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La natura della teodicea

Nel documento AGOSTINO E IL MALE. LA POLEMICA ANTIMANICHEA (pagine 119-125)

CAPITOLO VII: DIFFICOLTA’ E NODI PROBLEMATICI DELLA

2. La natura della teodicea

Chi si occupa di teodicea, indipendentemente dall’autore che si consideri, comprende come essa non possa consistere senza un adeguato apparato metafisico che la sorregga. Risulta impossibile isolare la teodicea dalla riflessione sulla creazione o sull’ontologia fondamentale; essa risulta sempre una costruzione in espansione: ogni tassello aggiunto al mosaico trae con sé una miriade di altri tasselli, i quali a loro volta sono congiunti alle loro giustificazioni o deduzioni, a rimandi interni o esterni. Trattando del peccato, ad esempio, Agostino ha introdotto il concetto del libero arbitrio, per dimostrare la bontà del quale ha dovuto dimostrare prima l’esistenza di Dio, che Egli è il creatore di tutte le cose (buone), infine che il libero arbitrio è un bene medio. Considerando poi l’origine e la natura del male, ha dovuto fare i conti con il concetto di ordine e con il problema del reintegrazione in esso del disordine. Come si evince da quanto ora detto, la teodicea non necessita soltanto di una coerenza interna, bensì anche di una coerenza “esterna” con tutti gli aspetti metafisici e logici che costituiscono l’intero edificio di un sistema filosofico come quello di Agostino. Parrebbe però, considerato questo carattere incrementale della teodicea, che essa non possa avere mai fine, destinata com’è ad una sorta di espansione infinita, che le impedirebbe di concludersi adeguatamente, lasciando aperta la questione che le sta a cuore. In realtà, lungi dal rendere la

119 teodicea un lavoro incompiuto, il tratto espansivo di essa custodisce la possibilità di una sua attualizzazione: prestandosi a nuove integrazioni, essa può rivelarsi un problema sempre attuale, aperto alle novità apportate da nuovi interpreti. Testimone di questa possibile attualizzazione è ad esempio John Rist, il quale, come abbiamo visto, ha approfondito questioni lasciate nell’ombra da Agostino, come la sofferenza degli “innocenti”.

Un ultimo quesito: in favore di chi è elaborata una teodicea? Se rispondessimo che essa è costruita in primis per “giustificare” Dio, cadremmo in un errore piuttosto grossolano. Dio infatti non necessita di “avvocati” terreni per essere dispensato dall’accusa di volere il male per l’uomo. Credere che l’imperfetto e l’ingiusto possa giustificare Colui che è la fonte di ogni perfezione e giustizia appare assurdo. La teodicea può essere un riconoscimento e una lode dell’onnipotenza di Dio e della sua giustizia, ma non è mai per Dio: essa è sempre per l’uomo. Chi necessita, infatti, di dimostrazioni per assicurarsi della bontà assoluta del Creatore, se non un intelletto finito? La teodicea è scritta da uomini per gli uomini. Come testimonia l’andamento dialogico di molte delle opere di Agostino, la difesa di Dio dall’accusa di aver creato il male chiarisce dubbi, sviste, errori meramente umani circa l’essenza di Dio e il suo rapporto con il mondo. Essa si rivolge, universalmente, a credenti e non credenti: rassicura gli uni e agisce come motivo di orientamento per gli altri, rappresentando un’alternativa all’adesione semplicemente fideistica alla dottrina cristiana della bontà divina.

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BIBLIOGRAFIA

Opere di Agostino:

Tutte le opere di Agostino citate nel testo sono state consultate nell’edizione dell’opera omnia curata dagli agostiniani italiani. Questa edizione di Agostino considera il testo latino dei padri maurini (ad eccezione del testo delle

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Nel documento AGOSTINO E IL MALE. LA POLEMICA ANTIMANICHEA (pagine 119-125)

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