oggetto il rapporto pregiudiziale spiega sul rapporto dipendente
Se, dunque, le situazioni giuridiche soggettive di alienante ed acqui-
rente sono avvinte da un nesso di alterità piuttosto che di coincidenza, è
giocoforza ritenere che la deduzione in giudizio della seconda in luogo
della prima – e, specularmente, del rapporto giuridico facente capo al-
l’avente causa anziché di quello, corrispondente, facente capo al dante
causa – comporti l’individuazione di un diverso thema decidendum (il
cui effettivo concretizzarsi in un mutamento dell’oggetto della lite è
tuttavia subordinato, come si evidenzierà infra, ad una formale mutatio
libelli).
Ciò è vero, poi, a prescindere dalla specifica natura del diritto azio-
nato in giudizio – e poi trasferito in pendenza del giudizio stesso –; in
particolare, non v’è motivo di prospettare una configurazione differen-
ziata della vicenda successoria, ed in specie dei suoi riflessi processuali,
a seconda che oggetto di trasferimento sia, rispettivamente, una pretesa
creditoria ovvero un diritto reale. Ciò in quanto, pure i diritti c.d. asso-
luti, allorquando siano calati in giudizio, debbono necessariamente sog-
giacere allo schema bilaterale proprio dell’accertamento giudiziale;
conseguentemente, anch’essi vengono in rilievo come rapporti giuridici
bipolari e, pertanto, sono individuati sia dalla persona del preteso titola-
re (e attore processuale), sia da quella di colui – tra gli innumerevoli
8 Quanto all’imprecisione della nozione di successione, cfr. E. A
LLORIO, La cosa giudicata rispetto ai terzi, cit., pag. 139, che ne auspica la sostituzione con un concetto
scientificamente più esatto; già Carnelutti ne ha evidenziato, invece, la natura conven- zionale e – in certa misura fittizia –, osservando che il rapporto facente capo al succes- sore “non tanto… è sempre quello” (del quale era titolare l’alienante), “quanto viene considerato come fosse quello”; pertanto – soggiunge l’A. – “l’essenza del fenomeno successorio non sta nella identità e perciò nella unità del rapporto presso l’autore e presso il successore, ma nella equiparazione dei due rapporti diversi… in guisa da na- scondere l’interruzione e simulare la continuità” (F. CARNELUTTI, Appunti sulla succes- sione nella lite, cit., pag. 6-7).
consociati – che, convenuto in giudizio, è lo specifico destinatario della
domanda di tutela giurisdizionale. Di qui l’esigenza di procedere ad una
ridefinizione dell’oggetto del giudizio non soltanto nell’ipotesi di mu-
tamento del soggetto (asseritamente) titolare del diritto litigioso, bensì
pure, per lo meno in linea di principio
9, ogniqualvolta a mutare sia la
persona che quel diritto – ancorché di carattere assoluto – contesta, van-
ta o lede
10.
Al difetto d’identità fra le situazioni giuridiche soggettive di alie-
nante ed acquirente consegue poi, quale ulteriore corollario, l’inidoneità
della sentenza relativa alla prima (e, così, al rapporto giuridico fra le
parti originarie del giudizio) a spiegare, nei confronti della posizione
giuridica facente capo – invece – al successore, quell’effetto di accer-
tamento pieno ed avvolgente – seppur nei limiti del petitum – che è l’ef-
ficacia c.d. diretta della res iudicata.
D’altra parte, considerato che – in presenza dei presupposti del fe-
nomeno della successione a titolo particolare nel diritto controverso
(nel senso, sopra precisato, di acquisto di un diritto “oggettivamente
identico”
11a quello, litigioso, proprio del dante causa) – il rapporto fra
le posizioni giuridiche di alienante ed acquirente non può essere quali-
ficato, nemmeno, in termini di totale estraneità, se ne desume che la
sentenza relativa al diritto dell’alienante abbia una qualche incidenza
(per lo meno, potenziale)
12su quello dell’acquirente. Quali siano, poi,
gli esatti limiti di tale incidenza, ciò si evince guardando alla specifica
configurazione del rapporto fra le due pretese, rapporto che consiste in
una tipica relazione di pregiudizialità-dipendenza.
Più in particolare, per effetto delle fattispecie di acquisto a titolo de-
rivativo (in netta antitesi ai fenomeni di acquisto a titolo originario)
l’avente causa diviene titolare di una situazione giuridica soggettiva
avvinta a quella del suo autore, anzitutto, da un nesso di dipendenza
9 Per una più puntuale disamina dei fenomeni di successione a titolo particolare dal
lato passivo, v. però infra (Cap. III Sez. I, 3).
10 Cfr., in proposito, C. C
ONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, cit., II,
pag. 152.
11 Seppur nei limiti di cui s’è detto: v. supra (1.2).
12 In quanto subordinata, pur sempre, al ricorrere dei presupposti (soggettivi) di op-
c.d. logica: tale vincolo attiene, precisamente, alla configurazione
“strutturale” del diritto dell’acquirente, fra i cui elementi costitutivi v’è
il (corrispondente) diritto dell’alienante; ciò che, nella prospettiva pro-
cessuale della pretesa fatta valere in giudizio, si estrinseca in quella
parziale comunanza di causa petendi della quale già s’è detto
13. Affin-
ché tale nesso di dipendenza logica venga effettivamente in rilievo sul
piano giuridico (e, dunque, affinché di “dante causa” e “avente causa”
possa effettivamente parlarsi), è però necessario, altresì, che nella fatti-
specie non ricorra una di quelle ipotesi di interruzione del nesso di di-
pendenza che la legge espressamente prevede (peraltro, nell’epoca mo-
derna, come regola piuttosto che come eccezione) a tutela del principio
di certezza del diritto e, dunque, a vantaggio della speditezza del traffi-
co giuridico; soltanto a questa condizione, infatti, il rapporto fra le si-
tuazioni giuridiche soggettive di alienante ad acquirente viene a qualifi-
carsi, propriamente, in termini di dipendenza c.d. giuridica, ossia di pre-
giudizialità-dipendenza in senso tecnico
14.
Se dunque, sul piano sostanziale, le situazioni giuridiche soggettive
di dante causa e avente causa sono avvinte da un nesso siffatto, le mo-
dalità con le quali la decisione relativa alla prima si ripercuote sulla
seconda si identificano, senz’altro, con quelle tipiche della c.d. rifles-
sione del giudicato; pertanto, per effetto della sentenza sul diritto del-
l’alienante, il corrispondente diritto dell’acquirente risulterà definito nei
soli limiti dell’accertamento relativo alla situazione pregiudiziale (fa-
cente capo al dante causa), fatta salva la decisione piena sulla situazio-
13 Osserva A. P
ROTO PISANI, Opposizione di terzo ordinaria, cit., pag. 129, che l’es-
senza oggettiva della derivatività consiste nella correlazione fra perdita ed acquisto, ossia nell’unità della causa (fattispecie) produttiva, al contempo, del duplice effetto di perdita per il precedente titolare ed acquisto per il susseguente; in termini atecnici – osserva ancora l’A. –, questa correlazione può essere denominata subordinazione del precedente titolare al susseguente, o rapporto civilistico di dipendenza del successore dal suo autore.
14 Sulla nozione di dipendenza giuridica, cfr. A. P
ROTO PISANI, Opposizione di terzo ordinaria, cit., pag. 80. Quanto al fenomeno dell’interruzione del nesso di dipendenza
nelle fattispecie di acquisto a titolo derivativo, v. poi G. FABBRINI, L’opposizione ordi- naria di terzo nel sistema dei mezzi di impugnazione, Milano, 1968, pag. 78 ss. (il quale
descrive l’effetto di detta interruzione in termini di “indipendenza successiva, o lega- le”).
ne pregiudicata (propria del successore) e imprecluso pure l’accerta-
mento in ordine al rapporto giuridico (fra dante causa e avente causa) in
cui si estrinseca il nesso di pregiudizialità
15.
Tutto ciò attiene, peraltro, alla sola latitudine oggettiva degli effetti
del giudicato, con riferimento alla quale ciò che viene in rilievo – quale
criterio individuatore – è la domanda proposta nel relativo processo
(art. 34 c.p.c.): in questa prospettiva, il nesso di pregiudizialità-dipen-
denza fra la situazione giuridica dell’alienante e quella dell’acquirente
rileva, precisamente, quale condizione necessaria affinché la decisione
relativa alla prima, una volta riferita alla seconda, possa avere una qual-
che incidenza su quest’ultima e, così, parzialmente conformarla
16. A
ben diversi presupposti soggiace, d’altra parte, l’effettivo ripercuotersi,
sul rapporto (dipendente) facente capo al successore, della pronuncia
intervenuta sul rapporto (pregiudiziale) del dante causa
17: dirimente, in
questa prospettiva, è la latitudine soggettiva (piuttosto che oggettiva)
dell’accertamento giurisdizionale, la quale si determina guardando alla
compagine soggettiva del relativo processo; più in particolare, ciò che
rileva è, nella fattispecie – anziché, come di regola, l’effettiva parteci-
pazione al giudizio cui la sentenza ha posto capo (artt. 2909 c.c.; 24 e
111 Cost.) – la mera circostanza che la pronuncia sul rapporto pregiudi-
ziale si sia formata tra i legitimi contradictores (artt. 2909 c.c.; 111
c.p.c.)
18.
15 Cfr. N. P
ICARDI, La trascrizione delle domande giudiziali, cit., pag. 271-272.
Precisa Proto Pisani che l’efficacia della sentenza è a dirsi riflessa (anziché diretta) non già perché il rapporto su cui è destinata ad operare sia giuridicamente dipendente da (e non, invece, identico a) quello deciso, bensì in ragione del fatto che il rapporto deciso – in ogni caso, unico rapporto interessato dalla sentenza – sia pregiudiziale (anziché iden- tico) a quello dedotto in via principale in un secondo giudizio (v. A. PROTO PISANI, Opposizione di terzo ordinaria, cit., pag. 78-79).
16 V., sul punto, A. B
LOMEYER, Rechtskraft infolge zivilrechtlicher Abhängigkeit, in ZZP, 1962 (Bd. 65), pag. 1 ss., spec. pag. 9.
17 A tal riguardo, v. A. P
ROTO PISANI, Opposizione di terzo ordinaria, cit., pag. 81
ss.
18 È d’uopo sottolineare, a questo punto, che nel riflettere in ordine alle modalità ed
ai presupposti per l’estensione all’avente causa degli effetti della sentenza pronunciata nei confronti del suo autore, si è fatto qui riferimento, precisamente, all’ipotesi di deci- sione emessa, ad esito del giudizio condotto dal dante causa, sul rapporto facente capo a