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Notte di maggio; In galleria

Nel documento Il poeta «ubriaco d’universo»: (pagine 92-96)

4. Ungaretti 1 Introduzione

4.2 Notte di maggio; In galleria

La sezione Ultime, appartenente a L’Allegria, nonostante il titolo fuorviante, risale al «periodo precedente la guerra» e contiene poesie «che seguivano un indirizzo che la guerra avrebbe completamente travolto» , esse rappresentano dunque un momento di 12

relativa ingenuità nella vita del poeta, quando gli orrori della trincea erano ancora sconosciuti.

GASPARINI A., Ungaretti e la precarietà della vita umana, pubblicato il 14/12/2012, http://

10

www.patrialetteratura.com/ungaretti-e-la-precarieta-della-vita-umana/ BOITANI, Il grande racconto delle stelle, cit., p. 403.

11

UNGARETTI G., Vita d’un uomo, Saggi e interventi, cit., p. 816.

A dominare l’immaginario vi è l’opposizione tra due nuclei tematici, «il mondo della nebbiosa metropoli milanese in dissonanza col solare universo africano» , che allude al 13

«dramma esistenziale dell’io lirico (la noia, la solitudine, il sentimento di estraneità dalla città […]) in interazione dialettica col recupero memoriale dei paradisi perduti della terra africana» . 14

Sono nato al limite del deserto e il miraggio del deserto è il primo stimolo della mia poesia. […] perché l’origine della poesia, è un’altra, è più segreta, è più fonda: l’origine della poesia è il contatto dell’uomo con Dio, è il contatto dell’uomo che non sa, che non potrà mai sapere. 15

Notte di maggio e In galleria si presentano come due poesie strettamente legate tra loro,

quasi un distico, che descrive le stelle in due contesti situazionali diversi, il primo positivo, l’altro negativo, reiterando attraverso di esse l’opposizione tematica (Alessandria-Milano) che caratterizza la sezione.

Notte di maggio, poesia brevissima, quasi un haiku, è caratterizzata dalla tenerezza della

descrizione e dalla grazia del dettato.

Notte di Maggio Il cielo pone in capo ai minareti

ghirlande di lumini 16

Come si vede, le stelle non vengono nominate mai in modo esplicito, si è in grado di cogliere l’allusione dell’ultimo verso solo alla luce della lettura del titolo («notte») e della parola «cielo» al v.1, eppure esse campeggiano nella mente del lettore. Guardando la struttura della poesia, infatti, si nota come «lumini» (la metafora che rappresenta le stelle) si trovi in una posizione privilegiata, inoltre esse sono parte del complemento oggetto, che viene posticipato rispetto alla sua normale occorrenza dopo il verbo

PAGLIA L., L’urlo e lo stupore, lettura di Ungaretti, L’Allegria, Firenze, Le Monnier, 2003, p. 62.

13

Ivi, p. 62.

14

UNGARETTI G., Vita d’un uomo, Saggi e interventi, cit., p. 817.

15

Idem, Vita, poetica, opere scelte, Milano, il Sole 24 ore, 2007, p. 143.

inserendovi i complementi di moto a luogo e di termine, con una pausa che va ad evidenziarle.

Anche dal punto di vista del significato le stelle hanno una particolare importanza, infatti esse appaiono come il punto di mediazione tra due estremi: l’alto e il basso, il cielo e la terra, la luce e l’oscurità.

Tale collegamento si concretizza nella suggestiva metafora assoluta dei «lumini» (introdotta e proseguita dall’azione metaforica del verbo «pone in capo»), collegata con il nesso prepositivo all’altro veicolo metaforico «ghirlande», e connotata da un movimento di grazia primaverile e di partecipazione affettuosa e quasi di comunione nuziale, con l’allusione alle coroncine dei fiori nel rito orientale delle nozze, ed introdotta, inoltre, dal duplice meccanismo di umanizzazione («pone in capo») del cielo e della terra (la quale è presentata in restrizione di sineddoche: «minareti»). 17

L’allusione alle nozze mistiche tra cielo e terra, dunque, oltre che dal procedimento di umanizzazione, è data anche dalla parola «minareti», che rimanda ad una dimensione religiosa e da «ghirlande», che come già visto richiama il rito nuziale. Questo ultimo termine però, nasconde anche una serie di allusioni letterarie, in particolare a due poeti francesi che l’hanno usata sempre collegata agli astri. Il primo è Apollinaire, che in

All’Italia scrive «E le notti s’adornano di ghirlande di fulgori» , mentre l’altro è 18

Malllarmé «lusso, sala d’ebano, in cui per sedurre un re si torcono nella morte ghirlande celebri» . Inoltre il termine implica «un ulteriore passaggio metaforico interno (fiori 19

disposti in ghirlanda)» : perciò nell’immaginazione le stelle prima si trasformano in 20

fiori e poi questi vengono accomunati alle ghirlande nuziali. Come si è visto nella nota alla poesia di Pascoli Con gli angioli, l’immagine degli astri come fiori è molto comune nella tradizione letteraria e Ungaretti se ne serve in un contesto che ricorda e replica la dolcezza del componimento pascoliano.

PAGLIA L., L’urlo e lo stupore, cit., p. 74.

17

APOLLINAIRE, All’Italia, citato in PAGLIA, L’urlo e lo stupore, cit., p. 74.

18

MALLARMÉ, Quand l’ombre menaça de la fatale loi, citato in PAGLIA, L’urlo e lo stupore, cit., p.

19

75.

PAGLIA L., L’urlo e lo stupore, cit., p. 74.

La poesia che segue, invece, stravolge completamente il tono della narrazione. In

galleria, infatti come si deduce anche dal titolo, sposta il setting nel pieno della

metropoli milanese in cui tutto è freddo e distaccato, persino le stelle.

In Galleria Un occhio di stelle ci spia da quello stagno

e filtra la sua benedizione ghiacciata su quest’acquario

di sonnambula noia 21

Si ripresenta l’opposizione tra alto e basso, cielo e terra, proprio come nella poesia precedente, ma questa volta i due estremi non trovano una comunione, e le stelle invece di essere suggello dell’unione, rimangono estranee: si vedano i verbi «spiare» al v. 2 e «filtrare» al v. 3, che sottintendono una barriera, un ostacolo.

La fonetica si irrigidisce in modo deciso, e si può notare un’abbondanza di fonemi duri come /k/, /g/ e /q/, «occhio, quello, questo, ghiacciato, acquario», che sottolineano la connotazione negativa dei termini utilizzati, tra cui «spiare, stagno, ghiacciata, sonnambula, noia». Il campo semantico dell’acqua appare come l’unica cosa che accomuna il cielo e la terra, il primo descritto con parole come «stagno» e «ghiacciato», la seconda con «acquario».

Tutta la poesia sembra muoversi in un mondo immaginario, di tipo naturale, solo dal titolo si comprende che, invece, la narrazione si svolge nel pieno della brulicante attività umana: la Galleria Vittorio Emanuele II. Grazie al titolo dunque si può riconoscere la cupola della galleria dietro il termine «occhio» e le vetrine dietro «acquario», un termine che porta alla deumanizzazione delle persone, viste come dei pesci.

Il messaggio della poesia dunque è quello di una critica alla vita moderna, di cui la galleria milanese appare il simbolo, e alla sua vanità che imprigiona gli uomini nella noia e nella ripetitività priva di significato delle convenzioni e delle mode. Le stelle, e dunque la natura, non possono che apparire distanti e distaccate da tutto ciò,

UNGARETTI G., Vita, poetica, opere scelte, cit., p. 144.

I deittici «quello» e «questo» stabiliscono l’asse oppositivo fondamentale tra il cielo stellato e la terra (Yang e Yin), suggerendo sotterraneamente, nello stesso tempo, il rispecchiamento simmetrico e la distanza, il contrasto, o l’ostilità, insinuati nella formulazione metaforica coordinata con quella ossimorica: la benedizione, ironicamente, ghiacciata - in opposizione implicita al calore affettivo o religioso dell’atto benedicente - che connota la filtrante luce astrale della fredda indifferenza, o dell’occhiuta inquisizione spionistica, o addirittura dell’influenza negativa sul mondo umano sottostante. 22

Tale indifferenza rammenta quella di un’altro astro, la fredda e tacita luna del Canto

notturno di Leopardi, e allo stesso tempo anche i versi del Ciocco di Pascoli:

Io mi rivolgo […]

alle Pleiadi, ai Carri, alle Corone,

indifferenti al tacito disastro; 23

Questa coppia di poesie giovanili di Ungaretti, dunque, presenta già una grande variabilità di possibili significati per le stelle, viste fin da subito non come mero dettaglio paesaggistico, ma come fonte di significati profondi. Nella prima viene raffigurata l’Africa in un ricordo del passato, nella seconda composizione vi è Milano nella contemporaneità, il caldo del deserto si oppone alle stelle ghiacciate dell’Italia, la nostalgia di un Eden ormai perduto si bilancia con la noia esistenziale della modernità.

Nel documento Il poeta «ubriaco d’universo»: (pagine 92-96)