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Il museo come strategia comunicativa

3.1. Introduzione

Le marche che stanno ottenendo oggi un maggiore successo sono quelle che comunicano i prodotti come qualcosa di unico, unito ad una forte strategia di marketing esperienziale e relazionale. Queste marche creano un immaginario intorno ai loro prodotti, facendo entrare il cliente in veri e propri luoghi in cui identificare la marca e in cui il cliente identifica se stesso in base ai valori espressi. I luoghi di vendita si stanno letteralmente

“museificando” e i beni vengono anch’essi progressivamente “museificati”, ovvero sempre più connotati dal punto di vista tattile, estetico e spettacolare, a discapito, a volte, di quello funzionale. «I grandi negozi della Nike denominati Nike Town sono esemplari a tale proposito, perché appaiono come luoghi adatti più all’esposizione che alla vendita, sembrano musei interattivi e centri d’informazione sullo sport. I commessi in uniforme se ne stanno educatamente al loro posto come se fossero i custodi di un oggetto prezioso in un museo, mentre i consumatori studiano in silenzio le dimostrazioni dei prodotti»34. È a partire dalla metà dell’Ottocento che è in atto un processo di spettacolarizzazione del consumo che ha conosciuto la sua apoteosi nelle Esposizioni Universali. «Queste ultime non si sono limitate a promuovere e a celebrare l’innovazione tecnologica, i prodotti e la comunicazione commerciale, ma hanno avuto un ruolo centrale per l’immaginario collettivo, nel divulgare lo spirito delle macchine, la seduzione delle merci e della loro messa in scena, le mitologie moderne del progresso, le forme espressive della cultura di massa e della società dello spettacolo»35.

34 M. Lombardi, Il dolce tuono, FrancoAngeli, Milano, 2006, p. 74.

35 Ibidem, p. 195.

Possiamo affermare quindi che il museo aziendale può essere considerato come un diretto discendente delle esposizioni universali e rappresenta il monumento culturale dell’impresa. I musei industriali si sono dimostrati come i dispositivi moderni che accelerano i processi di conoscenza, articolano le forme del sapere, chiariscono attitudini e potenzialità delle varie nazioni. Moltiplicando e proseguendo stabilmente le possibilità dell’esposizione, permettono di partecipare al mondo dell’oggetto e della produzione. Ma soffermandoci sulla dimensione dinamica del museo scopriamo che, oltre al rapporto tra arte e industria, il museo rappresenta un momento di promozione e alta visibilità del livello di progresso industriale della nazione e diffonde indistintamente a tutti i fruitori alcune cognizioni base necessarie per conoscere l’avanzamento che riguarda la produzione e la ricerca industriale del proprio paese. Questo è il concetto di base seguito da Museimpresa, associazione italiana che riunisce musei, architetture, archivi d’impresa. L’associazione nasce il 15 ottobre del 2001 in occasione del convegno I saperi dell’impresa (Musei d’impresa, design industriale e innovazione) tenutosi a Milano. I soci fondatori che firmano il Manifesto d’Intenti e che dal 1999 hanno partecipato attivamente alla creazione del progetto di costituzione dell’Associazione e ne hanno condiviso le finalità sono quindici. Si tratta delle seguenti aziende, strutture espositive e di conservazione: Museo Alessi, Archivio storico Barilla, Museo dell’olivo e dell’olio Fondazione Lungarotti, Museo Salvatore Ferragamo, Archivio/Galleria Reale/virtuale delle Aziende Guzzini, Museo Kartell, Archivio Storico Olivetti, Archivio Storico e Museo Birra Peroni, Museo Piaggio, The Zucchi Collection Museo, Museo Ducati, Museo del vino/Fondazione Lungarotti, Archivio Storico Industrie Pirelli, Museo Rossimonda della Calzatura d’autore, Museo Alfa Romeo. Oggi Museimpresa consta di trentasette associati, quindi si sono aggiunti:

Assolombarda (Associazione Industriale Lombarda), Confindustria (Confederazione Generale dell`Industria Italiana), Aboca Museum, Museo

di Storia della fotografia, Museo della Liquirizia Giorgio Amarelli, Archivo storico Banca Intesa, Museo del Cappello Borsalino (Alessandria), Museo del Cavallo Giocattolo (Como), Fratelli Branca Distillerie (museo in corso di costituzione), CID Museo Territoriale della Bassa Friulana (Torviscosa), Fondazione Dalmine (Bergamo), Archivio Storico ENI (Roma), Galleria Ferrari (Maranello), Gruppo Ferrovie dello Stato, Archivio Storico Fiat (Torino), Museo Martini di Storia dell'enologia (Torino), Museo Nicolis dell'Auto, della tecnica, della meccanica (Villafranca di Verona), Museo della Paglia e dell'Intreccio Domenico Michelacci (Signa, Firenze), Galleria Guglielmo Tabacchi (Safilo, Padova), Spazio Museo Sagsa (Milano). A questi si aggiungono Federturismo, Museo dell'Orologio da Torre G. B Bergallo, Bardino Nuovo, Savona e Consorzio BAICR Sistema Cultura, Roma nel ruolo di sostenitori istituzionali.

L’Associazione Italiana dei Musei e Archivi d’Impresa vede l’impresa come uno dei principali agenti di progresso e modernizzazione. In quest’ottica, infatti, si può considerare come l’impresa generi innovazione e trasmetta segni immateriali e valori, a pieno titolo beni culturali.

«L’Associazione si propone di promuovere la politica culturale dell’impresa attraverso la valorizzazione di elementi come il museo e l’archivio d’impresa. Persegue lo scambio e la diffusione di conoscenze ed esperienze con la comunità museale, le imprese, le istituzioni e il grande pubblico.

Svolge altresì attività di ricerca, formazione, sviluppo e approfondimento nel campo della museologia e dell’archivistica d’impresa»36.

Come si intuisce anche dalle affermazioni di Museimpresa, il museo d’impresa è considerato a tutti gli effetti un museo, che contaminandosi con il mondo aziendale acquista motivazioni e funzioni proprie, parzialmente coincidenti con quelle del museo classico, di stampo storico o artistico. Per questo quando si parla di come i musei siano cambiati oggi, in una

36 www.museimpresa.it

prospettiva nuova e moderna, non si può fare a meno di citare anche le innovazioni e i contributi che i musei aziendali, e più in generale quelli tematici, hanno portato. «Per la loro caratteristica di entità più contenute di quelle dei grandi musei multidisciplinari, sono evidentemente anche più selettivi, più mirati all’attenzione di particolari settori di pubblico, e per questi stessi motivi, sono di più facile gestione e capaci di un più agile aggiornamento dei contenuti e degli allestimenti»37. Nel museo moderno si cerca di soddisfare tutte le necessità dei visitatori: allestire collezioni interessanti e facilmente leggibili, un negozio dove poter comperare bei oggetti, avere un punto di ristoro, spazi di decompressione e altri dedicati all’intrattenimento dei bambini, l’archivio, la biblioteca ed un centro di documentazione. A supporto di questo discorso porto l’esempio dell’ampliamento del Geffrey Museum di Londra, museo di storia dell’arredo domestico borghese inglese. Nel 1998 con la creazione della nuova ala, oltre alle sale dedicate agli arredi del XX secolo, si sono aggiunti anche servizi come una luminosa caffetteria, una libreria con gift-shop, spazi per la didattica e un design centre, laboratorio per la ricerca sul prodotto d’arredo e di disegno artigianale e industriale con annessa una sala per le esposizioni temporanee38.

Nel momento in cui il museo e l’impresa si fondono, anche le due rispettive mission, quella culturale e quella del profitto economico (apparentemente antitetiche), trovano una reciproca utilità. Il museo diventa strumento di asset aziendale, ovvero con una effettiva utilità nell’ambito del marketing e della comunicazione. Sicuramente le caratteristiche primarie della creazione di un museo aziendale derivano da una disponibilità di materiale creata da una storia aziendale sedimentata e una sensibilità dell’imprenditore verso il tema del museo come strumento di

37 L.B. Peressut, M.di Puolo, M. Mastropietro, V. Minucciani, M. C. Ruggieri Triboli, 73 musei d’arte, archeologici, etnografici, naturalistici, scientifici e tecnologici, religiosi, tematici, aziendali, ecomusei, Lybra, Milano, 2007, p. 83.

38 Ibidem, p. 90.

comunicazione attraverso cui rafforzare la visibilità ed i valori del marchio aziendale e strumento operativo che interagisce con le funzioni aziendali. Le motivazioni che stanno all’origine della realizzazione di un Museo Aziendale sono molteplici e possono coesistere secondo una distribuzione equilibrata di diversi fattori, oppure con la netta prevalenza di alcuni.

Identificare le possibili motivazioni aiuterà ad identificare le funzioni che al museo possono essere attribuite in base alle politiche e alle inclinazioni dell’azienda e dell’imprenditore.

La creazione del museo, che solitamente parte dalla volontà dell’imprenditore di raccontare una storia imprenditoriale, personale o familiare, vede in questo una funzione prevalentemente storico-istituzionale, che riguarda il fissare e istituzionalizzare questa storia, dettata da un insieme di fatti e informazioni non sempre riportati in modo univoco e spesso confinati in una dimensione mitica. Questa funzione può essere legata ad una volontà di riposizionamento e rafforzamento del marchio.

Se il museo nasce come un luogo in cui organizzare attività culturali e non profit, come uno strumento di comunicazione dei valori aziendali, o come strumento di Internal Marketing39, la sua funzione principale sarà rappresentare l’azienda verso terzi. La sistemazione è in questo caso molto importante: il museo può essere disposto nel cuore dell’azienda o in un altro luogo, ma sempre fortemente connotato per donare una sensazione di felice straniamento dalla realtà, imprimendo così una connotazione emotiva palpabile. Un esempio è il Museo Mercedes Benz di Stoccarda40, inaugurato

39 Per Internal Marketing si intende quel complesso di azioni rivolte al personale, e in generale alla comunità aziendale, per motivarlo e coinvolgerlo nelle strategie e nel perseguimento degli obiettivi da queste indicati.

40 http://www.archi-europe.info/Archinews/032006/newsletter03_it.htm Il Museo è stato progettato da una grande firma dell’architettura Ben van Berkel e Caroline Bos che hanno fondato nel 1998 e dirigono UN Studio, uno degli studi di architettura più creativi del momento in Europa. UN sta per United Net, o rete unificata, in riferimento alla rete multidisciplinare di specialisti di urbanistica, statica, simulazione al computer, grafica, fotografia o gestione che lavorano in gruppi flessibili. Tra i loro progetti più ambiziosi e rappresentativi posso citare il ponte Erasmo (Rotterdam, 1990-96), la stazione centrale di

nel 2006: la struttura dell’edificio è già molto particolare, basata sulla figura del trifoglio. Si configura come costituita da tre piattaforme circolari sovrapposte ma sfalsate con al centro un grande spazio vuoto triangolare. La visita del museo inizia dal livello più elevato, al quale si accede tramite ascensori simili a navicelle spaziali con aperture visive solo a livello degli occhi dei visitatori che nella salita possono guardare le immagini della storia della casa automobilistica proiettate nell’atrio. La visita è tutta caratterizzata dallo scendere ed intersecarsi a vari livelli di due spirali che rendono possibile il continuo cambio di percorso e l’immersione in un mondo dall’affascinante spazialità, somma coerente dell’applicazione di differenti principi che riguardano lo spazio e che rispondono sia alle esigenze funzionali del museo sia alla sua ubicazione periferica. Le stanze della

“Leggenda” sono chiuse ed illuminate artificialmente quasi fossero spazi teatrali, entrarci è come salire su un palcoscenico. Le stanze della Collezione sono invece aperte e illuminate dalla luce naturale proveniente dalle ampie e panoramiche vetrate che le circondano. L’allestimento permette di vagare liberamente come in un sogno, motivo ispiratore della visita al museo, ma allo stesso tempo incoraggia il visitatore ad interagire in maniera consapevole e dinamica con le vetrine espositive che mostrano i pezzi della collezione da angoli e prospettive inusuali41.

Quando il museo viene organizzato principalmente come strumento di trasmissione del sapere, offre un bacino di contenuti e suggestioni (materiale storico selezionato, archiviato, digitalizzato) a disposizione dell’azienda: dell’ufficio di relazioni pubbliche, di marketing, advertising, merchandising e soprattutto di sviluppo nuovi prodotti. Un’altra motivazione può avere origine in seguito al successo riscosso presso

Arnhem e ad Amsterdam il complesso Living Tomorrow. Tutto questo a dimostrazione di come il progetto del museo Mercedes-Benz faccia parte anche di un ampia strategia di co-marketing con gli stessi architetti.

41 L. Basso Peressut, M. di Puolo, M. Mastropietro, V. Minucciani, M. C. Ruggirei Triboli, 73 Musei, Lybra, Milano, 2007, p. 88.

l’opinione pubblica di mostre temporanee relative alle collezioni storiche dell’azienda, mostre che vengono inizialmente concepite ed organizzate come momento promozionale di una o più aziende coinvolte, come nel caso del Museo per gli Argenti Contemporanei, fondato nel 1993 da un gruppo di imprese del settore in seguito ad una mostra promossa dall’Ente Fiera dei Castelli di Belgioioso e Sartirana42. Infatti la volontà di fornire maggior visibilità all’azienda (anche in senso fisico), e di dotarsi di uno strumento di marketing del territorio e della comunità, accrescendo l’impatto sul contesto sociale, si tradurrà in una particolare funzione identificativa del museo, che diventerà il maggior rappresentante dell’azienda in una serie di ambiti istituzionali, culturali, territoriali, relazionandosi con altri musei d’impresa e non (tramite realizzazione di cataloghi mostre, volumi), entrando a far parte di un’associazione culturale e guadagnando così maggiore visibilità, peso nel dialogo con le istituzioni pubbliche, private, locali e nazionali. Inoltre il Museo differenzia gli strumenti della politica di comunicazione dell’azienda rispetto alla concorrenza, contatta particolari segmenti di pubblico e informa in maniera univoca l’opinione pubblica sulla storia, sull’evoluzione e sulle attività dell’azienda aumentandone il riconoscimento a livello sociale.

Passiamo ora ad indagare chi sono i possibili utenti di un museo aziendale. «Innanzitutto bisogna distinguere tra i due tipi di pubblico a cui si rivolge il museo: un pubblico diretto, i visitatori e uno indiretto, i mass media, che proponendo articoli e recensioni creano un effetto di ridondanza»43. I possibili fruitori diretti risultano essere il mondo della scuola e dell’apprendistato, il mondo tecnico scientifico, i giornalisti, i dipendenti aziendali, i turisti, collezionisti e operatori commerciali.

Giornalisti e specialisti in grado di influenzare l’opinione pubblica attraverso i mass media, soprattutto stampa periodica e radiotelevisiva. Il museo può trovarsi all’interno o all’esterno del complesso aziendale. Il

42 M. Amari, I musei delle aziende, Franco Angeli, Milano, 2006, p. 75.

43 Ibidem, p. 85.

secondo caso offre logicamente all’azienda un pubblico più variegato e vasto. La media annuale di visitatori può, nei due casi, variare da un minimo di duecento (Museo Alessi) ad un massimo di centosessantamila (Galleria Ferrari). Ma l’affluenza dei visitatori risulta soprattutto legata alla politica promozionale di apertura. A livello di comunicazione interna, invece, il clima aziendale44, con il contributo della presenza del museo, viene ad essere caratterizzato da un maggior livello di collaborazione e di interesse nel perseguimento degli obiettivi. Questo perché il personale si sente parte di qualcosa di più di una semplice catena di produzione industriale, il loro lavoro viene innalzato a livello di storia, arte, cultura e dando prestigio all’azienda. Si può infatti affermare che il museo dà prestigio anche a chi fa parte dell’azienda (il personale). A ciò si aggiunge un motivo d’orgoglio derivante dall’essere parte di un gruppo impegnato nella creazione di un progetto ad alto riconoscimento sociale.

Passiamo ora ad evidenziare molto sinteticamente le fasi di una pronta politica promozionale. Perché un museo funzioni e sia conosciuto c’è bisogno, infatti, di una politica di promozione adatta ed efficace. Nella programmazione bisogna passare per alcune tappe fondamentali come determinare prima di tutto lo stanziamento economico, pianificare strumenti da usare e contenuti da comunicare e in ultimo, ma non per importanza, misurare l’efficacia/efficienza delle attività svolte, per capire se e quanto gli sforzi sono stati validi ed efficaci. I criteri di valutazione dell’efficacia della politica promozionale possono essere quantitativi (prendendo in considerazione il numero di visitatori), o qualitativi (tenendo conto dei commenti degli opinion leader e del riscontro stampa). In relazione ai pubblici di riferimento, gli obiettivi da perseguire nella promozione sono il dare notorietà del museo, presentarne un’immagine interessante e positiva,

44 Per clima aziendale si intendono le «percezioni socialmente condivise relativamente all’appropriatezza delle attitudini e dei bisogni, alle definizioni socialmente condivise, sul lavoro e sulle modalità di relazione delle persone con l’ambiente». Cfr. E.A. Gerloff, Strategie Organizzative, McGraw Hill, Milano, 1993, pp. 243-244.

così da richiamare anche nuovi visitatori. Per perseguire questi obiettivi il museo aziendale può attivare servizi di contatto con la stampa a livello nazionale e internazionale, con gli operatori turistici, di pubblicità istituzionale45, di eventi quali mostre temporanee e convegni a tema così da attirare l’attenzione dei mass media. Sta agli addetti all’istituzione museale l’avvio e il mantenimento di solidi rapporti con i fruitori (sia diretti sia indiretti): un’accurata politica di pubbliche relazioni è un’importantissima forma di promozione del museo, che attiri nuovi visitatori aumentando la notorietà presso ampie schiere di pubblici.

3.2. Lo scenario italiano

L’interesse da parte delle imprese italiane nel testimoniare la propria storia imprenditoriale nasce intorno agli anni Sessanta, quando si assiste al cosiddetto “miracolo economico”. I primi esempi sono riferiti soprattutto ad aziende di grandi dimensioni come la Fiat. Gli imprenditori cominciano ad acquisire un orgoglio d’impresa, dando il via ad un lento processo di identificazione in grado di prendere in considerazione più elementi:

l’impresa comincia a leggersi oltre che come soggetto economico e sociale anche come soggetto culturale, capace cioè di esprimere valori. Tutti gli elementi del processo produttivo, non solo il prodotto finale, cominciano ad essere considerati come il risultato di un processo innovativo, ricco di rimandi funzionali, storici ed estetici radicati territorialmente.

C’è voluto molto più tempo perchè le imprese riuscissero effettivamente ad instaurare un dialogo ed una collaborazione reale e feconda con il territorio. «La distanza tra le prime illuminate percezioni aziendali e il senso culturale comune si è colmata in questi ultimi decenni, quando nel corso di

45 Manifesti, pubblicità sui mezzi di trasporto, dèpliant, conferenze stampa, pubblicità su riviste e quotidiani.

un lento processo di divulgazione si è giunti a cogliere il valore culturale delle testimonianze industriali, con l’individuazione delle prime strategie di tutela, valorizzazione e promozione, al fine di farne fruire l’intera collettività»46. La conferma di questo cambiamento di attitudine è dimostrato anche dal fatto che oggi, in alcuni casi dove mancano importanti aziende di riferimento ma esiste la presenza frantumata di molteplici imprese, è addirittura il soggetto pubblico a farsi carico della ricostruzione della storia industriale del territorio. La situazione del Museo civico del marmo di Carrara può essere presa come esempio: testimonia lo sviluppo dell’industria locale e si propone di favorire la sperimentazione di nuove forme di impiego del materiale, documentando idee e tecniche di lavorazione innovative. «Un altro segnale del crescente interesse da parte dell’opinione pubblica verso i musei d’impresa è il numero, in costante aumento, dei visitatori, risultato di una politica di comunicazione che le imprese hanno cominciato ad attivare con gli istituti di formazione, generalmente scuole superiori o centri universitari»47. Questo ci fa capire che parallelamente alle istituzioni pubbliche, anche i musei aziendali stanno quindi acquistando sempre di più la consapevolezza di essere uno strumento didattico e di valorizzazione del momento informativo in concomitanza con quello promozionale.

Inoltre i musei d’impresa, mutuando l’esperienza da situazioni museali tradizionali, hanno cominciato a dotarsi di servizi aggiuntivi come un punto vendita aziendale che, presente nel 30% dei casi, è privilegiato da quelle strutture che realizzano un prodotto di largo consumo e che tendono ad esaltare il prodotto leader dell’azienda. Nel caso del Museo Storico Perugina, in occasione dell’ampliamento del museo avvenuto proprio quest’anno, l’aggiunta di un punto vendita interno riguarda la vendita dei

46 M. Negri, Manuale di museologia per i musei aziendali, Rubbettino, Milano, 2003, p.

160.

47 Ibidem, p. 161.

loro prodotti ad un prezzo “di fabbrica” e quindi notevolmente inferiore a quello della normale distribuzione. Possiamo inoltre trovare gadget come cartoline e segnalibri, peluche e confezioni esclusive per ricorrenze particolari. Tutto questo dimostra come vi sia una sempre maggiore attenzione alla figura del visitatore che può rivelarsi già all’interno della struttura consumatore di prodotto oltre che di storie e suggestioni.

Tutta la struttura espositiva deve riuscire a valorizzare una precisa caratteristica del prodotto di riferimento, esaltando il prodotto leader o allargando il racconto alla storia e all’evoluzione del settore in cui l’azienda opera. Questa storia è sempre affrontata da un punto di vista storico e vengono presentati l’utilizzo e la realizzazione del prodotto anche in situazioni anteriori alla fondazione dell’azienda. In genere sono previsti un allestimento e un percorso in cui la presenza del prodotto aziendale è inizialmente molto sfumata per materializzarsi nella parte finale dell’esposizione e all’interno dei punti vendita (oltre ai quali possiamo trovare luoghi di ristoro, biblioteca e book shop). Non mancano casi in cui il concetto di patrimonio museale si estende a quello di factory tour, ossia la visita al processo produttivo partendo dalla collezione aziendale, come nel caso della Collezione storica Buitoni Perugina: il visitatore inizia il percorso dalla visita all’archivio che raccoglie e conserva oltre 33.000 pezzi, prima di inoltrarsi negli stabilimenti di produzione. Il museo può considerarsi in questo caso come un museo laboratorio ed è quello che più si avvicina al modello di museo scientifico, in cui la narrazione si avvale di oggetti diversi, strumenti interattivi, didascalie, audiovisivi e media elettronici.

Tutta la struttura espositiva deve riuscire a valorizzare una precisa caratteristica del prodotto di riferimento, esaltando il prodotto leader o allargando il racconto alla storia e all’evoluzione del settore in cui l’azienda opera. Questa storia è sempre affrontata da un punto di vista storico e vengono presentati l’utilizzo e la realizzazione del prodotto anche in situazioni anteriori alla fondazione dell’azienda. In genere sono previsti un allestimento e un percorso in cui la presenza del prodotto aziendale è inizialmente molto sfumata per materializzarsi nella parte finale dell’esposizione e all’interno dei punti vendita (oltre ai quali possiamo trovare luoghi di ristoro, biblioteca e book shop). Non mancano casi in cui il concetto di patrimonio museale si estende a quello di factory tour, ossia la visita al processo produttivo partendo dalla collezione aziendale, come nel caso della Collezione storica Buitoni Perugina: il visitatore inizia il percorso dalla visita all’archivio che raccoglie e conserva oltre 33.000 pezzi, prima di inoltrarsi negli stabilimenti di produzione. Il museo può considerarsi in questo caso come un museo laboratorio ed è quello che più si avvicina al modello di museo scientifico, in cui la narrazione si avvale di oggetti diversi, strumenti interattivi, didascalie, audiovisivi e media elettronici.

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