• Non ci sono risultati.

Motivi di rifiuto dell’emanazione del decreto-legge

Nel documento La decretazione d'urgenza in Italia (pagine 46-60)

CONTROLLO ED EMANAZIONE DEL DECRETO-LEGGE

3: Motivi di rifiuto dell’emanazione del decreto-legge

Possiamo far partire le mosse dal caso più importante di rifiuto di emanazione da parte del Presidente della Repubblica. Il riferimento è al caso Englaro.

Poco prima della decisione governativa il Presidente della Repubblica affidava ad una lettera riservata, indirizzata al Presidente del Consiglio, l’espressione delle ragioni di ordine costituzionale che non avrebbero consentito la firma di un simile atto. Le ragioni possono così sintetizzarsi:

I. La radicale inesistenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza, sia in ragione della circostanza che nessun fatto nuovo era intervenuto rispetto alla discussione parlamentare di un progetto di legge già avviato sul tema del c.d. “testamento biologico”, sia in relazione al fatto che esso sembrava dettato dalla drammaticità di un singolo caso già noto da tempo107;

II. L’esigenza di garantire la distinzione ed il reciproco rispetto dei poteri che non consentiva di disattendere per quel caso la soluzione individuata in una decisione giudiziaria definitiva ed ormai intrattabile, adottata in seguito ad un pronunciamento della Corte di Cassazione in sede di ricorso a norma dell’art. 111 della Costituzione108;

III. L’incidenza generale di una disciplina dichiaratamente provvisoria ma, in realtà, a tempo indeterminato su diritti costituzionalmente garantiti da una pluralità di disposizioni costituzionali (il principio di eguaglianza, la libertà personale, la tutela della salute ed il rispetto della persona umana)109.

107 C. Salzar, Riflessioni sul caso Englaro, in www.forumcostituzionale.it

108 U. Allegretti, Un rifiuto presidenziale ben fondato, in Astrid rassegna n.86, 13

febbraio 2009.

109 S. Stammati, Breve nota sui problemi costituzionali suscitati dal caso Englaro, in

A seguito di questa lettera seguiva l’adozione del decreto e poco dopo la comunicazione dello stesso Presidente della Repubblica il quale, in linea di convincimento precedentemente espresso, rendeva noto di non poter procedere all’emanazione del decreto, avendo verificato che il testo approvato non superava le obiezioni di incostituzionalità già espresse. Da questa sequenza di elementi si può ricavare un vero e proprio rifiuto di emanazione .

Perché bisogna riconoscere al Presidente della Repubblica il potere di rifiutare l’emanazione del decreto-legge? Su questa domanda si possono muovere due riflessioni:

La prima riflessione, fa leva sulla differenza tra emanazione e promulgazione. Mentre la promulgazione consiste in una formula sacramentale fissa e tipica, l’emanazione invece si presenta con la forma del decreto110. Ciò determina una conseguenza rilevante, poiché se la promulgazione identifica con certezza l’appartenenza dell’atto promulgato al tipo di atto “legge”, non altrettanto può dirsi per l’emanazione, che non è riservata ai decreti-legge, ma si estende a tutti i decreti aventi valore di legge ordinaria, così come ai regolamenti111.

La seconda differenza verte sulla differenza tra il momento del procedimento di formazione dell’atto in cui intervengono l’una e l’altra. Mentre la legge “ha un contenuto giuridico certo, una propria esteriorità e la forma tipica della legge sin dal momento in cui viene formalmente trasmessa, con lettera del Presidente della Camera che ha proceduto alla sua definitiva deliberazione, al Presidente della Repubblica”112

. Il decreto- legge non è tale fintanto che non sia emanato, o ancora meglio pubblicato,

110 G. U. Rescigno, Art. 87, 206

111 M. Luciani, L’emanazione presidenziale dei decreti-legge (spunti a partire dal

caso E.), in Politica e diritto, 2009, 412.

tant’è che deve essere presentato alle Camere per la conversione entro il giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Se queste sono le differenze intercorrenti tra i due istituti, considerando anche l’obbligo per il Presidente di promulgare in caso di ri-approvazione della legge da parte delle Camere deve considerarsi norma eccezionale113, per sostenere che il Capo dello Stato non possa porre un rifiuto di emanazione deve farsi leva su argomenti diversi dalla stretta analogia tra promulgazione ed emanazione.

Quindi, se le differenze intercorrenti tra promulgazione ed emanazione e, soprattutto, i tratti caratteristici del decreto-legge sembrano rendere ammissibile che il Presidente della Repubblica svolga nei confronti dei provvedimenti d’urgenza un controllo diverso da quello che gli è costituzionalmente possibile sulla legge parlamentare e che quindi possa rifiutare definitivamente l’emanazione, ciò non significa che per ciò partecipi solo alla determinazione del contenuto dell’atto.

L’adozione del decreto-legge spetta esclusivamente al Governo, il Capo dello Stato pone in essere un controllo sull’atto deliberato da Governo, potendo chiedere un riesame o suggerendo modifiche, ma l’eccezionale potestà legislativa rimane sempre di competenza dell’esecutivo.

La Costituzione pone il Capo dello Stato al di fuori del circuito dell’indirizzo politico, riservato al continuun Parlamento-Governo114, “al di

fuori e al di sopra”115

dei contrasti tra maggioranza e minoranza delle forza politiche presenti nel Paese, in una posizione di imparzialità che deve

113 G. Guarino, Il Presidente della Repubblica. Note preliminari, in Rivista

trimestrale di diritto pubblico, 1951.

114 Corte costituzionale, 18 maggio 2006, n. 200, in Giurisprudenza costituzionale,

2006, con osservazioni di G.U. Rescigno, La Corte sul potere di grazia, ovvero come giuridificare rapporti politici e distruggere una componente essenziale del

costituzionalismo nella forma di governo parlamentare.

intendersi come “autonomia e non coinvolgimento diretto dall’esercizio concreto di alcuno degli altri poteri, dei poteri governativi in specie”116.

3.1: Vizi di legittimità costituzionale

I decreti-legge sono espressione della potestà normativa primaria, ossia equiparata alla potestà legislativa primaria.

Il primo elemento che deve contraddistinguere il decreto-legge è la conformità alla Costituzione dell’atto. Secondo tale argomentazione, appare evidente che il controllo in sede di emanazione del Presidente della Repubblica si troverebbe dinanzi un ostacolo di non poco conto, dovendosi valutare di volta in volta, se quelle che appaiono eventuali incostituzionalità del decreto-legge siano mere deroghe della Costituzione dettate da un caso di necessità assoluta.

Le questioni da osservare sono fondamentalmente due: la prima relativa al grado del vizio di costituzionalità che può determinare il rifiuto di emanazione, se cioè tale possibilità può valere come vizio o se, invece, vada limitata a casi particolarmente gravi; la seconda, circa le modalità con cui il Capo dello Stato può effettuare tale controllo di costituzionalità e i suoi rapporti con quello che a sua volta può esercitare la Corte costituzionale.

Analizziamo il primo punto. Una volta che si sono poste in luce le ragioni per le quali sembra potersi riconoscere in capo al Presidente della Repubblica il potere di rifiutare l’emanazione quando l’atto adottato dal Governo travalichi i limiti del decreto-legge, sarebbe contraddittorio limitarne la possibilità ai soli casi di evidente incostituzionalità e a quelli di sospetta violazione dei principi fondamentali della Costituzione. Se, infatti, una delle ragioni dell’impossibilità di applicare all’emanazione del decreto-

116 G. Azzariti, Appunti per una discussione sul Presidente della Repubblica

italiana, in ID., Forme e soggetti della democrazia pluralista. Considerazioni su continuità e trasformazioni dello stato costituzionale, 2000.

legge la sequela procedimentale posta all’art. 74 cost. in riferimento alla promulgazione della legge, è da ricercare nei tratti caratteristici dell’istituto previsto dall’art. 77 cost., prima fra tutte il carattere dell’eccezionalità, allora non si vede perché mai la differenza di regime dovrebbe valere solo per i vizi macroscopici117 ,di modulazione del potere presidenziale si può parlare in riferimento ai vizi specifici del decreto-legge, ma non in ragione di una più o meno ampia gravità del vizio, ma per l’elasticità del parametro costituzionale che in quella sede viene in considerazione.

Inoltre, la limitazione del controllo presidenziale ai soli casi di evidente incostituzionalità riproporrebbe la questione proprio emersa in riferimento al sindacato sui presupposti del decreto-legge, ma invero in tempi recenti postasi anche relativamente al potere presidenziale di rinvio delle leggi118, sul quando un vizio possa dirsi evidente e quando invece non lo sia. Bisogna considerare che i casi di evidente incostituzionalità e di sospetta violazione dei principi fondamentali della Costituzione sembra possano ritenersi non troppo lontani e dissimili da quelli che potrebbero integrare i casi di <attentato alla Costituzione>, che ovviamente possono comportare un rifiuto d’emanazione di modo che i confini tra le diverse ipotesi risulterebbero tanto sfumati da essere difficilmente individuabili.

Il rifiuto di emanazione per motivi di costituzionalità del decreto è stato ritenuto non accettabile. In ragione di una supposta partecipazione paritaria di Governo e Capo dello Stato alla formazione dell’atto, così “si verrebbe ad attribuire al Presidente della Repubblica un ruolo di giudice sulla legittimità costituzionale degli atti con forza di legge, in contrasto con l’art.

117 Cit. P. Carnevale, Emanare, promulgare e rifiutare. In margine a talune

considerazioni svolte da Massimo Luciani, in www.astid.eu, 5.

118 Il caso fa riferimento alla nota esternazione del Presidente Ciampi il quale,

rispondendo ad alcuni studenti che gli chiedevano come mai avesse promulgato il “lodo Schifani”, sostenne che le leggi possono essere rinviate alle Camere solo in caso di manifesta “non costituzionalità” A. Pugiotto, Veto players.

134 cost. che tale funzione riserva in via esclusiva alla Corte costituzionale”119

.

Per ciò che concerne la seconda questione, innanzitutto al Presidente della Repubblica viene presentato per l’emanazione di un intero testo normativo, il quale dovrebbe essere adottato sulla base di “casi straordinari di necessità e di urgenza” e che dovrebbe entrare in vigore quanto prima. Il Capo dello Stato non ha un termine entro cui firmare l’atto adottato dal Governo e il tempo a sua disposizione è determinato dalla necessità ed urgenza120. Ciò porta ad uno “screening presidenziale”121

sull’intero atto inevitabilmente condizionato dai tempi. La Corte costituzionale opera solo dietro iniziativa dei soggetti legittimati all’accesso e sulle sole norme impugnate in piena indipendenza nella gestione dei tempi del processo costituzionale.

Quello del Presidente della Repubblica è un controllo ad ampio raggio, che può essere tanto puntuale, nel raffronto tra una singola disposizione e un dato parametro costituzionale, quanto più di sistema, nel senso che privilegia le ripercussioni dell’atto controllato sul complessivo funzionamento del sistema costituzionale122. La Corte è vincolata sulla base di ciò che viene chiesto, il Presidente è libero nella valutazione della sua conformità alla Costituzione, potendo censurare non solo mere violazioni, ma anche elusioni del dettato costituzionale, come può accadere quando i disposti normativi, dietro ad una apparente e innocua formulazione, nascondono in realtà veri e propri casi di frode alla Costituzione.

A fronte dell’accertamento di una incostituzionalità, questa rimane sempre una possibilità che dipende da libere valutazioni del Capo dello Stato, tenendosi conto non solo dell’esigenza di far osservare la Costituzione, ma

119 Cit. S.M. Cicconetti, Decreti-legge , 563.

120Cit. C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, 705.

121 Cit. C. De Fiores, Il rinvio delle leggi tra principio maggioritario e unità

nazionale, in Rivista di diritto costituzionale, 2002, 213.

122 A. Baldassarre, Il Presidente della Repubblica nell’evoluzione della forma di

anche e soprattutto dei riflessi che il fatto di esercitare o non esercitare il potere in questione potrebbe produrre sul complessivo funzionamento delle istituzioni. La Corte, dal suo canto, se accerta l’incostituzionalità deve anche dichiararla, non potendo discrezionalmente decidere se passare oltre. Se ciò dovesse verificarsi, ci si trovi innanzi a una fuga da responsabilità costituzionali che sono della Corte123.

Possiamo dire che, anche se negli ultimi anni la distinzione tra i due tipi di controllo è diventata meno netta, quello del Presidente della Repubblica è un controllo di tipo politico, quello della Corte si svolge su un piano giuridico e con metodo giurisdizionale124.

Inoltre, possiamo osservare che al controllo di costituzionalità degli atti con forza di legge, di competenza della Corte costituzionale, non può negarsi che partecipino altri organi – giudici ordinari e amministrativi – di modo che non sembra azzardato parlare di un sistema diffuso e policentrico di garanzie della Costituzione125.

Insomma, se la valutazione di conformità alla Costituzione della legge e degli atti aventi forza di legge è si compito demandato in via principale alla Corte costituzionale, ma alla quale, in distinte forme, possono partecipare altri organi costituzionali, non si vede perché dovrebbe negarsi che, in sede di emanazione del decreto-legge, un controllo di costituzionalità possa compierlo il Capo dello Stato. D’altro canto un controllo da parte del Presidente della Repubblica non potrà che impedire la produzione degli effetti da parte di norme incostituzionali, il che non può giovare all’ordinamento nel suo complesso

123 G. Zagrebelsky, Principi e voti. La Corte costituzionale e la politica, 2005. 124 A. Spadaro, Storia di un consolato di garanzia: il Presidente-garante e la Corte-

custode a 50 anni dall’inizio dell’attività della Consulta, in La ridefinizione della forma di governo attraverso la giurisprudenza costituzionale, (a cura di) A. Ruggeri, 2006.

125 G. D’amico, Ripensando al controllo presidenziale sulle leggi in sede di

promulgazione (a proposito di una nota del Quirinale), in Rassegna parlamentare, 2002.

3.2: Vizi specifici del decreto-legge

Per vizi specifici del decreto-legge intendiamo quelli che derivano da una violazione di “quel complesso di regole che la Costituzione ha posto per contenere l’utilizzo di questa anomale fonte del diritto”126

. Uno dei vizi da analizzare è quello della reiterazione.

In dottrina due forme di rinnovazione dei decreti non convertiti sono state comunemente ritenute incostituzionali: la reiterazione con sanatoria degli effetti prodotti dai precedenti decreti non convertiti e quella di decreti di cui sia stata espressamente negata alle Camere la conversione in legge. La prima viola l’art. 77 cost. per diversi motivi:

 Perché la regolazione degli effetti prodotti dai decreti non convertiti è riservata all’ultimo comma di quella disposizione alle Camere;

 Perché di fatto elude la provvisorietà dei decreti-legge prorogandone la precaria vigenza oltre i 60 giorni costituzionalmente previsti;

 Perché allo stesso modo elude la decadenza del decreto;

 Perché determina una sorta di conversione provvisoria, limitata cioè al periodo di vigenza del nuovo decreto127.

La forma di reiterazione più comune è quella di rinnovazione di decreti non convertiti per lo spirare dei 60 giorni senza una espressa pronuncia del Parlamento, ma non è stata oggetto unanime di condanna.

Il merito della scomparsa del fenomeno della reiterazione deve farsi risalire, oltre al merito della sentenza n. 360 del 1996, anche al consenso di diversi soggetti istituzionali nei confronti di quella decisione. La sentenza del 1996 potrebbe essere utilizzata dal Presidente della Repubblica, qualora il Governo decidesse di riesumare quella pratica, per rifiutare l’emanazione di quei decreti-legge di reitera che non siano sostanzialmente diversi nel

126Cit.. A. Concaro, Il sindacato, 11.

contenuto o fondati su nuovi, autonomi e sopravvenuti motivi di straordinaria necessità e urgenza128. Quindi, il Presidente può portare al rifiuto di emanazione: o quando il Governo evochi gli stessi presupposti del decreto originario o quando faccia riferimento al ritardo conseguente alla mancata conversione quale caso straordinario di necessità e di urgenza. Quando l’esecutivo, invece, evochi nuovi, autonomi e sopravvenuti motivi di straordinaria necessità e urgenza, il controllo presidenziale in nulla diverge dal controllo sui presupposti che viene posto in essere prima di emanare i decreti-legge.

Quello sui presupposti sembra doversi considerare il primo controllo che il Capo dello Stato è tenuto ad effettuare. Difatti, la sussistenza dei casi di estrema necessità e urgenza è posta dalla Costituzione come condizione per l’esercizio della funzione legislativa da parte del Governo. Insomma, l’esistenza dei presupposti è posta dall’art. 77 cost. non già come condizione dell’adozione del decreto-legge, bensì come generale dell’esercizio dell’azione legislativa in sé e per sé considerata129

, in modo che la loro mancanza piuttosto che inficiare la legittimità dell’atto si presenta come vizio che attiene alla legittimazione a legiferare.

128 R. Romboli, Il Presidente della Repubblica e Corte costituzionale, in Il

Presidente della Repubblica, (a cura di) M. Luciani, M. volpi, 1997.

129 P. Carnevale, Invalidità della legge di proroga e difetto di legittimazione delle

Camere scadute, in Scritti in onere di Giovanni Ferrara, 2005: che in luogo della tradizionale bipartizione in presupposti in senso soggettivo e senso oggettivo, propone una tripartizione, in a) presupposti in senso soggettivo, così riferendosi a quel complesso di condizioni richieste dall’ordinamento per la nascita e la

permanenza in vita del soggetto investito della relativa funzione, come pure per la sussistenza della pienezza della sua astratta idoneità ad esercitarla; b) presupposti funzionali, così definiti, in relazione al fatto che la (pre)esistenza dell’atto

presupposto è posta dall’ordinamento, non già come condizione dell’adozione di un certo atto legislativo, bensì come generaliter dell’esercizio dell’azione

legislativa in sé e per sé considerata, senza afferire alla condizione subiettiva del soggetto legislatore; c) presupposti in senso materiale ed obiettivo, da qualificarsi con riferimento alla capacità condizionante che determinati atti possono

esercitare, giusta la previsione di una espressa norma sulla normazione, sopra il contenuto di una legge che deve supporli come già esistenti.

Tutto questo ragionamento vale ad affermare che il controllo presidenziale sui presupposti, così come quello della Corte costituzionale, si può fare, perché il Governo “potrà invocare l’emanazione dell’atto in quanto esso abbia agito in presenza dei presupposti costituzionali”130

.

Tuttavia, il margine di apprezzamento riconosciuto al Governo non può che stringere gli spazi di manovra a disposizione del Presidente della Repubblica, tant’è vero che in dottrina i casi di controllo del Presidente sono ricondotti ai soli casi di “assoluta inesistenza”131

o mancanza di ogni urgente necessità. Il vizio di mancanza dei presupposti è un vizio di legittimità costituzionale, ma un vizio difficile da riscontrare, ma non diverso per qualità: se può opporsi un rifiuto nel caso di mera illegittimità, nulla vieta che lo si possa opporre anche nel caso di mancanza di presupposti. Né si potrebbe obiettare che, rifiutando l’emanazione, il Presidente della Repubblica interferirebbe indebitamente nell’indirizzo politico del Governo. Il decreto-legge non è strumento con il quale l’Esecutivo possa perseguire ordinariamente il proprio indirizzo politico: che lo sia nella prassi, anzi, è il segno più evidente della degenerazione dell’istituto, pensato per essere eccezione e divenuto regola132

.

130 G.Caporali, Il Presidente della Repubblica, 118

131 C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico; G. Caporali, Il Presidente., 705.

132 G. Zagrebelsky, Conclusioni, in La delega legislativa. Atti del seminario svoltosi

3.3: I limiti del decreto-legge

in dottrina si è sostenuto come sia presente “un sistema di limiti impliciti gravanti sull’istituto dei decreti-legge, costituzionalmente vincolanti per il Governo e idonei a provocare l’illegittimità dei decreti adottati in deroga ad essi”133. Si sta parlando di “limiti ulteriori”134

al decreto-legge che possono determinare ulteriori vizi specifici.

Non vi sono dubbi che possono trovarsi limiti al di fuori dell’art. 77 della Costituzione. In particolare, la dottrina individua alcune funzioni vietate, per esempio: è impedita al decreto-legge la possibilità di sospendere la funzionalità del Parlamento (anche se tale provvedimento risulti urgente) o quella della Corte costituzionale, poiché la piena conservazione in funzione a tutti questi organi costituisce presupposto o elemento integrante dell’istituto contemplato dall’art. 77 cost.135

. Altro limite previsto è la proibizione di qualsiasi intervento in ambiti in cui valga il principio che i controlli giuridici vogliono distinzione del controllato dal controllante, oltre che dall’atto controllato dall’atto di controllo, di modo che il Governo non potrebbe con decreto-legge autorizzarsi alla ratifica di trattati internazionali, approvarsi i bilanci e il rendiconto consuntivo, deliberare un’ inchiesta parlamentare, delegarsi all’esercizio della funzione legislativa o anche soltanto incidere su una legge di delega.

Più discussi sono i casi di decreti-legge di concessione dell’esercizio provvisorio del bilancio136 e quelli che determinano effetti irreversibili. È stato osservato, infatti, che adottare un decreto-legge di concessione dell’esercizio provvisorio del bilancio “pur configurandosi come una

133Cit. R. Tarchi, Incompetenza, 948.

134 S.M. Cicconetti, Limiti “ulteriori” della delegazione legislativa, in Rivista

trimestrale di diritto pubblico, 1996.

135 C. Esposito, Decreto-legge, 214.

autorizzazione a se stesso, sia pure per un tempo determinato”sembra

Nel documento La decretazione d'urgenza in Italia (pagine 46-60)