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Nozioni di aritmetica su campi di numer

Nel documento lezioni gic (pagine 34-38)

7 Esercitazione del 14/12/

7.1 Nozioni di aritmetica su campi di numer

La teoria di Nevanlinna trova un parallelo stretto nell’artimetica diofantea; per sviluppare questa similitudine dobbiamo per`o introdurre alcune notazioni e nozioni di aritmetica sui campi di numeri.

Innanzitutto, un campo di numeri `e un’estensione algebrica finita di Q, ov- vero `e un campo k tale che [k : Q] < +∞; sia A la chiusura integrale di Z in C, ovvero l’anello degli interi algebrici, allora l’anello Ok = A ∩ k `e detto anello

degli interi di k.

Le valutazioni non archimedee su k sono gli ideali primi p ⊂ Ok, le valu-

tazioni reali sono gli embedding σ : k ,→ R e le valutazioni complesse sono le coppie non ordinate (σ, σ) con σ : k ,→ C un embedding con immagine non contenuta in R. L’insieme delle valutazioni si indica con Mk, mentre l’insieme

delle valutazioni reali e complesse (dette anche archimedee) si indica con S∞.

Ad ogni valutazione `e associata una norma su k, nel seguente modo: se ν ∈ Mk `e una valutazione non archimedea e quindi corrisponde ad un ideale

primo p ⊂ Ok, definiamo

kxkν = (Ok : p)ordp(x)

se x 6= 0 e 0 altrimenti, dove ordp(x) `e l’esponente di p nella fattorizzazione

dell’ideale frazionario (x); se ν ∈ Mk `e reale, poniamo kxkν = |σ(x)| (dove

il valore assoluto al secondo membro `e l’usuale modulo reale) e se ν ∈ Mk `e

complessa, definiamo kxkν= |σ(x)|2.

Esempio Se k = Q, Ok = Z e i suoi ideali primi sono generati dagli usuali

numeri primi, p = (p) con p = 2, 3, 5, . . .; inoltre esiste un unico embedding reale di Q (quello ovvio) e non vi sono embedding complessi non contenuti nella retta reale. Dunque MQ= {∞, 2, 3, 5, . . .}, dove ∞ sta per la valutazione reale. Inoltre, se x ∈ Q, si ha

kxkp= p−n

dove n `e l’unico intero tale che esistono a, b ∈ Z non divisibili per p tali che x = pn(a/b). Dunque, ad esempio, se x = 21/26,

kxk2= 2 kxk3= 1/3 kxk5= 1 kxk7= 1/7 kxk11= 1 kxk13= 13

e kxkp = 1 per ogni altro primo, mentre ovviamente kxk∞ = 21/26. Si pu`o

notare cheQ

pkxkp= 26/21 = 1/kxk∞.

Esempio Se k = Q(α) con α3= 2, allora Ok = Z[α] (attenzione! non `e vero

in generale per qualunque α algebrico). In Mk troviamo una sola valutazione

reale data da σ(α) = 21/3 (il comportamento su Q `e fissato) ed una sola valu- tazione complessa data dalla coppia di embedding coniugati σ1(α) = ω21/3 e

σ2(α) = ω221/3 con ω una radice terza dell’unit`a. Per quanto riguarda invece

le valutazioni non archimedee, la loro determinazione richiede lo studio delle estensioni degli ideali primi di Q in k; ad esempio, il discriminante di k `e −108 e dunque gli unici primi con ramificazione saranno 2 e 3, entrambi con ramifi- cazione pari a 3; i primi p tali che 3 6 |p − 1 si spezzeranno come prodotto di due primi, entrambi con ramificazione 1, corrispondenti a due estensioni di Qp

di grado 1 e 2, mentre i primi p congrui a 1 modulo 3 si spezzeranno in tre primi di ramificazione 1 oppure non si spezzeranno, a seconda che 2 sia o meno un residuo cubico modulo p. Questo fornisce una completa descrizione degli

ideali primi di k e dunque di Mk. Per quanto riguarda le norme indotte da tali

valutazioni, esse sono collegate alla norma dell’estensione di campo kPi ⊇ Qp,

dove Pi `e l’ideale primo di k rispetto a cui vogliamo calcolare la norma e p `e

l’ideale di Q che gli sta sotto. Ad esempio, se ν `e la valutazione corrispondente all’ideale primo sopra a (2), si ha

kxkν = kNkν/Q2(x)k

1/3 2

e in questo caso `e proprio kNk/Q(x)k1/32 . Quindi, ad esempio,

kαkν= kNk/Q(α)k 1/3 2 = k2k 1/3 2 = 1 3 √ 2

In generale, vale la seguente relazione tra le norme, detta formula del pro- dotto:

Y

ν∈Mk

kxkν = 1 ∀ x ∈ k∗

Le norme ora introdotte ci permettono in qualche modo di misurare quanto un elemento del campo `e ”distante” dalle unit`a del campo (ovvero le unit`a dell’a- nello Ok), quanto `e, si potrebbe dire, complicato. Ad esempio, su Q, osserviamo

che le norme p−adiche (quelle indotte da una valutazione non archimedea) so- no tanto maggiori quanto pi`u `e complicata la fattorizzazione del denominatore, mentre la crescita della norma archimedea indica quanto il numeratore sorpassa il denominatore. In questo spirito, definiamo altezza di un elemento x ∈ k la quantit`a

Hk(x) =

Y

ν∈Mk

max{kxkν, 1}

Ad esempio, HQ(a/b) = max{|a|, |b|}, se (a, b) = 1. Tale altezza `e a volte detta moltiplicativa per distinguerla da hk(x) = log Hk(x), che `e l’altezza additiva.

Per chiarire il concetto, esaminiamo il teorema di Roth, risultato classico riguardante l’approssimazione di numeri algebrici tramite frazioni.

Prp 7.11 (Roth) Siano α ∈ Q, , C > 0, allora esistono finite coppie (a, b) ∈ Z2 con (a, b) = 1 tali che

a b − α ≤ C |b|2+

In un certo senso, la bont`a dell’approssimazione e il grado di complessit`a del- l’approssimante sono legate di modo che non sia possibile approssimare a piacere con una fissata complessit`a dell’approssimante. Una riformulazione non trop- po distante del risultato di Roth consiste nell’utilizzare l’altezza moltiplicativa come stima della complessit`a:

a b − α ≤ C HQ(a/b)2+

ha comunque un numero finito di soluzioni ai minimi termini. Volendo ”rinno- vare” la notazione, potremmo anche scrivere

a b − α ∞ ≤ C H(a/b)2+

utilizzando la valutazione reale di Q. Su questa strada si giunge ad una gene- ralizzazione del teorema di Roth per campi di numeri.

Prp 7.12 Sia k un campo di numeri e S ⊆ Mk. Dati αν ∈ Q con ν ∈ S, siano

, C > 0; allora esistono finiti x ∈ k tali che Y

ν∈S

min{1, kαν− xkν} ≤

C Hk(x)2+

Se ora prendiamo − log dei due membri, otteniamo che, fissati , c > 0, la disuguaglianza X ν∈S log+ 1 x − αν ν ≥ (2 + )hk(x) + c

vale solo per un numero finito di elementi di k.

Ora, sempre fissato un insieme di valutazioni S che contenga S∞, poniamo

mS(x) = X ν∈S log+kxkν mS(a, x) = mS  1 x − a  NS(x) = X ν6∈S log+kxkν NS(a, x) = NS  1 x − a 

La prima `e detta funzione di prossimit`a e la seconda funzione di conteggio; osserviamo che Hk(x) = mS(x) + NS(x), per definizione. Tali funzioni sono

l’analogo aritmetico delle omonime definite nella teoria di Nevanlinna.

La funzione mS misura quanto la x `e prossima (approssima) a rispetto alle

valutazioni in S, mentre NS guarda il comportamento sul complementare.

Il risultato di Roth si pu`o quindi ulteriormente riformulare dicendo che, dati S ⊇ S∞, a1, . . . , aq ∈ k, , c > 0 reali, per tutti gli x ∈ k tranne al pi`u un

numero finito si ha che X

j

mS(aj, x) ≤ (2 + )hk(x) + c

che `e un analogo del Secondo Teorema della teoria di Nevanlinna. Inoltre, si riesce a dimostrare che

hk(x) = mS(a, x) + NS(a, x) + O(1)

dove O(1) = hk(a) + [k : Q] log 2, che ci fornisce un analogo del Primo Teorema.

In generale, la chiave di lettura per il parallelismo tra teoria di Nevanlinna e approssimazione diofantea `e data dalla seguente corrispondenza:

• una funzione olomorfa f : C → C corrisponde a una successione infinita di elementi {xn}n∈N⊆ k

• un raggio r corrisponde ad un elemento x

• la scelta degli angoli θ corrisponde alle valutazioni in S • |f (reiθ)| trova il suo analogo in kxk

ν∈S

• ordzf diventa ordνx

• la funzione caratteristica Tf(r) si trasforma nell’altezza hk(x)

• mf e Nf diventano mS e NS

• la formula di Jensen per il primo coefficiente dello sviluppo di Laurent diventa la formula del prodotto

Nel documento lezioni gic (pagine 34-38)

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