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Approccio laparotomico e laparoscopico nel trattamento del carcinoma endometriale in stadio iniziale

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I

NDICE

RIASSUNTO ... 3 INTRODUZIONE ... 4 Epidemiologia ... 4 Fattori di rischio ... 4 OBESITA’ ... 5 DIABETE ... 5

STORIA OSTETRICA E MESTRUALE ... 5

PCOS ... 6

TUMORI ESTROGENO SECERNENTI ... 7

TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA ... 7

DIETA ... 7

ATTIVITA’ FISICA ... 7

TERAPIA CON TAMOXIFENE... 7

PREGRESSA RADIOTERAPIA ... 8 CONTRACCETIVI ORALI ... 8 Classificazione ... 8 Anatomia Patologica... 9 Immunoistochimica ... 13 Vie di diffusione ... 14 Stadiazione ... 15

Fasi della stadiazione ... 18

Sintomatologia ... 19

Diagnosi ... 20

Fattori predittivi e prognostici ... 21

Variabili anatomo-patologiche ... 22 Variabile biologiche ... 23 Terapia ... 26 Terapia conservativa... 26 Terapia chirurgica ... 27 Terapia adiuvante ... 29 Follow up ... 33

OBIETTIVO DELLA TESI ... 34

MATERIALI E METODI ... 35

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2 RISULTATI ... 37 DISCUSSIONE ... 38 BIBLIOGRAFIA ... 41 Tabelle ... 52 Tabella 1 ... 52 Tabella 2 ... 52 Tabella 3 ... 52 Tabella 4 ... 53 Tabella 5 ... 53 Tabella 6 ... 53 Tabella 7 ... 54 Tabella 8 ... 54

Descrizione delle pazienti ... 55

Tabella 9 e Tabella 10 ... 55

Tabella 11 ... 56

Tabella 12 ... 57

Tabella 13 ... 58

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3

RIASSUNTO

Il tumore endometriale è il tumore ginecologico più comune nei paesi industrializzati. Lo stadio tumorale, l'età della paziente alla diagnosi, l'istotipo, il grado citologico, l'invasione miometriale, l'infiltrazione degli spazi vascolo-linfatici e lo stato linfonodale sono significative variabili prognostiche. La chirurgia standard prevede laparotomia, washing peritoneale, isterectomia extrafasciale totale e salpingo-ovariectomia bilaterale con o senza linfadenectomia, sebbene l'approccio mini-invasivo (laparoscopia o robot) rappresenta un approccio chirurgico sicuro in mani esperte. Scopo della tesi è stata l’analisi della sopravvivenza libera da progressione e della sopravvivenza globale in funzione delle comuni variabili prognostiche ed in particolare è stato quello di verificare se l’approccio chirurgico (laparotomia e/o

chirurgia mini invasiva) influenzava la sopravvivenza in pazienti con carcinoma endometriale endometrioide in stadio iniziale. Abbiamo preso in considerazione 263 pazienti sottoposte a washing peritoneale,

isterectomia totale extra-fasciale, e salpingo-ovariectomia bilaterale con o senza linfadenectomia pelvica e/o lombo-aortica seguita in casi selezionati da terapia adiuvante. Tutte le pazienti sono state

periodicamente sottoposte a up fino alla loro morte o fine a Settembre 2014. La mediana di follow-up delle pazienti viventi è stata 74 mesi (range: 2 – 272 mesi). Le pazienti perse al follow-follow-up sono state escluse dall'analisi di sopravvivenza. La neoplasia ha recidivato in 44 pazienti (16.7%). All’ analisi univariata , l’età (<62 vs anni >62), l’infiltrazione miometriale (<50% versus >50%-<66% versus >66 %), il

coinvolgimento dell’istmo (interessamento versus non interessamento, LSVI+ (positivo versus negativo, lo stadio FIGO (IA versus IB) ma non il tipo di approccio chirurgico correlavano con la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale. All’ analisi multivariata la positività degli spazi linfovascolari ( p = 0,011) era l’unico fattore prognostico indipendente per la sopravvivenza libera da progressione, mentre l’infiltrazione miometriale era l’unico fattore prognostico indipendente per la sopravvivenza globale (p = 0,054). Nella nostra serie le sopravvivenza a 5 anni di ibera da progressione e globale erano rispettivamente di 85.2%, 77.38% e 71.0% e di 99.4%, 100% e 100% rispettivamente per il braccio laparotomico,

laparoscopico e robot-assistito con una differenza che non raggiungeva la significatività statistica, in

accordo con quanto emerge dalla letteratura. Allo stato attuale il tipo di approccio chirurgico (laparotomia, versus laparoscopia versus robotica) non sembra influenzare l’outcome clinico delle pazienti con carcinoma endometriale endometrioide in I stadio. Sono necessari ulteriori studi randomizzati a lungo termine per potere valuatare se la chirurgia mini invasiva possa offrire dei vantaggi oltre che in termini di riduzione delle complicanze postoperatorie, morbidità anche in termini dsi sopravvivenza libera da progressione e

sopravvivenza globale e di verificare se nell’ambito della chirurgia mini invasiva la robotica sia superiore alla laparoscopia.

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INTRODUZIONE

E

PIDEMIOLOGIA

Il carcinoma dell’endometrio rappresenta il tumore ginecologico più frequente (8-10%) nei Paesi occidentali[1]. Attualmente è al quarto posto tra i tumori del sesso femminile dopo il carcinoma della mammella, del colon e del polmone. Ogni anno i nuovi casi sono 142.000 e i decessi 42.000 nel mondo e rappresenta il 7% di tutti tumori del sesso femminile. In particolare in Italia il carcinoma dell’endometrio rappresenta il 5-6% dei tumori femminili con 5000 nuovi casi annui e lo 0,8 % di tutti i decessi per neoplasia femminile.

L’incidenza di tale tumore nei Paesi industrializzati è cresciuta dagli anni ’60 fino a raggiungere il picco a metà degli anni ’70 per poi stabilizzarsi. Inoltre confrontando i trend dei tassi di incidenza con gli ASR(Age Standardized Rate) si nota che questo aumento riguarda soprattutto donne in post- menopausa nei Paesi occidentali (ASR:44/100.000 USA)rispetto a quelle dei Paesi orientali (ASR:3/100.000 Bombay)ed africani (ASR:4/100.000 Nigeria)[2].L’andamento di questi dati é di fatto attribuibile al diverso approccio alla terapia sostitutiva in post –menopausa da soli estrogeni ad estrogeni opportunamente bilanciati da progestinici e dalla prevalenza di sovrappeso ed obesità[3].

Secondo i dati del volume 26 del FIGO(International Federation of Gynecology and Obstetrics) Annual Report,la sopravvivenza globale a 5 anni è dell’ 80%,sono tuttavia presenti delle differenze etniche in quanto le donne di razza nera over 65 hanno una sopravvivenza di solo 53.3 % rispetto alle donne di razza bianca (80.8%) della stessa età ma non è ancora stato stabilito se questo sia ascrivibile a un fattore biologico piuttosto che ad un diverso iter diagnostico terapeutico.

F

ATTORI DI RISCHIO

I fattori di rischio per lo sviluppo del carcinoma dell’endometrio vengono suddivisi in endogeni ed esogeni. Fattori di rischio endogeni:

 obesità  diabete

 ipertensione arteriosa  menarca precoce  menopausa tardiva  nulliparità o bassa parità  infertilità

 disfunzioni ovariche : Sindrome dell’ovaio policistico,(PCOS)

 tumori estrogeno secernenti( della granulosa e della teca, o del surrene)  fattori genetici : Sindrome di Lynch tipo II

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5 Fattori di rischio esogeni:

 Terapia ormonale sostitutiva non opportunamente bilanciata con progestinici  Fattori dietetici (un regime alimentare ricco di grassi animali)

 Scarsa attività fisica  Tamoxifene

 Pregressa esposizione della regione pelvica a radiazioni(radioterapia) 

Fattori protettivi:  Multiparità

 Contraccettivi combinati

OBESITA’

Molti studi sperimentali hanno messo in evidenza come i soggetti in sovrappeso (BMI: 25-29,9kg/m2) ed obesi (BMI: ≥ 30 kg/m2) abbiano un rischio aumentato per molti tumori, tra cui il tumore

dell’endometrio[4].Per quanto riguarda il carcinoma dell’endometrio in particolar modo, tale rischio sembra essere superiore del 5 % rispetto alle donne con un peso normale per la loro fascia di età.L’obesità quindi sembrerebbe essere responsabile di circa il 40% dei tumori dell’endometrio.

I meccanismi con i quali l’obesità induce o promuove l’oncogenesi sono diversi per ogni tumore[5]; insulina, IGF (Insulin-like Growth Factor), steroidi ed Adipochina sono coinvolti in tale meccanismo.

Nei soggetti obesi si ha una condizione di insulino resistenza, (a livello dei tessuti normalmente insulino sensibili come fegato,tessuto adiposo e muscolo-scheletrico), che comporta una iperinsulinemia cronica di compenso. Questo aumento costante del livello ematico di insulina sembra essere responsabile della diminuzione della concentrazione di IGF legato alla proteina 1 e di IGF legato alla proteina 2, che aumentano la biodisponibilità o l’IGF-1 libero[6], con un concomitante cambiamento dell’ambiente cellulare (mitogenesi e anti-apoptosi)[7]. Inoltre promuove la genesi tumorale riducendo laconcentrazione di Sex-Hormone-Binding Globulin (SHBG) nel sangue inibendone la sintesi epatica ed aumentando ad aumentare la sintesi si androgeni gonadici(delta4 e delta 5 ) la loro conversione in estrogeni (mediante una aromatasi) a livello dei tessuti periferici,prevalentemente nell’85%dal tessuto adiposo[5].

L’ipotesi più accreditata è infatti che questa condizione di iperestrogenia sia alla base dell’associazione tra BMI e tumore dell’endometrio.

DIABETE

Così come nell’obesità,anche nel diabete di tipo II,si ha una condizione di iperinsulinemia cronica e riduzione dell’ IGFBP-1 e IGFBP-2 (insuline like growth factor binding protein) e un conseguente aumento dell’IGF-1 libero con promozione della proliferazione endometriale.

STORIA OSTETRICA E MESTRUALE

Una esposizione estrogenica non adeguatamente bilanciata a quella progestinica induce proliferazione delle cellule endometriali con un aumento della probabilità di trasformazione maligna[2]. Lo stimolo proliferativo,infatti,induce nella mucosa uterina uno stato iperplastico che può determinare una traformazione in iperplasia complessa, successivamente in atipica e infine in adenocarcinoma vero e proprio, se lo stimolo permane. Il menarca precoce e la menopausa tardiva, aumentano il rischio proprio in funzionzione dell’aumentato periodo di esposizione agli estrogeni. Le donne nullipare o infertili in

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particolar modo quelle affette da policistosi ovarica ,PCOS) risultano più a rischio di soggetti che hanno avuto gravidanze[2]. Inoltre secondo lo studio pubblicato nel 2009 da Karageogi et al. le donne con parità superiore a uno hanno un rischio diminuito di sviluppare questa neoplasia,come pure le donne che hanno avuto un figlio in tarda età,sopra i 40 anni[8];questo dato è stato confermato anche dall’ ampio studio europeo di Dossus L.[9].Prima della menopausa l’estrogeno principale è rappresentato da 17-beta-estradiolo (estrogeno dotato di notevole attività biologica e prodotto dall’ovaio). Dopo la menopausa si assiste ad una riduzione del suo livello e all’incremento dei livelli di estrone (estrogeno “debole”),che deriva dalla conversione delta4-androgeni (Androstenedione) secreti soprattutto dal surrene e maggiormente in menopausa.I delta4-androgeni subiscono la trasformazione in estrone grazie ad un processo di

aromatizzazione che avviene in diversi tessuti (muscolo scheletrico, epatico,ma soprattutto adiposo, 85%) dotati di aromatasi. Quindi dopo la menopausa si assiste ad una produzione extra ghiandolare di estrogeni. Prima della menopausa inoltre durante il ciclo mestruale si ha la produzione ciclica di estrogeni e

progesterone(fase follicolare : estrogeni;fase luteale: estrogeni + progesterone). Quindi per metà ciclo si ha la presenza di progesterone che controbilancia gli estrogeni,fattore fondamentale in quanto gli estroni hanno un effetto di stimolo della proliferazione cellulare a livello endometriale ,mentre il progesterone ha una attività anti-mitotico dovuta a diversi meccanismi:

 Inibizione della sintesi dei recettori per gli estrogeni (down- regulation), con conseguente riduzione dell’azione degli degli estrogeni circolanti.

 Attivazione della 17-beta- idrossisteroidodeidrogenasi che converte 17-beta-estradiolo in estrone,e quindi un estrogeno forte in uno debole

 Attivazione di una solforiltransferasi, solforilando così gli estroni intracellulari all’interno della e facilitandone pertanto l’uscita nell’ambiente extracellulare.

Quindi in conclusione si riduce l’azione estrogenica nelle cellule. Nelle fasi iniziali del menarca e in perimenopausa, si ha un deficit di progesterone,in quanto sono presenti processi anovulatori, fasi luteali brevi o insufficienti, con conseguente iperestrogenismo relativo,in quanto manca l’effetto protettivo di tale ormone presente durante la normale fase luteale.

PCOS

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è il più comune disordine endocrino-metabolico delle donne in età fertile[10],descritto per la prima volta nel 1935 da Stein e Leventhal.Le donne affette da questa sindrome presentano segni di iperandrogenismo, alterazioni del ciclo mestruale (oligomenorrea), presenza di cicli anovulatori,sovrappeso nel 30-50 % dei casi e caratteristica eco-struttura ovarica con aspetto “a ruota di carro”. Secondo alcuni studi le anomalie endocrinologiche e metaboliche presenti nella policistosi ovarica,sembrano essere sempre più correlate a effetti complessi sull’ endometrio e alla associazione in queste donne conadenocarcinoma endometriale[11]. Tuttavia questa associazione non sembra esssere dovuta esclusivamente alla presenza di cicli anovulatori (con conseguente iperestrogenismo),all ‘obesità, all’iperinsulinemia e all’iperandrogenismo,tipici di questa sindrome, ma anche a fattori biomolecolari specifici quali :

 Iperespressione della proteina anti-apoptotica Bcl-2 ,(senza variazioni di Bax,pro-apoptotica) e aumentato rapporto Bcl-2/Bax;

 Iperespressione di Ki67  Ipoespressione di p53  Iperespressione ciclina D1

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7

Tutti questi fattori, alterando il normale ciclo cellulare, contribuiscono alla probabilità di sviluppare un processo di cancerogenesi.

TUMORI ESTROGENO SECERNENTI

Un 10 % di tumori endometriale insorge prima della menopausa e sono fondamentalmente associati a condizioni di iperestrogenismo patologico:

 Tumore ovarico secernente estrogeni ( della granulosa e della teca)

 Tumori del surrene secernete estrogeni (adenoma o carcinoma surrenalico)

Tipicamente il carcinoma dell’endometrio associato a queste neoplasie è superficiale e ben differenziato.

TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA

Molti studi pubblicati fino ad ora hanno messo in evidenza come la terapia ormonale sostitutiva(Human Replacement Theraphy,HRT) con estrogeni non opportunamente bilanciata da progestinici(una volta utilizzata per attenuare la sintomatologia menopausale), aumenti il rischio di tumore dell’endometrio da 2 a 10 volte [12]. Al fine di neutralizzare questo effetto è stata introdotta una terapia combinata contenente progestinici ed estrogeni,con significativi risultati epidemiologici positivi a favore di quest’ ultima.

DIETA

Molti sono gli studi scientifici hanno analizzato il ruolo delle abitudini alimentari e in particolare il consumo di carne sul rischio di tumore[13].Da tali studi si evidenziauna significativa associazione tra tumore

dell’endometrio e consumo di carne rossa( 100 g/giorno), mentre non sembra costituire un aumentato rischio il consumo di carne di pollo, insaccati, prodotti del latte e uova,né un consumo di alcool [14]. Nostante queste conclusioni tali risultati devono essere presi con prudenza data l’alta eterogeneità degli studi esaminati. L’assunzione invece di sostanze anti-ossidanti(tocoferolo, vitamina C)sembrano avere un ruolo protettivo sul rischio di sviluppare carcinoma dell’endometrio,così come di altri tumori[15].

Una recente meta-analisi ha evidenziato come una dieta ricca di fibre possa ridurre del 30% il rischio di sviluppare carcinoma dell’endometrio[15].

ATTIVITA’ FISICA

L’attività è un fattore di prevenzione dei tumori dell’endometrio,diminuendo il rischio di sviluppare neoplasia del 20-40%.Questo effetto protettivo sembra essere dovuto secondo alcuni studi[16], oltre al controllo del BMI frequente in post-menopausa, anche alla capacità di ridurre i livelli sierici di

estradiolo[17], di aumentare quelli della Sex Hormone Binding Globulin (SHBG) e di influenzare quelli di IGF-1[18] . Alcuni studi hanno dimostrato che la vita sedentaria aumenta il rischio di carcinoma

dell’endometrio anche dopo aver corretto il BMI e l’introito calorico[19,20].

TERAPIA CON TAMOXIFENE

Il trattamento prolungato con tamoxifene, (modulatore selettivo del recettore degli

estrogeni,SERM),utilizzato nella terapia adiuvante delcancro della mammella, è associato a polipi endometriali ,iperplasia e una maggior incidenza di cancro dell’endometrio. L’International Agency for Research on Cancer (IARC),lo ha incluso infatti nell’elenco dei farmaci cancerogeni. Studi randomizzati in pazienti in terapia con tamoxifene hanno dimostrato,inoltre ,che il rischio di questa neoplasia ,era doppio se il farmaco veniva assunto per due anni e ,addirittura quadruplo,se sommistrato per cinque anni. Il tempo di latenza per la comparsa di tumore dell’endometrio dall’inizio della terapia è mediamente di tre anni,ma il rischio rimane elevato fino a oltre il quinto anno dalla sospensione[21].Pertanto, in queste pazienti,anche se asintomatiche,è necessaria un’attenta valutazione ecografica(trans-vaginale ) sia prima

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che durante il trattamento, per monitorare e individuare tempestivamente eventuali modifiche dello spessore endometriale [6,7]. Questo gruppo di pazienti faquindi un controllo ecografico annuale e molti consigliano in presenza di un aumento progressivo della rima endometriale di sottoporre lo stesso la donna a un'isteroscopia. In realtà questa modalità di follow up,può non essere del tutto specifica perchè

l'aumento dello spessore della rima endometriale può essere condizionato da un edema del tessuto sottoendometriale, e dare una falsa immagine di ispessimento dell'endometrio determinata da un edema del tessuto connettivo,per tanto nel momento in cui viene fatta l'isteroscopia con biopsia si rileva spesso un'atrofia associata ad edema. Se le pazienti sono sintomatiche viene effetuata sempre l’isteroscopia con biopsia.

Gli autori confermano comunque che,nella quasi totalità dei casi,la diagnosi è precoce (stadio FIGO I ) e che si tratta nella maggior parte di carcinonomi endometrioidi ben o moderatamente differenziati[22,23,24]. Attualmente è stato approvato per la prevenzione e il trattamento post-menopausale del cancro al seno un altro membro dei SERMs ,il Raloxifene ,che sembra avere effetti neutri sull’endometrio[25]. Inoltre questo problema si va molto ridimensionando oggi perché c'è un minor impiego del tamoxifene e un maggior utilizzo degli inibitori dell’aromatasi di terza generazione (letrozolo, anastrozolo, exemestane) che hanno assunto un ruolo sempre più importante nella terapia adiuvante del carcinoma mammario ormono-sensibile ( ER+).

PREGRESSA RADIOTERAPIA

La pregressa radioterapia può indurre lo sviluppo nella sede irradiata per tumore, di una seconda neoplasia che viene definita radio-indotta, se questa compare a distanza di almeno 5 anni e presenta una istologia differente dal tumore primitivo. Per quanto riguarda il tumore dell’endometrio, le neoplasie che insorgono in seguito ad una precedente RT pelvica, presentano un istotipo non –endometrioide e quindi più

aggressivo e con prognosi sfavorevole.

CONTRACCETIVI ORALI

L’utilizzo di combinazioni estro- progestiniche a scopo contraccettivo rappresenta un fattore protettivo determinando una riduzione del rischio di tumore dell’endometrio di circa il 50%. Questo perché con i contraccettivi orali la donna assume per tre settimane entrambi gli ormoni, estrogeni e progesterone, contro le 2 settimane post- ovulatorie del ciclo normale .Tale effetto protettivo si manifesta già dopo un anno di trattamento ,con rischio ridotto del 23%, la protezione si eleva al 51% dopo 4 anni di terapia e si innalza ulteriormente fino al 70 % nelle donne che hanno assunto la pillola per oltre 10 anni;inoltre questo effeto si protrae per più di 20 anni dopo la cessazione. Il ruolo positivo dei contraccetivi orali(COC) è stato confermato anche recentemente in letteratura in una review di Mueck et al. (13 studi caso-controllo e tre coorte)(2010)[13].

C

LASSIFICAZIONE

La classificazione WHO(World Health Organization) del 2002 dei tumori primitivi epiteliali del corpo uterino riconosce le seguenti forme:

 Adenocarcinoma endometriale (85 %) - Secretorio - A differenziazione squamosa - A cellule ciliate - Villo ghiandolare  Adenocarcinoma mucinoso

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9  Adenocarcinoma sieroso

 Adenocarcinoma a cellule chiare  Adenocarcinoma misto

 Carcinoma a cellule squamose  Carcinoma di transizione  Carcinoma a piccole cellule  Carcinoma indifferenziato

A

NATOMIA

P

ATOLOGICA

Per quanto riguarda la classificazione anatomopatologica il carcinoma dell’endometrio viene distinto in due gruppi:

 Tipo I (endometrioide)

 Tipo II (sieroso papillifero e a cellule chiare)

Carcinoma tipo I

Il carcinoma di tipo I é il più frequente,è di istotipo endometrioide (tale nome è dovuto al suo aspetto simile alle ghiandole endometriali). E’una neoplasia tipica dell’età peri-menopausale, estrogeno

dipendente,motivo per il quale tutte le condizioni di iperestrogenismo evidenziate precedente mentene aumentano il rischio di insorgenza. E’ in genere istologicamente bene o moderatamente differenziata e il suo decorso clinico è quindi relativamente indolente.

Lesione precancerosa

La lesione precancerosa è l’iperplasia endometriale (descritta per la priva volta da Cullen nel 1900) ed è caratterizzata da un aumento del rapporto ghiandole/ stroma ( >1) e quindi un aumento dello spessore endometriale. Questa costituisce un continuum di quadri morfologici che vanno dal semplice affollamento ghiandolare, al confine con l’endometrio proliferativo, fino all’iperplasia adenomatosa con atipie

citologiche , praticamente indistinguibile dal carcinoma ben differenziato. Generalmente la lesione coinvolge l’intero spessore dell’endometrio e può essere diffusa o focale. In base alla presenza o meno di atipie e al profilo architetturale l’iperplasia si classifica in:

1) Iperplasia semplice senza atipia 2) Iperplasia semplice con atipia 3) Iperplasia complessa senza atipia 4) Iperplasia complessa con atipie

L’endometrio acquisisce queste progressive atipie cito-architetturali per una sovra stimolazione estrogenica.

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Le iperplasie semplici non atipiche, sono caratterizzate da modificazioni strutturali delle ghiandole che mostrano dimensioni diverse, determinando in alcuni casi, irregolarità nella forma con alterazioni cistiche. Il quadro di crescita epiteliale e citologico è simile a quello dell’endometrio di tipo proliferativo, le mitosi seppur aumentate non sono così evidenti, mentre lo stroma è ben rappresentato. In genere queste lesioni non progrediscono in adenocarcinoma,ma divengono atrofiche.

Le iperplasie atipiche complesse sono caratterizzate da un aumento del numero e delle dimensioni delle ghiandole con dilatazione del lume e forma irregolare come conseguenza della maggiore stratificazione cellulare. E’ presente inoltre un ingrandimento nucleare con frequenti figure mitotiche che comportano difficoltà nel distinguere le forme più gravi di iperplasia atipica complessa dal carcinoma.

Morfologia

L’adenocarcinoma endometrioide è costituito da strutture ghiandolari che ricordano quelle dell’endometrio secretivo, quando il tumore è ben differenziato. Questo è il prototipo del carcinoma di tipo tipo I e

rappresenta l’80-85% dei carcinomi endometriali. Nella maggior parte dei casi si presenta istologicamente puro,ma può in casi sporadici essere associato a carcinoma non endometrioide (sieroso e a cellule chiare).Per definirsi misto la componente non endometriode deve rappresentare oltre il 10%.

La complessità architetturale varia da ghiandole tubulari semplici a ghiandole più complesse, confluenti o cribriformi, le cellule tumorali sono generalmente uniformi hanno forma cilindrica e nuclei ovalari e pleomorfi, i nucleoli sono prominenti e la cromatina è grossolanamente addensata. Raramente possono essere presenti ciglia sul versante luminale e in tal caso viene definito adenocarcinoma con cellule ciliate quando detto fenomeno è prevalente.

Negli adenocarcinomi meno differenziati l’epitelio neoplastico può assumere aspetti simil-transizionali o addirittura solidi con riduzione o quasi scomparsa dei lumi ghiandolari.

In generale , l’atipia nucleare è di grado basso o moderato, difficilmente elevato; i nucleoli sono raramente prominenti.

La componente stromale è scarsa e ridotta a sottili tralci di connettivo fibroso interposti tra le strutture ghiandolari.Possono essere presenti caratteristici istiociti schiumosi, occasionali corpi psammomatosi, e ancora più raramente elementi metaplastici eterologhi istologicamente benigni.

Un caratteristico vallo linfocitario ed un prominente infiltrato linfocitario intraepiteliale (TIL), in assenza di endometrite e necrosi è stato descritto in carcinomi associati a sindrome di Lynch[26].

L’adenocarcinoma endometrioide può mostrare diffusamente o localmente fenomeni di secrezione cellulare, cellule ciliate o aree di metaplasia squamosa, considerabili come l’espressione della potenzialità differenziativa dell’epitelio mulleriano[27]. Quando questi aspetti sono significativi, determinano specifiche varianti istologiche:

 Adenocarcinoma secretivo

 Adenocarcinoma a differenziazione squamosa  Adenocarcinoma a cellule ciliate

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Adenocarcinoma secretivo: si caratterizza per la presenza nel citoplama delle cellule di vacuoli contenenti

una sostanza ricca in glicogeno,analogamente alle celllule presenti nelle ghiandole dell’epitelio endometriale in fase secretiva; è raro trovare questo fenotipo esteso a tutta la neoplasia,mentre è più frequente trovarne dei foci in adenocarcinomi ben differenziati. La diagnosi differenziale viene posta con il carcinoma a cellule chiare[50m].

Adenocarcinoma a differenziazione squamosa: Rappresenta circa dal 25-50% degli adenocarcinomi

endometrioidi. Esistono forme ben differenziate (adenoacantoma), caratterizzate da morule di metaplasia immatura,talora con necrosi centrale e spesso confluenti. Le forme a media o scarsa

differenziazione(carcinoma adenosquamoso)presentano un epitelio squamoso più maturo

cheratinizzante,talora con caratteri simili al carcinoma spinocellulare , a volte, scarsamente differenziato e simil transizionale. Associate a queste varianti sono state descritte, sulla superficie peritoneale e dell’ovaio formazioni granulomatose (granulomi di squame cornee associati a granulomi da corpo

estraneo)interpretabili come il risultato del passaggio trans-tubarico di cellule squamose non più vitali[29,30].

Adenocarcinoma a cellule ciliate: poco frequente e a decorso indolente,associato in genere all’uso di

estrogeni.

Adenocarcinoma villo ghiandolare:costituisce circa il 15-30% degli adenocarcinomi endometrioidi, in forma

istologicamente pura o mista. La componente villo ghiandolare rimane in genere intra-endometriale ed è costituita da fini papille non arborizzate con un asse fibrovascolare sottile,rivestite da un epitelio cilindrico ben differenziato endometrioide e talora simil tubarico. Si ha correlazione con invasione linfovascolare e metastasi linfonodali superiore all’adenocarcinoma convenzionale. Entra frequentemente in diagnosi differenziale con l’adenocarcinoma sieroso- papillifero.

Adenocarcinoma mucinoso:La componente mucosecernente deve essere il 90% della neoplasia,perché

possa essere definito tale[26].

Grading

Il grado di differenziazione è dato dalla proporzione in cui sono presenti aree di crescita ghiandolare e aree di crescita solida. Per gli adenocarcinomi endometriodi il grading usato é quello architetturale FIGO/ISGyP 1988 [31,32]

G1 altamente differenziato con componte solida <5%

G2 moderatamente differenziato con componente solida tra 5-50% G3 indifferenziato con componente solida <50%

Se è presente un’atipia nucleare di entità maggiore rispetto rispetto al grading istologico, G1 o G2 aumentano di un grado.

Vie molecolari

La patogenesi molecolare del tipo I è caratterizzata dalla mutazione o inattivazione dei geni, k-RAS ,PTEN( Phosphatase and Tensin Homolog), B-catenina .

La mutazione di k-Ras sembra sia responsabile del passaggio dall’iperplasia complessa tipica a iperplasia complessa atipica (soprattutto nelle forme sporadiche per silenziamento epigenetico da metilazione del suo precursore), mentre il gene oncosoppressore PTEN (localizzato sul cromosoma10p23) risulta mutato in

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tutte le iperplasie complesse atipiche e in tutti i carcinomi endometrioidi, suggerendo un continuum tra le due lesioni. La funzione di questo gene è quella di agire come fosfatasi sia sui lipidi che sulle proteine, andando a defosforilare il fosfatidilinositolo (3,4,5) trifosfato (PIP3) , il quale a sua volta , è in grado di bloccare la fosforilazione dell’Akt (fattore di regolazione) nella via del P13k (fosfatidilinositolo 3-chinasi). Quando PTEN è inattivo, AKT è fosforilato, ciò comporta :blocco apoptotico,attivazione della sintesi proteica e della proliferazione cellulare[33].

Mutazioni della B catetina e di p53 sono invece solo eventi tardivi di questo pathway molecolare (contrariamente dal tipo II dove p53 è frequentemente mutato).

Carcinoma di tipo II

Il carcinoma di tipo II rappresenta il 5-10% dei carcinomi dell’endometrio, é estrogeno indipendente, insorge in genere in pazienti in età avanzata(> 50 anni)post menopausale su un epitelio endometriale atrofico,ed ha un comportamento biologico più aggressivo e quindi prognosi più sfavorevole.E’ per definizione scarsamente differenziato (G3),si presenta frequentemente nelle sue varianti a cellule chiare e sierosa,e riconosce nell’Adenocarcinoma intraepiteliale sieroso la sua lesione precancerosa (sebbene ultimamente sia stata documentata un’associazione[34]tra i polipi endometriali e il carcinoma sieroso) . Questo tipo di neoplasia va sospettato in donne in fascia di età di 10 anni superiore a quella

dell’adenocarcinoma endometrioide o con anamnesi positiva per irradiazione pelvica,cancro della mammella, terapia con tamoxifene.[Tabella 1]

Lesione precancerosa

Il carcinoma sieroso intraepiteliale endometriale ,consiste di cellule identiche a quelle del carcinoma sieroso, ma limitato alla superficie ghiandolare in assenza di invasione stromale. Questo tipo di carcinoma in situ può essere associato a localizzazioni extra uterine e avere decorso aggressivo ,probabilmente in ragione della disseminazione trans-tubarica e pertanto anche esso viene stadiato chirurgicamente come i carcinomi sierosi dell’ovaio.

Morfologia

Adenocarcinoma sieroso o sieropapillifero : è la variante più frequente del tipo II, è costituito da piccole

papille dotate di un evidente asse vascolo-stromale centrale,rivestite di un epitelio pluristratificato cubico-cilindrico con esfoliazione cellulare che determina la formazione di depositi concentrici di calcio(corpi psammomatosi). All’istologia le cellule presentano ipercromasia dei nuclei, nucleoli promineti , elevata attività mitotica con aumento del rapporto nucleo /citoplasma. L’adenocarcinoma sieroso è

frequentemente infiltrante il miometrio e gli spazi linfovascolari (LSVI).In oltre il 50 % dei casi si presenta in stadio III o IV , con metastasi ai linfonodi pelvici e para-aortici e può essere associato ad un esteso

interessamento peritoneale, suggerendo una diffusione per diverse vie(tubarica o linfatica), oltre che una invasione diretta.

Adenocarcinoma a cellule chiare: è circa il 2% dei carcinomi dell’endometrio, deve il suo nome all’alone

chiaro perinucleare determinato dall’abbondanza di glicogeno citoplasmatico di cui sono ricche le cellule neoplastiche; all’istologia può presentare un aspetto papillifero, tubolo-cistico o solido, anche se la forma tubulo cistica è più rara. Le papille sono in genere più filiformi,raramente sono presenti corpi

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psammomatosi,lo stroma è ialinizzato ed è presenete un abbondante infiltrato infiammatorio. Le cellule sono poligonali,i nuclei atipici(atipia nucleare di grado 2),con macro nucleoli evidenti. L’Adenocarcinoma a a cellule chiare è costituito da un gruppo eterogeneo di carcinomi; circa un terzo hanno caratteristiche istologiche tipiche dell’adenocarcinoma a cellule chiare,i restanti due terzi hanno caratteristiche analoghe all’istotipo sieroso, questi ultimi sono caratterizzati da atipia nucleare di alto grado e da infiltrazione miomentriale più severa[26].

Adenocarcinoma indifferenziato: rappresenta l’1%, è composto da masse solide di cellule indifferenziate

può essere associato ad adenocarcinoma endometrioide o rappresentare l’unica componente documentata nel tumore.

Vie molecolari

Il carcinoma sieroso presenta nel 90% dei casi mutazione del gene oncosoppressore p53 [35,36,37] , ma è probabile che siano necessarie altre mutazioni per permettere la cancerogenesi. Alcuni autori[38,39,40] hanno infatti riscontrato l’iperespressione di HER-2 dal 17 al 29 % dei carcinomi endometri ali tipo II, l’inattivazione del gene p16 e bassa espressione di E-caderina. Il profilo immuno -fenotipico e molecolare del carcinoma a cellule chiare, invece non è ancora ben definito, anche se dati recenti sembrano

evidenziare l’importanza di mutazione del gene ARID1A[41].

I

MMUNOISTOCHIMICA

L’immunoistochimica è una tecnica che riveste un ruolo molto importante in grado di individuare specifiche molecole o strutture del compartimento intra ed extra cellulare. Il fenotipo tumorale è dato da un

accumulo progressivo di alterazioni genetiche ed epigenetiche. Queste portano alla produzione di nuove strutture molecolari specifiche del tumore( enzimi,proteine mutate etc etc…)che conferiscono oncogenicità del clone cellulare in via di trasfosformazione o trasformato[42].Queste molecole possono essere studiate all’immunoistochimica e sono dirimenti per la diagnosi differenziale.La diagnosi differenziale viene posta tra gli adenocarcinomi endometrioidi G1-G2 e i carcinomi sierosi mediante p53 e vari recettori

(ER,PR),mentre il p53 è meno specifico per distinguere G3 dai carcinomi sierosi. Per questa ultima

differenziazione vengono presi in esame p16,PTEN.La Ki67 viene espressa in grado variabile nel carcinoma tipo I,mentre è fortemente espressa nel carcinoma tipo II.

Questa proteina nucleare(Ki67) è coinvolta nella regolazione del ciclo cellulare ed è essenziale perla sintesi dell’RNA ribosomiale, la sua espressione consente di individuare le cellule in attiva replicazione e risulta quindi un marker di proliferazione cellulare.

Il gene oncosoppressore p53, in condizioni normali codifica per una proteina che regola il ciclo cellulare ed interviene in molti meccanismi anti-tumorali:

 in seguito a danni del DNA p53 viene fosforilata da ATM e in tale forma può agire come fattore di trascrizione, migra nel nucleo, si lega a p21 inducendone la trascrizione e portando così al blocco del ciclo cellulare inibendo il complesso cdk4-cdk6/ciclina D, in tal modo la cellula ha un maggior lasso di tempo per poter riparare il danno. Qualora questo non sia possibile, viene asttivata la proteina Bax che innesca il processo di apoptosi.

 può dare inizio all’apoptosi, inducendo la trascrizione di Noxa, nel caso in cui il danno al DNA sia irreparabile; se il DNA viene riparato, p53 viene degradata da MDM2 e c'è la ripresa del ciclo cellulare.

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Può dunque indurre l’arresto della crescita cellulare, l’apoptosi e la senescenza cellulare. Nelle cellule normali p53 è solitamente inattiva, legata alla proteina MDM2 che inibisce la proteina e ne promuove la degradazione funzionando come una ligasi dell’ubiquitina. L’attivazione di p53 è indotta dopo gli effetti di vari agenti.La positività per p53 è considerato marker di mutazione.

E’ stato dimostrato che eventuali percentuali di Ki67 e p53 si associano a tumori endometriali con caratteristiche clinico –patolgiche aggressive,e prognosi più sfavorevole[43].

E’ stata descritta inoltre una relazione tra l’espressione PR,il BMI e la loro prognosi,quest’ultima sembra correlata anche all’espressione del bcl-2,della catenina e di Her2/neu oltre che di p53[44,45].

Le principali molecole identificate nel carcinoma dell’endometrio sono schematizzate nella Tabella 2. Gli Adenocarcinomi endometrioidi soprattutto i G1 e G2 sono positivi per K-ras, PTEN, B catenina; inoltre all’immunoistochimica si riscontra tipicamente positività per citocheratine, utili in particolare per la diagnosi differenziale con ripetizione da carcinoma del colon pseudoendometrioide; quest’ultimo infatti e’ CK20+ e CK7-, contrariamente al carcinoma endometriode(CK7+ e CK20-). Sono frquentemente positivi all’immunoistochimica anche vimentina, recettori per estrogeni e progesterone(ER,PR).

Ulteriore diagnosi differenziale può essere posta con adenocarcinomi mucinosi e endocervicali della cervice mediante valutazione del CEA e p16. Il CEA e p16 sono negativi nel carcinoma endometriale, mentre sono positivi per lesioni HPV correlata.

Nell’ adenocarcinoma sieroso si ha p53+, p16+(grazie ai quali si distingue dall’istotipo endometrioide), PTEN[46]; inoltre presenta positività per E-caderina e IMP-3 ed iperespressione di Ki67. Può essere utile la valutazione di WT1(Wilms Tumor 1) per diagnosi differenziale tra i carcinomi sierosi tubulo ovarici(WT1+) e i carcinomi sierosi endometriali(WT1-), in caso di tumore multicentrico.

Per quanto riguarda l’adenocarcinoma a cellule chiare tipicamente si ha una debole positività per ER,PR,una scarsa positività per p53,e un Ki67 elevato[46,47] inoltre è stato identificato un oncogene ARID1A

frequentemente mutato.Nella variante simil sierosa del carcinoma a cellule chiare può essere presente un profilo immunoistochimico simille a quello sieroso con con elevata positività per p53 e ER ipoespressi. Gli Adenocarcinomi associati a Sindrome di Lynch presentano inoltre positività per (MLH1,

MSH2,MSH6,PMS2)[48],geni coinvolti nella riparazione del Dna,questi possono quindi essere importanti per indirizzare i pazienti a rischio alla consulenza genetica.

V

IE DI DIFFUSIONE

La diffusione del carcinoma dell’endometrio avviene attraverso 4 vie: 1) Via diretta : per estensione del tumore

2) Via linfatica 3) Via ematica 4) Impianto libero

Via diretta: la neoplasia infiltra il miometrio, e da qui può estendersi al canale cervicale , esocervice, vagina,

annessi. Una volta superata la parete uterina , in fasi più avanzate, anche parametri, vescica, retto, cavità peritoneale (per sfaldamento di cellule,quando l’infiltrazione supera la sierosa).L’entità di infiltrazione miometriale viene valutata usando come punto di repere la giunzione endometrio miometrio, ma talvolta

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la sua identificazione è incerta in questi casi è d’aiuto la presenza della reazione infiammatoria peritumorale.

L’invasione del miometrio viene classificata in:  M0: neoplasia limitata all’endometrio

 M1: neoplasia che interessa il miometrio per una profondità metà che non eccede la metà interna  M2: neoplasia che intersessa oltre la metà del miometrio

Una invasione profonda (che interessi il terzo medio, ove origina la rete linfatica del corpo uterino) aumenta il rischio di diffusione ai linfonodi retro peritoneali pelvici e quindi ha una prognosi più sfavorevole.

Via linfatica

La diffusione per via linfatica è precoce e tre volte più frequente di quella ematica. La neoplasia per via linfatica raggiunge la vagina, le tube , le ovaie e i linfonodi retro peritoneali, questi ultimi interessati attraverso i legamenti utero –ovarico e infundibulo pelvico che seguono il decorso dei vasi ovarici fino ai linfonodi lombo aortici. Attraverso i legamenti larghi e i parametri si ha diffusione ai linfonodi otturatori, ipogastrici, iliaci esterni e comuni. Di rado la neoplasia può metastatizzare ai linfonodi inguinali attraverso i vasi che decorrono nel legamento rotondo[49].

L’interessamento linfonodale è correlato a diverse variabili patologiche quali la profondità dell’invasione del miometrio, il grado istologico, l’interessamento degli spazi linfovascolari, le dimensioni del tumore, l’estensione cervicale, la citologia peritoneale e l’eventuale presenza di metastasi annessiali.

Via ematica

La diffusione per via ematica è meno frequente, quasi sempre tardiva ed interessa prevalentemente i polmoni, il fegato, le ossa e raramente il cervello [49] per quanto riguarda il carcinoma di tipo I,mentre il carcinoma di tipo II presenta una spiccata diffusione ematogena, che ne spiega in parte la prognosi sfavorevole.

S

TADIAZIONE

La prima stadiazione FIGO (Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia) del carcinoma dell’endometrio è stata adottata nel 1951, questa proponeva di distinguere il tumore in due stadi, intrauterino ed extra uterino; il tumore intrauterino era diviso a sua volta in operabile e non operabile. Questa stadiazione è durata circa 10 anni,da allora si sono susseguite diverse revisioni fino alla stadiazione del 1988 la quale modifica totalmente l’approccio alle pazienti con carcinoma dell’endometrio e da clinica diventa anatomo-patologica postchirurgica[50,51], introducendo concetti come infiltrazione miometriale, diffusione linfonodale, invasione peritoneale[52]. Da questo anno,pertanto, le pazienti con carcinoma dell’endometriodevono essere sottoposte a trattamento primario chirurgico. Qualora le condizioni della paziente non consentano neppure un approccio vaginale,la neoplasia deve essere stadiata con criteri FIGO 1971.

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Un’ accurata stadiazione chirurgica infatti consente di non sottostimare un’estensione subclinica della malattia ad annessi, cervice, linfonodi e peritoneo; questa è presente, secondo alcuni studi, nel 15-20% delle pazienti con adenocarcinoma apparentemente confinato al corpo dell’utero.

In questa classificazione (1988) viene inoltre escluso come metodo diagnostico stadiativo il raschiamento frazionato,usato in precedenza per distinguere lo stadio I dallo stadio II,mentre le pazienti non operabili devono essere stadiate con la FIGO 1971.

Secondo la classificazione FIGO 1988 : Stadio I

IA (limitato all’endometrio) IB (invasione miometriale < 50%) IC (invasione miometriale < 50%) Stadio II : tumore invade la cervice dell’utero.

IIA coinvolgimento ghiandolare IIB coinvolgimento dello stroma

Stadio III : il tumore si estende al di fuori dell’utero

IIIA tumore invade la sierosa e/o gli annessi e/o citologia peritoneale positiva IIIB interessamento della vagina

IIIC metastasi ai linfonodi pelvici o para-aortici

Stadio IV

IVA tumore invade la vescica e/o l’intestino

IVB presenza di metastasi a distanza ai linfonodi intra addominali o inguinali.

Ad ogni stadio deve essere associato un grading istologico G1,G2,G3.

La sopravvivenza a 5 anni in base allo stadio è riportata nell’Annual Report FIGO ;Vol.26(Stadi azione FIGO 1988) è:

IA=90,8%; IB=91,1%; IC=85,4%; IIA=83,3%; IIB=74,2%; IIIA=66,2%; IIIB=57,3%; IIIC=49,9%; IVA=25,5%; IVB=20,1%

La sopravvivenza a parità di stadio è strettamente correlata al grado di differenziazione e all’istotipo. Secondo l’Annual Report (Vol. 26) la sopravvivenza a 5 anni in funzione del grading varia:

 allo stadio I dal 92,1 % per il grado G1 al 74,5 % per il grado G3,

 allo stadio IIIA dal 76,9 % per il grado G1 al 37,5 % per il grado G3,

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Nella stessa serie la sopravvivenza a 5 anni è dell’81,2 % per il carcinoma endometrioide, del 76,1 % per il carcinoma adenosquamoso e mucinoso,del 48,4 % per il carcinoma sieroso edel 66,1% per il carcinoma a cellule chiare[49].

Successivamente sono sono state formulate numerose critiche alla stadiazione FIGO 1988 [53] ed è apparsa evidente la necessita di semplificare le categorie prognostiche negli stadi iniziali,dato che, la sopravvivenza per pazienti che presentavano malattia con infiltrazione solo dello stroma endometriale(IA) o della prima metà del miometrio(IB) era sovrapponibile.

E’ stato considerato inoltre un fattore prognostico negativo dello stadio II,l’infiltrazione dello stroma della cervice e si è rivalutato anche lo stadio III , dato che la presenza isolata di citologia peritoneale positiva in assenza di interessamento extra uterino, non é di per sé un indice di peggioramento della prognosi [54]. Inoltre ,per stratificare meglio il rischio rappresentato dalle metastasi linfonodali regionali, si è deciso di differenziare la stadiazione in funzione della positività dei linfonodi pelvici o di quelli lombo – aortici. Nasce così la nuova stadiazione FIGO 2009, più largamente utilizzata e differente dalla precedente classificazione[55] in quanto stratifica in maniera più accurata i sottostadi[56].

Stadio I Tumore limitato al corpo dell’utero

IA Nessuna infiltrazione o < 1/2del miometrio IB Infiltrazione > 1/2 del miometrio

Stadio II Tumore esteso allo stroma cervicale, ma non fuori dall’utero

Stadio III Estensione locale o regionale

IIIA Estensione alla sierosa uterina, o alle ovaie IIIB Estensione alla vagina o ai parametri

IIIC Estensione ai linfonodi pelvici o lombo-aortici IIIC1 linfonodi pelvici positivi

IIIC2 Linfonodi lombo-aortici positivi, indipendentemente dai pelvici Stadio IV Estensione alla mucosa vescicale o intestinale o metastasi a distanza

IVA Estensione alla mucosa vescicale o intestinale IVB Metastasi a distanza.

La stadiazione FIGO non tiene in considerazione il grado di differenziazione cellulare (G1-2-3), l’istotipo e l’infiltrazione degli spazi linfovascolari, che rimangono fattori prognostici indipendenti, così come il volume tumorale ≤ 2 cm o > 2 cm[57]. La rilevanza prognostica della citologia peritoneale è ancora dibattuta e, nella nuova stadiazione, l’eventuale positività deve essere segnalata, senza per questo modificare

l’allocamento nello stadio. La citologia peritoneale e l’invasione degli spazi linfovascolari rimangono quindi fattori indipendenti.

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Sia nella stadiazione FIGO 1988,che in quella 2009, il primo ed il secondo stadio sono definiti “early”,mentre gli stadi stadio III e IV sono definiti avanzati.

Fasi della stadiazione

Una prima stadiazione prechirurgica viene effettuata con:

 La clinica ( esame clinico di vagina cervice e parametri).

 Il dosaggio dei marcatori : non esistono biomarcatori sierici utilizzabili per la diagnosi,tuttavia nella valutazione preoperatoria di una paziente con carcinoma apparentemente iniziale,un dosaggio sierico elevato di CA125 deve far sospettare la presenza di una malattia subclinica in sede extrauterina. Inoltre per valori superiori 35-40 UI/mL l’intervento deve essere esteso ai linfonodi loco regionali. I livelli preoperatorio di CA 125 >15 UI/mL sono comunque correlati ad una peggiore prognosi e un minor intervallo libero da malattia[58].

E’ oggetto di studio anche il ruolo aggiuntivo del dosaggio sierico HE4.

Il lavoro di Bignotti et al. ha dimostrato che, tanto più è alto il livello sierco di HE-4 tanto più aggressivo è il tumore, concludendo che HE4 costituisce un fattore prognostico per i carcinomi scarsamente differenziati. In futuro probabilmente questo biomarker sarà un prezioso indizio clinico sulla necessità di effettuare una terapia adiuvante più aggresiva in pazienti che ne presentino elevati livelli sierici[59]. Ulteriori studi mettono in evidenza che livelli sierici preoperatori di HE4,con o senza il concomitante dosaggio di CA 125,sono un fattore prognostico indipendente nelle pazienti con adenocarcinoma endometriale[60].

 Esami strumentali (per valutare l’invasione del miometrio , la diffusione locale ,linfonodale e a distanza.

- Eco con sonda trans vaginale(TV) : in post menopausa l’endometrio si presenta tipicamente sottile ed omogeneo con uno spessore < 4 mm. Quando la rima endometriale risulta superiore a questo valore in una paziente sintomatica che non sia in terapia con tamoxifene,bisogna sospettare la patologia e quindi procedere ad una valutazione endocavitaria sia ispettiva,che istologica con biopsia. L’ecografia con sonda TV, in mani esperte, stabilisce correttamente l’invasione miometriale nell’85 % delle pazienti[61]; per valutare l’invasione miometriale si eseguono due scansioni (la prima longitudinale e la seconda trasversale)valutando la presenza di aree focali di infiltrazione degli echi endometriali nel miometrio. Si è dimostrato che abbinando ecografia TV pre-operatoria all’esame estemporaneo intraoperatorio[62] si raggiunge un’accuratezza migliore e si riducono significativamente le linfoadenectomie non necessarie[63].

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- TC addomino-pelvica o RM:per valutare l’invasione loco regionale e linfonodale;l’uso del mezzo di contrasto (mdc) conferisce una sensibilità che raggiunge il 87% e una specificità del 100 %.

- La TC addomino pelvica risulta meno sensibile della RM nella determinazione dell’infiltrazione del miometrio ,ma è accurata nello studio del retroperitoneo.

- Radiografia del torace in due proiezioni(2P):consente di evidenziare eventuali metastasi pleuro polmonari.

- Ecotomografia con epatica:per la determinare eventuali metastasi epatiche.

Una seconda fase stadiativa intraoperatoria prevede:

 Ispezione [62]

 Washing peritoneale [65]

 Linfoadenectomia o sampling linfonodale[66]

 Isterectomia totale,extra fasciale con ovaro-salpingectomia bilaterale[66]

Infine la stadiazione anatomo patologica valuta:

 Istotipo

 Grading istologico

 Invasione

 Citologia peritoneale

S

INTOMATOLOGIA

Il carcinoma dell’endometrio è una neoplasia che dà precocemente manifestazione di sè che portando la paziente a rivolgersi al medico e quindi ad una diagnosi precoce rispetto ad altre neoplasie ginecologiche(come ad esempio il carcinoma dell’ovaio);questo fa si in oltre il 70% dei casi che la diagnosi venga fatta quando il tumore è ancora contenuto all’interno dell’utero.Una perdita ematica in post menopausa è espressione di carcinoma dell’endometrio solo nel 10% dei casi,tuttavia non esistendo criteri clinici per differenziare una metrorragia per causa benigna o maligna,bisogna effettuare la biopsia, poiché è da considerarsi come patologia neoplastica fino a prova contraria.Una accurata diagnosi differenziale con poliposi ,atrofia, e iperplasia endometriale ,è quindi importante.La paziente tipica è solitamente una donna in età peri-menopausale o post-menopausale,obesa,nullipara, ipertesa e diabetica.

Nel 90% dei casi le pazienti con carcinoma dell’endometrio presentano un anomalo sanguinamento di varia entità(donne in peri e postmenopausa), dal rosa al rosso vivo,ma talvolta anche rosso scuro.In casi con stenosi cervicale la neoplasia può presentarsi con ematometra o piometra.Nelle donne in premenopausa

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(10 % dei casi), invece si ha un sanguinamento intermestruale.In considerazione dell’aumentata incidenza del carcinoma endometriale e della minore età di insorgenza, è necessario sottoporre a controllo clinico strumentale tutte le pazienti in età feconda che presentino una metrorragia intermestruale.

Possono essere presenti perdite bianco giallastre maleodoranti,leucorrea,dovute a fattori di congestione associati alla neoplasia o a necrosi colliquativa che si verifica nelle vegetazioni

neoplastiche[67].Tardivamente può comparire dolore,quando vi è invasione da parte della neoplasia di organi addominali e pelvici(sigma, intestino tenue ,vescica e retto).In fase precoce tuttavia è possibile riscontrare una lieve sintomatologia algica legata alla sovradistensione dell’utero da parte delle vegetazioni tumorali e alle contrazioni uterine stimolate dalla presenza della neoplasia.Un interessamento linfonodale importante può determinare edema agli arti inferiori, al pube e alla vagina. Dolori addominali, pelvici, lombosacrali e glutei, sindromi sub occlusive, dolori ossei e dispnea sono i segni tardivi di diffusione metastatica della malattia. Sono descritte eccezionalmente manifestazioni paraneoplastiche aspecifiche quali febbricola serotina,anemia normocitica normocromica,anoressia,astenia, e perdita di peso, sono dovute all’azione di citochine e mediatori molecolari quali TNFa, TGF,IL-1,IL-6.

D

IAGNOSI

In ogni donna che lamenti una perdita ematica vaginale anomala, il primo esame da eseguire è l’ecografia trans-vaginale (TVS, Trans- Vaginal Sonography) endometriale; questa é sospetta se lo spessore endometriale é>5mm in postmenopausa, mentre in periodo fertile può variare tra 1 e 14 mm in funzione del periodo del ciclo mestruale). Con l’ecografia si può apprezzare l’eventuale presenza di ispessimenti focali(iperecogeni). Il carcinoma dell’endometrio infatti può presentarsi come un ispessimento endometriale o come una neoformazione polipoide a margini irregolari più o meno localizzata. Pertanto entra in diagnosi differenziale con altre due lesioni che si possono frequentemente ritrovare in questo contesto: l’iperplasia e i polipi endometriali. L’aggiunta del color e del power Doppler rende possibile studiare con accuratezza la perfusione ematica dell’endometrio normale e dei processi espansivi a suo carico[68].

L’iperplasia appare dunque all’ecografia come un ispessimento (> 5-6 mm) iperecogeno (rispetto al miometrio) e uniforme della rima endometriale, nel cui contesto si possono ritrovare neoformazioni anecogene dovute ad un accumulo di muco prodotto dalle ghiandole iperplastiche. Il pattern vascolare esaminato al power Doppler mostra un quadro di “scattered vessel” dovuto alla scarsa angiogenesi che distingue questa alterazione.

I polipi endometriali, (sessili o peduncolati,singoli o multipli e di grandezza variabile) vengono visualizzati all’eco come neoformazioni iperecogene, con asse vascolare centrale, aggetanti nella cavità uterina,nel contesto di un endometrio normale.

L’ecostruttura del carcinoma endometriale invece dipende da tre fattori:staging, grading e dimensioni. Il carcinoma bene o moderatamente differenziato appare iperecogeno , mentre quello scarsamente differenziato appare iso/ipoecogeno o francamente disomogeneo[70]; a tale variazione sembra correlare

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con la perdita , al diminuire della differenziazione ,della capacità ghiandolare di produrre grandi quantità di muco.

Per quanto riguarda il profilo vascolare il power Doppler evidenzia una spiccata neoangiogenesi con presenza di shunt artero-venosi anarchici e abbondanti, associati a dilatazioni di natura aneurismatica e ad un aumento significativo del color score da G1 a G3,in funzione della differenziazione della lesione[70]. La diagnosi di carcinoma endometriale si basa essenzialmente sulla valutazione del tessuto endometriale, ottenuto attraverso prelievi bioptici mirati sotto guida isteroscopica. L’estendersi dell’uso dell’isteroscopia infatti,che consente una buona visualizzazione della cavità uterina, ha ridotto sensibilmente l’utilizzo del curettage alla “cieca” con biopsia quale mezzo diagnostico di questa patologia.La RM con mezzo di contrasto paramagnetico è in grado di stadiare in maniera completa il carcinoma dell’endometrio, consentendo di valutare il grado di infiltrazione miometriale con una sensibilità dell’87%, l’infiltrazione dello stroma della cervice con una sensibilità dell’80% pareti della vagina. Questa permette inoltre di valutare l’infiltrazione del tessuto adiposo dei parametri, e la presenza di linfoadenomegalie pelviche o lombo-aortiche in una sola metodica con un’accuratezza del 76%[71].

La TC presenta scarsa accuratezza diagnostica, ma come precedentemente detto è utile nella stadi azione (TC addome per lo studio dei linfonodi,del fegato, e del retroperitoneo).

In aggiunta alle modalità di imaging, è stata recentemente proposta, per lo studio del carcinoma endometriale, la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) con F-18 fluorodeossiglucosio (FDG). Tale metodica è impiegata per la rilevazione di metastasi linfonodali (N)[72,73]per la valutazione prechirurgica che nel follow up post operatorio, sebbene non sia da considerare nella normale pratica clinica.

La scintigrafia ossea è limitata ai casi clinicamente sospetti di localizzazione ossea.

F

ATTORI PREDITTIVI E PROGNOSTICI

I fattori prognostici si dividono in:

1) Variabili anatomo-patologiche  Tipo istologico

 Stadio FIGO  Grading istologico

 LVSI (Lynphovascular Space Involvement)  Invasione linfonodale

 Citologia peritoneale 2) Variabili biologiche

 Ca 125

 Alterata espressione di p53,K Ras e ARID1A  Aberrante attivazione delle vie WT/B-catenina

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22  PTEN-PIK3-mTOR

 Espressione di Her2neu  Instabilità dei micro satelliti  Aneuploidia

Variabili anatomo-patologiche

Tipo istologico

I tumori endometriali derivano dalle cellule ghiandolari di derivazione mulleriana. Nel 1983, Bokhman[74] sulla base di uno studio prospettico clinico-patologico, formulò l’ipotesi dell’esistenza di due varianti di carcinoma endometriale con diversa patogenesi:

 carcinoma endometrioide(75-80%) di tipo I, estrogeno-dipendente

 il carcinoma non-endometrioide di tipo II, non estrogeno-dipendente, rappresentato dal carcinoma sieroso-papillare (< 10%)e dal carcinoma a cellule chiare(2-4 %) [75,76]. Carcinomi istologicamente bene o moderatamente differenziati sono tipici del primo gruppo; sono diagnosticati in stadi più frequentemente iniziali e sono associati ad una prognosi più favorevole. Il secondo gruppo include i carcinomi scarsamente differenziati con evoluzione più rapida e sfavorevole, dovuta alla spiccata tendenza alla disseminazione peritoneale,retro-peritoneale ed ematogena[49].

Esistono inoltre i seguenti istotipi:

Adenocarcinoma mucinoso 1%, Adenocarcinoma squamoso < 1% , Adenocarcinoma misto < 1%, Adenocarcinoma Indifferenziato < 1% .

Secondo dati del FIGO Annual Report (2006) la sopravvivenza a 5 anni è dell’81,2% per il carcinoma endometriodide, del 76,1% per il carcinoma adenosquamoso e mucinoso, del 48,4% per il carcinoma sieroso e del 66 ,1% per il carcinoma a cellule chiare.[Tabella 3]

La patogenesi molecolare di queste forme è profondamente diversa.

Grading istologico e infiltrazione miometriale

La diffusione è correlata al grado di differenziazione. Tumori G1 tendono a limitarsi all’endometrio, mentre quelli G3 presentano in una maggiore percentuale interessamento miometriale.

In uno studio del GOG(Gynecologic Oncology Group) su 621 pazienti con carcinoma endometriale al primo stadio, la percentuale di metastasi linfonodali pelviche e lombo- aortiche variava rispettivamente dal 3% e dal 2 % per il grado G1,al 18% e all’11 %per il grado G3,dall’1 % a dal 3% per i tumori confinati

all’endometrio al 25 e al 17 % per i tumori infiltranti profondamente il miometrio. Secondo l’Annual Report(Vol.26) la sopravvivenza a 5 anni in funzione del grading varia:

 allo stadio I dal 92,1 % per il grado G1 al 74,5% per il grado G3,

 allo stadio IIIA dal 76,9% per il grado G1 al 37,5 % per il grado G3,

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LSVI

Molti autori suggeriscono che l’interessamento degli spazi linfovascolari da parte del tumore,nonostante non venga presa in considerazione dalla stadiazione FIGO 2009,sia un fattore predittivo del rischio di diffusione linfonodale(metastasi lombo aortiche isolate ),a distanza, e quindi di cattiva prognosi[77]. L’invasione degli spazi vascolari infatti sembra strettamente correlata con l’invasione miometriale e la differenziazione tumorale,descrivendo un aumento della possibilità di recidiva e di morte dal 9,1% e al 26,7%.

Citologia peritoneale

La rilevanza prognostica della citologia peritoneale in pazienti con carcinoma endometriale

apparentemente confinato al corpo dell’utero è ancora dibattuta e nella nuova stadiazione FIGO2009 la sua eventuale positività va segnalata, ma di per sè non fa cambiare lo stadio della malattia.

Secondo lo studio di Garg et al[78]. La positività alla citologia peritoneale viene considerato un fattore prognostico negativo per i tumori a basso stadio.

Invasione linfonodale

Le metastasi linfonodali costituiscono uno dei fattori prognostici più importanti che incidono sulla

sopravvivenza, in relazione al grado di differenziazione, all’infiltrazione degli spazi linfovascolari e il grado di invasione miometriale[79, 80, 81].

In letteratura si riporta che all’aumento dello stadio e del grading cellulare,si assiste ad un aumento, significativo dal punto di vista statistico, della positività dei linfonodi lombo- aortici e pelvici.

L’invasione profonda del miometrio, in associazione a LSVI positivo è un criterio predittivo per la presenza di interessamento linfonodale che potrebbe guidare una più razionale chirurgia[82].

Secondo alcuni studi retrospettivi la linfoadenectomia sistematica pelvica e lomboarotica (nel carcinoma tipo I)offrirebbe un vantaggio sia nelle pazienti con linfonfonodi positivi,nella quale migliorerebbe la prognosi,sia in quelle con linfonodi negativi, ma con fattori di rischio legati al tumore primario (invasione miometriale profonda o grading G3), nelle quali consentirebbe di evitare l’impiego della radioterapia esterna adiuvante. Per alcuni, tuttavia(in particolare il gruppo della Mayo Clinic), configura l’opportunità di chiarire ancora il quesito relativo al ruolo della linfoadenectomia nelle pazienti con infiltrazione

miometriale >50% e grading G3[49].

Variabile biologiche

CA 125

Il CA 125 ( Cancer Antigen 125 o Carbohydrate Antigen 125) o MUC 16 è una glicoproteina umana della famiglia delle mucine[83], codificata dall’omonimo gene MUC 16[84,85](che mappa sul cromosoma 19p13.2)[86]. Questo marker, è stato scoperto nel 1981 dal team di ricerca di Robert Bast e Robert Knapp,mediante l’anticorpo monoclonale OC125 [87]; fisiologicamente questa mucina é prodotta

nell’embrione dall’epitelio celomatico della cavità amniotica e continua ad essere prodotta nella vita adulta dalle cellule epiteliali della cavità pleurica e peritoneale. Il Ca 125 aumenta anche in molte condizioni fisiologiche come ciclo mestruale e gravidanza[88], patologiche non tumorali[89] di natura non ginecologica quali scompenso cardiaco[90], epatopatie , flogosi peritoneale, ascite e pleurite[91], malattie autoimmuni, oppure in malattie benigne ginecologiche quali endometriosi[92], fibromi uterini, policistosi

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neoplasie della sfera ginecologica[93](ovaio,cervice,tube ed endometrio), ma anche non ginecologica tratto gastrointestinale[94] e polmone[91].

Il CA-125 è soventemente utilizzato per la diagnosi e la valutazione delle recidive e della

prognosi del carcinoma dell'ovaio[95], anche se è ancora controverso il suo potenziale ruolo della

valutazione sierica del CA-125 per la diagnosi precoce e lo screening di questo tumore.

Per quanto riguarda il carcinoma dell’endometrio il CA 125 può essere comunemente elevato in caso di tumore primitivo, ma soprattutto metastatico.Un dosaggio sierico elevato di CA125 deve far sospettare la presenza quindi di una malattia subclinica in sede extrauterina[49];questo infatti é considerato un fattore di rischio indipendente per metastasi linfonodali e sembrerebbe che un razionale uso preoperatorio possa stratificare meglio le pazienti eleggibili di linfoadenectomia.

Un valore pre-operatorio >40 UI/mL indirizza alla linfoadenectomia loco-regionale,ma già per valori >15 UI/mL è stata riscontarata una peggiore prognosi ed un minor intervallo libero da malattia[93,96,97]

Alterata espressione di p53 ,K-RAS e ARID1A

 p53

Per quanto riguarda i carcinomi endometriali tipo I (endometrioide) le mutazioni di p53 sono solo un evento tardivo nelle modificazioni del pathway molecolare e si ritrovano infatti in stadi avanzati del tumore con grado di differenziazione G3. I carcinomi sierosi- papilliferi (tipo II) invece

presentano nel 90% dei casi mutazione del gene oncosoppressore p53[35,36,37]e inattivazione del gene p16.

Le mutazioni di p53 sono presenti nel 7-43 % di tutti i tumori endometriali e hanno di per sé un significato prognostico sfavorevole[98,99]

 K RAS

La mutazione di k-Ras sembra sia responsabile del passaggio dall’iperplasia complessa tipica a iperplasia complessa atipica. Questo gene inoltre risulta mutato nel 10-30 % dei carcinoma endometrioidi e la sua frequenza é più elevata nei tumori con instabilità dei micro satelliti(MSI). La presenza di mutazioni di K RAS sembra essere associata ad un interessamento linfonodale ed una prognosi peggiore[33].

 ARID1A

Il gene ARID1A codifica per la proteina BAF250a la cui perdita si riscontra nel 29 % dei carcinomi endometrioidi G1-G2, nel 39% dei G3, nei sierosi nel 18% e nei carcinomi a cellule chiare nel 26%[41].

Aberrante attivazione delle vie WT/B-catenina

La disregolazione di tale via è stata riscontrata sia nella iperplasia atipica che nei carcinomi endometriali endometrioidi (25-47 %), più frequentemente ben differenziati e in assenza di coinvolgimento

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PTEN-PIK3-mTOR

Le principali alterazioni molecolari delle iperplasie complesse atipiche e del carcinoma di tipo I sono rappresentate dal silenziamento del gene PTEN(Phosphatase and Tensin homolog on chromosome 10), [102](fino al 50%) localizzato sul cromosoma10p23; questa mutazione infatti sembra essere presente in uno stadio iniziale della malattia ed associato quindi ad un andamento clinico meno aggressivo; possono essere presenti inoltre mutazione del gene PIk3CA(24-36%) e solo raramente (10%)da una mutazione di m-TOR(mammalian target of rapamycin)[103,104].

La mutazione di questa via ,in uno qualunque dei punti critici porta all’inibizione dell’apotosi e e all’induzione della proliferazione cellulare con indiscussa carcinogenesi.

L’ mTOR é una serina –treonina chinasi che regola sia la proliferazione cellulare che la progressione del ciclo cellulare attraverso la sua capacità di integrare segnali provenienti da diversi fattori di crescita; l’aberrante attivazione di questo pathway molecolare può causare, mediante un incremento della via dei recettori dei fattori di crescita (insulin-like growth factor receptor, IGFR; epidermal growth factor receptor, EGFR), mutazioni o amplificazioni di differenti vie di geni delle chinasi e/ o perdita di funzione di PTEN(the

phosphate and tensin homolog),osservate in diversi tumori tra cui il carcinoma dell’endometrio ma anche il carcinoma dell’ovaio. Sulla base di queste considerazioni sono stati condotti studi per valutare l’attività degli inibitori di mTOR nel carcinoma dell’endometrio avanzato o recidivato. Tuttavia ad esempio il Tensirolimus ha ottenuto il 14 % di risposte in pazienti non trattate con chemioterapia e il 4 % che hanno fatto chemioterapia[105]. In futuro forse sarà possibile utilizzare inibitori di m-TOR nel trattamento di queste neoplasie ginecologiche[106],ovviando la resistenza alle terapie convenzionali della quale al momento sembrerebbero essere la causa[107].

Espressione di Her2neu

HER2 è una proteina appartenente alla famiglia delle proteine ErbB codificata dal gene ErbB2, con funzione di recettore di membrana del tipo tirosin chinasico (recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano ). Tale proteina è posizionata sulla faccia esterna della membrana cellulare ed é coinvolta nelle vie

di trasduzione del segnale che portano alla crescita ed al differenziamento cellulare.

Una forma modificata di Her2, detta HER2/neu, è un proto-oncogene, che risulta amplificato dal 25 al 30 % nei casi di carcinomi primari della mammella[108]. Una iperespressione del gene HER2 sembra giocare un ruolo importante anche nei carcinomi dell’endometrio, in particolar modo nei sierosi[109] rispetto ai non sierosi. Secondo alcuni studi [110]un’espressione patologica di Her2neu si riscontra infatti in carcinomi endometriali aggressivi,ad alto indice mitotico e bassa sopravvivenza. Questo aspetto potrebbe avere interessanti risvolti sulla possibilità di individuare una target therapy mirata proprio verso un preciso fenotipo tumorale.

Tuttavia in uno stadio di fase II del GOG il Trastuzumab non ha ottenuto risposte obiettive in pazienti con carcinoma endometriale avanzato recidivante Her2neu[111].

Instabilità micro satellitare

L’instabilità dei micro satelliti (MSI) è presente nell’11-45% dei carcinomi endometrioidi[112,113]. Vi sono dati conflittuali in letteratura sulla rilevanza prognostica di questa variabile nel carcinoma endometrioide dell’endometrio. Alcuni Autori riportano che l’instabilità dei microsatelliti è predittiva di bassa

sopravvivenza, altri hanno trovato che si associa a prognosi favorevole, altri ancora hanno suggerito che questa variabile non ha alcun impatto sulla sopravvivenza eccetto che per lo stadio I dei carcinomi endometrioidi [114].

Figura

TABELLA  9                                                                   T ABELLA  10

Riferimenti

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