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Grazie all’abitudine che aveva di prendere appunti e di registrare continuamente impressioni e commenti dei libri che leggeva, sappiamo che Virginia Woolf lesse Anna

Karenina diverse volte, la prima fra il 1909 e il 1911, la seconda nel 1926, e una terza

volta nel 1929. L’opera di Tolstoj fu sicuramente una delle più importanti della sua vita, e la colpì particolarmente per la capacità del suo autore di trasformare la quotidianità in arte162.

Seppure Virginia Woolf non abbia mai affermato di essersi ispirata ad Anna

Karenina per la composizione di Mrs Dalloway, è comunque possibile scorgere diverse

similitudini e affinità fra i due romanzi, sia a livello tematico, che a livello strutturale. Non soltanto entrambe le opere presentano una protagonista femminile principale (che dà, oltretutto, il titolo al romanzo stesso), ma, entrambe presentano anche un coprotagonista maschile, che dà origine a una trama secondaria e parallela alla prima. Altro elemento fondamentale che accumuna le due opere è la morte di uno dei due personaggi principali tramite il suicidio (in Anna Karenina si tratta della protagonista femminile, mentre in Mrs Dalloway del coprotagonista maschile). I due romanzi hanno, quindi, molto in comune e possono essere letti anche come espressione di quel dialogo ispirato e poetico cui si è accennato e, soprattutto, dell’influenza che la scrittura di Lev Nikolaevič Tolstoj ebbe su Virginia Woolf.

162 Rubenstein, Roberta, op. cit., pp. 76-77.

56 1. I due romanzi

1.1. Anna Karenina

Mentre si riposava, una sera, al tramonto, Tolstoj ebbe la visione di un nudo gomito aristocratico femminile, da cui, catturato, non riusciva a distogliere lo sguardo. Continuando a osservare questa figura vide delinearsi davanti a sé l’immagine di una donna con un bell’abito, ma col volto pieno di dolore. Tolstoj sentì che doveva raccontare la storia che vi era dietro quel gomito e dietro quel volto163. Al di là di questo racconto fornito da Tolstoj stesso164, Anna Karenina nacque più propriamente nel suo immaginario attorno al 1870, come scrisse Sof’ja Andreevna:

Ieri sera [Lev Nikolaevič] mi ha detto di aver immaginato un tipo di donna sposata, dell’alta società, che si è perduta. Ha detto che è suo compito rendere la donna degna solo di pietà e non colpevole.165

Ma quell’immagine di una donna caduta, dal volto triste, non fu l’unica a ispirare Anna Karenina. Un giorno, era il 1868, durante un ricevimento, vicino a Tula, Tolstoj rimase colpito da una donna di bell’aspetto, sulla trentina, dal portamento fiero, eretto e grazioso, dal corpo tornito e incorniciato da un vestito di merletto nero, che lo affascinò particolarmente per la vitalità che emanava, per la sua eleganza e per i boccoli neri che le scendevano sul collo. “Chi è?”, chiese Tolstoj alla cognata, Tanja166, “È Marija Aleksandrovna Hartung, la figlia di Puškin”, gli fu risposto167: la figlia del grande poeta russo168 divenne, dunque, il prototipo per Anna Karenina169. A ispirare il personaggio di Anna Karenina fu anche un tragico episodio che avvenne nel 1872: Anna Stepanovna Zykova, amante di un proprietario terriero, che viveva vicino alla tenuta di Tolstoj, dopo aver spedito un biglietto170, si era gettata per gelosia sotto un treno171.

163 Johnson, Celie Blue, Dancing with Mrs. Dalloway: Stories of the Inspiration Behind Great Works of

Literature, New York, Perigee Books, 2011, Kindle Edition.

164 Tolstoj non fornì mai una collocazione temporale precisa al riguardo. 165 Bers, Sof’ja Andreevna, cit. in Šklovskij, Viktor, op. cit., p. 352. 166 Johnson, Celie Blue, op. cit., Kindle Edition.

167Gorodetzky, Nadezhda, “Anna Karenina”, The Slavonic and Eastern Review, XXIV, 63, 1946, pp. 121-122.

168 In una prima versione del romanzo il cognome della protagonista era, fra l’altro, proprio Puškin, quello del grande poeta russo, Aleksandr Sergeevič Puškin.

169 Johnson, Celie Blue, op. cit., Kindle Edition. 170 Gorodetzky, Nadezhda, op. cit., pp. 121-122. 171 Šklovskij, Viktor, op. cit., p. 352.

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Anna Karenina (1877) è un romanzo dall’intreccio fondamentalmente di tipo moralistico172, in cui Tolstoj ci presenta parallelamente due storie, quella di Anna Arkadjevna Karenina e quella di Konstantin Dmitrievič Levin, che rappresentano i due fili principali della trama, i quali si dipanano entrambi da una terza storia, quella del fratello di Anna e amico di Levin, Stepan Arkadievič Oblonskij, in confidenza chiamato Stiva, e della moglie, Darja Aleksandrovna Šcerbatskaja, in confidenza chiamata Dolly. Il romanzo si apre a Mosca173 in casa Oblonskije, dove tutto è “sossopra”174 perché Dolly è “venuta a sapere che il marito aveva avuto un legame con una governante francese”175 e a tale proposito Stiva ha invitato la sorella, Anna, perché interceda a suo favore con la moglie. Prima ancora di incontrare Anna, però, facciamo la conoscenza di Levin, amico di Stiva e della famiglia Šcerbatskije, che è venuto a Mosca perché vorrebbe chiedere la mano della giovane Kitty, la sorella minore di Dolly, di cui si è profondamente innamorato. Purtroppo, nonostante la grande amicizia e l’affetto che la lega a Levin, Kitty rifiuta con imbarazzo la sua proposta di matrimonio perché invaghita di Aleksjej Kirillovič Vronskij, un giovane bell’ufficiale, che, con molta ingenuità, ha iniziato a corteggiarla. Recatosi alla stazione per prendere la madre, Vronskij rimane, però, folgorato da Anna, nobildonna dell’alta società di Pietroburgo, stimata e rispettata da tutti, anche grazie al matrimonio con Karenin (di vent’anni più grande di lei), ufficiale dalla promettente carriera burocratica176. Inizia così l’amore fra Anna e Vronskij, che la porterà a tradire il marito, a lasciare la casa e il figlio Serjoža. Contemporaneamente, Levin si strugge, si arrovella per cercare di capire il senso della vita e come poter cercare di andare avanti con gli infiniti dubbi che non smettono mai di occupare la sua mente, anche quando, finalmente, riesce conquistare la mano di Kitty, la cui storia d’amore, come un pendant, si contrapporrà a quella di Anna e Vronskij.

172 Nabokov, Vladimir, Lezioni di letteratura russa, Bowers, Fredson (a cura di), trad. it. di Capriolo, Ettore, Milano, Garzanti, 1994, p. 176.

173 Secondo i calcoli di Nabokov l’azione del romanzo dovrebbe cominciare nel febbraio del 1872, Anna si uccide nel maggio del 1876 e la rivelazione finale di Lévin (e quindi la fine del romanzo) avviene nel luglio dello stesso anno.

Si veda Nabokov, Vladimir, op. cit., pp. 181-182. 174 Tolstoj, Lev N., Anna Karenina, cit., p. 5. 175 Ivi.

58 1.2. Mrs Dalloway

Nel 1922, in Inghilterra, Virginia Woolf venne a sapere della morte dell’ amica Kitty Lushington, elegante, e a tratti malinconica, signora dell’alta società londinese dai capelli biondi e dagli occhi azzurri, che era morta a cinquantacinque anni cadendo dalla balaustra delle scale. Forse, però, non si era trattato di un incidente, ma, molto probabilmente, Kitty si era volutamente gettata dalle scale. Virginia Woolf aveva già scritto di Clarissa Dalloway177, ma se anche Kitty aveva già ispirato colei che sarebbe stata la protagonista di Mrs Dalloway, fu dopo la sua morte che Virginia volle approfondire maggiormente questo personaggio, scavando ancora di più nella sua anima.178

Mrs Dalloway (1925) si apre in una fresca mattina di giugno del 1923, un mercoledì, a Londra, quando Clarissa Dalloway, una signora dell’alta società londinese e moglie del parlamentare Richard Dalloway, dice a Lucy, la governante, che penserà lei stessa a comprare i fiori per la festa che darà quella sera, in cui “she, too, was going that very night to kindle and illuminate”179. Mentre Clarissa apre la porta, il suono del cigolio dei cardini la trasporta immediatamente a un’estate di molti anni prima, quando era ragazza a Bourton, e inizia così un susseguirsi di reminescenze, ricordi e pensieri, che l’accompagneranno per tutta questa giornata, il tempo dell’azione del romanzo. Mentre si trova nel negozio della signora Pym, la fioraia, a un tratto sente un forte scoppio, proveniente da fuori, in strada, e per un attimo rimane spaventata, come se quello scoppio fosse uno sparo o una bomba, poiché la guerra è ancora fresca nella memoria (si vedrà poi che si tratta in realtà di un’automobile). A rimanere impaurito da questo scoppio, insieme a Clarissa, è un giovane uomo che ha combattuto durante la guerra, Septimus Warren Smith, che sta passando proprio in quel momento, insieme alla moglie Lucrezia, davanti al negozio di fiori in cui si trova Clarissa. Septimus ha un appuntamento, più tardi, per vedere un rinomato dottore, Sir William Bradshaw, perché dopo la guerra, e specialmente dopo la morte del suo amico Evans, non è più riuscito a riprendersi e soffre di gravi problemi psicologici, che lo portano spesso ad avere persino

177 Clarissa Dalloway era apparsa nel 1915 in The Voyage Out e in Mrs Dalloway in Bond Street, la short

story del 1922 che precedette Mrs Dalloway.

178 Lee, Hermione, op. cit., pp. 163-164.

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delle allucinazioni. Per tutto il corso della giornata le loro vite si intrecceranno, insieme anche a quelle di altri personaggi, come Peter Walsh, amico di vecchia data di Clarissa, che non ha mai smesso di amarla, Elizabeth, la figlia di Clarissa, il dottor Holmes, il medico generico da cui è in cura Septimus, Sally Seaton, l’amica del cuore di Clarissa dai tempi di Bourton. Alla fine del romanzo, finalmente, le vite dei due protagonisti si incontrano, quando Clarissa viene a sapere dai Bradshaw (ospiti, anche loro, alla sua festa) che un giovane si è gettato dalla finestra, ponendo così fine alla sua vita, che non è stata vana: l’esistenza di Septimus riuscirà, comunque, a ispirare Clarissa, dando una risposta a molte delle sue domande e, in ultimo, a restituirla a se stessa.

60 2. Le protagoniste

2.1. Anna Arkadjevna Karenina

Vrònskij andò nella vettura dietro al capotreno e all’entrata dello scompartimento si fermò, per lasciare il passo a una signora che usciva. Col tatto abituale dell’uomo di mondo, da una sola occhiata all’aspetto esteriore di questa signora Vrònskij giudicò in modo certo ch’ella apparteneva all’alta società. Egli si scusò e stava per andare nella vettura, ma provò la necessità di guardarla ancora una volta, non perché ella fosse molto bella, non per quell’eleganza e quella grazia modesta che si vedevano in tutta la sua persona, ma perché nell’espressione del volto leggiadro, quand’ella gli era passata vicino, c’era qualcosa di particolarmente carezzevole e tenero. Quand’egli si volse a guardarla, ella pure voltò il capo. I scintillanti occhi grigi, che sembravan neri per le ciglia folte, si fermarono amichevolmente, con attenzione sul volto di lui, come se ella lo riconoscesse, e immediatamente si portarono sulla folla che passava, come cercando qualcuno. In questo breve sguardo Vrònskij fece a tempo a notare l’animazione rattenuta che balenava sul volto di lei e svolazzava fra gli occhi scintillanti e il sorriso appena percettibile, che incurvava le sue labbra vermiglie. Come se un’abbondanza di qualcosa colmasse talmente il suo essere, da esprimersi all’infuori della sua volontà ora nello scintillio dello sguardo, ora nel sorriso. Ella aveva spento deliberatamente quella luce nei suoi occhi, ma essa splendeva a suo malgrado nel sorriso appena percettibile.180

Incontriamo Anna Karenina insieme a Vronskij, (non casualmente) alla stazione, mentre scende dal treno. Fin dal primo momento Anna ci viene presentata come un’elegante nobildonna che ci conquista per il suo fascino, per i suoi scintillanti occhi carezzevoli, per le folte ciglia e per le labbra vermiglie, che sorridono in maniera quasi impercettibile. Che Anna sia tenuta in considerazione da tutti lo percepiamo fin dall’inizio, quando, ancora prima che compaia nel romanzo, veniamo a sapere che Stiva la sta aspettando e confida nel suo aiuto per risolvere la sua questione infelice con la moglie: il colloquio con Dolly è, infatti, un successo e non soltanto Anna riesce a convincere la cognata, ma riesce a rinforzare l’affetto e la stima che Dolly stessa prova per lei, rendendola, anche, grata per averla aiutata a risollevare le sorti del suo matrimonio. Ma Anna è, soprattutto, una donna affascinante, che incanta e ammalia chiunque la incontri, come ad esempio Vronskij, la Vronskaja, e perfino Kitty e lo stesso Levin181. Attraverso gli occhi di Kitty, in particolare, vediamo come Anna faccia innamorare di sé chiunque la incontri, scatenando le più diverse fantasie.

180 Tolstoj, Lev N., Anna Karenina, cit., p. 71.

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Kitty, [...] si volse, cercando Anna. Anna non era vestita di lilla, [...] ma d’un abito di velluto nero tagliato basso, che scopriva le sue grasse spalle tornite, come d’avorio antico, e il petto e le braccia arrotondate col sottile minuscolo polso. Tutto il vestito era guarnito di merletto veneziano. Sul capo, nei capelli neri, [...] [s]i vedevano solo, e l’adornavano, quegl’imperiosi corti anellini dei capelli ricciuti, che uscivan sempre fuori sulla nuca e sulle tempie. Sul forte collo tornito era un filo di perle. Kitty vedeva ogni giorno Anna, era innamorata di lei e se la figurava assolutamente vestita di lilla. Ma adesso, vistala vestita di nero, sentì che non aveva capito tutto il suo fascino. [...] Adesso aveva capito che Anna non poteva vestirsi di lilla e che il suo fascino consisteva appunto nel fatto, che ella emergeva sempre fuori dal suo abbigliamento e che l’abbigliamento non poteva mai essere notato addosso a lei. E il vestito nero coi pizzi magnifici non glielo si vedeva addosso; era solo una cornice e si vedeva soltanto lei, semplice, naturale, elegante, insieme allegra e vivace.182

Dapprima creatura intensa e affascinante, Anna subirà, a sua volta, il fascino di Vronskij183. Se, per esempio, appena lo vede alla stazione riesce a controllare l’emozione nel vederlo, spegnendo volutamente la luce dei propri occhi, successivamente non solo non ci riuscirà, ma non tenterà neanche più di farlo.

L’amore per Vronskij si rivela deleterio e rovinoso per Anna: la porta a decidere di lasciare la casa, il marito, il figlio Serjoža, e a entrare in contrasto con se stessa e (soprattutto) col mondo che la circonda: da gran signora dell’alta società, amata e stimata da tutti, Anna viene, quindi, stigmatizzata e rifiutata. Quando il peso di questa situazione inizia a incrinare (sempre più irreparabilmente) anche il rapporto con Vronskij Anna precipita in una spirale di confusione e di angoscia, che la porterà inesorabilmente alla tragica fine.

«Egli mi odia, è chiaro», ella pensò e in silenzio, senza voltarsi, a passi malsicuri uscì dalla stanza. «Ama un’altra donna, è ancora più chiaro», ella si diceva, entrando nella sua camera. «Io voglio dell’amore, e non ce n’è. Perciò, tutto è finito, — ella ripeté le parole già dette, — e bisogna finire.» «Ma come?» ella si domandò e si sedette su una poltrona dinanzi allo specchio. [...] Nella sua anima c’era un certo pensiero confuso [...]. «Perché non sono morta?» le tornavano alla memoria le sue parole di allora e il suo sentimento di allora. E a un tratto ella capì quello che era nell’anima sua. Sì, era quel pensiero che solo risolveva tutto. «Sì, morire!» «E la vergogna e l’infamia di Aleksjéj Aleksàndrovič e di Serjòža, e la mia orribile vergogna – tutto si salva con la morte. Morire – e lui si pentirà, s’impietosirà, amerà, soffrirà per me.» Con un sorriso di compassione per sé fissatosi sul suo volto ella sedeva nella poltrona, togliendo e infilando gli anelli dalla mano destra, immaginandosi con vivezza da vari lati i sentimenti di lui dopo la sua morte.184

182 Tolstoj, Lev N., Anna Karenina, cit., p. 90. 183 Citati, Piero, op. cit., pp. XII-XIII.

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Guardandosi allo specchio, mentre ha appena litigato con Vronskij, Anna comincia a pensare alla morte e a contemplare il suicidio, che si delinea ora come una punizione per Vronskij185 e come una possibile risoluzione alla sua vita, ormai disperata e compromessa.

«Chi è? — ella pensava, guardando nello specchio il proprio volto infiammato con gli occhi stranamente scintillanti, che la fissavano con spavento. — Ma sono io», ella capì a un tratto e, osservandosi tutta, sentì a un tratto su di sé i baci di lui e, rabbrividendo, scosse le spalle. Poi sollevò una mano alle labbra e la baciò.186

La mattina di quello che sarà il suo ultimo giorno, prima di uscire di casa, Anna si guarda ancora una volta allo specchio senza riconoscere più il suo volto riflesso: la caduta dell’eroina è ormai completa.

2.2. Clarissa Dalloway

Mrs. Dalloway said she would buy the flowers herself.

For Lucy had her work cut out for her. The doors would be taken off their hinges; Rumpelmayer’s men were coming. And then, thought Clarissa Dalloway, what a morning — fresh as if issued to children on a beach.

What a lark! What a plunge! For so it had always seemed to her, when, with a little squeak of the hinges, which she could hear now, she had burst open the French windows and plunged at Bourton into the open air. How fresh, how calm, stiller than this of course, the air was in the early morning; like the flap of a wave; the kiss of a wave; chill and sharp and yet (for a girl of eighteen as she then was) solemn, feeling as she did, standing there at the open window, that something awful was about to happen; 187

Incontriamo la signora Dalloway all’inizio del romanzo, mentre sta per uscire di casa per andare a comprare i fiori per la sua festa e, subito, possiamo percepire la sua apertura alla vita, alla luce, alla positività e alla speranza. Poco dopo ci rendiamo, però, anche conto che la signora Dalloway è una donna molto complessa e che vi è anche oscurità nella sua vita: la guerra è ancora presente nel suo animo (e nell’animo delle persone che la circondano), e un forte senso di morte la inquieta con molti interrogativi188. Clarissa Dalloway è un’elegante signora dell’alta borghesia londinese, sposata al parlamentare Richard Dalloway e, come Anna Karenina, è molto ben

185 Ginzburg, Leone, “Anna Karenina (appunti critici)” in Ginzburg, Leone, Scritti, Zucàro, Domenico (a cura di), Torino, Einaudi, 2000, p. 260.

186 Tolstoj, Lev N., Anna Karenina, cit., p 818-819. 187 Woolf, Virginia, Mrs Dalloway, cit., p. 1.

188 Fusini, Nadia, Introduzione, in Woolf, Virginia, La signora Dalloway, trad. it. di Fusini, Nadia, Milano, Feltrinelli, 201627, pp. XIII-XVI.

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conosciuta e inserita in società. Tuttavia, dietro l’affascinante signora Dalloway, come la vede il vicino Scrope Purvis, e dietro l’immagine della “perfect hostess”189, come la definisce Peter Walsh, c’è una donna a volte insicura (per esempio quando incontra Hugh Whitbread nel parco e a un tratto si sente “oddly conscious [...] of her hat”190), a volte impacciata e, in generale, molto diversa: Clarissa.

[T]his being Mrs. Dalloway; not even Clarissa any more [...].191

Clarissa si sente, infatti, come scissa192: da una parte c’è Clarissa, dall’altra la signora Dalloway. L’identità complessa e frammentaria di Clarissa Dalloway diviene, dunque, oggetto della nostra attenzione, e, per tutto il romanzo, lei, herself193, Clarissa

stessa, come possiamo leggere fin dalla prima frase del romanzo, diverrà uno dei temi principali.

Laying her brooch on the table, she had a sudden spasm [...], seeing the glass, the dressing-table, and all the bottles afresh, collecting the whole of her at one point (as she looked into the glass), seeing the delicate pink face of the woman who was that very night to give a party; of Clarissa Dalloway; of herself. How many million times she had seen her face, and always with the same imperceptible contraction! She pursed her lips when she looked in the glass. It was to give her face point. That was her self — pointed; dartlike; definite. That was her self when some effort, some call on her to be her self, drew the parts together, she alone knew how different, how incompatible and composed so for the world only into one centre, one diamond, one woman who sat in her drawing-room and made a meeting-point, a radiancy no doubt in some dull lives, a refuge for the lonely to come to, perhaps; she had helped young people, who were grateful to her; had tried to be the same always, never showing a sign of all the other sides of her — faults, jealousies, vanities, suspicions [...].194

Guardandosi allo specchio (proprio come Anna Karenina) cerca di ricostruire se

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