un modello capacitante, e facendo sì che gli studenti possano mostrare senso d’iniziativa e d’imprenditorialità sia in classe che al di fuori: questo comporta iniziativa, au-tonomia, responsabilità, ma anche la capacità di eff ettuare scelte in modo informato.

Pur rimanendo gli insegnanti il focus dei laboratori, per generare il confl itto di idee atto a considerare i problemi da più punti di vista e promuovere apprendimento espansivo è necessario coinvolgere, seppure occasional-mente, altri stakeholders: parti sociali prove-nienti dal mondo delle imprese, insegnanti da altre scuole, e un giovane imprenditore che può fungere da modello per gli studenti. La presenza del dirigente scolastico durante i laboratori nelle fasi di ideazione del modello di educazione all’imprenditività tra scuola e lavo-ro sarà essenziale per plavo-romuoverne l’eff ettiva realizzazione e diff usione e per fare in modo che la nuova pratica, attraverso i necessari aggiustamenti e rifl essioni, possa diventare il modo consueto di operare nell’istituto.

8. Conclusioni

La scuola è chiamata a dare risposte edu-cative e formative a una società che richiede non solo nuove competenze tecniche ma soprattutto creatività, capacità di indagine, capacità di apprendere nella relazione e capacità di rapportarsi con la complessità.

Capacitare questa idea nella scuola si traduce nel potenziare la libertà realizzativa e il talen-to dei giovani attraverso il senso d’iniziativa e d’imprenditorialità motivato a sviluppare la propria progettualità. È proprio questa competenza, intesa come competenza ad agire, che consente il passaggio dal saper fare unidimensionale all’interno di specifi che prescrizioni da seguire (abilità esecutiva) al

sa-per agire gestendo la complessità insita entro le situazioni (Le Boterf, 2011). Capacitare il senso d’iniziativa e d’imprenditorialità diventa, così, il risultato di un’azione educativa cen-trata sullo sviluppo del senso di autonomia, partecipazione e responsabilità, intesi come fattori che sostengono la libertà di scegliere e di esprimere un proprio funzionamento di azione realizzativa.

La distinzione tra enterprise education ed entrepreneurship education è di particolare in-teresse dal momento che apre nuovi orizzonti educativi. Enterprise education, tradotta col termine imprenditività (Baschiera & Tessaro, 2015), si concentra sulla didattica, sulle me-todologie d’apprendimento e sulla relazione tra il docente e il discente, e si pone come educazione entry level all’imprenditorialità. Si tratta del senso d’iniziativa e imprenditorialità che ogni cittadino dovrebbe possedere in un prospettiva di lifelong e lifewide learning, per la cittadinanza attiva, la piena espressione della persona, l’inclusione sociale: tutto questo è reso possibile dalla sua piena occupazione.

Il focus risiede nelle capacità di operare nelle piccole e medie imprese, creando interesse e gettando le basi per l’auto impiego. D’altro canto, l’educazione all’imprenditorialità ha un’accezione generale e una specifi ca: in generale ingloba i processi educativi similari, mentre nello specifi co si riferisce alle cono-scenze necessarie per fondare una start-up o per operare come manager in una grande azienda (Jones & Iredale, 2010).

Si può quindi concludere che, mentre l’imprenditività si concentra sugli aspetti educativi dell’imprenditorialità, l’educazione all’imprenditorialità, presa nel senso specifi co, si concentra sugli aspetti formativi, e dovreb-be pertanto chiamarsi formazione all’impren-ditorialità. A livello internazionale, purtroppo, il termine imprenditività si trova solo nella letteratura riguardante il Regno Unito; nei do-cumenti della Commissione Europea, OCSE e Banca mondiale, si utilizza entrepreneurship education nella sua accezione più generica.

Questa sovrapposizione di significati non solo crea fraintendimenti a livello di politiche

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educative, ma tende a oscurare la rilevanza educativa dell’imprenditività, e a rallentarne la penetrazione nelle istituzioni educative di primo e di secondo livello. Molti educatori tendono infatti a scorgere le valenze formative ed economiciste dell’imprenditorialità rispetto a quelle educative dell’imprenditività, e non comprendono né le ragioni né le modalità per inserire quest’ultima nei loro curricoli.

A livello terminologico, sarebbe quindi opportuno utilizzare educazione all’impren-ditorialità come termine generale, e operare una distinzione tra formazione all’imprendi-torialità ed educazione all’imprenditività. Si tratta di due forme di educazione fra loro complementari, che vengono impartite a se-conda del contesto culturale e dell’ordine e grado delle istituzioni educative (Hytti, 2008).

L’educazione all’imprenditività è insegnata a partire dalla scuola primaria e secondaria, ed è necessaria a ogni cittadino in una prospettiva di lifelong learning; essa prepara il terreno per la formazione all’imprenditorialità, impartita in corsi specializzati di business e dalle facoltà di economia e management.

Da quanto detto nella prima parte, appare chiaro che il modello di formazione adottato qui si basi sul costrutto di movimento della formazione, e cioè sulla capacità generativa

di nuove conoscenze/domande, di nuove possibilità per il cambiamento come fi nalità specifi ca dell’apprendimento, in cui si indivi-dua un agire formativo fortemente dinamico e mutante; un agire formativo spesso carat-terizzato da dubbi, incertezze, ambiguità, per favorire lo sviluppo di risorse umane, individui e collettività capaci di apprendimento auto-regolato, rifl essivo, proattivo. La metodologia del Laboratorio per Imprenditorialità presen-tato fa propri questi stessi principi e propone la cultura all’imprenditività come esperienza e appropriazione personale su base dialogica in vista di un progetto di vita signifi cativo. La metodologia consente di mobilitare risorse, energie interne/esterne e garantisce, per sua natura, la possibilità di privilegiare l’azione, signifi cativa e utile, in quanto situazione di apprendimento reale e attiva che consente di porre il soggetto che apprende in relazione vitale con l’oggetto culturale da apprendere.

Il docente formato all’imprenditività, oltre che esperto di una particolare area disciplinare, di-venta così mediatore di un sapere complesso che prende vita nel rapporto con la realtà per capacitare i giovani alla scelta, promozione e realizzazione di progetti personali, tanto nel campo economico, quanto in quello culturale e sociale.

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Fostering teacher leaders for sustainable

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