1. La fondazione del partito
Convinti della necessità di coordinare tutte le iniziative già esistenti allo scopo di creare un fronte unico della gioventù italiana, dei combattenti, dei reduci, dei prigionieri e di tutti gli italiani che credono nella rinascita della Patria e nei valori spirituali della vita, i dirigenti del Fronte dell’Italiano, del Partito Nazionale Italiano, dell’OLDA, del Gruppo Nazionalista Lombardo, del PNG, dei Reduci Indipendenti e degli altri gruppi affini, a tale scopo oggi riuniti, ritengono indispensabile dar vita ad un unico organismo politico nazionale che con oggi è creato sotto la denominazione di MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO (MO.S.IT). I dirigenti dei giornali Fracassa, Rataplan, Rivolta Ideale, Rosso e Nero, della rivista Lettere si impegnano ad affiancare con adeguata opera di propaganda il movimento politico unificato. Quindi pur mantenendo ogni giornale la propria indipendenza, concordano di seguire gli indirizzi della direzione politica del nuovo movimento. I firmatari decidono di lanciare un manifesto agli italiani che li chiami a raccolta nella lotta per i supremi interessi del Paese, dimenticati o traditi da quanti delle sue rovine si valgono per interesse di fazioni566.
Il documento in questione, conservato presso l’Archivio della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, rappresenta l’atto costitutivo del Movimento Sociale Italiano (non ancora abbreviato in MSI) e siglato nello studio romano di Arturo Michelini il 3 dicembre 1946. Sebbene esso costituisca dunque il primo atto in cui compare il nome del partito, i promotori del Movimento dovettero però aspettare la fine del mese per ufficializzarne la fondazione. La riunione descritta nel documento infatti, fu solamente uno dei numerosi incontri che i principali attori del neofascismo, clandestino e non, tennero nell’autunno-inverno del 1946 e che condussero alla nascita del nuovo soggetto politico. Le vicende che portarono alla definitiva fondazione del Movimento vengono descritte da Parlato in
Fascisti senza Mussolini grazie alla documentazione prodotta da Giorgio Pini (oltre che da Tonelli).
Nel suo memoriale, l’ex caporedattore del Popolo d’Italia, raccontava di essere entrato in contatto con i membri del “Senato”, nell’ottobre del 1946, presso l’abitazione della già citata Mina Magri Fanti. Da essi venne incaricato di stabilire nuovi contatti con esponenti esterni al neofascismo, con rappresentanti dei gruppi paramilitari anticomunisti ma anche con gli ex gerarchi che si stavano
566 Seguivano le firme di Italo Carbone ed Emilio Profeta Trigona per il PNI-OLDA, Giovanni Tonelli per Rivolta Ideale e Fronte dell’Italiano, Ernesto de Marzio per Fracassa, Giorgio Pini, Costantino Patrizi per Rataplan, Valerio Pignatelli, Ezio Maria Gray, Cesco Giulio Baghino, Giacinto Trevisonno per i Reduci Indipendenti, Gianluigi Gatti, il gen. Ludovico Muratori, Giorgio Bacchi, Arturo Michelini, Nino Buttazzoni, Pino Romualdi, Biagio Pace. Archivio Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice (d’ora in avanti AFUS), Fondo Cassiano, s.o., 3 dicembre 1946. Il documento è riprodotto in S. Bartolini (a cura di), Nostalgia dell’avvenire, pp. 30-31.
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ancora nascondendo567. Contemporaneamente all’iniziativa del “Senato”, un altro gruppo tentava di presentarsi come possibile punto di riferimento politico dell’area neofascista, ovvero il Partito fusionista italiano (Pfi) di Pietro Marengo. Il partito in questione, come accennato in precedenza, era originato dal giornale «Momento» che aveva iniziato le proprie pubblicazioni a Bari già il 29 aprile 1945. Il Pfi era invece nato un anno più tardi. Il giornale era caratterizzato in senso più nazionalista di destra e anticomunista che neofascista, non lesinando le critiche al passato regime. Lo stesso partito tentò una via simile cercando un contatto con Francesco Saverio Nitti. Tuttavia è indubbio che la maggior parte di coloro i quali ne facevano parte, come ad esempio Enzo Erra, non esitarono, in seguito, a passare al MSI. D’altronde, il Pfi poteva rivelarsi un concorrente temibile poiché, come recitava il suo appello alla militanza, esso proponeva di raccogliere «i dispersi e i pentiti, gli illusi, i braccati, gli ex combattenti, gli ex prigionieri, i reduci, quelli che hanno lottato da una parte e dall’altra, quelli che andarono nelle terre d’oltremare ed oggi non trovano alcuna comprensione, quelli che si divisero per la questione istituzionale, quelli che sono rimasti in disparte: tutti»568. Non è un caso, dunque, se il partito riusciva a raccogliere consensi principalmente nelle regioni del Sud, dove successivamente il MSI otterrà i maggiori successi elettorali, risultando pertanto un valido concorrente del Fronte dell’Italiano promosso da Tonelli.
Per sottolineare ancora una volta la grande importanza dei giornali per la nascita del neofascismo politico, fu proprio una delle pubblicazioni della galassia neofascista, ovvero il settimanale «Rataplan» diretto da Arnaldo Genoino, a esortare pubblicamente alla creazione di un fronte comune. Rivolgendosi a tutti i giornali dell’area, da «Manifesto» a «Rivolta Ideale» a «Meridiano d’Italia», lanciò un appello per la costituzione di una «Lega di difesa nazionale contro i partiti dell’antinazione reazionari e liberticidi», al quale risposero prontamente «Manifesto» e il Partito fusionista, assieme a due piccole formazioni quali il Fronte nazionale italiano e il Fronte del lavoro. Qualche giorno più tardi, e come dimostra la costituzione del MO.S.IT., anche il Fronte dell’Italiano aderiva all’iniziativa di «Rataplan»569. L’incontro del 3 dicembre tuttavia segnò anche la defezione dei dirigenti del Partito fusionista, il cui nome infatti non compare nell’atto costitutivo. Le divergenze erano probabilmente ancora troppo nette: c’era chi pensava che la via entrista nei confronti dell’Uomo Qualunque fosse una soluzione ancora praticabile, chi proponeva un accordo con i socialisti anticomunisti, chi, come Romualdi, proponeva un nuovo partito autonomo ma composto esclusivamente da coloro i quali non avevano tradito, ovvero dai reduci della Repubblica Sociale570. Lo scontro interno tra le anime del
567 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, pp. 240-243. 568 Cit. in G. Jetti, La destra prima della fiamma, p. 32. 569 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, pp. 243-246.
147 mondo neofascista veniva descritto anche da un documento, elaborato qualche anno più tardi dalla Questura di Roma, nel quale si analizzavano dettagliatamente le tappe che avevano portato alla formazione del Movimento Sociale Italiano. La polizia riteneva, non a torto, che il ruolo più importante venne giocato dai FAR di Pino Romualdi, identificando il loro «vero aspetto» non nell’azione clandestina ma «in direzione politica». La loro azione, tuttavia, almeno inizialmente, come ribadiva la nota, si rivelò quasi nulla. «I FAR mai valicarono le quattro mura di un “comitato”», guidato da Romualdi e composto da Olo Nunzi, dai ministri della Rsi Edoardo Moroni, Giuseppe Spinelli, Piero Pisenti, Domenico Pellegrini Giampietro, l’ex vicesegretario del Pfr Giuseppe Pizzirani, l’ex prefetto di Milano Piero Parini, Puccio Pucci, Franco de Agazio (direttore de «Il Meridiano d’Italia», il colonnello Aurelio Languasco, Giovanni Tonelli, Vanni Teodorani, Giorgio Pini, Federico Baistrocchi, Gianfranco Finaldi571. Si trattava chiaramente del “Senato”, con l’aggiunta dei nomi nuovi degli ex ministri della RSI che di lì a poco emigrarono in Sud America572.
Il fallito entrismo nei confronti dell’Uomo Qualunque aveva spinto il comitato, in una riunione tenutasi nel luglio del 1946 nella residenza romana dei Pignatelli, ad adoperarsi per «dar vita ad un nuovo partito, orientato e manovrato dal comitato dei Far ed interamente nelle mani di uomini di Salò».
Questa proposta fu aspramente combattuta da Nunzi, Parini, Teodorani, Pizzirani, Moroni, Baistrocchi, i quali propendevano per l’azione esclusivamente clandestina, non ritenendo fosse ancora il momento per una azione aperta. Tuttavia, a conclusione della citata riunione, la tesi di Romualdi, circa la riorganizzazione del Pfr sotto altro nome, venne approvata di misura. Si astennero Pisenti e Pellegrini-Giampietro. Olo Nunzi fu quindi “comandato” di effettuare il versamento dal fondo in suo possesso (consegnatogli da Pavolini, tramite il segretario amministrativo del Pfr, il quale l’aveva prelevato dalla Banca del Lavoro, filiale di Milano, con visto da Venezia dell’on. Lay, commissario della predetta banca al nord) ad Arturo Michelini, designato quale cassiere del nuovo costituendo partito, ed a Tonelli (il quale aveva già prelevato somme dal fondo) per sostenere le spese di «Rivolta Ideale» che appariva già da qualche mese. In una successiva riunione (tenutasi 15 giorni dopo), il comitato Far esaminò i possibili nominativi delle persone adatte ad assumere cariche ufficiali nel costituendo partito. La scelta cadde su due nominativi: Almirante e Trevisonno. Inoltre si incaricò Tonelli - il quale da qualche tempo pubblicava il citato settimanale «Rivolta Ideale», che sin dal primo numero si era rivelato come la bandiera del risorgente fascismo - di saggiare il terreno, servendosi del citato settimanale, onde evitare il possibile intervento delle autorità democratiche contro la nuova organizzazione politica che non avrebbe potuto nascondere a lungo le sue spiccate caratteristiche fasciste. A questo fine «Rivolta Ideale» lanciò il Fronte dell’italiano, sotto la direzione di Roccia-Bruni, collaboratore di secondo piano del settimanale di Tonelli. La reazione della stampa degli altri partiti fu modesta e contenuta in limiti inaspettatamente moderati ed altrettanto dicasi per la reazione della pubblica
571 ACS, DGPS, DAGR, 1950, b. 29, f. Neofascismo, Denunzia dei dirigenti del m.s.i. ai sensi dell’art. 1 della legge 3/12/1947 n. 1546, 27 agosto 1950, p. 5.
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opinione. Questo fece giungere immediatamente alla conclusione che era ormai aperta la via per l’attività politica legale dei fascisti573.
Il documento in questione, pertanto, permette di fare qualche considerazione e di sottolineare alcuni aspetti importanti: la retrodatazione dell’inizio delle trattative per la nascita di un neofascismo politico già all’indomani del referendum; la conferma della presenza di fondi predisposti da Pavolini per il “dopo”, sfruttati per la pubblicazione di «Rivolta Ideale» e per finanziare il nuovo partito; l’utilizzo del Fronte dell’Italiano come apripista per una successiva operazione politica neofascista su scala maggiore. La stessa relazione, inoltre, anticipa alla «fine di agosto o ai primi di settembre» la riunione in cui venne deciso il nome del nuovo partito:
Erano presenti: Romualdi, Nunzi, Spinelli, Pucci, Languasco, l’ex ministro Riccardi, Tonelli, De Agazio, il marchese Patrizi, Luigi Volpicelli, De Pirro (gli ultimi due del settimanale «Rataplan», che andava fiancheggiando «Rivolta Ideale»), Michelini, Almirante, Trevisonno, Teodorani, Mario Galante (attuale direttore di «Giorni»), Parini, Massi, Cassiano e Finaldi. Su proposta di Trevisonno, il nuovo partito fu chiamato Movimento Sociale Italiano; movimento, e non partito, in quanto la nuova organizzazione aveva una ragione dinamica, dovendosi muovere verso la ricostituzione del Pfr. Punto basilare accettato ad unanimità fu la prerogativa della direzione politica e del controllo amministrativo spettante al comitato Far, nel quale Trevisonno e Almirante entrarono a far parte come “osservatori”. Il m.s.i. iniziò, quindi, la sua attività dalla nuova sede di Corso Vittorio Emanuele 24, fiancheggiato dai settimanali «Rivolta Ideale» e «Rataplan», attività che, però, cominciò ad avere un aspetto concreto nei primi mesi del 1947574.
Le informazioni di cui era in possesso la polizia pertanto risultavano parziali, oltre che probabilmente cronologicamente non corrette, poiché non riportavano le decisive riunioni che seguirono l’incontro nel quale venne scelto il nome di Movimento Sociale Italiano. Tuttavia la Questura si dimostrava ben informata su determinati particolari, come ad esempio che la proposta di chiamare il nuovo partito “Movimento” venne effettivamente espressa da Trevisonno575.
Negli incontri che intercorsero tra la riunione del 3 dicembre e la definitiva riunione del 26 dicembre, venne elaborato il testo di un “Appello agli italiani” e il programma del nuovo movimento. Il richiamo diretto al programma socializzatore della RSI in esso presente, provocò malumori all’interno dell’ala “nazionalista” del movimento che faceva capo a Gray, così come in precedenza aveva portato alla rottura degli accordi con il Partito fusionista. Lo stesso Gray, che peraltro alcune informative
573 ACS, DGPS, DAGR, 1950, b. 29, f. Neofascismo, Denunzia dei dirigenti del m.s.i. ai sensi dell’art. 1 della legge 3/12/1947 n. 1546, 27 agosto 1950, pp. 6-7.
574 Ivi, pp. 7-8.
149 dell’Ufficio I dell’Esercito indicavano come il capo occulto del Pfi, si rifiutò di aderire al nuovo movimento, salvo qualche anno più tardi ritornare nei ranghi missini576.
La titubanza del gruppo milanese de «Il Meridiano d’Italia» rischiò di compromettere il buon esito anche della riunione del 26 dicembre. Michelini tuttavia, probabilmente poiché temeva la concorrenza dell’analogo tentativo di riunire le forze di destra che si accingeva a compiere il Pfi, decise di forzare la mano mettendo i convenuti di fronte al fatto compiuto, ovvero di aver già comunicato alla Questura la costituzione del partito. Assieme a Michelini e Romualdi, i firmatari dell’ultimo atto furono pertanto: Pini, Pace, Tonelli, Puccioni, Gatti, Baghino, Pignatelli, Buttazzoni, Mieville, Galanti, Foschini. A Trevisonno venne affidato l’incarico di responsabile della segreteria il cui lavoro doveva essere, almeno ufficialmente, supportato dalla prima giunta esecutiva composta da Raffaele Di Lauro, Tonelli, Carlo Guidoboni e Mario Cassiano. La scelta di nomi di secondo piano, persone che avevano rivestito incarichi marginali durante il fascismo o che non avevano trascorsi politici, fu dovuta dalla necessità di non destare eccessive attenzioni da parte delle forze di polizia, evitando in tal modo di concedere un’eventuale opportunità per impedirne la sua fondazione e sviluppo577.
Le numerose defezioni, su tutte quelle di coloro i quali avevano dato il La all’iniziativa, ovvero «Rataplan» e il Partito fusionista (ma molte sue sezioni iniziarono ben presto a confluire nel MSI), e il poco entusiasmo con cui l’avvento del nuovo partito venne accolto negli ambienti neofascisti del Nord, avrebbero potuto trasformare il MSI nell’ennesimo partitino di breve durata e di scarso seguito. Solamente «Rivolta Ideale», e non poteva essere altrimenti, diede risalto alla nascita del Movimento, pubblicando in prima pagina gli orientamenti programmatici e l’appello all’adesione578.
Con il primo documento politico, il MSI si rivolgeva agli «Italiani di oggi, che anche nelle vicende più tristi non hanno rinnegato il vincolo di fedeltà alla Patria [e] confidano di poterla ricondurre con doverosa devozione, al prestigio morale e materiale di cui godeva nel mondo». Chiamavano pertanto a raccolta «tutti coloro che, al di là delle diverse origini e particolari appartenenze politiche, intendono superare ogni tentazione di rancore e di rivincita per riconoscersi, solidalmente, servitori probi e fattivi della ricostruzione della Patria»579. Non si discostavano da questo generico nazionalismo, con
576 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, p. 247. Su Gray e il Pfi vedi USSME, SIM, b. 367, f. 2-2-78 Partito fusionista italiano. Lo stesso Gray sarebbe stato, assieme a Pino Romualdi, l’autore della prima stesura dell’ “Appello” e degli “Orientamenti Programmatici”, in seguito rielaborati dal gruppo dirigente. P. Ignazi, Il polo escluso, p. 41.
577 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, p. 248. Almirante durante il Ventennio aveva svolto la professione di giornalista, collaborando anche con la rivista «La difesa della razza». Nella RSI aveva ricoperto l’incarico di capo di Gabinetto del Ministro della Cultura Popolare Mezzasoma. Trevisonno invece, anch’egli giornalista, non aveva potuto prendere parte alla RSI in quanto prigioniero degli Alleati.
578 G. Pardini, Fascisti in democrazia, p. 21.
579 ACS, DGPS, DAGR, 1947-1948, b. 73, f. Movimento Sociale Italiano, manifesto Movimento Sociale Italiano, 29 dicembre 1946.
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l’eccezione del richiamo alle politiche socializzatrici in campo economico, nemmeno gli obiettivi posti attraverso il sintetico programma:
1. L’unità, l’integrità territoriale e l’indipendenza dell’Italia debbono essere rivendicate; nessuna prescrizione e coazione può interrompere il nostro diritto sui territori indispensabili alle nostre esigenze economiche, già consacrati dall’eroismo e dall’opera civilizzatrice del popolo italiano.
2. Politica estera ispirata unicamente agli interessi concreti e contingenti della Nazione, auspicando la formazione di una unione europea su piede di parità e di giustizia.
3. L’autorità dello Stato deve essere ristabilita. Partecipazione diretta del popolo alla scelta dei suoi dirigenti e alle decisioni più importanti della via nazionale, mediante referendum, da indire in primo luogo nei riguardi della costituzione e del trattato di pace.
4. Nessuna legge di eccezione può sovrapporsi al diritto comune: soppressione della vigente legislazione eccezionale. Assoluta indipendenza della magistratura dal potere politico. 5. Entro i limiti stabiliti dal costume morale, libertà di associazione, di parola e di stampa. 6. La religione Cattolica Apostolica Romana è la religione dello Stato, garantendosi il
dovuto rispetto degli altri culti che non contrastino con le leggi vigenti. I rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono da intendersi definitivamente regolati dal complesso inscindibile dei Patti Lateranensi.
7. Lo Stato deve riconoscere ad ogni cittadino il diritto al lavoro, fondamento della società e della ricchezza nazionale. La proprietà individuale, frutto del risparmio, in quanto assolva ad una funzione sociale è riconosciuta e garantita dallo Stato.
8. Completa collaborazione fra i vari fattori della produzione, attribuendo ai sindacati dignità e responsabilità di istituzioni pubbliche; effettiva compartecipazione dei lavoratori alla gestione dell’azienda e al riparto degli utili. Diritto per tutti i cittadini ad una casa sana e decorosa.
9. Possibilità ad ogni cittadino – che ne abbia capacità – di accedere a qualsiasi ordine di studi, a spese dello Stato.
10. Piani organici per potenziare le attività fondamentali del Paese, con particolare riguardo a quelle del Mezzogiorno e delle Isole indispensabili per l’autonomia economica della Nazione580.
Se, pertanto, i primi due documenti del partito non permettevano di scindere il MSI dalla moltitudine degli altri partiti di destra sorti nel biennio 1945-1946 e che genericamente richiamavano a raccolta i “reduci”, la chiosa al manifesto elaborata da «Rivolta Ideale» identificava chiaramente a chi il Movimento intendesse rivolgersi. Per il settimanale infatti, venticinque anni di storia, non potevano essere né dimenticati, né rigettati in blocco. «E perciò i galantuomini superstiti della tragica persecuzione debbono essere chiamati a partecipare alla vita pubblica, alla cui intensità costruttiva essi possono indubbiamente portare un contributo maggiore di quanto non siano in grado di fare gli attuali dirigenti e le attuali “masse", venute alla ribalta attraverso l’accavallarsi turbinoso dei tradimenti, delle rinunce, dei tornacontismi più sfacciati e abietti»581.
580 Ibidem.
151 Il richiamarsi apertamente e direttamente al ventennio, e in particolare all’esperienza della Repubblica Sociale, fu probabilmente uno degli elementi chiave che contribuirono al successo e alla longevità del Movimento. D’altronde coloro i quali iniziavano o avevano già iniziato, in special modo nel corso della guerra civile, a considerare con un occhio critico l’esperienza, anche personale, del fascismo, si diressero verso la Democrazia Cristiana o altri partiti conservatori nonché, come visto, anche verso il Partito Comunista582. Certamente, come scrive Parlato, il clima della Guerra Fredda, il forte anticomunismo, i collegamenti sia con esponenti dei servizi segreti italiani e statunitensi che con rappresentanti dei partiti di governo furono decisivi nel permettere al Movimento Sociale di nascere e svilupparsi583. Tuttavia, come sottolinea Andrea Mammone, il MSI non può essere considerato come un attore “non nostalgico”. Dato che il neofascismo come «state of mind» traeva le sue radici dall’Armistizio, la nascita del partito non poteva che essere considerata come il punto di arrivo e la conseguenza di quei fermenti nati e sviluppati nel corso della Repubblica Sociale e nell’immediato dopoguerra584. Pertanto i richiami al fascismo e, in particolare al periodo repubblicano, non mancavano nemmeno nella simbologia del neonato Movimento, a partire dal suo emblema, ispirato a quello degli Arditi della Prima guerra mondiale: una fiamma tricolore che irradiava da una base trapezoidale, stilizzazione di un catafalco (quello di Mussolini stesso), a rappresentare la capacità dell’ideale fascista di illuminare la via futura. La stessa sigla MSI, che molti dei militanti inizieranno a leggere come l’acronimo di “Mussolini Sei Immortale”, voleva richiamarsi direttamente, così come l’aggettivo Sociale, all’esperienza della RSI585.
Il MSI, come ben evidenziava «Rivolta Ideale», nasceva con l’esplicita volontà di aggregare e di porsi alla guida dei “vinti” e non si rivolgeva genericamente “agli scontenti”, agli estranei ai partiti del CLN o ai “reduci”, come fino a quel momento avevano dichiarato le formazioni che avevano provato a raccogliere il consenso dell’area neofascista, dall’Uomo Qualunque al Partito fusionista. In un articolo presente nel numero del 2 gennaio 1947, significativamente intitolato “Dobbiamo risorgere”, veniva ribadito come il MSI «non intende[sse] affatto accrescere il marasma con l’intervento di una nuova fazione. Esso è scaturito per un processo di germinazione spontanea dall’immensa afflizione della catastrofe, della spaventosa iattura della sconfitta, dalla ineffabile angoscia della persecuzione