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L’oggetto del presente studio impone ora di analizzare i problemi di diritto intertemporale propri della materia contrattuale, che consistono essenzialmente nel verificare l’eventuale influenza che i mutamenti normativi possono avere sui rapporti contrattuali conclusi prima della novella legislativa.

Si tratta pertanto di stabilire se la sopravvenienza normativa vada ad incidere, e se sì a quali condizioni, sugli effetti voluti un tempo dalle parti.

E’ ben possibile che il regolamento contrattuale sia destinato a realizzarsi mediante l’esecuzione di un’unica prestazione o più prestazioni concentrate in un unico momento; in tale ipotesi si è soliti parlare di “contratti ad esecuzione istantanea”

che, a loro volta, vengono distinti in contratti istantanei ad esecuzione immediata, qualora il momento esecutivo coincida con la perfezione dell’accordo o in contratti istantanei ad esecuzione differita, se il regolamento contrattuale è destinato a realizzarsi in tutto o in parte in un momento successivo.44

Ai contratti ad esecuzione istantanea si contrappongono i contratti di durata, in cui almeno una delle prestazioni non si esaurisce in un’unica operazione o in un effetto istantaneo ma si attua nel tempo, senza soluzione di continuità -contratti ad esecuzione continuata- oppure si attua con erogazione di beni o di servizi ripetuti ad intervalli regolari -contratti ad esecuzione periodica-.45

Conseguentemente, si è osservato che nelle situazioni giuridiche istantanee viene tutelato l’interesse immediato di un soggetto a conseguire un bene, mentre in quelle durature è protetto un interesse diretto alla conservazione o al conseguimento di un bene che si realizza con il passare del tempo e dà vita ad una situazione giuridica duratura.46

I problemi di diritto intertemporale si pongono soprattutto per i contratti di durata e per quelli istantanei ad effetti differiti, poiché per i contratti istantanei ad esecuzione immediata è logicamente impossibile ipotizzare che intervenga un mutamento

44 A. Torrente, P. Schlesinger, Manuale di diritto privato Milano, 2015, p. 522.

45 V. Roppo, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, Milano, 2011, pp.

511 - 512.

46 F. Briolini, Fideiussioni omnibus non “esaurite” e legge sulla trasparenza bancaria, in Banca Borsa e titoli di credito, 1996, I, p.698.

25 normativo nel lasso temporale tra la stipulazione e l’esecuzione, atteso che questi due momenti vanno a coincidere.

In relazione a questi ultimi contratti, le questioni potrebbero porsi nel caso in cui la legge sopravvenuta alla cessazione degli effetti contrattuali venisse espressamente qualificata come retroattiva o tale efficacia venisse desunta dall’interprete alla luce degli obiettivi perseguiti con l’intervento normativo.

In tali ipotesi sarebbe necessario vagliare la “ragionevolezza” di una legge sopravvenuta idonea ad influire sui rapporti contrattuali esauriti alla stregua del bilanciamento di interessi di cui in precedenza si è parlato. 47

Le difficoltà aumentano se oggetto dell’intervento legislativo sopravvenuto sono norme imperative ossia norme il cui rispetto, per definizione, si impone alle parti con limitate, possibilità di deroga.48

Infatti, le drastiche conseguenze in cui un contratto incorre qualora si ponga in contrasto con queste,49 si giustificano alla luce dell’interesse tutelato dalle norme

47 Si veda supra par. 1.

48 E’ stato osservato che la legislazione recente, introducendo numerose ipotesi di nullità relativa, ha portato a rivisitare l’idea per cui le norme imperative siano sempre inderogabili. Infatti spesso in tali ambiti è ammessa una deroga alla norma cogente qualora questa si traduca in un vantaggio per il contraente protetto, costituendo la disciplina legale una garanzia minima apprestata a tutela di una parte contrattuale. Questo fenomeno ha portato a ritenere che quindi il vero tratto caratterizzante sia rappresentato non dall’inderogabilità ma dall’indisponibilità dell’interesse protetto. Così M.Rabitti, Della nullità del contratto (commento all’art.1418 c.c.), in E. Navarretta, A. Orestano (a cura di), Commentario al codice civile, diretto da E. Gabrielli, volume Dei contratti in generale artt. 1387-1424, Torino, 2012.

Per quanto riguarda il problema relativo ai criteri utilizzabili per l’accertamento della natura imperativa della norma si rinvia a G. Villa, Contratto e violazione di norme imperative, Milano, 1993,.p. 83. Qui ci si limiterà a ricordare che, salvo alcune ipotesi in cui si è in presenza di chiari indici in grado di provare il carattere non disponibile della norma, quali ad esempio la previsione di una sanzione penale ovvero l’esclusione del patto contrario, “il criterio dello scopo della norma non vada utilizzato in astratto, chiedendosi solo quale sia la ratio della norma” poiché decisivo “non è tanto quale sia lo scopo del divieto in assoluto, ma quale elemento del processo di scambio si muova in direzione contraria a quello scopo” poiché in alcune ipotesi il contrasto tra tale scopo ed alcuni elementi conduce a situazioni di incompatibilità del negozio con il sistema mentre in altre il negozio sopravvive in quanto la situazione che ne deriva non determina la lesione di alcun divieto. G. Villa, op.cit., p. 137 a cui si rinvia anche per gli esempi chiarificatori ivi contenuti.

49 La violazione di una norma imperativa comporta, di norma, la nullità dell’intero contratto o della singola clausola. Tale nullità può essere testuale o virtuale; Nel primo caso la nullità deriva dall’applicazione dell’art. 1418 comma III c.c. che richiede un’espressa opzione del legislatore a favore dell’invalidità; la nullità virtuale è invece è prevista dal primo comma dell’art. 1418 c.c.; in questa ipotesi il rimedio dell’invalidità non è una conseguenza necessaria della violazione della norma inderogabile perché lo stesso legislatore ha previsto che le norme possano prevedere una diversa disciplina. La dottrina si è interrogata a lungo sull’interpretazione dell’inciso “salvo che la legge disponga diversamente” ed è infine giunta a riconoscere che la nullità possa essere esclusa non solo grazie alla previsione di un diverso rimedio ma altresì tramite la valorizzazione della ratio sottesa alla disposizione. Sull’argomento si rinvia a G.Villa, op.cit.. Infine, ai sensi dell’art. 1418 comma secondo c.c. conduce sempre alla nullità dell’intero contratto la causa e l’oggetto illeciti che ricorrono, tra le

26 stesse individuato, per consolidata giurisprudenza e dottrina, in un interesse pubblico generale che si colloca al vertice della gerarchia dei valori protetti dell’ordinamento e che quindi risulta indisponibile ad opera dei singoli.50

In tutte queste ipotesi è quindi necessario verificare in primo luogo se il mutamento normativo sia in grado di influire sulle vicende contrattuali perfezionatesi prima dell’entrata in vigore delle nuove norme e in secondo luogo, qualora si ritengano applicabili le nuove disposizioni, è necessario altresì accertare se si è in presenza di una applicazione retroattiva o meno della nuova legge.51

Talvolta il legislatore interviene risolvendo a priori le problematiche appena illustrate attraverso la previsione di apposite norme di diritto transitorio che regolano il passaggio dal vecchio al nuovo regime.

altre ipotesi, qualora si pongano in contrasto con una norma imperativa secondo il disposto di cui all’1343 e 1346 c.c. Sulla necessità di rinvenire un criterio per distinguere le due ipotesi si rinvia a G.Villa, op.cit.

50 G. Passagnoli, Il contratto illecito, in Trat. Roppo, II, Il regolamento, a cura di G.Vettori, Milano, 2006, 441. Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che la disposizione contenuta nella norma imperativa possa essere determinata “da un interesse, sociale, dal bisogno di difesa della sicurezza giuridica” (F. Ferrara, Teoria del negozio illecito, Milano, 1914, p.23) nonché

“dall’esigenza di tutela dei principi fondamentali e di interesse generale, essenziali all’ordinamento giuridico dello Stato (anche transitoriamente) e tali da osservarsi inderogabilmente da tutti”. (Cass.

11 novembre 1979, n.5311, in Riv. not., 1980, p.134. In realtà parte della dottrina ha sottolineato che la ricostruzione basata sul binomio nullità e interesse generale sia entrata in crisi all’inizio degli anni

’90 del secolo scorso con l’emersione della categoria delle “nullità speciali” originata dal ricorso da parte del legislatore alla figura della nullità per la tutela di interessi particolari riferibili non alla collettività ma tutt’al più, a classi di contraenti individuate M.Rabitti, op.cit., p.540. Nonostante queste critiche recentemente la giurisprudenza di legittimità non ha esitato a confermare il proprio orientamento consolidato escludendo che l’emersione delle nullità speciali possa smentire il principio per cui tale categoria di invalidità è sempre posta a presidio di interessi generali. Infatti la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n.26242 del 12 dicembre 2014) non ha negato che le nuove ipotesi di nullità siano volte a tutelare particolari categorie di soggetti, quali i consumatori, i subfornitori e così via, ma ha altresì aggiunto che il potere offioso del giudice di rilevare tali forme di nullità, che sussiste anche in tali ipotesi, è essenziale al perseguimento di valori che possono anche avere rilievo costituzionale, quali il corretto funzionamento del mercato (ex art. 41 Cost.) o l’uguaglianza formale tra contraenti forti e deboli (ex art. 3 Cost.) poichè “lo squilibrio contrattuale tra le parti altera non soltanto i presupposti dell’autonomia contrattuale ma altresì le dinamiche concorrenziali tra le imprese”. L’orientamento è seguito anche in dottrina, si osserva infatti che le nullità extracodicistiche sono sì volte a tutelare un contraente appartenente ad una determinata categoria considerata “debole”, in quanto sfornita di un sufficiente potere contrattuale in grado di influire adeguatamente sul contenuto del negozio, ma allo stesso tempo non considerano il singolo in sé poiché tengono conto di una situazione di asimmetria che ha carattere diffuso ed è generalizzata tra tutti gli appartenenti alla medesima categoria di modo che si tratta di nullità volte a colpire il contratto socialmente dannoso. Così per M. Bianca, Diritto civile, Il Contratto, vol. III, Milano, 2000, p. 613.

51 F. Briolini, op.cit., p.696 osserva infatti che imperatività e retroattività sono due concetti distinti.

L’avvenuto riconoscimento del carattere inderogabile di una disposizione non permette di per sé di concludere per l’applicabilità della stessa a tutte le fattispecie in cui questa venga in rilievo. Infatti inderogabilità e retroattività sono due concetti che operano su piani differenti, poiché attengono in un caso ai limiti dell’autonomia privata e nell’altro all’efficacia nel tempo della legge. Si comprende così come una norma possa essere imperativa e nonostante ciò non venire applicata a determinati rapporti in quanto non avente efficacia retroattiva.

27 Tuttavia l’adozione di tali regole non si impone ma rientra nella discrezionalità di cui gode nell’esercizio del potere legislativo, di modo che, in loro assenza, spetta all’interprete precisare l’ambito temporale di applicazione della nuova legge ricorrendo ai criteri di diritto intertemporale.

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