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B. Obiettivi della Tesi

3.2. d Normalizzazione

I dati elaborati, così come descritto in precedenza devono essere ulteriormente ridotti e resi omogenei per permetterne il confronto. Una tecnica sperimentale ampiamente adottata consiste nella normalizzazione dell’attività dei singoli segnali muscolari rispetto al valore massimo del segnale all’interno del ciclo di passo.

Dai segnali EMG ricavati in ciascuna prova, tenendo come punto di riferimento l’HS, sono stati estratti 11-13 cicli di passo (fig. 4). Il tempo medio di durata del ciclo di passo è stato ricavato mediando gli 11-13 cicli di passo (fig. 5).

Dopo il filtraggio a media mobile, ogni segnale è stato normalizzato in ampiezza, rapportandolo al proprio valore massimo.

Figura 5: Individuazione degli istanti temporali del ciclo di passo.

3.2.e Media

Per ciascuno sei segnali EMG sono stati estratti 21 punti per ogni ciclo di passo, distanziati del 5% della durata del passo stesso; successivamente, si è proceduto mediando i 21 punti su tutti i passi (fig. 8) (Yang e Winter, 1984).

Attraverso tale tecnica è stato possibile mantenere le componenti spazio-temporali della forma d’onda.

Per entrambi i gruppi (giovani ed anziani) le matrici sono state incolonnate in modo da ottenere due matrici di dimensioni 105 (gli istanti temporali per il numero di soggetti) x 12 (muscoli), (fig. 7) che sono state processate successivamente mediante l’Analisi Fattoriale (Norman-Streiner, 2000).

3.4 Post-processamento

L’utilità e l’importanza dell’AF, come metodo statistico per identificare i modelli di attivazione neuromuscolari che contribuiscono alla locomozione, è stata applicata con successo da alcuni studi (Wootten et al., 1990; Davis & Vaughan, 1993; Olree & Vaughan, 1995). Tali studi hanno dimostrato l’esistenza di fattori in grado di evidenziare quei segnali fondamentali generati da SNC per controllare i principali gruppi di muscoli coinvolti nel cammino.

In questo studio l’applicazione dell’AFè finalizzata all’estrazione di comuni forme d’onda condivise da un set di dati EMG normalizzati all’interno del ciclo di passo. L’AF è uno strumento statistico che, a partire da una mole elevata di variabili, le raggruppa in base al “carattere” ossia all’attitudine a descrivere lo stesso fenomeno. Questo consente di ridurre la complessità del problema facilitando l'interpretazione dei risultati. Affinché il metodo favorisca il raggruppamento delle variabili, è necessario che esista una correlazione, anche dell’ordine di 0,3-0,4, fra le coppie di dati. L’assenza di correlazione, banalmente, non consentirebbe di attribuire lo stesso carattere a parametri diversi, per cui procedere con l’analisi fattoriale non produrrebbe risultati utili.

Dopo la verifica della correlazione, si implementa la Analisi delle Componenti Principali (PCA) uno strumento, che ha anch'esso lo scopo di ridurre la complessità dell'insieme dei dati. La PCA processa la matrice dei dati di partenza, chiamata Mrxc,

realizzando una trasformazione della stessa in uno spazio vettoriale di pari dimensioni, secondo la Nrxc=Mrxc Tcxc, con ovvio significato dei simboli. L'algoritmo di

calcolo della PCA consente, successivamente, di scegliere la dimensione dei dati di uscita, in accordo con la variabilità spiegata dagli stessi. In altri termini, a partire da

Tcxc, la PCA consente di estrarre la sottomatrice Tcxp, con p minore di c, tale che la

variabilità contenuta nella matrice Mrxc, sia, in massima parte, mantenuta nella

Figura 9: Trasformazione dimensionale di PCA.

In particolare, la scelta del numero p, dimensione dello spazio di arrivo della trasformazione, viene individuato sulla base della variabilità cumulativa percentuale che si ritiene sufficiente, oppure adottando il criterio dell'autovalore pari a 1. Quest'ultimo consiste nello scegliere la dimensione dello spazio di arrivo pari al numero di autovalori della matrice Tcxc che siano maggiori o uguali ad 1. Le colonne

della matrice Nrxp vengono dette Componenti Principali, mentre la matrice Tcxp viene

definita Matrice dei pesi. Questo processo fa sì che ciascuna delle variabili di partenza possano insistere su più Componenti Principali, rendendo ancora complessa l'interpretazione dei risultati.

L'AF rappresenta, l’ultimo passo dell'intero algoritmo; essa si realizza applicando una “rotazione” alla matrice Tc.

Con la rotazione della matrice Tc si ottiene una interpretazione migliore dei pesi

assegnati a ciascun fattore.

Esistono varie tecniche di rotazione ortogonale e tra queste è stata utilizzata la ‘varimax’. Nella rotazione ortogonale gli assi matematici sono ruotati in modo da ridurre la complessità fattoriale, ossia permettere una equa distribuzione delle variabili all’interno dei fattori.

Obiettivo della AF è estrarre quei fattori Fj in grado di catturare le correlazioni

esistenti tra le variabili originali Xi.

Il modello generale di AF è di seguito espresso:

Xi = ai1F1 + ai2F2 + ··· + aimFm + ei

Dove con Xi sono indicate le variabili originali (i=1,…,n), aij i pesi che esprimono le

correlazioni tra le variabili Xi, Fj (j=1,…,m<n) i fattori, ed ei è un fattore specifico

soltanto per Xi.

Attraverso la fase di estrazione dei fattori si arriva ad una serie di combinazioni lineari delle variabili che definiscono il valore di ciascuno di essi. I pesi aij per il primo

fattore sono scelti in modo tale da essere capaci di esprimere il massimo della variabilità nel campione, ed i pesi per i rimanenti fattori sono calcolati in modo che ogni fattore non sia correlato con gli altri e che illustri di volta in volta una variabilità sempre minore dei precedenti fattori. Perciò, esistendo una struttura fattoriale per i dati considerati, la maggior parte della variabilità viene spiegata già dai primi fattori. L’obiettivo della fase di estrazione dei fattori è arrivare a una serie di combinazioni lineari delle variabili che definiscono ciascun fattore, quindi ciascuna sinergia.

Decidere quale sia il numero di fattori da mantenere nelle fasi successive è una delle scelte più importanti.

Nel presente studio si è seguito il test dell’ ‘autovalore >= uno’, criterio largamente utilizzato.

L’autovalore è definito come un indice di variabilità: ogni fattore produce un autovalore che rappresenta la quantità di variabilità spiegata da quel fattore.

Nei componenti principali la varianza totale è uguale al numero totale di variabili: per esempio avendo considerato 12 variabili (segnali EMG), la varianza totale sarà pari a 12.

Principale obiettivo della rotazione dei fattori è aiutare a capire che cosa succede ai fattori. Perché l’interpretazione dei fattori sia semplice, la matrice dei pesi fattoriali dovrebbe soddisfare quattro condizioni:

- la variabilità spiegata deve essere ben distribuita tra i fattori. - ogni variabile deve ‘pesare’ su un solo fattore.

- i pesi fattoriali devono essere prossimi a 1 o a 0 o a -1

- i fattori devono essere unipolari (tutte le variabili forti devono avere lo stesso segno).

4. RISULTATI

4.1 Analisi Fattoriale

In Tab 1 sono riportate le matrici di correlazione dei segnali muscolari relative al gruppo giovani ed anziani. L’estrazione della matrice di correlazione ha fornito una prima omogeneità del problema trasformando le variabili in punteggi standard, in cui i termini 1 sulla diagonale principale stanno a significare che ogni variabile è perfettamente correlata con sè stessa.

L’indagine relativa alla matrice di correlazione ha comportato la ricerca di comportamenti sistematici all’interno delle matrici (Tab 1.a,.b) di 12x(12-1)/2 singole correlazioni, ovvero 66.

Tabella 1.b: Matrice di correlazione gruppo anziani

Al fine di assicurare la corretta applicazione dell’analisi fattoriale e di procedere con l’estrazione dei fattori, sono state verificate l’adeguatezza generale delle matrici attraverso la Misura di Adeguatezza del Campione (KMO) ed il Test di Sfericità di Bartlett. Il KMO, misurando l’adeguatezza del campione, consente di verificare quali variabili non si stanno esprimendo al massimo. Generalmente l’indicatore KMO dovrebbe essere 0.5 o più grande. La misura effettuata sulle matrici di correlazione è stata di 0.56, rivelando perciò l’adeguatezza del campione per l’analisi fattoriale. L’indice di comunanza media (R2 ) delle variabili, ricavata dai fattori estratti, è stata di 0.93 per il gruppo degli anziani, contro un valore di 0.71 per quello dei giovani. Per entrambi i gruppi i valori di R2 stanno a significare che ciascun muscolo scambia una moderata porzione di varianza comune con gli altri, e tale dato è tanto più rilevante negli anziani in cui R2 , essendo uguale a 0.93 indica che una singola variabile può essere sufficientemente stimata a partire dalle altre.

Il test di sfericità di Bartlett testa l’ipotesi che le matrici di varianza e covarianza siano matrici identità. I valori ricavati col test di sfericità (62, p<0.05) hanno incoraggiato l’utilizzo dell’analisi fattoriale per l’estrazione dei fattori.

In base al criterio dell’autovalore pari ad uno, sono stati estratti quattro fattori in grado di spiegare rispettivamente nei giovani e negli anziani l'81% e 96% della variabilità dell'insieme dei dati (Fig 1).

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

FATTORE

VARIANZA CUMULATIVA

%

ANZIANI

Da ognuno dei due gruppi sono stati estratti 4 fatttori. Considerando il gruppo dei soggetti giovani, il totale dei fattori mantenuti nell’analisi esplica l’81% di varianza totale nei dati, mentre nel gruppo degli anziani i quattro fattori contano approssimativamente il 96% della varianza totale (Tab 2.a,.b).

Tabella 2.a: Statistiche di inizio estrazione fattori (gruppo giovani)

Tabella 2.b: Statistiche di inizio estrazione fattori (gruppo anziani)

FATTORI EIGENVALUE VARIANZA% VARIANZA CUM%

1 6.732 61.04 61.04 2 2.276 18.96 80.00 3 1.283 10.69 90.69 4 1.150 5.00 95.69 5 0.231 1.98 97.67 6 0.107 0.89 98.56 7 0.077 0.56 99.12 8 0.056 0.38 99.50 9 0.032 0.27 99.77 10 0.028 0.15 99.92 11 0.007 0.06 99.98

FATTORI EIGENVALUE VARIANZA% VARIANZA CUM%

1 4.373 39.11 39.11 2 2.739 24.39 63.50 3 1.272 10.60 74.10 4 1.127 7.10 81.20 5 0.735 5.28 86.48 6 0.506 4.22 90.70 7 0.474 3.95 94.65 8 0.348 2.07 96.72 9 0.200 1.67 98.39 10 0.154 0.95 99.34 11 0.040 0.40 99.74

La rotazione varimax ha provveduto ad una migliore distribuzione di variabilità tra i fattori (fig 2).

Figura 2: Rotazione varimax dei pesi fattoriali. Gruppo giovani (colore rosso), gruppo anziani (colore blu).

Le tabelle 3 mostrano le matrici dei pesi fattoriali.

Tabella 3.a: Matrice pesi fattoriali (gruppo giovani)

Tabella 3.b: Matrice pesi fattoriali (gruppo anziani)

Il punteggio (peso) assegnato ad ogni fattore rappresenta il grado di correlazione tra

Variabile Fattore1 Fattore2 Fattore3 Fattore4

BFdx -0,42 0,28 0,84 -0,16 GMdx 0,06 -0,33 -0,53 0,78 SOLdx 0,67 -0,18 -0,28 0,26 RFdx 0,01 0,34 0,6 -0,29 VMdx -0,29 0,74 0,27 -0,31 TAdx 0,4 0,25 -0,07 0,16 BFsx 0,01 0,09 0,66 -0,06 GMsx 0,77 -0,13 -0,15 0,01 SOLsx 0,78 0,09 0,16 -0,11 RFsx 0,5 0,72 0,37 -0,16

Variabile Fattore1 Fattore2 Fattore3 Fattore4

BFdx 0,32 0,32 0,81 -0,32 GMdx 0,34 0,89 0,21 0,04 SOLdx 0,48 0,84 0,09 0,12 RFdx 0,91 0,3 0,12 0,21 VMdx 0,98 0,12 0,1 0,1 TAdx 0,6 0,2 -0,15 0,6 BFsx -0,17 0,19 0,96 0,07 GMsx 0,04 0,9 0,24 0,23 SOLsx 0,55 0,73 0,15 0,36 RFsx 0,87 0,32 -0,12 0,26

I risultati della AF sono illustrati in figura 3.

Separando i dati relativi agli arti, si osserva che il gruppo degli anziani, rispetto a quello dei giovani, mostra una distribuzione maggiormente simmetrica dei pesi fattoriali.

Figura 3: Pesi fattoriali relativi ai gruppi giovani (rosso) ed anziani (blu) in cui ciascuno degli istogrammi si riferisce ad un fattore. In rosso e in blu, sono rappresentati, rispettivamente, i dati relativi ai soggetti giovani e quelli relativi ai soggetti anziani.

I fattori sono descritti nel dettaglio, di seguito:

− Fattore 1: negli anziani i muscoli che insistono su questo fattore sono prevalentemente gli estensori del ginocchio (RF e VM) e a seguire, mantenendo una

buona simmetria, SOL e TA; nei giovani, per entrambi i lati, prevalgono i muscoli plantiflessori (GM e/o SOL).

Quindi per gli anziani, il fattore 1 è relativo agli estensori del ginocchio, che sono i muscoli attivi sia nella fase successiva all'HS, con il compito di evitare il collasso della gamba sul ginocchio per effetto del carico, che prima della fase di volo. L’ attività del muscolo RF ha inizio prima dell’HS nella fase di estensione della gamba fino al raggiungimento della sua massima ampiezza nel periodo di accettazione del carico allo scopo di controllare la flessione del ginocchio. Invece la minore attività del muscolo RFsi presenta dopo il TO ed ha lo scopo di flettere l’anca per spingere l’arto in avanti ed estendere il ginocchio per decelerare il tronco nella fase di oscillazione. All’interno del gruppo dei giovani il fattore 1 non è caratterizzato in maniera così definita; infatti l’unico muscolo che insiste su questo fattore in maniera simmetrica è il SOL, impegnato nella fase di propulsione, e questo è in accordo con i vari risultati presenti ottenuti negli studi precedenti (Vaughan, 1995; Lacquaniti, 2004) (fig. 4)

Figura 4: Andamento del segnale EMG dei principali muscoli che insistono sul primo fattore.

− Fattore 2: negli anziani esso è descritto prevalentemente dall’attività dei muscoli plantiflessori (GM, SOL) e quindi riguarda la fase di propulsione; nei giovani, invece, è descritto principalmente dall’attività degli estensori di ginocchio (VM, RF); probabilmente l'importanza attribuita ai due gruppi muscolari è invertita nei giovani ed

durante la fase di propulsione e pongono maggiore attenzione nell'evitare il collasso della caviglia (fig 5).

Figura 5: Andamento del segnale EMG dei principali muscoli che insistono sul secondo fattore

La massima attività del muscolo Soleo è presente intorno al 40%-60% del ciclo di passo con lo scopo di generare la propulsione per l’avanzamento. La presenza di attività durante l’appoggio intermedio ha il significato di controllare la rotazione della gamba. Il muscolo Gastrocnemio Laterale presenta un modello di attività simile al SOL, ed aiuta la flessione del ginocchio nella fase di appoggio intermedio, generando energia per la propulsione nel TO.

− Fattore 3: in entrambi i gruppi questo fattore raccoglie prevalentemente l'informazione contenuta nell'azione del BF, anche se negli anziani si nota una simmetria maggiore che nei giovani; nei giovani, invece, è possibile notare anche il contributo asimmetrico dei muscoli RF e GM (figura 6).

Figura 6: Andamento del segnale EMG dei principali muscoli che insistono sul terzo fattore.

L’attività del muscolo Bicipite Femorale inizia a crescere intorno al 90% del ciclo di passo (periodo terminale di oscillazione), per raggiungere il suo massimo intorno al 5% del ciclo di passo, a cavallo dell’ HS. Il ruolo svolto da BF è assistere alla flessione del ginocchio (primo picco di attività), decelerando l’arto, ed aiutare l’estensione dell’anca nella fase finale di oscillazione.

− Fattore 4: il TA negli anziani insiste in maniera simmetrica su questo fattore, seguito dai plantiflessori e dagli estensori di ginocchio; nei giovani questo fattore descrive la variabilità di numerosi muscoli anche se al suo interno non è rilevabile alcuna sistematicità.

I risultati indicano che il fattore 4 negli anziani descrive principalmente il controllo del piede durante la fase a cavallo dell'HS (figura 7).

Figura 7: Andamento del segnale EMG del muscolo TA relativo al quarto fattore nel gruppo anziani.

oscillazione e raggiunge un massimo dopo l’HS, in risposta all’impatto col terreno. Il secondo picco di attività inizia successivamente al TO come risultato della dorsiflessione del piede nel periodo centrale dell’oscillazione.

I segnali principali prelevati negli anziani mostrano una forte distribuzione simmetrica rispetto alla lateralità, a testimonianza di una loro capacità nello svolgere compiti ciclici, quali il cammino, per mezzo di un ridotto costo computazionale.

La figura 8 mostra una mappa dei segnali principali all’interno dei due gruppi.

Figur 8: Mappa rappresentante il raggruppamento dei singoli segnali EMG all’interno dei fattori.

5 CONCLUSIONI

Obiettivo principale del lavoro era valutare il grado di riduzione di plasticità riguardante l’attività muscolare durante il controllo del cammino nei soggetti anziani. L’ipotesi che ci siamo proposti di verificare è che tale perdita di plasticità nel controllo motorio comporti la presenza di un numero minore di segnali principali negli anziani piuttosto che nei giovani.

In altri termini, gli effetti dell'invecchiamento sul controllo muscolare durante la locomozione sarebbero contrastati ottimizzando un numero inferiore di obiettivi: l'invecchiamento produce degli effetti che sono vari (dalla minore forza, alla lentezza nella trasmissione delle informazioni). l'adozione di una strategia di questo tipo semplificherebbe il controllo, pur riducendone la versatilità.

A partire dai dati di partenza è stato possibile estrarre quattro fattori in grado di descrivere rispettivamente l'81% e il 96% della variabilità dei dati iniziali di giovani ed anziani, mentre il solo fattore 1 è in grado di descrivere il 39% della varianza nei giovani ed il 61% negli anziani.

I risultati sono in accordo con la letteratura (Winter, 1991), in cui è mostrato che gli anziani evidenziano segnali EMG consistenti, se comparati a quelli dei giovani, con un carattere dei segnali EMG di minore variabilità. In accordo con gli studi più accreditati si evince che il SNC suole armonizzare l'attività muscolare adottando una combinazione di segnali primitivi, piuttosto che produrre attivazioni muscolari indipendenti.

I fattori che sono stati estratti nel presente studio descrivono i compiti svolti dai muscoli durante alcune fasi del ciclo di passo. Infatti, in accordo con Davis e Vaughan ( Davis & Vaughan, 1993), i quattro fattori rappresentano rispettivamente la fase di hell strike, quella di propulsione, quella di accettazione del carico e quella in cui i muscoli agiscono simmetricamente nel ciclo di passo.

Un aspetto importante riguarda le differenze tra giovani ed anziani. In particolare nel gruppo dei giovani, gli estensori distali (SOL, GM) sono soliti insistere sul fattore 1, descrivendo la fase di propulsione, mentre gli estensori prossimali (VM, RF) insistono sul fattore 2, in accordo con la risposta al carico dopo l'HS.

insistere sul fattore 1, mentre i muscoli SOL e GM interessano il fattore 2. Tali risultati indicherebbero che gli anziani attribuiscono una maggiore importanza al rischio di far collassare il ginocchio per effetto del carico subito dopo l'HS, mentre non possono produrre potenza comparabile ai giovani durante la fase di push off. I giovani necessitano di un numero di segnali primitivi maggiormente consistenti per ricostruire l’attività muscolare durante il cammino.

Un'ulteriore considerazione riguarda la fase antecedente lo stacco del piede, in cui RF e VM assolvono al duplice compito di agevolare la flessione della gamba e decelerare la flessione del ginocchio. Studi precedenti (Winter, 1991) hanno dimostrato che gli anziani consumano una quantità di energia maggiore rispetto ai giovani. Ciò potrebbe accordarsi con il ruolo preminente degli estensori di ginocchio rispetto a quelli di caviglia, riscontrato invece nei soggetti anziani; questo dato indicherebbe una più intensa azione di controllo della flessione di ginocchio piuttosto che dell'azione propulsiva. In altri termini, sembrerebbe che l'obiettivo fondamentale negli anziani sia ridurre il rischio di collasso del ginocchio, che, è una delle cause principali del rischio di caduta.

Un altro aspetto importante riguarda la simmetria nella distribuzione dei pesi fattoriali rispetto alla lateralità. In particolare si è osservato che i soggetti anziani hanno una distribuzione dei pesi fattoriali che è più simmetrica rispetto a quella dei giovani, per i quali nel fattore 4 insistono muscoli che hanno ruolo diverso. Questo risultato induce a confermare l’ipotesi relativa alla maggiore versatilità dei giovani nella gestione dei gradi di libertà del sistema muscoloscheletrico (Winter, 1991); infatti nei giovani è necessario un numero maggiore di segnali primitivi per spiegare la stessa variabilità riscontrata negli anziani. La riduzione di plasticità nel controllo motorio attribuita agli anziani può essere messa in relazione ai cambiamenti neuro-muscolo-scheletrici che si verificano per effetto dell'invecchiamento. Questi cambiamenti indurrebbero i soggetti anziani ad attuare strategie di attivazione muscolare più rigide, in relazione al movimento ciclico del passo e che richiedono un numero minore di segnali primitivi, sebbene esse si rivelino poco adatte a gestire imprevisti durante il compito motorio. Il fatto che i primi due fattori estratti dal gruppo anziani riescano a descrivere l’80% di variabilità, contro l’82% spiegata da quattro fattori nei giovani, porta a supporre che a questi due fattori sia associato un ruolo fondamentale nella ricostruzione dei segnali motori.

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