LA TUTELA DELL’AMBIENTE Prevenzione e ricostruzione post catastrofi
IL MODELLO ITALIANO DI PROTEZIONE CIVILE In Italia la protezione civile non è un compito assegnato ad una
singola Amministrazione, ma è una funzione attribuita ad un siste-ma complesso.
Il Servizio Nazionale della Protezione Civile - servizio di pub-blica utilità - è perciò il sistema che esercita la funzione di prote-zione civile, costituito dall’insieme delle competenze e delle attivi-tà volte a tutelare la vita, l’integriattivi-tà fisica, i beni, gli insediamenti, gli animali e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivan-ti da evenderivan-ti calamitosi di origine naturale o derivanderivan-ti dall’atderivan-tività dell’uomo.
Conseguentemente, la complessità del sistema giuridico che si è strutturata in questi ultimi anni ha influenzato anche lo svolgimen-to delle attività di protezione civile: si citano ad esempio il D. Lgs.
196/2003 sul trattamento dei dati personali, il D. Lgs. 81/2008 sulla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, il D.
Lgs. 42/2004 codice dei beni culturali e del paesaggio.
Pertanto, il Servizio Nazionale della Protezione civile è chiamato ad operare nella costante ricerca di un difficile equilibrio.
Ciascuno dei modelli utilizzati nelle emergenze più significative che si sono verificate negli ultimi anni ha mostrato criticità diverse, tanto da indurre il legislatore ad emanare la legge n. 30 del 2017 di delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile.
Con l’emanazione del Codice si è cercato di fare tesoro delle
esperienze del passato per tracciare lo sviluppo nei prossimi anni di un efficace e aggiornato Servizio Nazionale della Protezione Civile.
Più in particolare, con il Codice:
• si consolida la dimensione sistemica del Servizio Nazionale della Protezione Civile;
• viene meglio definito il campo d’azione delle attività di prote-zione civile;
• si disciplina il potere di ordinanza;
• si distinguono le attività di indirizzo politico–istituzionale da quelle gestionali e operative;
• si semplifica il quadro normativo;
• si valorizzano le attività di informazione e comunicazione;
• si promuove la formazione di comunità resilienti.
Il Codice:
• si struttura in sette capi;
• è costituito da 50 articoli;
• molti degli argomenti trattati dovranno essere disciplinati con successivi provvedimenti (direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri);
• entro due anni dall’entrata in vigore, il Governo può adottare disposizioni integrative o correttive (art. 1, comma 7, della legge 30 del 16 marzo 2017).
Elementi di maggior interesse
Nel Capo I si ribadiscono le quattro attività di protezione civi-le (previsione, prevenzione, gestione dell’emergenza, superamento dell’emergenza), procedendo nel cantempo ad una più completa individuazione delle attività di prevenzione non strutturale (allerta-mento, ossia preannuncio in termini probabilistici; resilienza delle comunità; autoprotezione da parte dei cittadini; informazione alla popolazione sugli scenari di rischio; pianificazione territoriale e di protezione civile; esercitazioni).
Vengono poi individuati i soggetti che svolgono funzione di in-dirizzo politico sulla materia, ossia le Autorità di protezione Civile:
il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Presidenti delle Regioni e delle Provincie Autonome, i Sindaci e i Sindaci metropolitani.
Questi soggetti per lo svolgimento delle attività tecniche, ammi-nistrative e contabili si avvalgono rispettivamente:
• del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ferme restando le competenze del Mini-stero Affari Esteri e delle Prefetture;
• delle strutture organizzative delle Regioni, che sono chiamate a determinare gli ambiti territoriali ed organizzativi ottimali;
• dei Comuni, anche in forma aggregata, delle Città metropolita-ne e delle Provincie.
Il capo II disciplina invece l’organizzazione del Servizio Nazionale, prevedendo una distinzione tra gli eventi emergenziali:
• che si esplicano in interventi attuabili dai singoli enti ed ammi-nistrazioni competenti in via ordinaria (di tipo a);
• che richiedono l’intervento coordinato di più enti ed ammini-strazioni (di tipo b);
• che assumono rilievo nazionale perché fronteggiabili con mezzi e poteri straordinari da impiegarsi per limitati e predefiniti pe-riodi di tempo (di tipo c).
Nello stesso capo vengono poi precisate le funzioni delle varie componenti e strutture operative che operano all’interno del Ser-vizio Nazionale.
Nel capo III si disciplinano invece le attività da porre in essere per prevedere e prevenire i rischi. Al riguardo si distinguono i ri-schi di esplicazione diretta (sismico, vulcanico, maremoto, idrau-lico, idrogeologico, fenomeni meteorologici avversi, deficit idrico, incendi boschivi) da quelli per i quali il Servizio Nazionale è su-scettibile di esplicarsi (chimico, nucleare, radiologico, tecnologico,
industriale, da trasporti, ambientale, igienico-sanitario, rientro in-controllato di oggetti e detriti spaziali).
Si individua poi in maniera puntuale il ruolo della Comunità Scientifica, che ha il compito di integrare nelle attività di protezio-ne civile le conoscenze e i prodotti derivanti da attività di ricerca e innovazione, che abbiano raggiunto un livello di maturazione e consenso riconosciuto secondo le prassi in uso.
Organo collegiale di consulenza e supporto per queste attività è la Commissione nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi.
Il Servizio Nazionale si avvale poi dei Centri di Competenza, anche per la promozione di azioni integrate di prevenzione struttu-rale e non struttustruttu-rale.
Il capo IV disciplina le emergenze di rilievo nazionale. Sostan-ziale novità rispetto al precedente ordinamento è l’introduzione della mobilitazione straordinaria del servizio nazionale a supporto dei sistemi regionali.
Si modifica poi la durata dello stato di emergenza, che ora può durare al massimo 24 mesi.
Resta lo strumento delle Ordinanze, quale mezzo idoneo per disciplinare in forma specifica quanto si ritiene utile per il supera-mento di ogni specifica situazione emergenziale.
Si conferma la previsione della nomina di commissari delegati, che agiscono sotto il profilo finanziario mediante apposite conta-bilità speciali.
Si prevede poi la possibilità di concessione di agevolazioni, con-tributi e forme di ristoro in favore di soggetti pubblici e privati e delle attività economiche e produttive.
Si disciplina poi la possibilità che la protezione civile italiana possa partecipare a sistemi internazionali e prendere parte ad ope-razioni di soccorso ed assistenza all’estero.
Infine, si esplicitano le disposizioni circa l’uso dei segni distintivi.
Nel capo V si contemplano sia la partecipazione dei cittadini (formazione e informazione), sia il volontariato organizzato di pro-tezione civile, soprattutto al fine di porre in atto iniziative volte ad accrescere la resilienza delle comunità.
In questo contesto vengono meglio definite le organizzazioni di volontariato di protezione civile ed in particolare la natura giuridi-ca dei gruppi comunali.
Le organizzazioni, per essere riconosciute nell’ambito del Servi-zio NaServi-zionale, devono essere iscritte in elenchi territoriali e, anche tramite questi, confluire in un elenco centrale.
Sono istituiti organismi che consentono la partecipazione dei volontari alle quattro attività di protezione civile.
Il capo VI prende in considerazione le misure e gli strumenti organizzativi e finanziari per la realizzazione delle attività di prote-zione civile, andando a definire le finalità di ciascuno dei fondi allo scopo previsti.
Inoltre, appare particolarmente significativo il richiamo alla cre-scita professionale specialistica del personale e degli operatori di protezione civile. Operare nel campo della protezione civile signifi-ca svolgere una funzione appagante per il contesto sociale in cui si opera, ma purtroppo comporta anche notevoli responsabilità diret-te e indiretdiret-te. Quesdiret-te responsabilità possono meglio essere affron-tate se si è in possesso di adeguate competenze specialistiche, pos-sibilmente certificate.
Infine, nel capo VII vengono riportate le norme transitorie e fi-nali. In questo capo si prendono in considerazione anche le abro-gazioni che, per evitare confusione interpretativa, sono espresse.
Considerazioni finali
In questi ultimi anni il Servizio Nazionale di Protezione Civile ha registrato momenti di eccessiva esaltazione (tutto sembrava esse-re riconducibile alla protezione civile) e momenti di ostracismo
as-soluto (ridurre competenze e funzioni per evitarne un uso distorto).
In realtà, per rispondere alle esigenze che si manifestano nelle si-tuazioni di crisi occorre un sistema equilibrato, che sia in grado di soccorrere ma anche di poter consentire un celere recupero della si-tuazione di normalità.
Conseguentemente, è la legislazione ordinaria non di protezio-ne civile che deve prevedere ipotesi operative anche per le situazioni emergenziali settoriali.
Da ultimo, auspicio di tutti è quello che si possano investire maggiori risorse nelle attività di previsione e prevenzione, per miti-gare gli effetti delle purtroppo sempre più ricorrenti situazioni ca-lamitose.