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1. Come molte altre glosse del commentario al Daodejing di Bai Yuchan (per la traduzione integrale in lingua italiana si rimanda a Cadonna 2001), anche l’utilizzo del cerchio vuoto come glossa viene ripreso da Li Daochun nel suo commentario (Li se ne serve solamente quattro volte, rispetto alle sessantaquattro di Bai). Come rilevato da Cadonna, il cerchio vuoto sta a simboleggiare il Tao considerato in sé, ovvero nella sua natura incondizionata impossibile da esprimere a parole. In quanto Infinito che tutto contiene e che nulla lascia all’infuori di se stesso, oltre all’interno del cerchio va considerato anche tutto ciò che rimane al di fuori della sua circonferenza (cfr. Cadonna 2001, introduzione e pp.121-122).

2. Non lo si vede e ciononostante è estremamente vicino, è estremamente vicino e ciononostante non lo si vede. Per comprendere meglio il significato di questa glossa, riportiamo quanto dice Bai Yuchan in una delle venti quartine raggruppate sotto il titolo di «Con il braccio piegato [a far da cuscino]» (qugong shi ershi shou 曲肱詩二十首): «

我有隨身一顆珠 Sulla mia persona porto una perla; | 見時自有覓時無 quando la si è

vista ha un’esistenza propria, ma se la si cerca non se ne trova traccia» (cit. Cadonna

2010, p.35). Il commento di Li Daochun e la «perla» alla quale allude Bai Yuchan non si riferiscono ad altro che alla Realtà Incondizionata (il Tao), la quale, nonostante rappresenti ciò che ogni essere ha di più prossimo, non viene né vista né riconosciuta per quello che veramente è.

3. L’Esistenza genera la Non-esistenza, la Non-esistenza genera l’Esistenza. L’interpretazione per così dire «semplicistica» fornita da Li Daochun al verso del Daodejing «l’Esistenza e la Non-esistenza si generano a vicenda», non deve trarre in inganno. Non bisogna mai dimenticare che Esistenza e Non-esistenza non sono due principi paritari, e che non c’è reciprocità tra di essi. L’Esistenza, in quanto «matrice» che contiene in sé tutte le possibilità di manifestazione, è compresa in principio nella Non-esistenza, costituendone di fatto un suo aspetto. Come si legge infatti nel capitolo 40: «La Molteplicità delle cose del mondo nasce dall’Esistenza,l’Esistenza nasce dalla Non-esistenza».

4. È un’unica cosa col Vuoto Supremo. «Vuoto Supremo» (Taixu 太虛) è il termine

utilizzato dal filosofo neo-confuciano Zhang Zai 張載 (1020-1077) per riferirsi al qi

indifferenziato, ovvero il qi nello stato che precede la sua differenziazione nelle forme molteplici. Per un ulteriore approfondimento si rimanda alla successiva nota numero 49.

5. «Una volta Yin e una volta Yang». Citazione abbreviata dall’ Yijing 易經 (Classico

dei Mutamenti): «一 陰 一 陽 之 謂 道 。Una volta Yin e una volta Yang è ciò che si

chiama Tao» (dalla sezione Xici shang 繫 辭 上). In accordo a questa celebre frase,

sebbene sia stata definita «espressione del ritmo del Tao», l’alternanza dello Yin e dello Yang rimane prerogativa del mondo manifestato e della Molteplicità degli esseri, in quanto caratterizzati dalla costante del mutamento. Come si legge nel Liezi: «Fa sì che vi sia nascita ma non nasce; fa sì che vi sia trasformazione ma non si trasforma. Ciò che non nasce è capace di far nascere ciò che nasce; ciò che non si trasforma è capace di far trasformare ciò che si trasforma» (cit. Cadonna 2008, pp. 5-7). È qui ben rappresentata la subordinazione della prospettiva cosmologica (espressa dall’alternanza polare Yin- Yang) alla prospettiva metafisica (caratterizzata da una perfetta immobilità e immutabilità).

6. «La Via del Cielo consiste nel ridurre ciò che è in eccesso e nell’accrescere ciò che è in difetto. La Via della Terra consiste nel trasformare ciò che è in eccesso e ricondurlo a ciò che è in difetto. Gli spiriti sottili danneggiano ciò che è in eccesso e accordano il loro favore a ciò che è in difetto. La Via dell’uomo consiste nel disprezzare ciò che è in eccesso e nell’apprezzare ciò che è in difetto». Citazione dal commento all’esagramma qian («l’umiltà») nella sezione Tuan Zhuan 彖傳 dell’Yijing.

7. Diffondendo le quattro virtù, accresci e prenditi cura dei sentimenti di tutto il popolo. Con l’espressione side 四德 ci si riferisce forse alle «quattro virtù» o «quattro potenze»

di cui si fa menzione nell’Yijing, le quali, in accordo al ciclo delle quattro stagioni, scandiscono i ritmi vitali di tutti gli esseri: yuan 元, la potenza che esprime la virtù della

primavera e dell’Est, dell’impulso primordiale e dell’inizio. È associata a ren

(Umanità); heng 亨, la potenza che esprime la virtù dell’estate e del Sud, dello sviluppo

virtù dell’autunno e dell’Ovest, della realizzazione del bene e della regressione (dopo un’espansione). È associata a li (Condotta rituale); zhen 貞, la potenza che esprime la

virtù dell’inverno e del Nord, della trasformazione e del rinnovamento. È associata a zhi

智 (Saggezza).

8. Come la molteplicità dei fenomeni non è che un unico Cuore. Con questa glossa Li Daochun si rifà chiaramente alla «dottrina del Cuore» di Bai Yuchan, dottrina cardine del suo commentario al Daodejing. Secondo l’interpretazione qui fornita dal Li, i trenta raggi di una ruota convergono in un unico mozzo, così come ogni aspetto della molteplicità è contenuto in principio nel Cuore, riflesso della Realtà Incondizionata nel centro di ogni singolo essere.

9. Proprio perché quella di acqua e terra è una combinazione vuota [in quanto fenomenica], essa porta a compimento l'utilità del vaso. Jiahe 假合 è un’espressione

buddhista utilizzata per indicare i fenomeni (fa/dharma), considerati come «vuoti» in

quanto costituiti dalla combinazione di elementi condizionati e privi di realtà propria.

10. Concentra la vista e rovescia l’udito all’interno. A questo proposito si consideri l’espressione «rovesciamento della contemplazione» (fanguan 反 觀), utilizzata dal

Maestro neo-confuciano Shao Yong 邵 雍 (1011-1077) sotto la diretta influenza del

Buddhismo Chan. Secondo la dottrina Chan, infatti, è solo per mezzo della «contemplazione interiore» che è possibile cogliere la cosiddetta «Natura di Buddha» (foxing 佛性), mentre secondo Shao Yong è la contemplazione del Principio all’interno

di sé che permette di realizzare il medesimo Principio (li 理; concetto centrale nella

corrente di pensiero neo-confuciana per il quale si rimanda alla successiva nota numero 56) nel quale la Molteplicità delle cose ha la sua ragion d’essere.

11. «Nulla è più evidente di quanto è nascosto, nulla è più manifesto di quanto è sottile». Citazione dal primo capitolo del Zhongyong 中庸 (Il Giusto Mezzo): «道者也,不可須

臾離也;可離,非道也。是故,君子戒慎乎其所不睹,恐懼乎其所不聞。莫見乎

隱,莫顯乎微,故君子慎其獨也。Dal Tao non è possibile separarsi nemmeno per un

cauto verso ciò che non vede e timoroso verso ciò che non ode. Nulla è più evidente di quanto è nascosto, nulla è più manifesto di quanto è sottile. Ecco perché L’Uomo esemplare è vigile nella solitudine».

12. Nel luogo in cui si nasconde la propria individualità non vi è più traccia [di condizionamenti]. Attribuita a Chuanzi heshang 船子和尚 (il monaco Chuanzi; di nome

De Cheng 德诚), eminente poeta e maestro Chan di epoca Tang (618-907), questa frase

si compone di due parti: «藏 身 處 沒 踪 跡 , 沒 踪 跡 處 莫 藏 身 。Nel luogo in cui si

nasconde la propria individualità non vi è più traccia [di condizionamenti], ma nel luogo in cui non vi è più traccia [di condizionamenti] non c'è più bisogno di nascondere la propria individualità». Questa frase del maestro Chuanzi è da mettere in relazione con la cosiddetta dottrina della «realizzazione discendente». Per colui che, attraverso un cammino ascendente, ha realizzato lo Stato Incondizionato, anche la realtà esteriore e contingente si rivelerà come nient’altro che un aspetto del Tao. Giunti a questo punto, non è più necessario continuare a «nascondere la propria individualità», ma sarà possibile ridiscendere nella realtà ordinaria e tornare ad occupare il proprio posto nel mondo (cfr. Cadonna 2001, pp. 144-145). Come Li Daochun commenta un verso del capitolo 63: «Proprio perché il Saggio non si mostra come tale, realizza la saggezza mescolandosi con gli uomini ordinari».

Anche la glossa di commento al capitolo 15, in cui si dice che i grandi maestri dell’antichità «apparivano come stupidi», è una descrizione di coloro che, completato il percorso ascendente fino all’identità con il Tao, ridiscendono nel mondo, mostrandosi talmente ordinari da poter essere paragonati a degli stupidi (cfr. Cadonna 2010, p. 210).

13. [La Realizzazione pervade l’essere in profondità come] il gelo penetra nelle ossa. Questa glossa di Li Daochun sembra rendere esplicito il commento di Bai Yuchan allo stesso verso del Daodejing, dove il «gelo» non viene menzionato: «得 處 徹 骨 。La

Realizzazione [pervade l’essere in profondità, come il gelo che] penetra nelle ossa». (cit. Cadonna 2001, p. 30). Quest’espressione si ricollega all’ambito del Buddhismo Chan insieme alla sua variante «penetra nelle ossa, penetra nel midollo» (chegu chesui 徹骨

徹髓).

15. apparivano come stupidi. Si guardi la nota numero 12.

16. La traduzione di questo verso è basata sulle versioni di Heshang gong e di Wang Bi, per le quali si rimanda alla tabella delle varianti testuali in fondo.

17. Si intende «attraversare le ere in profondo silenzio». Lijie 歷劫 è un’espressione

buddhista che significa «passare attraverso [innumerevoli] kalpa». Quest’ultimo è un termine sanscrito utilizzato per indicare una durata di tempo infinitamente lunga, la quale sta alla base della cronologia buddhista. Il termine cinese per kalpa è jiebo 劫波.

18. La traduzione di questo verso non tiene conto della versione del testo di Li Daochun, ma si basa sulle versioni di Wang Bi e He Shanggong riportate nella tabella delle varianti testuali.

19. Quando si usano conoscenza e intelligenza, [si è soggiogati dai] sensi e dalla coscienza karmica. Propriamente buddhista, l’espressione genchen根塵 si riferisce ai

sei organi di senso e alle percezioni che si originano dal contatto di quest’ultimi con il mondo sensibile. Infatti, rimanendo nell’ambito della terminologia buddhista, con l’espressione «sei radici» (liugen 六根) ci si riferisce ai cinque sensi più le facoltà della

mente (ecco perché si parla di sei sensi), mentre con l’espressione «sei impurità» (liuchen 六塵), viene indicato il risultato dell’interazione fra i sensi e il loro oggetto

nell’ambito della manifestazione (forme e colori, suoni, odori ecc.).

Anche yeshi 業識 è un termine tipicamente buddhista per indicare la cosiddetta

«coscienza karmica». Ovvero la coscienza individuale in quanto frutto, buono o cattivo, del proprio karma.

20. [qui il maestro] è premuroso come una vecchia nonna. Laopo xinqie 老婆心切 è

un’espressione utilizzata nel Buddhismo Chan per indicare l’atteggiamento premuroso e sollecito del Maestro (chanshi 禪師), che esorta e ammonisce i discepoli con ripetute

raccomandazioni.

21. L’uomo ordinario applica distinzioni, per il Saggio non esistono ‘questo’ e ‘quello’. Si rimanda alla successiva nota numero 24.

22. Pieno di vita. L’espressione huo po po de 活潑潑地 è di utilizzo comune all’interno

dei testi Chan.

23. Nella versione del testo contenuta nel Canone, questo verso si presenta privo di commento. Tenendo conto del contenuto di quest’ultimo, però, è molto probabile che anche Li Daochun, come Bai Yuchan nel suo commentario, si sia originariamente servito del cerchio vuoto. Infatti, anche l’espressione utilizzata dal Daodejing «da questo» (yici以此) costituisce, come il cerchio vuoto, un modo per riferirsi alla Realtà

Incondizionata in maniera diretta e non discorsiva (cfr. Cadonna 2001, pp.121-122).

24. si è un’unica sostanza e si ha una visione unificante. Nell’ambito della terminologia buddhista, con l’espressione «sostanza unica» (Yiti 一 體) ci si riferisce all’identità

sostanziale di tutte le cose, al di là delle differenze formali e materiali. Ciò che deriva dal prendere consapevolezza di ciò è una «visione unificante» (tongguan 同觀), grazie

al quale le distinzioni illusorie tra un soggetto e un oggetto, tra ‘questo’ e ‘quello’ vengono eliminate. Più volte nel commentario Li Daochun ribadisce questo concetto: «L’uomo ordinario applica distinzioni, per il Saggio non esistono ‘questo’ e ‘quello’» (glossa al capitolo 20); «si dimentichi la distinzione fra ‘questo’ e ‘quello’» (glossa al capitolo 80).

25. Nei tre mondi, il solo che possa essere detto ‘Venerabile’. Si tratta di un titolo onorifico tradizionalmente riferito al Buddha (duzun 獨尊 «il solo [degno] di

venerazione»), che viene qui utilizzato da Li Daochun per designare il saggio sovrano del Daodejing. L’espressione «i tre mondi» (sanjie 三 界) è invece la traduzione in

cinese del termine sanscrito triloka. Anche detti «i tre reami», costituiscono le tre divisioni dell’universo secondo la cosmologia buddhista: il «mondo del desiderio» (yu jie 欲界; karmadāthu), il «mondo materiale» (se jie 色界; rupaddāthu) e il «mondo

immateriale» (wu se jie 無色界; arupadāthu).

26. Quando si avanza non si pensa ai talloni. Quando si parla non si pensa alla punta della lingua. Sebbene il loro significato rimanga comunque poco chiaro, queste due glosse si prestano ad una seconda interpretazione: «[L’abilità] nel camminare non si trova nel tallone. [L’abilità] nel parlare non si trova sulla lingua».

27. Si intende «comprendere chiaramente la continuità tra causa ed effetto». Xiangxu

相續 è la traduzione in cinese del termine sanscrito saṃtāna, «continuità», utilizzato per

indicare una sequenza ininterrotta di cause ed effetti. Secondo la dottrina buddhista, nulla nell’ambito della manifestazione è dotato di permanenza. Essendoci però continuità nel modo in cui i fenomeni si manifestano, essi vengono erroneamente percepiti come dotati di realtà propria.

28. «[Solamente] in momenti di pericolo». Citazione abbreviata dai Lunyu 論語 (IV.5):

«君 子 無 終 食 之 間 違 仁 , 造 次 必 於 是 , 顛 沛 必 於 是 。L’Uomo esemplare non si

separa dall’umanità nemmeno per il tempo di un pasto, sia in momenti di confusione, sia in momenti di pericolo».

29. È ciò che si intende con «abbattere l’asta portabandiera». Apparentemente criptica, questa glossa allude ad uno dei 48 gong’an 公案 (in giapponese kōan) contenuti nella

raccolta «Il passaggio senza porta del lignaggio Chan» (Chanzong wumenguan 禪宗無

門關), compilata agli inizi del XIII secolo dal maestro Wumen Huikai 無門慧開 (1183-

1260). L’aneddoto, intitolato «l’asta portabandiera di Kashyapa» (Jiashe shagan 迦葉

刹竿), è il seguente: «迦葉因阿難問云:世尊傳金襴袈裟外,別傳何物? 葉喚云:

阿難! 難,應諾。葉云:倒却門前刹竿著。Kashyapa venne interrogato da Ananda:

‘A parte la Veste Dorata, il Sommo Venerabile (Buddha) vi ha trasmesso qualcos’altro?’. Kashyapa gridò: ‘Ananda!’. E Ananda rispose: ‘sì maestro?’. ‘Abbatti l’asta portabandiera all’ingresso [del tempio]!’ disse Kashyapa».

Kashyapa (Jiashe 迦 葉) e Ananda (Enan 阿 難) sono due dei dieci discepoli

principali del Buddha Śākyamuni (shi da dizi 十 大 弟 子). La bandiera innalzata su

un’asta (chagan 刹 竿) all’ingresso del tempio, invece, indicava che in quel preciso

momento era in corso un sermone tenuto dall’abate.

Infine, la singolare risposta di Kashyapa alla richiesta di Ananda costituisce uno di quei mezzi diretti e «non discorsivi» propri del Chan, finalizzati ad abbattere l’illusione del discepolo che si ostina a ricercare la Realtà Incondizionata (nirvāṇa) al di fuori di se stesso e della realtà ordinaria (saṃsāra), ovvero in quel «qualcos’altro» oggetto della curiosità di Ananda.

30. Il comandante in seconda occupa la sinistra, || Pur stimando la cedevolezza, || il comandante in capo occupa la destra. || pur stimando la rigidità. Tenendo conto dell’associazione sinistra\Yang - destra\Yin, ci si aspetterebbe che fosse il comandante in seconda ad attenersi alla rigidità\Yang, e che fosse il comandante in capo ad attenersi alla cedevolezza\Yin. Al contrario, l’interpretazione fornita da Li Daochun suggerisce la necessità di «controbilanciare» una situazione di tipo Yang mantenendosi nello Yin e viceversa.

31. Come potrebbe l’uomo allontanarsi dal Tao? Si guardi la precedente nota numero 11.

32. «Immobile nel silenzio, è il principio che unifica ogni aspetto della realtà». Citazione lievemente modificata dalla sezione Xici shang 繫辭上 dell’Yijing: «易无思

也,无為也;寂然不動,感而遂通天下之故。I Mutamenti sono al di là del pensiero

e al di là dell’azione; essi sono quieti e immobili, ma se stimolati, pervadono ogni aspetto della realtà».

33. «Come il Sovrano si serve dello stile Feng per educare i subalterni». Citazione abbreviata dalla «Grande prefazione» (Daxu 大序) dello Shijing 詩經 (Classico delle

Odi): «上 以 風 化 下 , 下 以 風 刺 上 。Come il Sovrano si serve dello stile Feng per

educare i subalterni, i subalterni si servono dello stile Feng per criticare il Sovrano». Secondo la «Grande prefazione», Feng 風 costituisce uno dei sei diversi stili attraverso

cui è possibile classificare le odi. Caratterizzato dall’uso di un linguaggio velato e allusivo, colui che se ne serve può muovere la sua critica senza rischiare di offendere colui che la riceve, il quale sarà in grado di comprendere i suoi errori e di correggere la sua condotta.

34. Ricercare lo straordinario è qualcosa di illusorio. Per il comportamento ordinario adottato dal Saggio si veda la precedente nota numero 12 .

35. Perché non vi prestano fede? Proprio perché [il Tao] è estremamente evidente. Li Daochun riprende alla lettera una glossa di Bai Yuchan al capitolo 17 del Daodejing: «

perché esso è assolutamente evidente» (cit. Cadonna 2001, p.34). Per quanto riguarda il tema dell’«evidenza del Tao», esso è da mettere in relazione con la dottrina della «realizzazione discendente» e con il concetto buddhista di identità tra saṃsāra e nirvāṇa di cui si è detto nelle note numero 12 e 29.

36. Sotto il giogo della grande illusione, vi è necessità del grande risveglio. Nell’ambito della terminologia buddhista, dami 大 迷 e dawu 大 悟 indicano rispettivamente i

concetti espressi dalle parole sanscrite māyā e bodhi. Māyā costituisce la «grande illusione» a causa della quale gli esseri manifestati percepiscono la realtà ordinaria (saṃsāra) come separata dalla Realtà Incondizionata (nirvāṇa). La bodhi, «risveglio» o «illuminazione», consiste proprio nel riconoscere l’identità tra saṃsāra e nirvāṇa, concetto dottrinale sintetizzato nella celebre formula del Chan: «平 常 心 是 道 。La

mente ordinaria è il Tao» (Per un’analisi più approfondita si rimanda a Cadonna 2001, pp. 133-134).

37. «Solo quando si schiudono le due parti [del guscio di una vongola], appaiono gli organi interni». Citazione dal commento del Maestro Huikai 慧開 al gong'an numero

18 della raccolta Chanzong wumenguan 禪宗無門關. Il gong’an è il seguente: «洞山和

尚因僧問:如何是佛。山云:麻三斤。Il Maestro Dongshan venne interrogato da un

monaco: ‘Che cosa è il Buddha?’. Dongshan disse: ‘Tre libbre di canapa’». Il commento di Huikai dice: «洞 山 老 人 , 參 得 些 蚌 蛤 禪 : 纔 開 兩 片 露 出 肝 腸 。 然 雖 如 是 , 且

道 : 向 甚 處 見 洞 山 。Il vecchio Dongshan era capace di esporre il ‘Chan delle

vongole’: solo quando si schiudono le due parti [del guscio], appaiono gli organi interni. Ma sebbene sia così, dimmi un po’: dove vedi Dongshan?».

38. «[L’Uomo esemplare] si mantiene vuoto per accogliere [i consigli] degli altri». Citazione lievemente modificata dal commento all’esagramma xian 咸 («l’influenza

reciproca») nella sezione Xiang Zhuan 象傳dell’Yijing: «山上有澤: 咸。君子以虛受 人 。Sulla montagna vi è un lago: [è l’immagine] dell’influenza reciproca. L’Uomo

esemplare si mantiene vuoto per accogliere [i consigli] degli altri». Come la montagna permette al lago di formarsi grazie al vuoto sulla sua vetta, così l’Uomo esemplare è pronto ad accogliere gli altri poiché è capace di mantenersi vuoto.

39. «[L’Uomo esemplare] si mantiene in basso per perfezionare se stesso». Si tratta del commento alla prima linea dell’esagramma qian («l’umiltà») nella sezione Xiang

Zhuan 象 傳 dell’Yijing: «謙 謙 君 子 , 卑 以 自 牧 也 。L’Uomo esemplare veramente

modesto è quello che mantenendosi in basso perfeziona se stesso».

40. «Si sia leali e solleciti verso gli altri, nient’altro». Citazione abbreviata dai Lunyu

論 語 (IV.15): «曾 子 曰 : 夫 子 之 道 , 忠 恕 而 已 矣 。Il Maestro Zeng rispose: ‘La

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