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La natura degli investimenti e le differenti tipologie di infrastrutture

CAPITOLO I – IL SISTEMA PORTUALE EUROPEO

4 Il sistema di finanziamento dei porti europei

4.2 La natura degli investimenti e le differenti tipologie di infrastrutture

Come è noto, la letteratura economica ha tradizionalmente considerato le infrastrutture di trasporto dei monopoli naturali caratterizzati da rendimenti di scala crescenti, con costi fissi di realizzazione e di gestione particolarmente elevati, in relazione ai quali si è determinata la prassi di erogare finanziamenti pubblici a fondo perduto, giustificando l’intervento pubblico nella prospettiva di evitare che imprese private potessero abusare della posizione di monopolio rappresentata dalla gestione dell’infrastruttura, a svantaggio della

collettività58.

Attualmente, tuttavia, in ragione della forte crisi economico-finanziaria, che ha reso più costoso il reperimento di risorse attraverso l’imposizione e, di conseguenza, anche mediante forme tradizionali di indebitamento pubblico, si registrano orientamenti più possibilisti in ordine al coinvolgimento dei privati, con la partecipazione nella fase di costruzione delle infrastrutture, attraverso un finanziamento parziale o totale dei relativi costi, ma anche con l’intervento nella fase di gestione, previa predisposizione di idonee forme di regolazione del prezzo dei servizi, nel quadro dei cosiddetti partenariati pubblico-privati. La locuzione “partenariato pubblico-privato” (PPP), di matrice comunitaria, enuclea un fenomeno giuridico di collaborazione tra il settore pubblico e gli operatori privati nello svolgimento di un’attività diretta al perseguimento di interessi pubblici (in genere, miranti a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di

un’infrastruttura e la fornitura di un servizio)59

.

58

Cfr. B. W. WIEGMANS, P. NIJKAMP, P. RIETVELD, B. UBBELS, Investments in Container Terminals:

Public Private Partnerships in Europe, in International Journal of Maritime Economics, 2006, Vol. 4/1, pp. 1-

19.

59

Per un inquadramento generale dello strumento del partenariato pubblico privato, v., ex multis: M.P. CHITI, Partenariato pubblico privato, in Enciclopeda giuridica, Milano, 2007, vol. X, p.690; S. FANTINI, Il

partenariato pubblico privato, con particolare riguardo al project financing e al contratto di disponibilità,

Relazione tenuta al corso di formazione e di aggiornamento dei magistrati amministrativi, Roma (TAR Lazio), 2 e 3 luglio 2012. Per quanto attiene l’ambito dei porti, interessanti considerazioni sono contenute in H. SIEMONSMA, W. VAN NUS, P. UYTTENDAELE, Awarding of Port PPP contracts: the added value of a

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Il partenariato, pur rinvenendo la sua fonte nel contratto, evidenzia dunque, già prima facie, un fenomeno di collaborazione più ampio, organico, stabile, e con maggiori elementi di atipicità rispetto all’area dell’attività consensuale dell’Amministrazione, e in particolare a quella del contratto di diritto privato e degli accordi amministrativi.

I riflettori sul partenariato pubblico-privato sono stati puntati dall’ordinamento comunitario, cui si deve il tentativo di fornirne un inquadramento generale. Il primo documento fondamentale è costituito dal Libro Verde del 30 aprile 2004 della Commissione europea (COM 2004/327), relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, nel quale, pur non essendo fornita una definizione giuridica di partenariato, sono individuati gli elementi essenziali delle formule ad esso riconducibili; tali sono, in sintesi: a) la durata relativamente lunga della collaborazione, che implica una cooperazione tra il partner pubblico ed il partner privato in relazione a vari aspetti di un progetto da realizzare; b) la modalità di finanziamento del progetto, garantito da parte del settore privato, talvolta tramite relazioni complesse tra diversi soggetti, anche pubblici, purché non manchi il capitale privato; c) il ruolo importante dell’operatore economico, che partecipa a varie fasi del progetto (progettazione, realizzazione, attuazione, finanziamento), mentre il partner pubblico si concentra principalmente sulla definizione degli obiettivi da raggiungere in termini di interesse pubblico, di qualità dei servizi offerti, di politica dei prezzi, e garantisce il controllo del rispetto di questi obiettivi; d) la ripartizione dei rischi tra il partner pubblico ed il partner privato, verso il quale sono trasferiti rischi di solito a carico del settore pubblico, cui spetta la funzione di vigilanza. Il Libro Verde effettua anche la distinzione tra il modello di PPP di tipo puramente contrattuale (fondato cioè esclusivamente su legami contrattuali tra i soggetti partecipanti, come nel caso della concessione di servizi pubblici,

competitive dialogue procedure, in Marittime Policy Management: The 331 flagship journal of International

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della concessione di lavori pubblici e della finanza di progetto) e quello di tipo istituzionalizzato, implicante “una cooperazione tra il settore pubblico ed il settore privato in seno ad un’entità distinta”, nel quale rientrano, come fattispecie più rilevante, le società miste finalizzate alla gestione di servizi pubblici.

Pur nella diversità delle due figure di partenariato ora indicate, il Libro Verde evidenzia, quale punto di contatto, oltre al profilo collaborativo, la comune esigenza di individuare regole di scelta del partner privato compatibili con la piena operatività del principio di concorrenzialità.

Lo schema del PPP include quindi modelli di relazioni stabili tra soggetti pubblici e privati, in funzione del perseguimento di obiettivi sostanzialmente coincidenti, in un’ottica che privilegia il principio del buon andamento dell’amministrazione pubblica e l’efficienza dell’azione amministrativa, tutte le volte in cui, per volontà del legislatore, o per reciproca convenienza dei partner, gli interessi pubblici e privati si intrecciano ai fini dello svolgimento in

comune di un’attività di rilevanza pubblica60

.

Trattandosi, come detto, di un modello di azione fondato sul contratto, evidentemente spetta all’atto negoziale la composizione dell’interesse pubblico e di quello privato, tendenzialmente divergenti.

Quanto al regime giuridico, come riconosciuto dal Libro Verde della Commissione e dalle successive Comunicazioni interpretative del 2005 e del 2008, manca una disciplina unitaria del PPP a livello europeo (ed anche a livello nazionale), con la conseguenza che parametro di riferimento per le varie figure di partenariato sono le norme ed i principi derivanti dal Trattato, ovviamente per i profili non specificamente disciplinati per le singole fattispecie tipiche di partenariato.

60

V. F. MASTRAGOSTINO, Premessa in AA.VV., La collaborazione pubblico-privato e l’ordinamento

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Ciò significa che in tutti i casi in cui una figura inquadrabile nel genus PPP implichi l’affidamento ad un privato di un’attività economica, essa è soggetta

alle norme ed ai principi del TFUE61.

In particolare, il paragrafo 30 del Libro Verde afferma come il regime che deriva dalle disposizioni pertinenti del Trattato può essere riassunto negli obblighi seguenti : a) fissazione delle norme applicabili alla selezione del partner privato; b) pubblicità adeguata riguardo all’intenzione di assegnare una concessione ed alle norme che regolamentano la selezione al fine di permettere un controllo dell’imparzialità nel corso della procedura; c) messa in concorrenza reale degli operatori potenzialmente interessati e/o in grado di garantire lo svolgimento dei compiti in questione; d) rispetto del principio di parità di trattamento di tutti i partecipanti nel corso della procedura; e) aggiudicazione sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori.

Viene dunque in rilievo il principio di libera concorrenza, di cui agli articoli 101 e seguenti del TFUE, il quale impone che, anche nel caso di PPP, la scelta del partner privato avvenga tramite una procedura di valutazione comparativa concorrenziale, cui si connettono strettamente i principi di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla nazionalità (articoli 18, 49 e 56 del Trattato), prevalentemente concernenti i criteri di aggiudicazione, che devono essere obiettivi, non potendo, ad esempio, consentirsi modifiche dei prestabiliti elementi essenziali del progetto, quand’anche integranti miglioramenti tecnici.

Dai principi di parità di trattamento e di non discriminazione derivano anche quelli di trasparenza e di pubblicità, sempre funzionali al controllo di imparzialità del procedimento di gara.

Dalle comunicazioni interpretative della Commissione si evince anche l’inerenza ai PPP dei principi di mutuo riconoscimento e di proporzionalità; il primo, relativo alla libera circolazione di merci, persone e servizi, importa il

61

V. G. SCIULLO, in Le dinamiche collaborative tra pubblico e privato ed i principi generali di riferimento, in

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vincolo, per gli Stati membri dell’Unione, di accettare i corrispondenti prodotti e servizi offerti da soggetti di altri Paesi; il principio di proporzionalità rileva nei PPP nel senso di precludere alle Amministrazioni di esigere, nella selezione del partner, capacità tecniche, professionali o finanziarie sproporzionate rispetto all’oggetto del partenariato stesso.

Appare palese da quanto esposto che si applicano al partenariato principi inferibili dalla normativa comunitaria degli appalti, la quale, pur non coincidendo con quella sul partenariato, ha un obiettivo valore referenziale, anche allo scopo di scongiurare l’utilizzazione di tali strumenti in una logica anticompetitiva.

Ora, con particolare riferimento al settore portuale, appare evidente che le stesse caratteristiche intrinseche delle infrastrutture in discorso fanno sì che esse risultino difficilmente finanziabili prescindendo dal coinvolgimento del pubblico.

Si tratta infatti di opere “fredde”, ovvero infrastrutture il cui costo deve essere posto a carico della fiscalità generale, per l’impossibilità o l’iniquità di porlo a carico degli utenti.

Infatti, in primo luogo, la lunga durata della loro vita economica, nel settore portuale dai 20 ai 100 anni in media, rende necessari lunghi periodi di sfruttamento, affinché l’investimento risulti remunerativo, con significativi periodi di rientro, non meno di 15/30 anni, a seconda dei casi, che

discendono dagli ingenti stanziamenti per la realizzazione62.

Inoltre, l’investimento iniziale richiede un notevole apporto di capitale.

Peraltro, la fase di progettazione e di approvazione dell’infrastruttura è caratterizzata da tempi significativi, e spesso il concreto avvio della costruzione risulta posticipato, rispetto a quanto originariamente pianificato, soprattutto a causa delle difficoltà che si incontrano nel far convergere i diversi interessi politici di cui sono esponenti gli attori coinvolti.

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La fase di costruzione, anch’essa di notevole durata, comporta ulteriore ritardo nell’inizio della gestione operativa, con difficoltà nel rientro del capitale investito, mentre già si innescano costi di gestione corrente (si pensi al pagamento degli interessi passivi generati dall’accensione di un mutuo per il finanziamento dell’opera).

Si aggiunga che la natura irreversibile degli investimenti in infrastrutture portuali genera costi figurativi aggiuntivi, i cosiddetti sunk cost, che costituiscono barriere all’uscita.

Si consideri poi che l’intrinseca unicità di ciascun progetto infrastrutturale impone la redazione di studi di fattibilità preventivi particolarmente accurati

sotto il profilo tecnico, economico e finanziario63.

Non si può da ultimo trascurare che l’infrastruttura portuale è atta a produrre

esternalità negative di carattere ambientale64.

Dall’analisi svolta, emerge quindi una serie di fattori tali da rendere non proficuo per il privato l’investimento in infrastrutture portuali: dall’impossibilità di realizzare profitti in tempi brevi, alla difficoltà di reperire, attraverso il canale bancario, i necessari finanziamenti, sino al rischio rappresentato dall’irreversibilità dell’investimento.

Tuttavia, grazie allo sviluppo di moderni schemi contrattuali che consentono di ripartire efficacemente i citati rischi tipici dell’investimento, è in fase di rapida ascesa il ricorso a modelli di partnenariato pubblico-privato per la

realizzazione di infrastrutture portuali65.

Prima di entrare nel merito, si ritiene opportuno approfondire l’aspetto dei

profili di rischio legati alla realizzazione ed alla gestione di una infrastruttura

63

Cfr. L. LUNGHI, Il sistema portuale italiano: vincoli ed opportunità, cit., p. 95.

64

In materia, cfr. E. MUSSO, C. FERRARI, M. BERNACCHIO, Port Investement: Profitability, Economic

Impact, Financing, in Port Economics, Research in Transportation Economics, 2006, Vol. 16, pp. 171-218.

65

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portuale, come individuati in dottrina, per concentrarsi quindi sull’assetto degli

equilibri pubblico/privato nell’assunzione degli stessi66

.

In particolare, la realizzazione e la gestione di una infrastruttura portuale pone rischi di diverso tipo: a) politico, connessi al contesto nazionale/locale nel quale l’opera viene realizzata, con potenziale blocco di progetti già avviati, o ritardo nell’esecuzione di progetti in atto, eccetera; b) finanziario, legati alla fluttuazione dei tassi di interesse e di cambio all’inflazione; c) di costruzione, in termini di ritardi o complicazioni nella fase di cantiere, tali da determinare sottostime dei costi di investimento, rispetto a quelli previsti nello studio di fattibilità; d) operativo, connessi allo svolgimento delle operazioni portuali ed all’espletamento delle attività caratteristiche, una volta realizzata l’infrastruttura; e) commerciale e/o industriale, legati alla sottostima dei costi operativi oppure alla sovrastima dei ricavi tariffari.

Normalmente, il rischio politico è assunto dal soggetto pubblico, mentre i rischi operativi e commerciali ricadano sui soggetti privati. I rischi legati alla costruzione e al finanziamento dell’opera sono, invece, suddivisi in misura differente, a seconda della tipologia contrattuale prescelta per regolare il rapporto tra soggetto pubblico e privato.

66

Tra i molteplici autori che si sono occupati di tali temi, v.: G. DELLA CANANEA, Dalla concorrenza per il

mercato alla concorrenza nel mercato, in Il partenariato pubblico-privato. Profili di diritto amministrativo e di scienza dell’amministrazione, a cura di M.P. CHITI, Bologna, Bononia University Press, 2005, pp. 135-153;

A.M. SANDULLI, Il partenariato pubblico-privato e il diritto europeo degli appalti e delle concessioni: profili

della tutela, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 2005, p. 167; R. DIPACE, Partenariato pubblico privato e contratti atipici, Milano, 2006, p. 152; G. BASSI, Le operazioni a lungo termine in partenariato pubblico privato, in Appalti & Contratti, 2009; M.P. CHITI, Il partenariato pubblico privato, Napoli, 2009, p. 51; F.

BASSANINI, Finanziamento degli investimenti strategici, project financing e PPP dopo la crisi, intervento al

meeting UTFP - EPAC, Roma, Presidenza del Consiglio, 15 dicembre 2009; V. FERRARO, Partenariati pubblico privati ed in house providing, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2010, p. 1507 ss. In letteratura straniera,

v., ex multis: S. H. LINDER, Coming to Terms With the Public-Private Partnership, in American Behavioral

Scientist, 1999, pp. 35-51; P. VAILLANCOURT-ROSENAU, Public-Private Policy Partnerships, Cambridge,

MA: The MIT Press, 2000; M.W. BAUER, The EU "partnership principle": still a sustainable governance

device across multiple administrative arenas?, in Public Administration, 2002, vol. 80, n. 4, pp. 769-789.; N.

BAILEY, Local Strategic Partnerships in England: The Continuing Search for Collaborative Advantage,

Leadership and Strategy in Urban Governance, in Planning Theory & Practice, 2003, vol. 4, n. 4, pp. 443-

457; B.C. ESTY, New decision of Eurostat on deficit and debt: Treatment of public-private partnerships, Lussemburgo, 2004; P. BURGER, J. TYSON, I. KARPOWICZ, M. DELGADO COELHO, The Effects of the

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Passando all’oggetto degli investimenti nel settore delle infrastrutture portuali,

gli stessi possono riguardare67: a) infrastrutture generiche, che consentono

l’accesso al porto da terra (connessioni stradali, ferroviarie) o dal mare (bacini, canali, chiuse, dighe frangiflutti, fari); b) opere da realizzare presso un determinato terminal (quali banchine, fondali, connessioni stradali e ferroviarie dedicate, illuminazione, pavimentazione, altro); c) sovrastrutture relative ad uno specifico terminal (depositi, immobili, gru, installazioni per la movimentazione delle merci).

Tradizionalmente, come detto in precedenza, la prima categoria di investimenti è operata direttamente dai Governi nazionali degli Stati membri, che si assumono tutte le connesse tipologie di rischio, poiché trattasi di infrastrutture pienamente corrispondenti al concetto di bene pubblico, non escludibile e non rivale nell’attività di consumo.

Con riferimento invece alle sovrastrutture, posto che le stesse non sono equiparabili alle infrastrutture, in quanto facenti spesso parte del novero dei beni mobili, i relativi investimenti, funzionalmente connessi all’operatività del singolo terminal anziché dell’intero porto, vengono generalmente sopportati in toto dalle imprese private, le quali peraltro, nel caso di specie, assumono rischi di natura esclusivamente operativa.

Non può tuttavia sottacersi che in talune realtà portuali europee, segnatamente laddove non è ancora completato il passaggio da un modello

di gestione improntato al cosiddetto “Service o Comprehensive Port” ad un

modello di “Landlord Port”, le sovrastrutture sono ancora di proprietà pubblica e vengano concesse in utilizzo agli operatori terminalisti secondo schemi contrattuali differenti.

Se, come visto, è abbastanza netta la ripartizione di ruoli tra pubblico e privato con riferimento, rispettivamente, alle infrastrutture generiche ed alle

67

Cfr. F. PEPE, Relazione tenuta al convegno Lo sviluppo del sistema portuale meridionale nel contesto

internazionale, 2005 Roma e F. NERLI, La concorrenza nel settore portuale, in Diritto Marittimo, 2001, n. 1;

v., anche: NOMISMA (2006), Atti del convegno Logistica, istituzioni, imprese, Roma; NOMISMA (Anni vari),

51

sovrastrutture, per quanto attiene invece al finanziamento di opere pubbliche dedicate ad un terminal specifico, la cui realizzazione e gestione presentano le medesime tipologie di rischio che caratterizzano le opere cosiddette generiche, si sta affermando la tendenza ad un sempre maggiore coinvolgimento dei privati.

La causa di tale fenomeno va ricercata nel costante sviluppo dei traffici marittimi e nella concentrazione realizzatisi tra le compagnie marittime, che hanno assunto dimensioni economiche globali, per poter sostenere più facilmente i rischi connessi all’investimento in un’opera infrastrutturale, ed

essere quindi in grado di sfruttare gli effetti benefici dell’economia di scala68

.

A ciò va aggiunta la crescita dimensionale delle navi – in grado di imbarcare

quantitativi crescenti di carico “pagante” – e la specializzazione dei terminal portuali, spesso dedicati ad un unico cliente, il quale addirittura può divenirne proprietario, determinando forme di integrazione verticale lungo la catena del

trasporto, in aggiunta a quelle di integrazione orizzontale da ultimo citate69.

Sebbene, a livello europeo, possano già elencarsi differenti esperienze, si sta affermando la tendenza ad una più diretta realizzazione dei terminal da parte delle grandi compagnie marittime, con riferimento sia alle infrastrutture che alle relative sovrastrutture, pur sempre sulla base di progetti condivisi con le

competenti Autorità portuali70.

Tale espansione, da parte del privato, particolarmente evidente nel settore dei terminal container, è direttamente proporzionale alle possibilità di una chiara e corretta ripartizione dei rischi con il partner pubblico. Da tali investimenti scaturiscono guadagni sia per l’operatore terminalista, e sempre più per le compagnie marittime, sia per l’Autorità portuale che, in veste di

68

Cfr. M. TRANCHIDA, Regimi proprietari, assetti gestionali e finanziamento pubblico dei porti dell’Unione

Europea, cit., p. 36.

69

E. QUERCI, Globalizzazione e nuove forme giuridiche di cooperazione e di integrazione marittimo-

portuali, in Trasporti, 2002, fasc. 86.

70 In proposito, ad esempio, l’amministrazione inglese gioca il ruolo di arbitro tra i vari soggetti privati

portatori di progetti messi in concorrenza, mentre l’amministrazione francese coinvolge a pieno i privati come veri supporter a livello organico nell’ambito dei progetti pubblici, con un proficuo scambio di expertise.

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ente gestore, conserva un ruolo chiave, con insostituibili funzioni in termini di promozione e sviluppo della partnership pubblico-privato e di controllo dei soggetti privati operanti in ambito portuale.

Con riguardo a tale ultimo aspetto, si teme che la partecipazione dei privati al finanziamento di infrastrutture portuali, e segnatamente la partecipazione delle grandi compagnie marittime, possa comportare distorsioni della concorrenza, attraverso investimenti per procurarsi capacità infrastrutturali superiori alle necessità effettive, al solo scopo di preservare la quota di mercato, ponendo barriere all’ingresso.

È infatti noto che maggiore è la disponibilità immediata di ormeggi in uno scalo, minori saranno i tempo di sosta per la movimentazione delle merci; ciò potrebbe quindi indurre le grandi compagnie di navigazione internazionali ad utilizzare le risorse pubbliche per la costruzione di infrastrutture che esse avrebbero interesse a realizzare in via autonoma.

I concorrenti quindi, anche nella consapevolezza delle caratteristiche di irreversibilità dell’investimento, potrebbero essere indotti a credere in un rapido aumento della capacità di produzione del soggetto in un determinato scalo, decidendo di abbandonare ogni forma di competizione diretta, poiché non più realizzabile, adeguando la propria condotta a quella dell’impresa dominante.

Alla luce dell’analisi compiuta, si può quindi affermare che nel settore

portuale esistono sia interessi pubblici al coinvolgimento di capitali privati sia interessi privati al coinvolgimento di capitali pubblici. Tuttavia, gli investimenti privati, che consentono sicuramente di selezionare i progetti più efficienti e di sviluppare in misura maggiore gli scali marittimi, dovranno essere sottoposti ad un’efficace regolamentazione pubblica, onde evitare la compromissione

degli interessi collettivi presenti in ogni porto71.

71

In materia, cfr.: E. MUSSO, C. FERRARI, M. BERNACCHIO, Port Investement: Profitability, Economic

53

Quanto alla forma con cui la partnership pubblico-privato si manifesta a livello

europeo, si rileva l’uso delle seguenti tipologie contrattuali: a) la vendita del

porto o di parte di esso al settore privato, inusuale nel Vecchio continente; b) concessioni di lungo termine, con cui gli operatori terminalisti ottengono il diritto di utilizzare in esclusiva parte delle infrastrutture dello scalo, con possibilità di rinnovo, a fronte di specifici impegni ad investire in nuove

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