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4.1. Natura e scopi della consulenza di etica clinica

Nelle pagine di introduzione al presente elaborato abbiamo espresso alcune intuizioni:

la domanda sulla neutralità è connaturata alla pratica della consulenza fin dalle sue origini. La diffidenza nei confronti della figura del bioeticista, che potrebbe essere considerato come colui che intende imporre la propria visione morale su coloro che richiedono il suo intervento, ha come conseguenza la tesi della assoluta, necessaria neutralità di questi;

la domanda sulla neutralità si identifica con la domanda sulla normatività nella consulenza o sulla dimensione normativa della consulenza di etica clinica. Inoltre, discutere di normatività nella consulenza significa rispondere alla domanda se esistano doveri o impegni morali che orientano l’attività del consulente nei confronti di coloro che richiedono la consulenza, dei valori e delle norme in gioco, della decisione finale.

la risposta che si offre alla domanda sulla neutralità dipende da quali scopi si attribuiscono alla consulenza di etica clinica e dalla definizione della sua natura.

Al primo punto abbiamo dato risposta ripercorrendo le tappe della genesi dell’etica clinica e della consulenza: dai Comitati di etica in ospedale fino alla diffusione di Servizi finalizzati a svolgere le attività dell’etica clinica. Il pericolo dell’imposizione del punto di vista morale di sedicenti esperti di etica era già presentito al momento dell’istituzione dei primi Comitati di etica clinica. Una limitazione delle loro funzioni alla formazione del personale sanitario ed alla stesura di linee guida è stata la proposta ventilata da molti studiosi. In alternativa era preferibile proporre il supporto etico-clinico in forme addomesticate: come mediazione, analisi, deliberazione.

Ci occupiamo ora di esplicitare il terzo punto: l’intuizione che la domanda sulla neutralità del consulente possa ricevere risposta a partire dalla comprensione della natura della consulenza etica e delle sue finalità intrinseche. Il ruolo che il consulente deve assumere dipende dal significato di etica clinica e dagli scopi a cui essa promette di pervenire. Come abbiamo indicato nel paragrafo che mette a tema l’etica clinica, quest’ultima «si occupa dell’etica della pratica clinica e dei problemi etici che emergono dalla cura dei pazienti»234. Non solo identifica i problemi etici connessi alla cura delle persone, ma li analizza allo scopo di risolverli. Essa, dunque, ha di mira il miglioramento dell’assistenza sanitaria poiché assume che misurarsi con i dilemmi ed i conflitti di natura morale impegnandosi a superarli migliori la cura delle persone.

Le modalità attraverso cui si tenta di realizzare le finalità dell’etica clinica sono numerose e diverse. Ciascuna di esse è il risultato di precise

234 J.C. FLETCHER, H. BRODY, Clinical Ethics – I. Elements and Methodologies, in W.T. Reich (ed.), Encyclopedia of Bioethics… op. cit., p. 399.

concezioni dell’etica, dell’ethics expertise e dunque del ruolo di cui è investito colui che si occupa di questioni etiche in contesto sanitario235.

Le definizioni di cui abbiamo fatto menzione, tratte dall’Enciclopedia di Bioetica, non sono tuttavia le uniche a disposizione. Alcune definizioni di etica clinica consentono di illuminare con più precisione la natura della consulenza etica e di offrire alcune linee di indirizzo utili alla comprensione del ruolo del consulente.

Ci sembra significativa la premessa a firma di Mark Siegler e Peter A. Singer:

«Clinical ethics begins with the premise that medicine is an inherently moral enterprise»236.

Una prima definizione che proponiamo è quella formulata da Daniel Sulmasy:

«Clinical Ethics is the systematic, critical, reasoned evaluation and justification of right and wrong, good and evil in clinical practice, and the study of the kinds of persons healthcare professionals ought or ought not strive to become. The center of attention for clinical ethics is the encounter between the healthcare professional and the patient»237.

235 Così si esprime Pellegrino «One question that underlies the whole idea of a schema for ethical decisions is what purpose ethics itself fulfills. The modern view is largely that the purpose is conceptual clarification and analysis, understanding the terms and logic of ethical judgements and the assumptions on which they are based. This contrasts with the view that ethics has normative content that can tell us what we ought to do and how we should live» E. PELLEGRINO, The Anatomy of Clinical-Ethical Judgements in Perinatology and Neonatology: A Substantive and Procedural Framework, in Seminars in Perinatology, 11, 3, 1987, pp. 202-209, p. 206.

236 SIEGLER M., SINGER P.A., Clinical Ethics Consultation: Godsend or “GodSquad?”, in American Journal of Medicine, 85, 6, 1988, pp. 759-760, p. 759; si veda anche: SIEGLER M., PELLEGRINO E., SINGER P.A., Clinical Medical Ethics, op. cit., pp. 5-9, p. 6.

237 D.P. SULMASY, On the Current State… op. cit., pp. 97-105, p. 98.

Gli elementi su cui è necessario concentrare l’attenzione sono i seguenti:

a) l’etica clinica si occupa della valutazione e della giustificazione di ciò che è bene fare nella pratica clinica. Ciò significa che:

I. La clinica fornisce all’etica oggetto e ambito di applicazione;

II. Oggetto dell’etica clinica è il bene (etico-)clinico; III. È necessario un rapporto di cura.

b) l’etica clinica riflette sul genere di persona che un professionista sanitario dovrebbe sforzarsi di diventare.

E ancora:

«Clinical ethics seeks a right and good healing decision and action for a particular patient. In this respect, clinical ethics is intrinsic to the work of the physician and to the practice of medicine»238.

a) nel rapporto sanitario-paziente è in gioco il bene etico-clinico del paziente;

b) l’etica clinica condivide i fini della pratica medica: è volta a maturare una decisione e realizzare un’azione giusta (right) e buona (good) per un paziente239.

238 M. SIEGLER, E. PELLEGRINO, P.A. SINGER, Clinical Medical Ethics… op. cit., p. 6.

239 E. PELLEGRINO, Clinical Ethics: Biomedical Ethics at the Bedside, in JAMA, 260, 6, 1988, pp. 837-839.

In che modo perviene a tale scopo?

«Decision-making in clinical ethics, often conducted under conditions of urgency and clinical uncertainty, must result in a right and good action for a particular patient […] Insofar as a goal of clinical ethics is to enhance the standard of care, the appropriate role for ethics consultant is to promote good clinical-ethical decision-making»240.

Stando alle definizioni proposte, l’etica clinica condivide i fini della medicina: cercare, maturare e rendere fattuale una decisione di cura che promuova il bene del paziente in senso biomedico e morale241. La consulenza etica, attività dell’etica clinica, riceve da tali definizioni una direzione per quanto attiene alla sua natura e per quanto concerne i suoi fini: essa muove, come la medicina, dalla constatazione dell’intrinseca moralità della relazione sanitario/paziente ed è orientata al miglior risultato possibile per quel paziente242.

240 M. SIEGLER, P.A. SINGER, Clinical Ethics Consultation: Godsend or “GodSquad?”, op. cit., p. 759.

241 E.D. PELLEGRINO, D.C. THOMASMA, For the Patient’s Good: The Restoration of Beneficence in Health Care, Oxford, New York, 1988, traduzione italiana di A. Cipolla, Per il bene del paziente. Tradizione e innovazione nell’etica medica, Edizioni Paoline, 1992. 242 Il bene dal paziente, tuttavia, non può mai imporsi sulla coscienza del medico. Detto altrimenti: il bene del paziente non è assoluto, cioè non può mai in definitiva tradursi in un diritto positivo che obblighi il medico a soddisfare le richieste del singolo. Sono due i casi in cui il medico può rifiutare la propria opera: 1. Quando la richiesta del paziente attenti all’integrità morale della sua professione; 2. Quando la richiesta del paziente superi le competenze del medico: al medico di medicina generale non può legittimamente essere richiesto di eseguire un intervento chirurgico se questo esula dalle sue abilità. Nella circostanza numero 1 il medico deve comunque garantire la continuità assistenziale e non può esimersi dall’intervento quando ciò comporti grave ed immediato nocumento alla salute della persona assistita (cfr. FNOMCeO, Codice di Deontologia Medica, 2014, artt. 21, 22, 23). Si veda inoltre E. PELLEGRINO, An Approach to Bedside Ethics, The Mayo Alumnus, 26, 2, 1990, pp. 15-18, in particolare p. 16.

Un buon processo decisionale etico-clinico rappresenta la modalità attraverso cui la consulenza etica intende promuovere decisioni ed azioni buone e giuste per i pazienti243.

Sono i fini dell’etica clinica a dettare i confini entro cui la pratica consulenziale deve muoversi; pertanto, i fini dell’etica clinica definiscono il profilo professionale del consulente: essa stabilisce a quali doveri egli debba assolvere e alla realizzazione di quali scopi debba dedicarsi.

Asserire che il consulente debba impegnarsi affinché sia presa una decisione di cura giusta e buona, significa affermare il suo pieno coinvolgimento nel processo decisionale (etico-)clinico ed il suo impegno a favorire la miglior decisione per un particolare paziente.

In tal senso, allorché vi sia la circostanza di un dilemma o di un conflitto morale egli non si riduce ad essere il mero ripetitore di quanto altri hanno sostenuto o scritto sul tema, ma è chiamato ad attivare le sue energie affinché il caso per cui è chiamato a consulenza venga risolto rispettando il bene del paziente come persona. Non sarà un semplice, fedele, ritrattista di quanto la consensus view ha scritto a proposito di uno specifico caso che sollevi interrogativi etici, tantomeno potrà limitarsi a spiegare il significato del linguaggio morale, poiché egli non solo si è dedicato allo studio dell’etica, ma si è allenato a fare etica: si è misurato con l’impresa di escogitare soluzioni ragionate a problemi reali.

243«The focus of an ethics consultation, therefore, is this patient, here and now, who is facing, by himself or herself or via proxies, a difficult ethical dilemma. The task of the ethics committee and of the consultant is to enable physicians and other health professionals to make the choices that are ethically optimal, given the complexity of the clinical context. The final decision rests in the moral space somewhere between the physician and the patient or surrogate. This is true whether the consultation follows the authoritarian or facilitative model» E. PELLEGRINO, Clinical Ethics Consultation: Some Reflections on the Report…op. cit., p. 6.