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Una serie di libri, sul finire degli anni Novanta del Novecento, disegnano, seguendo alcuni interessi antropologici e socio-culturali, le linee estetiche (ed etiche) che Dorfles rileva e

IV. L’autentico, l’inautentico e l’attuale nell’arte d’ogg

2. Una serie di libri, sul finire degli anni Novanta del Novecento, disegnano, seguendo alcuni interessi antropologici e socio-culturali, le linee estetiche (ed etiche) che Dorfles rileva e

prospetta, proprio a fine millennio, per mostrare un mondo stravolto da pseudoeventi o, meglio, da fattoidi dell’arte e della società. Da un costume e da alcuni cerimoniali d’occasione putrefatti e indecenti. Dalle maglie del conformismo, infine, che si pone, per Dorfles, come la perdita e «la morte dell’autenticità»532.

Puntando i riflettori sui drammi e sugli effetti collaterali che appressano la società contemporanea, Dorfles, propone, in questo modo, una serie di riflessioni che fanno i conti con una società dei consumi e dei costumi che declassa l’unicità e l’originalità creativa a favore d’un incalzante gusto generalizzato e inautentico per proporre, ora, nuovi anticorpi utili anche, e soprattutto, per riscattarsi o rendersi incolumi dai flussi di una insana e incontrollabile virtualizzazione.

Proprio mentre Lea Vergine rilegge, dal profondo, alcuni andamenti estetici sul cattivo gusto – è il 1997 – radicalizzando le tesi dorflesiane con una mostra, Trash. Quando i rifiuti diventano arte533 (tenutasi al MART di Trento e Rovereto), mentre si parla di Sesto potere534 e di fine delle telecomunicazioni di massa535, e mentre l’editore Cortina traduce, in Italia, le

530 Il recupero di un tempo mitico si presenta, per Dorfles, «come successione di eventi» che trasmette,

«ad un tempo, una contemporaneità». G. Dorfles, Storia dell’arte vs critica d’arte, Post Scriptum apparso in «2a+P. Rivista quadrimestrale di progettazione», a. 1, n. 0, sett. 1999, p. 72ss.

531 G. Dorfles, Preferenze critiche, cit., p. 328, 329, 330. 532 G. Dorfles, Conformisti, Donzelli Editore, Roma 1997, p. 8.

533 L. Vergine, Quando i rifiuti diventano arte. Trash rubbish mongo, Skira, Milano 2006. 534 E. Martignano, V. Pasteris, S. Romagnolo, Sesto potere, Apogeo, Milano 1997.

ultime riflessioni sul mondo virtuale proposte, nel 1995, da Pierre Levy536, Dorfles dispiega un programma riflessivo teso a rilevare alcuni stati febbrili della Konsumgesellschaft in cui «molti aspetti culturali, artistici, ma anche semplicemente esistentivi, appaiono preda d’una globale o parziale, volontaria o involontaria falsificazione o feticizzazione»537.

Design. Percorsi e trascorsi del 1996, che transita tra alcuni argomenti centrali e alcune tattiche della nuova progettazione industriale, dall’emozionalità alla grafica pubblicitaria, dagli spot televisivi, sempre più interessanti da un punto di vista estetico, alla vaporeità del futuro, dalla feticistizzazione all’automodificabilità, dall’analisi dell’artigianato artistico a quella sul corpo umano e sulla seduzione degli oggetti538, per giungere, poi, ad un abbecedario di «opere d’arte costituite con lo stesso procedimento con cui si può costruire un oggetto di serie, un oggetto industriale»539. E poi Irritazioni540, finito di stampare il 25 febbraio 1997, seguito a ruota da Conformisti, ventiseiesimo numero delle Saggine Donzelli, dato alle stampe quasi in contemporanea – portato a termine il 13 marzo, soltanto sedici giorni dopo –, e Fatti e fattoidi, infine, pubblicato nell’aprile dello stesso anno, tratteggiano un disegno riflessivo in cui Dorfles fa risaltare, da punti di vista differenti, alcune problematiche

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P. Levy, Qu’est-ce que le virtuel?, La decouverte, Paris 1995; trad. it., Il virtuale, Cortina, Milano 1997. Dello stesso autore si vedano, inoltre, L’intelligence collective. Pour une anthropologie du

cyberspace, La decouverte, Paris 1995; trad. it, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 1996 e, a ritroso, L’ideographie dynamique. Vers une imagination artificielle?, La decouverte, Paris 1991. Per una più ampia lettura del virtuale in campo artistico ed

estetico si vedano almeno gli indispensabili A. Ferraro, G. Montagnaro, La scena immateriale.

Linguaggi elettronici e mondi virtuali, con saggi e contributi di A. Abruzzese, J. Baudrillard, A.

Caronia, I. Chambers, U. Eco, P. Fabbri, A. Ferraro, M. Maffesoli, E. Manzini, G. Montagnaro, Ph. Quéau, P. Virilio, J.-L. Weissberg, Costa & Nolan, Roma 1994; V. Flusser, Medienkultur, hrsg. v. S. Bollmann, Fischer Taschenbuck Verlag, Frankfurt am Main 1997; trad. it., La cultura dei media, postfaz. Di A. Borsari, Bruno Mondadori, Milano 2004 e, nella stessa collana, R. Diodato, Estetica del

virtuale, Bruno Mondadori, Milano 2005.

537 G. Dorfles, Fatti e fattoidi. Gli pseudoeventi nell’arte e nella società, Neri Pozza Editore, Vicenza

1997, pp. 9-10.

538 T. Carta, R. Dalisi, G. Dorfles, La seduzione degli oggetti. Annuario dell’artigianato artistico italiano 1997-98, Mondadori, Milano 1997.

539 G. Dorfles, Design. Percorsi e trascorsi, Lupetti – Editori di Comunicazioni, Milano 1996, pp. 9,

137-142, 147 e 154.

attuali – o, meglio, sfasature del gusto541 avverte Dorfles – che tendono non solo ad irrobustire il panorama dell’arte ma anche ad ottundere i sensi e ad omologare, lungo uno stesso viatico estetico, le papille gustative dell’arte e della vita.

Le irritazioni per una insana e massiccia forma di esibizionismo mediatico, per il mellifluo, per l’anancastico «presenzialismo» e per i «canoni d’una norma codificata»542; l’analisi dei conformismi della società contemporanea che tendono ad una costante «standardizzazione del pensiero e del sentimento»543 tesa a massaggiare la mente e ad addormentare «la coscienza» omogeneizzando il gusto estetico del vivente per renderlo finanche «pronto ad accettare il dominio della peggiore delle dittature»544. I fattoidi – «ossia un fatto che», ha precisato Dorfles, «è fittizio, non reale, simulato, o delusorio»545 – che invadono l’odierna società massmediale per creare non solo pseudoeventi546 e discrepanze «tra ciò che è autentico e ciò che è fittizio», ma anche un’algida mercificazione e un’attività feticistica del simbolo. Sono alcuni dei tralignamenti individuati da Dorfles in un panorama di situazioni che sospendono il riflessivo, l’ingegnoso e l’autentico per favorire e glorificare il banale e il mediocre. Difatti, «quello che contrassegna la nostra epoca», avvisa puntualmente Dorfles, «sta nella precarietà d’ogni carica simbolica, nella superficialità d’ogni costruzione metaforica, nella costante proliferazione di nuovi rituali, di nuovi mitologemi, la cui durata e il cui spessore si fanno ogni giorno più fragili»547, vaghi e confusi.

Dalle «gesta e le opere quanto mai ambigue della cosiddetta Scuola Viennese»548 alle sempre più incalzanti simulazioni elettroniche, per giungere, poi, ad una forma di «“ipertelia” tecnica»549 nonché ai modi e alle mode del momento che producono un’arte passeggera e

541 G. Dorfles, Irritazioni, cit., p. 93. 542 G. Dorfles, Irritazioni, cit., p. 84 e 85. 543 G. Dorfles, Conformisti, cit., p. 89. 544 G. Dorfles, Conformisti, cit., p. 90. 545 G. Dorfles, Fatti e fattoidi, cit., p. 10.

546 «Di giorno in giorno», evidenzia Dorfles dispiegando il senso del termine, «ci accade di assistere

alla scomparsa o alla disfatta dell’evento effettivamente accaduto o realizzato a favore di uno pseudoevento che ha tutte le apparenze della realtà ma è già in partenza soggetto a manipolazioni che ne inficiano la realtà (anche se ne conservano la “verosimiglianza”: quello che Aristotele definiva

eikòs» (G. Dorfles, Fatti e fattoidi, cit., p. 11). 547 G. Dorfles, Fatti e fattoidi, cit., p. 30. 548 G. Dorfles, Fatti e fattoidi, cit., p. 35.

549 E cioè «l’uso di tecniche e tecnologie nuove e inedite di cui si esageri l’impiego giungendo a quello

ipocritamente piacevole, Dorfles contrappone, ora, un’arte autentica – legata anche all’artigianalità – che è quella «rivolta proprio contro il buonsenso», contro la moda del momento «e contro il senso comune»550.

Da una parte la tecnocrazia e la computer art, incluse, naturalmente, le varie imprese dell’elettronica e del virtuale. Dall’altra la crudeltà sadica che si scaglia contro un corpo «divenuto “strumento” d’una libido patologica, con tutte le deformazioni possibili, fino a quelle mortali»551. Attorno a queste due grandi rotaie estetiche la circumnavigazione teorica di Dorfles pone l’àncora al di là di eventuali sottomissioni scientifiche – per svincolarsi, così, «dagli agguati della higth-tech»552 – con lo scopo di proiettarsi nuovamente tra le parabole del vivente e incoraggiare, infine, la «rivincita del corpo umano, non come corpo stuprato (o stupratore), come fonte d’ogni perversione, ma come strumento primo del Form-trieb e dello Spieltrieb (tanto per valerci di questi antichi concetti schilleriani): ossia d’un istinto, d’un indizio, verso la forma e il gioco, e, in generale, come strumento dei più antichi istinti di cui l’uomo è depositario»553.

3. Ora, spingendo il proprio sguardo e la propria curiosità tra i nuovi linguaggi e tra le nuove manovre dell’arte contemporanea, un’arte segnata, grossomodo, dal multiculturalismo, dalle esperienze extraeuropee, dai climi della diversità e del relazionale, dal New Internationalism e dal marginale, quasi a chiudere il secondo millennio, Dorfles rinnova – è il 1999, stesso anno in cui la Germania, dopo la caduta del muro (1998) trasferisce la capitale da Bonn a Berlino – le Ultime tendenze nell’arte d’oggi con un sottotitolo sintomatico, Dall’informale al Neo-ogettuale, teso a scansionare alcune profonde trasformazioni nel mondo dell’arte e della vita che hanno aperto una nuova «epoca ricca di impulsi artistici (o diciamo meglio “creativi”)»554, dove l’artistico è da leggere, certo, come dimensione privilegiata di un flusso creativo, edonistico e, spesso, privo di ricerca, riduttivo ed epidermico.

In questo nuovo scenario nel quale Dorfles si muove con la precisione di colui «che non ha mai distolto lo sguardo dal contemporaneo» e ha generato, tra l’altro, sempre, una preziosa e

550 G. Dorfles, Fatti e fattoidi, cit., p. 118. 551 G. Dorfles, Fatti e fattoidi, cit., p. 39. 552 G. Dorfles, Fatti e fattoidi, cit., p. 39. 553 G. Dorfles, Fatti e fattoidi, cit., p. 39.

costante «lettura del presente» – è il parere esposto da Ugo Volli – «come attività critica»555, «la nostra società» si presenta, avvisa Dorfles (e conviene citare ancora una volta per esteso), «condizionata da una situazione del tutto particolare, dovuta, da un lato, all’avvento della macchina e alla situazione consumistica che da questa discende; dall’altro, alla velocità dell’informazione, pure questa originata dalla meccanizzazione dei mezzi comunicativi. Si aggiunga a ciò la presenza, nella nostra epoca, più che in ogni precedente civilizzazione, d’una commercializzazione di taluni valori che agisce talvolta in maniera positiva ma il più delle volte in maniera del tutto negativa; dando forza e vigore a esperimenti epidermici e velleitari e non permettendo un evolvere autonomo di esperienze vitali, svincolate dall’elemento economico e commerciale»556. Una situazione impervia, difficile tanto per l’arte quanto per la critica e la teoria, aperta, inoltre, a sperimentazioni variegate e confuse, ad una cachessia creativa che invade il mondo dell’artistico producendo collassi estetici e una insana disneylandizzazione557.

Tuttavia, proprio in questa situazione climatica – burrascosa e, nel contempo, artisticamente statica – Dorfles traccia una mappa preziosa dell’ultimo ventennio del XX secolo offrendo e fissando «le principali tendenze» che, dopo «l’iperrealismo americano e la transavanguardia», si sono generate lungo gli assi centrocampisti di grandi movimenti e di grandi teorie.

Tra queste «principali fasi espressive», raggruppate in quattro alte vicende estetiche, oltre al«l’accentuarsi delle continue rielaborazioni di un’arte che vorrei definire neo-oggettuale (la cui prima origine – specifica Dorfles – è da ricondurre alla pop art e a movimenti affini)», e al «proseguimento delle correnti concettuali» inaugurate dal «loro grande iniziatore Marcel Duchamp», ve ne sono altre due. Da una parte la riapertura, o meglio la «ripresa, sia pur modesta di una nuova figurazione in parte successiva alla transavanguardia e al neoespressionismo germanico, ma comunque legata spesso ai nuovi “media” fotografici e del video». Dall’altra, infine, il proseguimento «di quelle forme dissacratorie di un’arte corporea, spesso legate a tendenze sadomasochistiche» che, passando oltre i primi spiragli della Body

555 U. Volli, Fra moralità del gusto e metodo labirintico. Lo sguardo estetico di Gillo Dorfles, in Gillo Dorfles 1935-2007, a cura di M. Corgnati, cat. della mostra tenuta a Trieste, presso la Galleria d’Arte

Moderna del Civico Museo di Revoltella, dal 12 maggio al 15 luglio 2007, Skira, Milano 2007, p. 35.

556 G. Dorfles, Ultime tendenze, cit., XIX ed., p. 191.

557 Y. Michaud, L’artiste et les commissaires. Quatre essais non pas sur l’art contemporain mais sur ceux qui s’en occupent, Éditions Jacqueline Chambon, Paris 1989, poi Hachette Littératures 2007;

trad. it., L’artista e i commissari. Quattro saggi non sull’arte, ma su chi si occupa di arte

Art hanno formulato e prodotto «le esperienze estreme di Orlan, Stelac, Aleksander Bremer, Franko B, Andreas Serrano ecc.»558 o le varie attività di Eduardo Kac o quelle dell’anatomopatologo Gunther von Hagens.

E sono proprio queste ultime nuove forme dell’ornato fisiologico, legate (e dedicate) ad una grammatica corporale, ad una ricreazione organica e ad una sorta di commercio genetico559, per Dorfles, spazi d’azione in cui si svaluta l’estetico a favore di un flusso incrementale che mira, semplicemente, a mostrare le nevrosi del soggetto e le smagliature del gusto. A sospensioni estetiche e a vere e proprie cicatrici estetiche che declassano, a volte, lo spazio della creazione per puntare, spesso, verso un esibizionismo fine a se stesso560 e verso un capitalismo che tende «a mercificare le opere – anche quando queste sono state ideate senza un preciso intento estetico» e senza alcuna vivacità artistica.

«In attesa che si verifichi un così improbabile futuro» avvisa Dorfles, quasi ad attraversare ogni tempo e a generare una lezione sovratemporale per l’approccio critico e teorico, «accontentiamoci almeno di osservare, con interesse e con obbiettività, quanto viene prodotto

558 G. Dorfles, Ultime tendenze, cit., XIX ed., pp. 178-179. Per tale questione si veda anche G. Dorfles, Horror pleni. La (in)civiltà del rumore, Castelvecchi, Roma 2008 e, particolarmente, il capitolo

dedicato Ai confini del corpo, pp. 259-304.

559

Per un’ampia analisi di tale problematica, si rinvia a J. Rifkin, The Biotech Century. Harnessing the

gene and remaking the world, Penguin Putnam Inc., New York 1998; trad. it., Il secolo biotech. Il commercio genetico e l’inizio di una nuova era, Baldini&Castoldi, Milano 1998.

560 «Ogni epoca» ha evidenziato l’autore attraversando due grandi arterie dello sviluppo tecno-

scientifico, «ha le sue caratteristiche tecnologiche oltre che estetiche. Molto spesso è la nuova tecnica o tecnologia a suscitare nuove esperienze estetiche. Nel caso dell’arte elettronica abbiamo indubbiamente delle possibilità creative attraverso il computer che non erano possibili prima dell’avvento di questo meccanismo. Non credo che si possa ancora parlare di una differenziazione totale tra quello che è il linguaggio artistico precedente e quello attuale. Però credo che in un futuro prossimo ci saranno indubbiamente delle opere basate proprio sopra il loro mezzo che avranno una loro identità. Poi, calcolando anche la Body Art, e soprattutto la Body Art legata alle tecnologie tipo Stelarc o Orlan», «lì le cose diventano più complesse da un punto di vista direi quasi etico. E cioè: ha diritto l’uomo di avvalersi di questi mezzi per alterare la propria capacità fisiologica e psicologica? Personalmente ritengo che ci sia un pericolo uguale a quello che si aveva al tempo dell’uso delle droghe. Se da una parte ci sono stati degli artisti che, attraverso l’uso degli allucinogeni, hanno creato delle opere e hanno potuto persino anche essere artisti, così, oggi, anche attraverso queste sollecitazioni elettroniche e di manipolazione cerebrale si possano ottenere delle forme di una nuova creatività. A prescindere, come dicevo, da una liceità etica di farne uso» [A. Tolve, Dialogo con Gillo

attorno a noi, cercando di individuare quel poco o molto di positivo che il panorama artistico attuale, nonostante tutto, ancora è in grado di offrirci»561.

4. Ciò di cui si fa esperienza è, in questo particolare momento storico, il baricentro di un

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