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Negli ultimi anni l’impiego delle nanotecnologie ha portato allo sviluppo di sistemi nanostrutturati impiegati nel drug delivery per la loro capacità di controllare la cinetica di rilascio e la distribuzione nei tessuti di principi attivi. I “drug delivery systems” sono quei sistemi in grado di rilasciare farmaci in maniera controllata, ossia con velocità di rilascio programmate, con dosi ben precise, per periodi di tempo predefiniti e in aree specifiche. Essi consentono di aumentare la compliance del paziente riducendo la

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frequenza della somministrazione dei farmaci (Papakostas et al.). I sistemi convenzionali di somministrazione cutanea o topica, purtroppo, soffrono di limitazioni farmacocinetiche, ovvero non vi è sincronia tra il tempo richiesto affinché la concentrazione del principio attivo raggiunga il valore soglia utile ai fini terapeutici ed il profilo di rilascio del farmaco che segue meccanismi diffusionali. In tal modo, il farmaco si distribuisce più o meno estesamente a livello sistemico e, affinché venga raggiunta una concentrazione di farmaco efficace nel sito d’azione per il periodo di trattamento terapeutico, è necessaria la somministrazione di dosi elevate e ripetute con il conseguente instaurarsi di effetti tossici secondari (Leroux, et al., 1996). L’utilizzo di nanocarriers ci permette, quindi, di sfruttare la loro capacità di trasportare e rilasciare in modo selettivo i farmaci nel sito d’azione aumentando l’efficacia terapeutica.

Fig.10 alcuni esempi di sistemi nanostrutturati

In fig.10 abbiamo esempi di nanosistemi in relazione al target per il quale sono stati ideati, il cancro. Per ottenere un buon dispositivo di “drug delivery” bisogna controllare ed ottimizzare il caricamento ed il rilascio del farmaco. Il primo si può ottenere per incorporazione all’interno della nanoparticella sia per legame covalente che per legame elettrostatico o ancora per adsorbimento sulla superficie di un dato principio farmaceutico,

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mentre il rilascio nel corpo, che in genere è piuttosto rapido, avviene invece per diffusione attraverso le nanoparticelle (Serenelli 2011).

Nonostante i notevoli passi avanti fatti in questo campo nell’ultimo decennio, l’adeguato trattamento di patologie, quali il tumore, rimane legato all’individuazione di materiali ad elevato grado di biocompatibilità e in grado riconoscere e rilasciare il farmaco nel nostro organismo, in modo da minimizzare gli effetti collaterali. In molti casi, infatti, il sistema di rilascio deve svolgere la sua funzione in risposta alle condizioni fisiologiche del sito specifico, modulando i tempi di rilascio in dipendenza delle variabili fisiche dell’ambiente che lo circonda (Archana, et al.,2012). Le micelle, in particolare, sono nanosistemi composti comunemente da copolimeri a blocchi, costituiti da un segmento idrofilico (polietilenglicole) coniugato ad una catena polimerica idrofobica (poliesteri, poliacrilati, polipeptidi). Questi polimeri tendono ad organizzarsi in strutture ordinate di tipo “core-shell”, in cui il core o nucleo è formato dalla frazione idrofobica e può essere caricato con farmaci lipofili, mentre l’involucro esterno di natura idrofilica conferisce solubilità al sistema, prolungando così l’emivita in circolo delle molecole veicolate (Kwon G.S et al., 1995). Gli agenti terapeutici contenuti all’interno delle micelle possono essere rilasciati per diffusione attraverso la matrice idrofobica o a seguito del disassemblamento della micella stessa, indotto solitamente da particolari stimoli microambientali come variazioni di pH e temperatura. Grazie alla peculiare struttura delle nanomicelle, questi sistemi vescicolari possono trasportare farmaci lipofili, poco solubili nei fluidi biologici, migliorando così la solubilità in acqua del farmaco. (Han et al., 2015)

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5.1 Meccanismo di rilascio dei sistemi nanostrutturati

I sistemi nanostrutturati sono capaci, inoltre, di accumularsi in aree patologiche ben definite, sfruttandone le peculiari caratteristiche fisiologiche e strutturali. L’aumentata permeabilità vascolare, che si riscontra a livello delle masse tumorali e dei tessuti in stato infiammatorio, permette infatti ai carriers di dimensioni comprese tra 10 e 300 nm di attraversare l’endotelio ed occupare gli interstizi cellulari (Patra et al. 2018). Polimeri sensibili a variazioni di pH o temperatura possono essere impiegati per liberare il principio attivo in distretti infiammati e tessuti tumorali.

Il farmaco caricato nelle micelle viene rilasciato a seguito dell’interazione con la superficie cellulare: generalmente si verifica la fusione della sua porzione lipidica con la membrana citoplasmatica con conseguente trasferimento del principio attivo nello spazio intracellulare, oppure le micelle vengono assorbite dalle cellule attraverso un processo di endocitosi (Luo, et al., 2002). Sebbene il processo di endocitosi inizi vicino al pH fisiologico di 7.4, scende ad un pH inferiore di circa 5.5-6.0 negli endosomi e si avvicina a pH 4.5-5.0 nei lisosomi (Mellman, Fuchs et al., 1986). Sistemi nanostrutturati sensibili al pH vengono ampiamente usati nel trattamento di neoplasie grazie alla loro capacità di attraversare l’endotelio altamente permeabile dei vasi sanguigni tumorali e di accumularsi a livello dei tessuti malati rilasciando in modo selettivo il loro contenuto nel tessuto tumorale o all'interno delle cellule tumorali. (Van Vlerken, et al.,2007). La composizione chimica del polimero risulta, quindi, determinante per permettere la realizzazione della cinetica di cessione del farmaco desiderata con conseguente ottimizzazione del suo profilo di attività. (Vilar et al., 2012. Il cambiamento di acidità è uno stimolo particolarmente utile da considerare nello sviluppo di veicoli di farmaci a causa dei numerosi

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gradienti di pH che esistono negli stati sia normali che patofisiologici). In uno studio di Wang del 2019, è stato sintetizzato un nuovo copolimero a blocchi rispondente al pH, poli (etilenglicole) poli (ε-caprolattone) -poli (L- istidina) (PEG-PCL-PHis) e progettato per il rilascio di farmaci anticancro con eccellente biocompatibilità, biodegradabilità e forte efficienza di caricamento del farmaco (in questo caso doxorubicina o DOX). Le micelle create con il copolimero e caricate con DOX sono state analizzate morfologicamente con tecnica di analisi DLS e la cinetica di rilascio è stata valutata mediante il metodo della dialisi.

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