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1. I regesti

d ogni documento1 corrisponde un regesto. Ciò non vale però nei

casi di parti accessorie (consensi, entrate in possesso) o di azioni giuridiche risultanti dall’attività di soggetti diversi (ad es. procure delle controparti); le une e le altre sono state ridotte ad un’annotazione posta al termine del regesto del documento capitolare cui sono connesse. Una drastica semplificazione hanno subìto anche documenti strutturalmente complessi quali gli atti processuali: si è preferito presentare ogni proce- dimento sotto forma di un riassunto che enuncia le parti in causa, l’oggetto della lite e gli estremi cronologici della documentazione relati- va. Sono state ridotte a due soli regesti anche le due lunghe serie di con-

fessiones legate alla ricognizione dei beni del Capitolo in val di Fiemme

(nn. [575, 670]). Gli elenchi di persone (ad es. affittuari, testimoni, servi tenuti a presentare giuramenti di fedeltà) sono solitamente riportati per esteso quando i presenti non sono più di quattro: altrimenti viene per lo più indicato solo il numero complessivo.

Quando le caratteristiche del documento lo richiedono vengono di- stinte, all’interno del regesto, due o più parti, contrassegnate da lettere (a., b., c., d.).

Ogni regesto è preceduto da un’intestazione e seguito da un appara- to.

I. L’intestazione è composta da:

1 Il documento è «una testimonianza scritta di un fatto di natura giuridica, compilata

coll’osservanza di certe determinate forme, le quali sono destinate a procurarle fede e a darle forza di prova» (così Cesare Paoli citato inPRATESI, Genesi e forme, pp. 7-

8). Come nota lo stesso Pratesi, «oggi si manifesta peraltro la tendenza a dilatare il concetto di documento oltre i limiti dello stretto rapporto con la natura rigorosa- mente giuridica del suo contenuto». Anche in questa raccolta si è considerato avente carattere documentario tutto il materiale d’archivio che può costituire fonte per la ricerca storica, prescindendo dalla sua validità giuridica (quindi, ad esempio, anche gli inventari, le minute, gli elenchi ad uso interno).

a. il numero d’ordine progressivo (nell’appendice in cifre romane), posto tra parentesi quadre quando si tratta di notizia di documento de- perdito;

b. la data, secondo lo stile moderno, tenendo conto che lo stile co- munemente utilizzato in area trentina era invece quello della natività, per cui l’inizio dell’anno nuovo era anticipato al 25 dicembre; essa è po- sta tra parentesi quadre quando è congetturale o ricostruita;

c. tra parentesi tonde, una definizione che indica la tipologia del do- cumento. In molti casi essa è evidente e si conforma ad una terminolo- gia corrente (donazione, locazione, permuta, procura, quietanza, rico- noscimento di affitto [confessio], riconsegna [refutatio], sentenza, te- stamento ecc.), in altri è invece più generica o solo descrittiva (confer- ma, elenco di affitti, lettera ecc.).

II. Il regesto è composto da:

a. il testo, nel quale è definita l’azione giuridica (quando possibile con unica frase, riservando la proposizione principale a quella più im- portante) e vengono detti i nomi degli attori;

b. seguono, dopo un breve spazio tipografico, i nomi dei canonici presenti ma non direttamente coinvolti nell’azione giuridica, quando questi risultano distinti da quelli dei testimoni;

c. l’elenco dei testimoni; d. il nome del notaio;

e. dopo un ulteriore breve spazio segue, tra parentesi quadre, la se- gnalazione dell’esistenza di eventuali atti accessori quali entrate in pos- sesso, autorizzazioni da parte di terzi ecc. o, nei casi di processi, le date in cui si svolse il dibattimento.

Il regesto è in lingua italiana, con le seguenti eccezioni: le forme onomastiche o microtoponomastiche desuete; le forme cognominali; gli appellativi e i termini non compresi dal curatore; i termini per i quali la traduzione2 è apparsa difficile, se non con una perifrasi, o inopportuna.

Questi e quelle sono rimasti in latino e sono contraddistinti dal carattere corsivo (si noti che nella trascrizione è stata usata la lettera z invece della più consueta ç, data l’equivalenza fonetica dei due segni). In alcuni casi

2 Per la traduzione ci si è serviti di: DU CANGE, Glossarium; AZZOLINI, Vocabolario ver-

nacolo-italiano; FORCELLINI, Lexicon; SCHNELLER, Tridentinische Urbare, pp. 140-

162; RICCI,Vocabolario trentino-italiano;SELLA, Glossario; BATTAGLIA, Grande di-

zionario della lingua italiana; HUTER, Tiroler Urkundebuch, Sachweiser; CAMPA- GNOLO, Le case di Trento.

il vocabolo latino è stato invece aggiunto tra parentesi quadre alla tra- duzione italiana, per permettere al lettore il confronto con l’originale.

Quello che segue è un piccolo glossario delle voci lasciate in latino, nel quale compaiono anche alcune note esplicative per termini che, pur esistendo in italiano, sono poco usati o risultano usati, nei regesti, in ac- cezioni diverse rispetto a quelle più consuete:

amiserum, amisserum, amesserus, amesere, amissere: consegna di una determi-

nata quantità di generi alimentari.

aqueductus: complesso di opere per la condotta e la distribuzione delle acque;

ma anche: diritto di far passare le acque su fondi altrui a vantaggio dei pro- pri.

becarius: macellaio.

bobulcus: guardiano o conduttore di buoi.

borserius, burserius: fabbricante di borse; oppure: incaricato di riscossioni o

pagamenti, cassiere.

broilum, broylum, brolum, brollum, broletum: terreno circondato da siepi, con

alberi da frutto.

burgravio: comandante militare del castello (ted. «Burggraf»).

butiglarius: custode delle bevande, coppiere (da butta, botte). calcherus: addetto alla fornace per la cottura della calce. caligarius, calliarius: colui che fabbrica scarpe, calzolaio. caminata: stanza con camino.

canipa: cantina, magazzino destinato alla conservazione di generi alimentari. carrezium: onere del trasporto con carri.

Casadei, uomini della -: servi della Chiesa.

casaliva, terra -: terreno sul quale è costruito (o si può costruire) un casale, ossia

un’abitazione rurale (?).

casamentum: forse termine generico per indicare un complesso edilizio. castelata: carro con botte per il trasporto dell’uva pigiata; anche unità di misu-

ra.

cellarium: magazzino, dispensa (sinonimo di canipa).

cellerario o canipario: custode della cella o della canipa, magazziniere; ammini- stratore di beni.

cerdo: nel latino classico, chi esercita un mestiere umile; nel medioevo, chi lavo-

ra il cuoio.

Codex: il codice di diritto canonico, o quello di diritto civile.

colonello: frazione, porzione di un’unità (in questo caso: del patrimonio); si ve- da p. 22, nota 15.

colta: tassa dovuta dai servi.

confetor: colui che prepara i dolci (confecta). copertor: costruttore di tetti.

covalum o covelum: riparo naturale sotto una parete rocciosa

curia: quando è in corsivo è la casa di campagna con terreni annessi, ed è dun-

que sinonimo di maso e di curtis (talvolta indica semplicemente il cortile in- terno); in tondo si intende secondo il significato di «tribunale».

curtis, vedi curia.

decimator, decemannus, decimanus, desemanus: colui che riscuote la decima. Decretum: quello di Graziano, la prima parte del Codice di diritto canonico.

edificio: non la casa, ma una struttura accessoria rispetto a quella portante.

empra: secchio (anche unità di misura).

faber, fabrus: genericamente «artigiano», qui probabilmente «fabbro» (sinoni-

mo di ferarius)

familia: l’insieme della servitù. familiaris, familius, famulus: servo. ferarius: fabbro ferraio, maniscalco. fisicus, phisicus: medico (non chirurgo).

fratta: bosco, macchia folta ed intricata. fuoco: nucleo familiare.

gastaldo (gastaldus, gastaldio): amministratore di beni (in origine, del re longo- bardo).

guerchus: strabico.

hora, ora: settore, contrada.

intratica: entratura, cifra dovuta dall’affittuario al momento dell’entrata in pos-

sesso.

iuncata o zumcata: formaggio fatto con latte di pecora o di capra, fatto asciuga-

re in un cesto di giunchi.

laborerium: cantiere (sinonimo: «fabbrica»).

macinata: insieme degli uomini non liberi al servizio di un signore (it. «masna-

da»).

magister (a volte maister): sia la persona che ha concluso un corso di studi, sia il

maestro artigiano.

massaro: custode della massa (dei beni); sinonimo di canipario.

menaita, menayta: obbligo consistente nel trasporto di merci (in un caso: porta-

ta in un pasto).

mercerius: commerciante al minuto.

mezena: ognuna delle due parti in cui viene tagliato il corpo del maiale macella-

to.

miles: non il soldato ma il cavaliere, l’uomo potente che usa le armi. molinarius o molendinarius: mugnaio, addetto al mulino.

monaco/monaca: sacrestano/sacrestana, custode di una chiesa.

murarius: muratore, campomastro. nitor: colui che pulisce (?).

novale: terreno da poco messo a coltura.

obliario: colui che ha l’incarico di riscuotere una tassa (oblia).

panico (e: panigale?): cereale simile al miglio (Panicum italicum).

parolarius: fabbricante di paioli.

peliparius, pilliparius, pilizarius, plizarius, pelizarius: conciapelli. polinarius: allevatore di polli (?).

pontesellus, ponticella, ponticellus: balcone, ballatoio (dial. «pontesèl»). pradaia, magister de - : tagliapietre.

preco: banditore, messo, colui che annuncia le decisioni giudiziarie.

prego (bestia de -): anticamente, animale offerto al re dagli uomini liberi; quin-

di, pagamento di una tassa.

regolanus: capo della regola, capocomune. a Rotis: dalle ruote (fabbricante di ruote?).

salerius o sailerius: esattore di tributi (originariamente in sale). saltarius: guardia campestre, custode dei campi.

scamarida: porzione di carne di maiale. scancius: coppiere (ted. «Schenk»).

scandella: varietà di orzo (Hordeum disticum).

scandole: tavole di legno di modesto spessore, di solito usate per la copertura di tetti.

scaria (anche ascaria, esscaria): l’ambito dell’amministrazione dello scario;

l’insieme delle rendite a lui dovute; l’edificio dove venivano consegnate tali rendite.

scario (scarius, scario): amministratore di beni (in origine, ufficiale minore dell’amministratore longobarda, sottoposto al gastaldo).

scriba, scriptor: scrivano, colui che scrive.

scutifer: scudiero (anche nel senso di persona a servizio, accompagnatore). sedimen: spazio edificato o destinato alla costruzione di un edificio. segator, segaderus: colui che falcia (la messe, il fieno).

a Seraturis, ab Inseraturis: dalle serrature (cioè fabbricante di serrature).

siligine (siligo): varietà di frumento (Triticum hybernum).

spisarius: chi si occupa della spesa, economo, amministratore. stabulum: stalla, ricovero (di animali) o anche locanda, osteria. stagerius: servo che che è tenuto a risiedere in un determinato luogo. a Stagnatis: fabbricante di recipienti in stagno (stagnate).

stazonerius: chi esercita il commercio in un luogo fisso (statio: bottega). stupa: camera riscaldata.

terminator: incaricato di tracciare i confini.

a Vegetibus, a Veietibus: dalle botti (cioè costruttore di botti). vercius, vercus, wercus, werchius, werzus: operaio (ted. «Werker»). viator: messo, inviato.

vicus: quartiere, via fiancheggiata da case.

villanus: chi abita nella villa, contadino-servo tenuto a risiedervi. zavatarius, zavatarus, zavatinus: colui che ripara le scarpe, ciabattino. zorra: recipiente di terracotta (dall’arabo, it. «giara»).

Nei regesti, gli interventi del curatore sono posti tra parentesi qua- dre: in pochi casi si tratta di informazioni giudicate necessarie ed altri- menti non presenti (ad es. il numero d’ordine di un papa), altre volte si tratta invece di integrazioni di parole illeggibili per danno della perga- mena; nei casi in cui l’integrazione non sia stata possibile sono stati inse- riti tre puntini ([...]), mentre tre asterischi (***) segnalano l’omissione di un nome da parte dello scriba, che ha lasciato lo spazio in bianco. Il punto di domanda ([?]) segnala un dubbio nella lettura o la mancata comprensione del testo, un punto esclamativo ([!]) ciò che appare esse- re un errore dell’estensore.

III. L’apparato, in corpo minore, è composto da: a. le indicazioni relative alla tradizione del documento:

(i) se è un originale o una copia (in tal caso, redatta quando e da chi; è sottinteso che si tratta di una copia autenticata, a meno che non venga espressamente indicato che è semplice o imitativa);

(ii) la posizione archivistica. Si trova scritto per esteso il nome dell’archivio e, in corsivo, quello del fondo; le uniche sigle sono ACapTn (Trento, Archivio del Capitolo della cattedrale), APV (Archi- vio del Principato vescovile), ASTn (Trento, Archivio di Stato), BComTn (Trento, Biblioteca Comunale). In alcune capse dell’Archivio Capitolare le singole pergamene non sono ancora state numerate, e quindi le cifre poste tra parentesi costituiscono una segnatura provviso- ria. Nella segnatura, le lettere poste dopo il numero e la barra indivi- duano le parti di un’unità archivistica complessa: se maiuscole indicano che si tratta di pergamene cucite assieme, se minuscole di pergamene sciolte. Nel caso in cui si abbiano documenti distinti posti su uno stesso supporto, sono state aggiunte ulteriori specificazioni (I parte, II parte... doc. 1, doc. 2,... I, II,...). Se è nota una segnatura archivistica preceden- te, questa è aggiunta tra parentesi tonde;

(iii) il tipo di supporto fisico (pergamena o carta sciolta, registro per- gamenaceo, fascicolo cartaceo), in qualche caso il suo stato di conserva- zione (specie quando particolarmente precario) e la sua eventuale ap- partenenza ad un’unità archivistica complessa (con le opportune descri- zioni o il rinvio ad esse; i numeri tra parentesi quadre corrispondono, come sempre, ai regesti). La descrizione del supporto fisico è stata po- sposta alla segnatura archivistica per poter inserire queste ultime speci- ficazioni senza complicare eccessivamente l’apparato.

I punti (i), (ii) e (iii) sono ripetuti tante volte quante ci è stato tra- mandato il testo in esame.

b. dopo un breve spazio tipografico, seguono: (i) le edizioni del testo;

(ii) i regesti; (iii) le traduzioni.

L’assenza della parte b. dell’apparato implica che il documento è inedito.

c. dopo un altro breve spazio, sono riportate altre annotazioni, di so- lito concernenti la datazione.

2. L’onomastica

I nomi di persona sono preceduti da d. (o d.na, d.ni) quando nel te- sto è presente il titolo dominus o domina.

L’onomastica è stata italianizzata in tutti i casi in cui è parso che i nomi di persona abbiano avuto un qualche esito nel linguaggio moder- no (sono stati tradotti Abelino, Abramo, Abriano, Achille, mentre sono rimasti in latino Abretus, Achilexus, Acomasius, Adelecta...: i margini di arbitrarietà sono purtroppo evidenti). In alcuni casi si è però contravve- nuto a questa regola: quando è sembrato che le varianti grafiche di un nome fossero eccessivamente diversificate, queste sono state rispettate (è il caso dei nomi del tipo «Roberto/Ruperto»: Ropretus, Ruprectus,

Ruoprectus, Ropertus, Roprectus ecc.; «Ulrico/Udalrico»: Odolricus, Ol- doricus, Olricus, Udelricus, Uldericus, Uoldericus ecc.; «Gottschalk»: Godscalcus, Goschalcus, Gotscalchus, Goxalchus, Gozalchus ecc.).

Nell’indice si è provveduto poi a raccogliere le varianti sotto un’unica voce.

La preposizione de, che generalmente segue il nome e precede l’indicazione toponomastica, è stata quasi sempre tradotta con «da», tranne i casi in cui si trattava di conti (di Appiano, di Gorizia, di Tirolo, di Ultimo) o i casi in cui la tradizione storiografica consolidata preferi- sce l’utilizzo della preposizione «di» (di Vanga).

Le uniche sigle utilizzate nell’onomastica (oltre a d., d.ni, d.na) sono quelle che indicano l’appartenenza di un religioso ad un ordine: o.e.s.A. (ordo eremitarum sancti Augustini, agostiniani o eremitani); o.p. (ordo

predicatorum, predicatori o domenicani); o.f.m. (ordo fratrum minorum,

minori o francescani).

3. La toponomastica3

È stata adottata la toponomastica italiana ufficiale (le versioni tede- sche dei toponimi altoatesini sono presenti nell’indice). Il termine latino è stato aggiunto a quello italiano, in corsivo e tra parentesi quadre, quando particolarmente dissimile. I toponimi non individuati sono stati lasciati in corsivo.

Nei regesti si è dato conto dell’appartenenza di un toponimo ad un determinato ambito geografico (pertinenza, pieve, giurisdizione, dioce- si) solo nei casi in cui ciò era specificato dal testo. Nell’indice, invece, è stata aggiunta alle località non comprese nell’attuale provincia di Trento l’indicazione della provincia, e ai toponimi che non coincidono con un comune attualmente esistente l’indicazione del comune. In questo mo- do, con l’ausilio di un atlante (per esempio l’Atlante Stradale del Tou- ring Club Italiano, in scala 1:200.000) sarà possibile rintracciare la posi- zione di tutti i toponimi menzionati.

La toponomastica relativa alla città di Trento è quella riportata dalle fonti; quando possibile, nell’indice è stata specificata la corrispondenza con quella attuale.

4. Le monete4

Nell’area trentina era in vigore il sistema monetario detto «verone- se». La lira (libra) d’argento era divisa in 20 soldi, ognuno dei quali era pari a 12 denari (per cui 1 lira = 240 denari, detti anche denari piccoli o semplicemente piccoli); 10 lire formavano una marca.

3 Principali strumenti utilizzati: per il Trentino: LORENZI, Dizionario Toponomastico

Tridentino; GORFER, Le valli del Trentino. Per l’Alto Adige: TOLOMEI, Prontuario

dei nomi locali dell’Alto Adige; TABARELLI, Castelli dell’Alto Adige; BITSCHNAU,

Burg und Adel in Tirol. Per Trento: CESARINI SFORZA, Piazze e strade di Trento, pp.

3-112; CESARINI SFORZA, Postille, 1942, pp. 85-102; 1956, pp. 432-453; BOCCHI –

ORADINI, Trento, pp. 50, 83; GORFER, Trento. Per il resto d’Italia: Annuario genera-

le dei comuni e delle frazioni d’Italia.

4 STELLA, Politica ed economia, pp. 1-50; RIZZOLLI, Le monete coniate a Merano, pp.

351-367; ROGGER,I principati ecclesiastici, p. 221; MURARI, I primi grossi della zecca

Come moneta circolante, quella battuta dalla zecca trentina ebbe, tra il XII e il XIII secolo, una certa fortuna. A partire dagli anni cinquanta iniziò però a battere moneta la zecca tirolese di Merano, la quale poco alla volta si impose soprattutto grazie al grosso da 20 denari che, emesso per la prima volta nel 1274, finì con il modificare parzialmente il sistema veronese e divenne il circolante argenteo più diffuso. La documentazio- ne in esame, a motivo del carattere conservativo delle formule contrat- tuali e della consuetudine di menzionare la moneta di conto piuttosto che quella effettivamente circolante, risulta poco utile a documentare tale transizione. 5. Le unità di misura5 I. Misure di lunghezza: a. per il legname: - il piede (a Trento 36 cm). b. per le stoffe: - l’ulna (a Bolzano 80 cm). II. Misure di superficie:

- il piovo (a Trento 3382 mq);

- lo staio (845,7 mq, 4 staia = 1 piovo); - l’arla (in uso a Caldaro);

- il campo (in uso a Pergine);

- lo iugero (in uso ad Appiano, ca. 2500 mq); - l’opera (in uso a Borgo, 4122 mq);

- la vaneza.

III. Misure di volume: a. per i cereali:

- il moggio (modium, a Trento circa 170 litri); - il moggiolo (forse 3 moggioli = 1 moggio);

- lo staio (starium, sextarium, circa 21,3 litri; 8 staia = 1 moggio); - lo staiolo (forse 3 staioli = 1 staio).

- la quarta (5,3 litri; 4 quarte = 1 staio).

5 MARTINI, Manuale di metrologia, p. 793; SCHNELLER, Tridentinische Urbare, pp. 140-

162; ROTTLEUTHNER, Alte lokale und nichtmetrische Gewichte und Masse. Come av-

b. per il vino:

- il carro (plaustrum, a Trento 628 litri);

- la castelada (in uso a Caldaro, forse pari al carro); - la brenta (104,6 litri; 6 brente = 1 carro);

- l’orna (urna) o concio (a Trento 78,5 litri; 1 orna = 3/4 brenta); - il conzolum (in uso a Pergine, forse 3 conzoli = 1 concio); - l’empra (in uso ad Appiano e Caldaro; forse come la pazeda,

6,6 litri). c. per l’olio:

- la galeta (forse 5 galete = 1 moggio, e allora 1 galeta = circa 34 litri; cfr. il n. [629], dove vi è un’equivalenza secondo la quale la galeta rivana ammonterebbe a circa 37 litri). Talvolta è usata anche per i cereali.

IV. Misure di peso:

- la libbra (a Trento, 0,336 kg);

- il moggio (come misura di peso equivale forse a 72 libbre, circa 24 kg);

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