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La nom ina, l ’annuncio ufficiale dilazionato, l ’azione come Vicario (1885-1888)

D i u n a n u o v a co n fig u razio n e al v ertic e d ella S o cietà salesian a p ap a Leone X III parlò a mons. Cagliero il 5 novem bre 1883. D on Bosco a sua volta dovette parlarne nel corso d ell’udienza papale del 9 m aggio successivo, nella quale il pontefice, al dire di don Bosco, si m ostrò particolarm ente preoccupato non solo che si conservassero le tradizioni, m a che si facessero “rivivere tante cose che non si scrivono e se si scrivono non si sa com e intenderle” 128.

N o n risulta che dal C apitolo superiore, da qualcuno dei suoi m em bri o da altri Salesiani, sia partita una qualche iniziativa al riguardo, m a non si può però escludere che don B osco e don R ua preferissero una soluzione più flessi­

bile e funzionale, com e u n vicariato di fatto più che di diritto. D i fronte al prestigio di don B osco presso il vasto pubblico e alla sua capacità n e ll’attrarre

127 Del biennio 1883-1884 l’ASC conserva molti appunti di conferenze mensili, ai Sale­

siani, sui temi della carità, bontà, santità, vita e vitto comune, temperanza, riposo ecc.

128Verbali del Capitolo superiore..., 24 ottobre 1884.

fiducia e beneficenza, don R ua poteva sentirsi intim orito da soluzioni di sur­

rogazione e di successione, differentem ente configurate. D ’altra parte, sale­

siano m aturo ed esperto di governo com e era, n on avrebbe avuto difficoltà ad operare com e vicario di fatto accanto a don B osco, anche senza una form ale investitura istituzionale.

Si spiega forse anche così perché don B osco, accolta la seconda e m eno traum atica delle due proposte p apali fattigli pervenire in autu n n o 129 - sce­

gliere un vicario e successivam ente ritirarsi, ovvero scegliere u n vicario con diritto di successione - una volta avuta sul finire del 1884 la nom ina papale del candidato da lui proposto in piena libertà130, si sia riservato di renderla u f­

ficiale a ll’interno dello stesso C apitolo solo il 24 settem bre 1885131 e di co­

m u n icarla alla C ongregazio ne salesian a in d ata 8 dicem b re (dopo che per altro era stata stam pata con la data del 1° novem bre). Sem bra, d ’altronde, che nessuno a ll’interno di essa abbia esercitato un a qualche pressione p er affret­

tare tale com unicazione. La scelta era caduta su don R ua perché sarebbe stato custode, com e voleva Leone X III, delle tradizioni, perché era uno dei prim i S alesiani, perch é da m o lti anni esercitav a tale u fficio e perch é la n om ina avrebbe incontrato il gradim ento di tutti. Così avvenne, tanto in Italia che al­

l ’estero.

In realtà la form alità di dare i pieni poteri da R ettor m aggiore a don Rua lasciò intatta la situazione reale e don B osco, sia pure con dim inuita intensità, restò saldo al com ando della Società, sem pre inform ato, interrogato, assecon­

dato dai collaboratori. N el 1885 presiedette quasi tutte le decine di sedute del C apitolo superiore, si sobbarcò ad u n altro faticoso v iag g io in F rancia in cerca di denaro, si im pegnò a fondo p er conseguire i sospirati privilegi, p ro ­ cedette al consolidam ento strutturale e giuridico d ell’istituto FM A , discusse i progetti di fondazione di nuove opere, riafferm ò la spiritualità educativa dei S alesiani consacrati e dei cooperatori. Il 16 nov em bre 1885 a ll’ordine del giorno della seduta del C onsiglio superiore fu posto il problem a della neces­

sità di determ inare o m eno le attribuzioni del nuovo Vicario p er evitare even­

129 Tramite l’amicissimo arcivescovo di Torino, mons. Alimonda.

130 Il Capitolo superiore interpellato da don Bosco non volle approvare nessun nomina­

tivo, lasciando a don Bosco di proporre liberamente il suo candidato.

131 Il 22 giugno 1885, don Bosco, stanco ed affaticato, aveva chiesto in sede di Capitolo superiore che don Rua venisse liberato da tutti i suoi impegni, che servisse “unicamente” e stesse “attaccato a lui”: “Se don Bosco potrà appoggiarsi tutto su don Rua, esso libero da ogni altro fastidio potrà giovare colla sua esperienza non solo a Torino, ma Genova, Milano; finora ha fatto tutto ciò don Bosco, ma ora non può più e ci vuole un altro che faccia in nome suo”.

Del resto in aprile-maggio don Bosco lo aveva mandato in Italia centrale ed in Sicilia per una visita alle case dei Salesiani e delle FMA.

tuali urti con quelle del Prefetto. D on R ua fu contrario, in quanto, a suo giu­

dizio “V icario e R etto r m aggiore form ano un a sola person a giu rid ica” . La proposta fu accolta con la sola riserva della tem poraneità della decisione.

N el 1886 don R ua ebbe m odo di svolgere appieno il suo nuovo m andato.

D a ll’8 aprile al 15 m aggio accom pagnò don Bosco in Spagna, gli fece da tra­

duttore e tenne p re d ic azio n i g razie ad u n a d iscreta con oscen za dello spa- gnolo 132. A nche nel viaggio di ritorno, a G renoble, lo sostituì in u na prevista conferenza in cattedrale, padrone com e era della lingua francese133. Dal 10 giugno fino ad inizio settem bre presiedette tutte le sedute del C apitolo supe­

riore, m entre dal 10 luglio ebbe da don Bosco l ’ulteriore incarico di ricevere personalm ente o tram ite don B onetti o don C erruti i rendiconti m ensili dei C apitolari che lui aveva trascurati134. In agosto don B osco, “m ezzo cieco e ca­

dente di sanità”, lo invitò ad andare a presiedere il C apitolo generale delle FM A a N izza, dandogli tutte le facoltà n ecessarie135.

P er tu tto il 1887 don R ua p raticam en te sostitu ì don B osco al v ertice della Società e presiedette la decina di sedute del C apitolo, nel corso delle quali avanzò anche proposte di notevole innovazioni136. N o n abbandonò m ai don Bosco. A fine aprile fu con lui a R om a, stanchissim o, tanto da svenire. Il 13 m aggio venne ricevuto da papa Leone X III, che gli raccom andò la fedeltà al fondatore. N elle feste di M aria A usiliatrice a Torino lo sostituì nelle ceri­

m onie liturgiche e n ella tradizionale conferenza ai C ooperatori. A ltrettanto fece u n m ese dopo in occasione dei festeggiam enti p e r l ’onom astico e del banchetto con gli ex allievi. Pure il 13 novem bre nel corso della visita delle varie centinaia di operai francesi verso R om a con tappa al parco del Valentino a Torino, don R ua parlò a nom e di don Bosco e pure suo fu il discorso il 24 novem bre p e r la vestizione nella chiesa di M aria A usiliatrice del principe p o ­ lacco A. Czartoryski.

132 Il segretario don Viglietti nella sua cronaca, avendo occhi solo per don Bosco, non dà molto spazio a don Rua: Carlo Maria Viglietti, Cronaca di don Bosco. Prima redazione (1885-1888). (= ISS - Fonti, Serie seconda, 12). Introducción, texto critico y notas por Pablo Mann Sanchez. Roma, LAS 2010.

133 Ibid., p. 145.

134 E IV, lett. 2582, 10 luglio 1886, pp. 355-356. Don Bosco si era assunto tale impegno nella seduta del Capitolo sup. del 24 ottobre 1884: cf Verbale di tale giorno.

135 E IV, lett. 2587, p. 359. Don Rua nel 1875 aveva fatto una visita alla loro casa di Mornese, nel 1876 era stato loro direttore generale in sostituzione di don Cagliero partito mis­

sionario - lo sarà fino all’autunno del 1877 - e lo stesso anno fu confessore e direttore spiri­

tuale dell’Oratorio delle FMA in Valdocco.

136 Il 12 gennaio 1887 ad esempio propose di portare i chierici nella casa di Valsalice (ed il Capitolo acconsentì).

O vviam ente gli fu vicino negli ultim i due m esi di m alattia. A ll’ultim o m inuto gli prestò braccio e voce p er benedire i Salesiani presenti o sparsi nel m ondo. P ur di averlo sem pre vicino, nello stesso giorno della m orte con il C apitolo fece voto di decorare la chiesa di M aria A usiliatrice se fosse stata concessa la sepoltura a V aldocco o a Valsalice. F u accontentato.

Conclusione

L’essere e l ’operare di don R ua che abbiam o in qualche m odo seguito passo passo nel suo trentennale sostegno a don Bosco e alla Società salesiana indica com e egli abbia consacrato forze fisiche e m orali, intelligenza e v o ­ lontà, in una parola, tutto se stesso allo sviluppo della stessa Società di cui si è sentito parte integrante e corresponsabile, in prim a persona, fin dalla adole­

scenza.

In prim o luogo, durante gli anni di form azione e n ei prim i anni di sacer­

dozio, il com pito e riserv ato “ cittad in o ” don R ua consacrò le sue fresche energie n e ll’apostolato diretto fra i giovani p er lo più poveri di Valdocco, di altri oratori torinesi e del collegio di M irabello. Incom inciò subito a sollevare don B osco da alcune inco m b en ze, m en tre g li an dava d im o stran do giorno dopo giorno di averne intuito il valore, percepito gli ideali e di essere disponi­

bile a condividere le sollecitudini carism atiche e fondazionali.

In secondo luogo don Rua, esigente e scrupoloso prefetto generale, si as­

sunse il pesante com pito di sovraintendere l ’intero m ovim ento econom ico- am m inistrativo della Società salesiana, di gestire i rapporti legali e canonici con autorità civili ed ecclesiastiche, di sorvegliare l ’andam ento disciplinare della Società salesiana e delle opere giovanili salesiane in continua crescita.

M ansioni, queste, im pegnative ed assorbenti già in loro stesse, m a che diven­

nero ancor più am pie in qualità e quantità p e r le m odalità operative apportate d all’instancabile esecutore don Rua. A ssim ilando e trasm ettendo in m aniera personale le consuetudini di don B osco, diede u n proprio am pio contributo a creare e consolidare una p rassi salesiana, ad arricchire le determ inazioni costituzionali con altre dim ensioni e caratteristiche che sarebbero state accet­

tate serenam ente nel seguito della storia.

In terzo luogo l ’oculato am m inistratore don R ua apprese, visse e assi­

m ilò pure il fervore religioso del fondatore, la dedizione alla causa giovanile, i tratti spirituali, in particolare quelli trasm essi n ella quotidianità della vita di Valdocco. Sentì infatti forte in sé la preoccupazione di aiutare don B osco nel dare alla nascente organizzazione salesiana, con personale piuttosto im prov­

visato ed im preparato, un tono di serietà, di regolarità, di responsabilità, con direttive credibili e disposizioni autorevoli e qualificate. Del ricco patrim onio di pietà e religiosità di Valdocco, si fece interm ediario intelligente e prudente, tra sm e tte n d o lo co n u n a ap p lic a z io n e p iù rig o ro sa ed e stesa ai S alesiani, spesso coetanei, di cui era anche Superiore con pieni poteri. R ealista, tenace, coraggioso, volle costruire com unità salesiane vigorose nella vita spirituale e disponibili alla più vasta azione benefica e educativa giovanile, p ropria del fondatore. Intese dare ai giovani salesiani una solida struttura interiore p er il lavoro educativo e apostolico che li attendeva ed in questa ottica creare in essi un a com petenza culturale e u n ’altrettanto solida coscienza religiosa.

Certo si può dire, e con ragione, com e l ’esile, nobile ed austera figura di don R ua sia stata oscurata da quella dom inante, straripante ed accattivante di don B osco che tutti conosciam o, m algrado l ’eccezionale sostegno datogli con una sovraum ana, discreta ed efficace collaborazione, superiore al livello di un a sem plice rappresentanza o m eram ente esecutivo. M a no n si è lontani dal vero se si afferm a che egli fu felice di rim anere nel cono d ’om bra del fonda­

tore, di stare in disparte, di esserne il portavoce, di sacrificarsi um ilm ente per lui e p er le sue istituzioni, di togliergli dalle robuste spalle pesanti fardelli per caricarseli sulle sue più gracili, d ’integrare ciò che era già attuato in prospet­

tiva più am pia e profonda dallo stesso don Bosco. E ciò anche quando, negli u ltim i anni, avrebbe potuto legittim am ente far appannare in certo m odo la pienezza d ell’autorità.

La sim biosi fra i due, tra il “padre” don B osco e il “figlio d ’arte” , don R ua fu totale, favorita anche d a ll’am biente di V aldocco (e salesiano in g e­

nere), dove tutti i m aggiori responsabili erano cresciuti accanto a lui com e altrettanti “figli” di don B osco e la “corrispondenza d ’am orosi sensi” fra loro e con il padre era pressoché com pleta. Se non è u n caso unico, di certo è un caso piuttosto raro che un fondatore possa personalm ente form are “ a sua im ­ m agine e som iglianza” , accogliendoli fin da piccoli, tu tti i suoi collaboratori, ivi com presi ben tre successori. I rischi di scissioni dopo la m orte del fonda­

tore, b en noti alla storia, sarebbero probabilm ente m inim i. C om e effettiva­

m ente avvenne p er i Salesiani.

O vviam ente non m ancò un rapporto dialettico tra don B osco e don Rua, com e quando ebbero talo ra o pinioni d ivergen ti su m isu re da p ren d ere, su scelte da fare, su progetti da realizzare; m a sarebbe sem plicem ente utopico pensare il contrario, se si considera la diversità di età, di storia fam iliare, di tem peram ento, di sensibilità um ana e religiosa, di educazione e form azione ricevuta, di tipo di intelligenza, di m odo di atteggiarsi con le persone, di ruoli da gestire che si ritrovarono ecc.

P ersonalità dunque diverse, originali, m a che alla prova dei fatti, grazie alla trentennale contiguità di vita e alla strettissim a collaborazione negli am ­ biti più riservati e delicati della m issione salesiana, oltre che ovviam ente nei m om enti topici della Società, si rivelarono però com plem entari nel pensiero e n e ll’azione. La Società salesiana che don B osco nel 1888 lasciò nelle m ani del cinquantunenne don R ua era il risultato dalla loro azione congiunta e il lungo tirocinio fatto da don R ua accanto al fondatore lo aveva decisam ente preparato a diventare u n grande superiore generale di una società religiosa, che p u r fondata su un solido fondam ento, era ancora da organizzare sotto di­

versi profili. Sarà questo il com pito prioritario di don Rua, una volta diven­

tato R ettor m aggiore.

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