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Il nemico condiviso: fueristi e carlisti contro la Spagna liberale

Aseurrunz-bide azpiko soluase era il nome dell’enorme distesa in prossimità di Vergara in cui venne celebrato l’incontro tra l’esercito isabellino e quello carlista. Una cerimonia solenne e un gesto semplice coronarono la

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139 conclusione della guerra de los siete años: Baldomero Espartero e Rafael Maroto allargarono le braccia e si strinsero di fronte alle loro truppe schierate nella valle che quel 31 agosto 1839 fu ribattezzata col nome di Campo del Abrazo.

Esattamente un anno dopo migliaia di baschi, provenienti da Álava, Vizcaya e Guipúzcoa, province che avevano acquistato quel terreno subito dopo la firma del trattato, si ritrovarono in quella stessa pianura insieme alle autorità forali per celebrare la pace e seppellire la guerra civile sotto la prima pietra di un monumento, che ne avrebbe ricordato la fine.

Monumento que recordarà a las generaciones futuras – proclamò in quel giorno di festa il parroco di Cestona – tantas virtudes cívicas, políticas, y militares, y sobre todo la nueva era de la indisoluble union de pais vascongado con la Corona de Castilla, en cuyo Sólio para la felicidad nuestra vemos sentada á nuestra inocente Reina Doña Isabel 2.ª bajo la regencia de su virtuosa Madre. Cuan felices nos contemplariamos si tubiesemos la dicha de poseer en este recinto á nuestra Augusta Reina y su Excelsa Madre para hacer ver al mundo cuán caros nos son estos preciosos objetos! En este caso nos apresurariamos á producir nuevas pruebas nada equívocas de los nobels sentimientos de adhesion y respeto, que animan á los vascongados para con sus Soberanos, al mismo tiempo que los de una profunda gratitud por el inapreciable y singular beneficio del restablicimiento de nuestros fueros77.

La festa serviva a pacificare la memoria dei territori del Nord con la storia nazionale, a conciliare la lettura delle pretese passate con i risultati del presente, a condividere una scelta convincente soprattutto per i carlisti

77 Discurso que en el Campo del Abrazo se ha pronunciado por D. Sebastian Alejo de

Azpeitia, cura parroco de la villa de Cestona, con motivo del primer aniversario del célebre Convenio de Vergara, 31 de agoste de 1840.

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140 moderati che, guidati da Rafael Maroto78, erano riusciti a mettere fine alla

guerra, salvando i propri interessi, pur non riuscendo a realizzare le rivendicazioni dinastiche di Don Carlos.

Furono determinanti nel condurre a buon fine le trattative di Vergara soprattutto il primo e il secondo articolo del Convenio, che stabilivano l’uno la raccomandazione presso le Cortes da parte di Espartero per «la concesión o modificación de los fueros79», l’altro il riconoscimento de «los empleos, grados y condecoraciones de los generales, jefes, officiales y demás individuos dependientes del ejército del teniente general don Rafael Maroto, quien presentará las relaciones con expresión de las armas a que pertenecen, quedando en libertad de continuar sirviendo, defendiendo la Constitución de 1837, el trono de Isabel II y la regencia de su augusta madre, o bien de retirarse a sus casas los que no quieran seguir con las armas en la mano»80

La retorica che seguì el día del abrazo sottolineò in modo particolare il valore del primo punto dell’accordo, la promessa di mantenimento dei fueros, più che la centralità del secondo, che garantiva la continuità della carriera ai militari carlisti, ma gli storici hanno superato questa linea di valutazione, sottolineando come in realtà il tema del fuerismo avesse rappresentato per i carlisti solo un occasionale catalizzatore del consenso,

78 Rafael Maroto, di posizioni moderate, venne nominato capo dello Stato Maggiore in

sostituzione di Juan Antonio Guergué il 22 giugno del 1838, dopo la sconfitta di Peñacerrada che aveva decretato il fallimento della strategia espansiva. Maroto adottò invece una tattica che mirava a conservare posizioni. Acquisì presto una certa influenza politica e si preoccupò di allontanare gli apostolici intransigenti dal governo. Lo scontrò tra moderati tran azionisti e ultralegittimisti raggiunse il culmine il 17 febbraio del 1839 quando dopo un colpo di Stato Maroto ordino la fucilazione dei generai Juan Antonio Guergué, Pablo Sanz e Francisco García e di altri esponenti della corrente più conservatrice. Dopo averlo dichiarato traditore, Don Carlos fu costretto a riabilitarlo dando così il via alle trattative che avrebbero condotto alla fine della guerra civile.

79 Grazie ai fueros le province basche e la Navarra disponevano di particolari corporazioni

rappresentative ed istituzioni con larghe attribuzioni di poteri, non dovevano contributi al Ministero d’Hacienda, erano esentate dalla leva obbligatoria e godevano dei privilegi pubblici e privati della giurisdizione autonoma, della libertà di commercio e dei dazi interni.

80 Convenio de Vergara, 31 agosto 1839, citato in J. C. Clemente, Los carlistas, Istmo,

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141 nelle province in cui avevano stabilito l’armatura del proprio Stato e il fronte principale della guerra, e non avesse avuto alcun ruolo né nel causare il conflitto né nel concluderlo.

Che i fueristi non avessero avuto responsabilità diretta nello scatenare lo scontro è chiaro già considerando la posizione che assunse la Navarra non appena emerse la questione successoria: nel febbraio del 1833 si era pronunciata a favore dell’avvento al trono di Isabella, nella persuasione che fosse la legge salica ad essere contraria ai fueros «es decir que – come mette in evidenza Ramón Del Río Aldaz – al menos en Navarra y desde el punto de vista de la legitimidad foral, alzarse en favor de Carlos, y a la vez, de los fueros era una contraddición»81

Quando la guerra carlista era già iniziata i fueristi avevano provato a proporre, senza alcun successo, il proprio modello di Stato al governo liberale e in un pamphlet pubblicato a Madrid nel 1834 e intitolato Observaciones sobre la necesidad de reformar el regime administrativo de las provincias vascongadas, uno di loro scriveva:

No es extraño pues que haya en los naturales de estas Provincias pasión sin limites a tan ventajosas instituciones, y el Gobierno y las Cortes de Isabel II, lejos de aniquilarlas, deberían examinarlas, reconocerlas detenidamente , y vista su excelencia, conservarlas como

un tipo de administración provincial, para extenderlas y plantearlas en

las demás provincias de la monarquía [...]. Desde el momento en que todas las provincias de España se administrasen como las Vasconganadas, podría ya decirse que la Nación Española se había levado al rango de las Potencias de primer orden; que la libertad había sentado su trono de un modo indestructible; que los vicios de la licencia habían desaparecido para siempre82.

81 R. del Río Aldaz, Fueros, proyectos de matrimonio y temor a la revolución en los inicios

de la primera guerra carlista, in “Trienio”, n. 27, Mayo 1996, p. 138.

82 Observaciones sobre la necesidad de reformar el regime administrativo de las provincias

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142 Il regime forale veniva presentato in quell’opuscolo nei suoi abiti liberali come il miglior ordine costituzionale, in grado di garantire un decentramento burocratico funzionale ad una più agile amministrazione dello Stato, ma questa non era che una delle versioni possibili di un movimento che si prestava a molteplici interpretazioni. In realtà nel momento in cui la razionalizzazione degli Stati moderni coincideva con il processo di centralizzazione, né il liberali né i carlisti potevano aderire coerentemente all’opzione del particolarismo istituzionale fuerista.

Nemmeno il carlismo infatti può essere considerato un movimento forale considerando che ad avvicinarlo al fuerismo era solo il tradizionalismo e che il modello di Stato immaginato da Don Carlos non solo mirava al coinvolgimento dell’intera penisola spagnola, ma si caratterizzava per un’omogeneizzazione nazionale ben distante dalle aspirazioni di autogoverno di quelle élites, soprattutto basche, che speravano di barattare la propria adesione alla causa carlista con la restaurazione delle antiche prerogative, di cui avevano goduto fino ad allora nella loro regione.

I vecchi realisti moderati inventarono l’idea che i carlisti lottassero per i fueros, poiché nel nome della medesima nostalgia per l’ ancien régime individuarono in Don Carlos l’uomo giusto al momento giusto e l’unica alternativa possibile alla monarchia liberale che aveva già mostrato nella pratica di governo di aborrire ogni istituzione potesse porre anacronistici ostacoli al libero mercato.

Il primo a mettere in discussione il particolarismo istituzionale era stato Napoleone Bonaparte nel 1810, quando aveva annesso i territori tra l’Ebro e i Pirenei alla Francia, creando i governi militari di Catalogna, Aragona, Navarra e Vizcaya, che seguivano fedelmente il modello di Stato centralizzato costruito dall’Imperatore, abolendo le juntas. Fu insieme al Sebastian 1835 (1ª edizione Madrid 1834), citato in C. Rubio Pobes, Revolución y

tradición. El País Vasco ante la Revolución liberal y la construcción del Estado Español, 1808 – 1868, Siglo Veintiuno España Editore, Madrid 1996, p. 182.

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143 regno di Fernando VII e grazie alla Restaurazione che nel 1814 venne ripristinato il regime forale, messo al bando nuovamente da quello che presto venne riconosciuto come il suo più accanito nemico, il costituzionalismo, che durante il Triennio fece piazza pulita di ogni deputazione fuerista e, con la disammortizzazione delle terre e la riduzione della decima, lese fortemente gli interessi della piccola nobiltà locale e della Chiesa. Conclusa la fase costituzionale, i governi che si susseguirono sotto il regno di Fernando VII provarono, senza molto entusiasmo e in ossequio ad un’inevitabile razionalizzazione dell’apparato statale, a mettere mano ai privilegi delle Province Basche e della Navarra. Ministri come López Ballesteros furono ostacolati dai settori più reazionari della corte quando tentarono ad esempio di imporre un contributo fiscale permanente alle tre province basche. Solo quando nel 1830 emerse la questione successoria ci si pose sulla via di una più decisa rilettura dei rapporti tra centro e periferia, senza badare però con la dovuta attenzione all’inevitabile spinta sovversiva che si sarebbe scatenata nelle province Basche e in Navarra.

In quelle province mancò infatti una figura come quella del Capitán Llauder, che in Catalogna si era ricordato della necessità di tenere sotto controllo i Voluntarios Realistas, che nei Paesi Baschi riuscirono invece a farsi protagonisti dei pronunciamentos che innescarono la guerra civile e avviarono la sequela di eventi che condusse alla virtuosa alleanza carlista- fuerista per la ricomposizione dell’ancien régime.

Era la condivisione del nemico, il governo liberale, a rendere possibile la confluenza della causa fuerista in quella carlista. Le accomunava la volontà di resistere al cambiamento imposto dal XIX secolo e alla vocazione demolitrice dei detrattori dell’ancien régime.

Ma che l’alleanza col fuerismo non fosse affatto coerente, quanto piuttosto il frutto di una «representación idealizada de la Tradición, o del buen orden

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144 viejo»83, lo sapeva lo stesso governo carlista, che non si dimostrò mai

particolarmente entusiasta dell’idea di dare una struttura foralista all’amministrazione dello Stato. Fu proprio Don Carlo a definire sorprendente la sua scelta di confermare i fueros di Vizcaya con un decreto del 7 settembre 1834:

Queriendo perpetuar en este M. N. y M. L. Señorio de Vizcaya la manifestación del placer que esperimento al verme entre sus leales y siempre fieles naturales, especialmente en este memorable sitio, donde mi augusto predecesor el Señor D. Fernando V, de feliz memoria, confirmó a los vizcaínos sus antiguos fueros y privilegios, y no pudiendo hacerlo de un modo más expresivo ni más conforme a los justos deseos del país que imitando a mi augusto predecesor, he venido en confirmar y confirmo los fueros y privilegios de Vizcaya, por este mi real decreto, que servirà de recuerdo perpetuo al día plausible de su fecha, en el que al frente de las autoridades del Señorio y de sus hijos armados en defensa de mis soberanos derechos, les soy esta sorprensa y terminante prueba de mi agredecimiento a sus servicios84.

E non esitò a mostrare la propria perplessità circa la volontà del Pretendente di restaurare in quelle province i privilegi tradizionali il suo segretario di Stato, incaricato degli affari politici e finanziari, Carlos Cruz Mayor, che chiamava in causa la stessa tutela dell’integrità nazionale contro l’ipotesi di ripristinare il regime che la monarchia borbonica, così come gli altri regni europei, già da tempo avevano iniziato a smantellare:

Resuscitar al presente, después de tantas revoluciones democraticas que han agitado el Globo, y en el estado de zozobra, de desvarío en que se hallan generalmente los ánimos, más o menos impresionados

83 J. Corcuera Atienza, La patria de los vascos. Orígenes, ideología y organización del

nacionalismo vasco (1876-1903), Taurus, Madrid 2001, p. 40.

84 Decreto de Don Carlos confirmando los Fueros de Vizcaya, citato in AA. VV., Historia

del tradicionalismo español, Volume V, Trajano-Tradicionalista-Católico, Sevilla – Madrid

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145 en su totalidad por la propagación de teorías falaces y destructoras, cuya tiránica influencia no podrá desvanecerse en mucho tiempo; resuscitar, digo, unas instituciones que en otros siglos tuvieron la España dividida en pequeños reinos que se aniquilaban unos con otros en continuas guerras, y cuyo amalgamiento en un solo y poderoso Estado ha sido la obra de la alta y sabia política de los augusto predecesores de V. M., y de contingencias favorables que se repiten pocas veces en las vicisitudes de las naciones, sería lo mismo que abrir la barrera a los antiguos males que asolaron la Península, sería desmembrarla, debilitarla moral y fisicamente para siempre85.

Il timore, fondato, del segretario di Stato era che aderendo al fuerismo la politica del carlismo venisse stigmatizzata dai liberali come anti-nazionale e del resto è proprio alla lettura di questi ultimi che si deve l’interpretazione che appiattisce l’uno sull’altro i due movimenti.

Carlists saw themselves as the true Spaniards – ha scritto a tal proposito Alejandro Quiroga – fighting to maintain ancient laws and Catholic orthodoxy. Liberals, on the contrary, saw the fueros as archaic privileges, an open attack on the idea of national solidarity which had no room in a modern state, and accused the Carlists of being traitors to the fatherland. Liberals even went a step further. They portrayed the fueros as an intrinsic part of Carlism and depicted absolutism as inherently linked to the inhabitants of the Basque provinces. In doing so, the “alien”, “barbaric” and “fanatical” character attributed to Carlists was also attached to the Basques as a people86.

In realtà solo un piccolo nucleo di carlisti, e con grande ritardo rispetto all’inizio della guerra, seppe e volle giocare la carta foralista per

85Opinion sobre los Fueros de Cruz Mayor, Brah, fondo carlista, leg. 9/6.740, citato in A.

Bullon de Mendoza, Las guerras carlistas en sus documentos, Editorial Ariel, Barcelona 1998, p. 43

86 A. Quiroga, The death of the tribe: new studies on the Basque Country, in “European

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146 l’acquisizione del consenso nelle province del Nord, sfruttando il crescente malumore di quelle province nei confronti della progressiva omogeneizzazione giuridico-fiscale e centralizzazione politico- amministrativa liberale che allontanava politicamente la provincia dal centro, piuttosto che integrarla.

Era stato nel momento in cui le élites della periferia, che sui fueros avevano costruito la propria fortuna, percepirono che il loro potere e il loro status sociale si sarrebbe sgretolato sotto i colpi della razionalizzazione imposta dalla modernità, che le strade del carlismo e del fuerismo si erano incrociate e avevano offerto armi e ideologie al radicale e generalizzato malessere di quelle terre.

La subordinazione della ricchezza locale alla crescita nazionale, la prima grande contrapposizione tra “piccola e grande patria”, aveva fatto vittime in diversi strati sociali, alimentando le file del malcontento e della dissidenza carlista. In quel primo squarcio del XIX secolo avevano di che lamentarsi la nobiltà rurale e i piccoli e medi proprietari di terre: la caduta dei prezzi agricoli e l’introduzione di un nuovo sistema di credito rurale, l’obligación87, avevano aggravato l’indebitamento contadino e costretto

molti piccoli e medi proprietari a vendere le loro terre ai grandi latifondisti, che dal canto loro potevano approfittare dell’ingresso nel mercato delle terre sottratte alla manomorta per allargare le loro proprietà a rendita decrescente. Ad esasperare la conflittualità latente, di fronte ad una sempre più larga forbice sociale, le condizioni non migliori dei contadini, che vedevano

87 Le due forme principali del credito contadino nelle ultime fasi dell’ancien régime erano il

censo e l’obligación. Il censo era un “credito ipotecario” a scadenza indefinita, che nel

XVIII secolo prevedeva un interesse non superiore al 3, 33% e un’ipoteca su una rendita o su un bene immobile, anche se erano considerate come garanzia anche mobili e gioielli. La

obligación, che si diffonde maggiormente proprio nel XIX secolo era un prestito ipotecario

a scadenza fissa (da alcuni mesi a nove anni) ed era più pericoloso per il debitore poiché nel caso in cui non fosse stato in grado di estinguerlo al momento previsto, avrebbe perso il bene in garanzia. (E. Fernandez de Pinedo, “Dal censo a la obligación: modificacione en el credito rural antes de la primera guerra carlista en el País Vasco” in AA. VV,

Industrialización y nacionalismo. Análisis comparativos, Universitat Autónoma de

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147 infrangere il rispetto delle loro tradizionali relazioni sociali e dei loro diritti sulle terre comuni contro l’individualismo liberalista. Espropriati delle proprie rassicuranti consuetudini, i ceti socialmente ed economicamente più deboli diventavano così argilla nelle mani del clero che li addestrava alla condanna della modernità e del nemico comune: il regime liberale.

Aggrappandosi alle proprie tradizioni, i fueros, individuato un amico, il carlismo, e chiaro il nemico, il liberalismo, con queste premesse una parte della popolazione delle province del Nord era giunta alle sollevazioni di Bilbao, Vittoria e Salvatierra nel 1833, e alla costruzione del mito di personaggi come Tomás Zumalacárregui che il 20 aprile 1834 vide accogliere con entusiasmo i suoi paternalistici proclami, che annunciavano l’indulto per tutti coloro che, prima della nascita dello Stato carlista, avessero preso le armi contro il Pretendente nel nome di una «niña que no cuenta con más apoyo que el de unos hombres constantemente avezados con la relajación y el desorden».

Deponed estas armas – scriveva – retiraos a vuestras casas y allí dedicaos tranquilamente a vuestros trabajos; y si pensáis no hallar en ella seguridad, venid a las filas de la lealtad donde seréis recibidos como hermanos. Yo os prometo en el real nombre del Rey Nuesto Señor y en uso de las regias facultades que se ha dignado conferirme con fecha 18 de marzo último, que seréis indultados por el crimen en que algunos habéis podído incurrir, en haber tomado voluntariamente las armas contra su soberanía, con tal de que lo verifiquéreis en el término de veinte días; esta promesa es sagrada e inviolable; aprovechados de ella, y de este modo libre la patria de los males que la estáis causando, recobrará su tranquilidad y volverá a ser admirada de la Europa entera88.

88 Proclama del comandante general en jefe de Navarra y Guipúzcoa, Tomás

Zumalacárregui, Cuartel General de Elizondo, 20 de abril de 1834, pubblicato in J.

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148 La presenza catalizzatrice di Zumalacárregui e l’acutizzarsi della guerra in Navarra e nelle Province Basche furono sintomi piuttosto chiari della cronicità che andava assumendo il conflitto in quei territori.

Fu allora che le diplomazie europee si cimentarono in analisi, consultazioni e diagnosi sulla crisi politico-sociale che la Spagna viveva con tormento soprattutto nelle regioni settentrionali e si lanciarono in ipotesi e previsioni

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