A. L A BANCA DATI PER L ’ ANALISI DELLA NATALITÀ
6. Note conclusive
6.1. Le due questioni di fondo affrontate
Alla fi ne di questo primo studio, cerchiamo di trarre alcune considera- zioni di sintesi intorno alle due questioni di fondo che ci eravamo proposti di affrontare ov vero:
• L’orafo di Arezzo può dirsi “una forma distrettuale emergente”? • La metodologia HEDRON per l’analisi dei sistemi locali si è mostrata
effi cace?
Con la prima questione, di fatto prioritaria, abbiamo voluto esaminare l’evoluzione della struttura interna del sistema produttivo orafo aretino secondo le categorie logiche della distrettualistica in una prospettiva de- mografi co-ecologica. A questo riguardo il nostro studio si è orientato verso due tipi di analisi, l’una di tipo descrittivo-strutturalista; l’altra di tipo in- terpretativo-evoluzionista, che in estrema ratio intendevano rispondere alle seguenti domande guida:
1. Il sistema produttivo orafo aretino è effettivamente una “forma di- strettuale” identifi cabile con la nostra strumentazione?
2. Se sì, di che tipo di forma distrettuale si tratta e quale stadio evoluti- vo ha rag giunto, in termini di “gradi di distrettualizzazione in senso marshalliano”?
In prima approssimazione possiamo concludere che le risposte che ab- biamo potuto dare fi no ad oggi sono in linea di massima positive, anche se siamo ancora agli inizi dello studio del fenomeno in oggetto e sarebbe quanto mai opportuno continuare ad approfondire la ricerca sotto l’aspetto sia qualitativo che quantitativo.
Quanto alla seconda questione, essa è di tipo più squisitamente teorico-metodolo gico ed attiene alla verifi ca della “robustezza” dell’ap- proccio da noi pro posto allo studio dei distretti industriali intesi come “comunità di popolazioni orga niz zative”. Su questo fronte abbiamo inte- so replicare e testare su questo caso di spe cie la metodologia HEDRON, da
noi elaborata a partire dallo studio del caso em blematico di un distretto marshalliano per antonomasia: quello pratese. Inoltre ci siamo interrogati sui risultati raggiunti dalla sua applicazione e sul signifi cato economico-
Luciana Lazzeretti, Nascita ed evoluzione del distretto orafo di Arezzo (1947-2001) ISBN 88-8453-128-4 (online) ISBN 88-8453-127-6 (print)
industriale delle informazioni raccolte, aprendoci agli interrogativi che il perseguimento di questa linea di ricerca comporta. In altre parole ci siamo chie sti: quale è stata l’effi cacia interpretativa del metodo? Quali le diffi coltà applicative fase per fase? Quali i miglioramenti-approfondimenti necessari? Se e in quale mi sura è opportuno continuare ad esplorare questo approccio di ricerca, considerati i forti investimenti iniziali e successivi necessari, in termini di raccolta-elabora zione-interpretazione dei dati?
Anche in questo caso il nostro bilancio fi nale ci appare incoraggiante, seppur il metodo presenti non pochi punti deboli ed incertezze. Esso costi- tuisce comunque un tentativo, crediamo interessante, sulla via della ricerca di formalizzazione teo rica delle forme di sviluppo locale.
Prima di passare a riassumere i principali risultati fi no ad ora raggiunti, ricor diamo quali sono state le unità di analisi adottate, quali i concetti e gli strumenti teorico-metodologici approfonditi, in modo da poter meglio comprendere e valu tare il percorso di ricerca che abbiamo seguito in que- sto primo studio.
6.2. Le unità di analisi, i concetti guida e gli strumenti impiegati
Prima di fare ogni ulteriore commento dobbiamo ribadire che questo studio si è limitato all’analisi della sola “comunità distrettuale industriale” e non sono state prese in considerazione né la comunità locale delle perso- ne, né la comunità delle istituzioni del sistema locale. Questo ci impedisce di fare qualsiasi tipo di considera zione diretta in ordine ad un “presunto grado di distrettualizzazione indu striale” in senso becattin-marshalliano (Becattini, 2000, p. 200), poiché non viene rilevata la componente “so- ciale” dell’area industriale in questione, anche se alcuni elementi indiretti possono essere insiti nell’unità di riferimento dal punto di vista della loca- lizzazione (SLL). Possiamo però dare una prima interpretazione sul grado di di strettualizzazione della presente forma distrettuale, limitatamente alla compo nente squisitamente produttiva.
A. LEUNITÀDIANALISIASSUNTE
L’unità di analisi principale che abbiamo usato dal punto di vista degli attori è stata la “comunità distrettuale industriale” (ovvero il cluster delle imprese della fi liera) defi nita dall’insieme delle 96 popolazioni di imprese di approvvigionamento, produzione, vendita e macchinari per l’orefi ceria.
L’altra unità di riferimento dal punto di vista della localizzazione, è stato il si stema locale del lavoro n. 352, che considera nove comuni (Arezzo, Capolona, Castiglion Fibocchi, Castiglion Fiorentino, Civitella in Val di
Note conclusive
Chiana, Laterina, Monte San Savino, Perugine, e Subbiano), fra i quali il più importante è Arezzo.
Successivamente abbiamo effettuato due aggregazioni delle popolazioni di im prese (otto macro-popolazioni e tre multi-popolazioni) per cercare di meglio com prendere la divisione del lavoro, le interrelazioni fra imprese ed i rapporti con il mercato fi nale. I criteri seguiti per le aggregazioni sono stati: l’oggetto sociale per le macro-popolazioni e la presenza del marchio d’identifi cazione per le multi-popolazioni.
Nel primo caso abbiamo scelto questa variabile sia per individuare la specializ zazione produttiva che per avere indicazioni sulla divisione del lavoro fra le im prese della fi liera. Nel secondo caso, preso atto delle vigenti disposizioni di legge, abbiamo pensato che questa discriminante fosse valida, da un lato, per segnalare il rapporto diretto con il mercato, e dall’altro, per avere indicazioni indirette sui rap porti di sub-fornitura e sui possibili mercati di fase.
Mentre le analisi a livello di comunità distrettuale nel suo complesso sono state relativamente soddisfacenti, lo stesso non può dirsi per tutti gli studi effettuati a li vello di macro- e multi-popolazioni. Questi ultimi, pur essendo non sempre ugual mente signifi cativi ed interessanti, hanno rappresentato comunque un primo tenta tivo utile per rilevare i differenti comportamenti delle imprese fi nali rispetto a quelle in conto terzi, di fase, di intermediazio- ne commerciale o di produzione di macchine per l’orefi ceria.
Probabilmente, sarebbe auspicabile per il futuro arrivare ad un maggior livello di dettaglio, studiando direttamente le popolazioni di base (in par- ticolare le popola zioni core), approfondendo ulteriormente l’analisi della fi liera ed esplorando i rap porti inter-popolazioni in termini di coevoluzione (competizione, simbiosi, preda-predatore, ecc.) (Lazzeretti e Terchi, 2002).