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L'età delle pazienti , lo stadio FIGO, il grado istologico, l'invasione miometriale, l’ LVSI, la diffusione all’ istmo, l'approccio chirurgico e la terapia adiuvante sono stati analizzati per valutarne l'associazione con il rischio di recidiva e con la sopravvivenza globale.

Le percentuali di recidiva sono state rapportate con le variabili esplicative usando il test chi-quadro di Pearson ( od il test di Fisher quando indicato).

Il log-rank test è stato utilizzato per confrontare le curve di sopravvivenza libera da progressione in funzione delle variabili prognostiche. La regressione logistica basata sul modello di COX e’ stata utilizzata per l’ analisi multivariata delle variabili predittive di sopravvivenza libera da progressione. Valori di p<0.05 sono stati ritenuti significativi.

L’intervallo di tempo tra la chirurgia primaria e la documentazione clinica e/o radiologica della recidiva è stato definito come sopravvivenza libera da progressione (PFS). L’intervallo di tempo tra la chirurgia primaria e la morte, o l’ultimo follow-up, è stato definito come sopravvivenza globale (OS ).

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RISULTATI

Le caratteristiche delle pazienti sono riportate nella tabella 9. L’età mediana delle pazienti alla diagnosi è di 62 anni(range 33-87). Lo stadio FIGO maggiormente rappresentato il IB(51,7%), il grado istologico

preponderante il G2(59,7%). L’infiltrazione degli spazi linfovascolari era presente nel 18,7% delle pazienti. L’estensione all’istmo era presente alla diagnosi nel 6,1 %, mentre solo l’ 1,5% presentava citologia peritoneale positiva. La terapia adiuvante e’ stata eseguita in 124 donne(47.1%), delle quali 75(28%) sono state sottoposte a radioterapia esterna pelvica + brachiterapia, 14(5.3%) a brachiterapia esclusiva, 6 (2.3%) a chemioterapia da sola, 28(10.6%)a chemioterapia seguita da radioterapia esterna pelvica e/o brachiterapia, e una paziente (0.4%) a ormonoterapia (Tabella 10)

La neoplasia ha recidivato in 44 pazienti(16.7%). Di queste recidive, 8 (18.2 %) erano locali(vaginale o centro-pelviche), 9 (20.5%) erano retro-peritoneali, 17 (38.6%) erano a distanza e 10 (22.5%) interessavano multiple sedi (Tabella 11).

La PFS e OS a 2 e 5 anni in funzione alle variabili prognostiche e’ riportata nella tabella 12 e 13.

All’analisi univariata, la sopravvivenza libera da progressione correlava significativamente con l’età ( <62 vs anni > 62, p 0,031) (Fig.1a), l’infiltrazione miometriale (<50% versus >50%-<66% versus >66 % (p= 0,00007) (Fig.2a), il coinvolgimento dell’istmo (interessamento versus non interessamento, p= 0,000294) (Fig.3a), con LSVI+ (positivo versus negativo p = 0,000003), (Fig.4a) lo stadio FIGO (IA versus IB, p = 0,012) (Fig.5a) ma non il tipo di approccio chirurgico (Fig.6a).

All’ analisi univariata la sopravvivenza globale correlava con l’ età (p= 0.031) (Fig.1b) l’infiltrazione miometriale (p<0.0000001) (Fig.2b), il coinvolgimento dell’istmo (p= 0.007), (Fig.3a), il LVSI (p=0.0001) (Fig.4b) , e con lo stadio (p=0.001) (Fig.5b) ma non il tipo di approccio chirurgico (Fig.6b), il grado istologico (p=0.00014) (Fig.7b),

All’ analisi multivariata la positività degli spazi linfovascolari (HR = 0,377, 95% CI =0,178-0,796, p = 0,011) era l’unico fattore prognostico indipendente per la sopravvivenza libera da progressione, mentre

l’infiltrazione miometriale era l’unico fattore prognostico indipendente per la sopravvivenza globale (HR = 4,397, 95 % CI =0,973-19,878, p = 0,054).

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DISCUSSIONE

La chirurgia rappresenta il trattamento iniziale per il carcinoma endometriale. L’approccio chirurgico standard consiste nella laparotomia con lavaggio peritoneale, isterectomia totale, annessiectomia bilaterale con o senza linfadenectomia [164, 165, 166, 167]. Non c’è accordo in letteratura circa il ruolo della

linfadanectomia. Diverse sono le procedure per valutare il retroperitoneo: dalla biopsia dei linfonodi “bulky” all’esecuzione di un sampling linfonodale in sedi multiple sino alla linfadenectomia sistematica pelvica e lomboaortica [168]. È stato inoltre a lungo dibattuto se la dissezione linfonodale sia di vantaggio clinico[168, 169, 170]. Alcuni studi non hanno dimostrato alcun vantaggio in termini di sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale tra le pazienti sottoposta a linfadenectomia e quelle in cui questa procedura chirurgica non veniva eseguita[171, 172]. In uno studio multicentrico randomizzato italiano, che ha valutato 514 pazienti con carcinoma endometriale in I stadio sottoposte o no a linfadenectomia, le percentuali a 5 anni di sopravvivenza libera da progressione e globale erano simili tra i due bracci di trattamento (81.0% e 85.9% per il braccio linfadenectomia e 81.7% e 90.0% per quello in cui la

linfdenectomia non era eseguita [171]. Nello studio del UK MedicalResearch Council[172], 1408 donne con carcinoma endometriale in I stadio erano randomizzate a chirurgia standard versus chirurgia standard più linfadenectomia. Non c’erano differenze significative nè in termini di sopravvivenza libera da progressione a 5 anni nè in termini di sopravvivenza globale a 5 anni tra i due gruppi (73% e 80% per il braccio

linfadenectomia e 79% e 81% per il braccio non linfadenectomia). In entrambi gli studi nelle pazienti sottoposte a linfadenectomia vi erano maggiori complicanze. Nella nostra serie comprendente 263 pazienti con carcinoma endometriale in primo stadio, la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale a 5 anni erano rispettivamente di 84.1% e 96.4% nelle pazienti che avevano eseguito la

linfadenectomia e di 81.7% e 94.4% in quelle che non l’ avevano eseguita. Pertanto, al di fuori di studi clinici randomizzati, la decisione se eseguire la linfadenectomia deve essere presa selezionando le pazienti sulla base di fattori di rischio valutati sul tumore primario, quale ad esempio il grado istologico sulla biopsia preoperatoria, l’entità di infiltrazione miometriale ed il diametro tumorale (valutati preoperatoriamente con ecografia trans vaginale e risonanza magnetica nucleare o in base all’esame intraoperatorio)[173]. L’approccio laparotomico è comunque associato ad un’importante morbidità, in considerazione dell’alta incidenza di obesità e comorbidità in questa popolazione di pazienti [174].

Un approccio alternativo è rappresentato dall’isterectomia totale per via laparoscopica[175]. Alcuni studi prospettici controllati hanno dimostrato che tale procedura è in effetti una valida alternativa

all’isterectomia per via laparotomica nella patologia benigna[175], mentre sono attualmente a disposizioni pochi studi sull’impiego di tale procedura nel carcinoma endometriale per potere fornire una stima efficace dei suoi vantaggi. Gli svantaggi della laparoscopia sono dovuti principalmente alla visione bidimensionale durante l’intervento, alla riduzione della capacità di movimento degli strumenti nel campo chirurgico e alla limitazione ergonomica del chirurgo.

Gemignani e coll hanno condotto uno studio su 320 pazienti con carcinoma endometriale in stadio iniziale sottoposte a chirurgia per via laparoscopica e laparotomica. L’approccio laparoscopico era associato con una ridotta ospedalizzazione (2 giorni versus 6 giorni), e minori complicanze. Non c’erano inoltre differenze signficative in termine di frequenza di recidive (p=0.91)[176]. Altri autori hanno riportato simili risultati, concludendo che a fronte di tempi operatori maggiori, la via laparoscopica offre il vantaggio di una ridotta degenza post- operatoria, un minor rischio di complicanze tromboemboliche ed infettive e migliore qualità di vita [QoL] [177, 178, 179, 180].Nel 2009 il GOG ha pubblicato i risultati di un studio randomizzato (LAP2) che comparava la laparoscopia e la laparotomia nel carcinoma endometriale. 2616 pazienti erano

randomizzate a laparotomia (920) e laparoscopia (1696)[179]. Lo studio confermava che la chirurgica laparoscopica era caratterizzata da complicanze post- operatorie di grado moderato/ grave, riduzione del tempo di ospedalizzazione, una più veloce ripresa delle attività quotidiane e un migliore qualità di vita.

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Dalla meta-analisi di Wang[181] che ha incluso 9 studi randomizzati (per un totale di 1293 pazienti) tali dati sono stati ulteriormente confermati è infatti emerso che la via laparoscopica era associata a un numero minore di complicanze maggiori (Rischio relativo [RR]= 0.53, intervallo di confidenza al 95% [IC 95%]: 0.29- 0.98, P= 0.042), complessive (RR= 0.59, IC 95%: 0.42-0.82, P= 0.002) e postoperatorie (RR = 0.57, IC al 95%= 0.40-0.83, P = 0.003), ma non vi era nessuna differenza in termini di complicanze intraoperatorie (RR= 0.98, IC 95% 0.62-1.55, P= 0.919) e mortalità (RR= 0.96, IC 95% 0.66-1.40, P= 0.835). Gli autori pertanto

concludevano che la via laparoscopica è un approccio sicuro in termine di complicanze in questa tipologia di pazienti con carcinoma endometriale.

I dati sulla sopravvivenza sono ancora discordanti probabilmente dovuto al fatto che le informazioni a disposizione sono insuffcienti per fornire conclusioni efficaci. Eltabakk ha trovato percentuali di

sopravvivenza a 2 e 5 anni similari con nessuna differenza per quanto riguarda la sede di recidiva in 100 pazienti sottoposte a laparoscopia rispetto a quelle sottoposte a laparotomia[182]. In un revisione della letteratura comprendente 45 pazienti con malattia in I stadio, con un follow-up medio di 6,4 anni, Magrina e coll. hanno riportato una percentuale di recidiva a 5 anni del 4.9% di sopravvivenza del 94.7% nella laparoscopia, che erano simili a quelle ottenute in pazienti sottoposte a laparotomia[183]. Nello studio di Malur[184], tali percentuali di sopravvivenza erano simili nei due gruppi di trattamento (97.3% vs 93.3% vs 83.9% vs 90.9%). Anche i risultati dello studio LAP-2, confermavano che non vi erano differenze

significative nei due bracci di trattamento. Infatti dopo follow-up mediano di 59 mesi, 2,181 pazienti erano ancora vive, 309 erano andate incontro a recidiva (210 del braccio laparoscopico e 99 di quello

laparotomico) e 350 erano decedute (229 del braccio laparoscopico e 121 di quello laparotomico). La percentuale stimata a 3 anni di recidiva era dell’ 11.4% con la laparoscopia e del 10.2% con la laparotomia con una differenza dell’ 1.14% statisticamente non rilevante. Le percentuali di sopravvivenza globale stimate a tre anni erano invece del 89,8 % nella laparoscopia e del 89,9 % nel gruppo trattato con laparotomia.

Dalla metaanlisi di Galaal[185] che ha valutato 8 studi randomizzati che confrontavano la laparoscopia e la laparotomia, non sono emerse differenze significative nel rischio di recidiva e di morte tra le donne che avevano eseguito la laparotomia e quelle sottoposte a laparoscopia (HR = 1,13, 95 % Ci = 0,90- 1,42 HR = 1,14, 95 % CI = 0,62-2,10).

Nella nostra serie le sopravvivenza a 5 anni di libera da progressione e globale erano rispettivamente di 85.2%, 77.38% e 71.0% e di 99.4%, 100% e 100% per il braccio laparotomico, laparoscopico e robot-assistito con una differenza che non raggiungeva la significatività statistica, in accordo con quanto emerge dalla letteratura.

La chirurgia laparoscopica robot-assisitita rappresenta una nuova affascinante e sicura tecnica chirurgica[186, 187, 188].

Recenti lavori hanno dimostrato che l’isterectomia con linfadenectomia per via robotica potrebbe essere associate a minori morbidità soprattutto in pazienti con maggiore rischio operatorio[189, 190]. Leitao e coll hanno valutato retrospettivamente 752 pazienti con carcinoma dell’endometrio trattate dal 2007 al 2010. Centoquattro pazienti erano state sottoposte a laparotomia, 302 a laparoscopia e 347 a chirurgia robotica. Quando si confrontavano le caratteristiche preoperatorie delle pazienti, c’era una più elevata percentuale di pazienti obese nel gruppo robotico (15% versus 10%, p= 0.0049). Il tempo mediano operatorio era maggiore nel braccio robotico (213 minuti versus 184 minuti, p<0.001), ma dopo un appropriato tempo di apprendimento del chirurgo i tempi operatori erano sovrapponiibli, mentre la perdita di sangue (50ml vs 100 ml) e la degenza postoperatoria (2 giorni versus 5 giorni, p<001) erano migliori. Un aumentato BMI, può essere considerato un ulteriore limite alla laparoscopia, motivo per cui in queste pazienti un intervento laparotomico è spesso preferibile. Tuttavia secondo recenti studi, essendo nelle pazienti obese, presente una co-morbidità (determinata da patologia cardiovascolare, diabete, osteoartrite etc..), l’intervento

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laparoscopico può presentare una opzione migliore, in mani esperte, nel trattamento del carcinoma endometriale in stadio iniziale, per la riduzione delle complicanze post- operatorie. Pertanto la chirurgia laparoscopica sembra essere, sia in termini stadiativi, che terapeutici, che di morbidità un approccio comparabile a quello laparotomico e la recente introduzione della robotica, superiore alla laparoscopica classica, facilita ulteriormente l’esecuzione degli interventi non in “open”.

Sulla base della letteratura e dei dati emersi dalla presente tesi, i principali fattori prognostici per il carcinoma endometriale in primo stadio rimangono pertanto quelli storici e legati alle caratteristiche clinico-patologiche della neoplasia, quali lo stadio tumorale, l’età della paziente, il tipo istologico, il grado tumorale, l’invasione miometriale e il coinvolgimento degli spazi linfovascolari.

Dai nostri dati emerge che le pazienti con LSVI+ avevano un rischio di recidiva di 7.022 volte maggiore rispetto a quelle con spazi vascolari negativi e quelle con invasione miometriale > 66% un rischio di morte di 3.702 volte maggiore rispetto a quelle con infiltrazione miometriale inferiore. Allo stato attuale il tipo di approccio chirurgico (laparotomia versus laparoscopia versus robotica) non sembra influenzare l’outcome clinico delle pazienti con carcinoma endometriale endometrioide in I stadio. Sono necessari ulteriori studi randomizzati a lungo termine per potere valutare se la chirurgia mini invasiva possa offrire dei vantaggi oltre che in termini di riduzione delle complicanze postoperatorie e morbidità anche in termini di

sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale e di verificare se nell’ambito della chirurgia mini invasiva la robotica sia superiore alla laparoscopia.

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