N EDERLANDSCHE KUNSTENOARS TE R OME (1600-1725) VITTREKSELS DE PAROCHIEE ARCHIEVEN , IN «A RCHAEOLOGISCHE S TUDIEN VAN HET N EDERLANDS H ISTORISCHS I NSTITUTE TE R OME », 1942 P 6.
A. L.A NTINORI , A NNALI DEGLI A BRUZZI OP CIT (1597, RIMANDA AD ANNO 1605) C 233: ERA B ARONE DI L AVARETE M UZIO
BRANCONIO, N.JO.MARTINO ANGELINI AQ 23 GENN.1597 IN ARCHIVIODI SANTA MARIADELLA MISERICORDIA, N.35 T XXI C.26. CHEPOIVENDERÀNEL 1620 AI DE TORRESCONATTOROGATODA CARLANTONIO PANDOLFI.
344 Margherita risiedette piuttosto stabilmente a Parma e Piacenza fino al 1559, anno della sua partenza per le Fiandre. In area Padana gli edifici minori di servizio erano separati dal blocco residenziale centrale fin dal ‘400.
345 A. Clementi, Storia dell’Aquila…op.cit., Bari 1998, p. 124. Il disinteresse degli eredi Farnese causò incuria ed abbandono, situazione che peggiorò con l’ affitto al fiorentino Scipione Bardi, tanto che proposta in vendita a Marzio Colonna di Zagarolo, intento alla fine del Cinquecento alla costruzione del grande comparto feudale colonnese, rifiutò, tornandosi alle svilenti soluzioni dell’affitto. L’analisi puntuale di questi avvicendamenti sulla Cascina di Margherita in relazione agli accadimenti aquilani di fine Cinquecento in R.Colapietra, Antinoriana.Strutture…op.cit., 2002, II, pp.70-73, 263.
346Lettera di M.Salvator Massonio Aquilano scritta dall’illustrissimo Sig. A.D.Montano in materia
dell’essequie fatte dalla città dell’Aquila alla serenissima Madama Margherita d’Austria.Nell’Aquila appresso G.Jacopo Testa,1587, p.16
“Il doppo pranzo accompagnato sempre dai signori del Magistrato se ne scese il Principe al grande e vaghissimo giardino fuori la porta di Lavareto, già incominciato dalla serenissima Madama di felice memoria e dopo l’aver per esso molte volte girato et invaghitosi dei begli ordini dei laghi delle fontane, del bel palazzo et di diversi molti animali che vi si vedono, se ne rientrò dentro la città per la Porta della Rivera.”
Nei begli ordini dei laghi delle fontane del Massonio possono identificarsi le peschiere citate dall’Antinori e riconoscere la Cascina di Madama in uno degli ovati affrescati nella Sala dei Paesaggi di Palazzo Branconio347 in Piazza San
Silvestro, affiancato dallo stemma di Barete (sc.n?) divenuto nobiliare forse grazie alla presenza di Margherita348 che ebbe ripercussioni positive sul valore dell’intera
Baronia349. Nell’ovale affrescato sono presentati in primissimo piano, quali
elementi assolutamente indipendenti dal resto della pittura, una fontana con vasca, simile ad una fontana da giardino, mentre poco più indietro, ancor più avulso da qualunque contesto circostante, una sorta di doppio arco con tettoia a mo’di pergolato; il resto dell’immagine richiama uno spazio collinare aperto con gruppuscoli di abitato i cui unici elementi distintivi rimangono dunque la fontana e la vicina tettoia, che proprio per il loro isolamento, non possono sembrarci casuali, ma vere e proprie didascalie della pittura.
Nelle funzioni produttive del sito riportate dalle fonti letterarie coeve è possibile cogliere l’eco di Francesco di Giorgio Martini, mediato da Francesco de Marchi, architetto civile ed ingegnere militare, figura di spicco dell’entourage della Duchessa fin dal tempo del suo matrimonio con Alessandro Farnese e partecipe dell’Accademia Vitruviana del Tolomei: forse in quelle occasioni di riunioni il De Marchi considerò sotto altra luce, non più solo militare, i trattati di Francesco di Giorgio Martini, seguendone anche i dettati sulle ville , le loro proporzioni e
347 Una prima apertura sull’iconografia e l’identificazione dei luoghi rappresentati su cui ancora molto si aggiungerà, è in A. Petraccia, Palazzo Farinosi Branconio in Piazza San Silvestro. Storia di una famiglia aquilana e della sua residenza, in BDASP 2006, pp.349 ss., in part. pp.398-400.
348L’
EMBLEMADI LAVARETE (DICITURAANTICAPER BARETE) SFOGGIAGLISCAGLIONISUFONDODORATOMANON L’ATTESTAZIONEDIPOSSESSO. INARALDICAGLISCAGLIONIRAPPRESENTANOL’ONOREDIPRIM’ORDINE, UN’ATTESTAZIONEDI NOBILTÀANTICAVARIAMENTEINTERPRETATATACHEALL’EPOCAERAFONDAMENTALE, FORSEANCHEPIÙDIUNPATRIMONIO INTERO: SINOTICHEL’EMBLEMADI LAVARETE SEMBRADESUNTODAQUELLODI MARGHERITA, PRIVANDOL’EMBLEMA FARNESIANODEIGIGLIEDOPPIANDOSULL’INTEROOVATOGLISCAGLIONIFARNESIANIADESTRADELLOSCUDO. IL GINANNI RITIENERAPPRESENTINOTETTIDICHIESEEDIANTICHEDIMORENOBILIARI, OLTRECHEACUTEZZAD’INGEGNOINQUALUNQUE IMPRESA, SIMBOLODIPROTEZIONEECOSTANZA. IL CROLLALANZASISPINGESINOAFIGURARENEGLISCAGLIONIUNCAVALLETTO PERARMATURA. C. BLASETTI, LEARMIDELCONTADOAQUILANO, 1984, ROMA, S.V. “LAVARETE”. F.BELMAGGIO, ARALDICA PUBBLICAEPRIVATANELLAPROVINCIADELL’AQUILA, 2000, AQUILA.
349Barete era già proprietà dei Porcinari dal 1560, entrò nei possedimenti dei Branconio a seguito del matrimonio di Giulia Porcinari con Don Giuseppe Branconio che ne acquisì il titolo baronale dal 1578.
disposizioni di elementi , “in nell’aspetto e fronte e uscita sua con bellissimi e
diritti andari con una sculta e rilevata fonte d’acqua, o naturale o accidentale che far la voglia. Sia di vivai o di peschiere, acciocchè il pescio in esse notrir si possa”350, suggerendo Madama Margherita nella progettazione del sito.
(Casino Branconio)
Sul versante cittadino opposto ed entro le mura urbane (divenute parte della muraglia di cinta del giardino) su un antico vuoto urbano351 che i documenti
500schi definiscono orto, sorge l’aristocratico Casino Branconio (oggi Vicentini), luogo di Delizie intellettuali, adeguatamente distanziato dalle principali residenze familiari sulla vicina Piazza San Silvestro e a conclusione di Via Garibaldi, un’asse viaria divenuta fondamentale dopo l’infeudamento, tanto da esser chiamata Strada nuova.
I più recenti studi urbanistici sulla peculiare conformazione cittadina e sull’organizzazione degli spazi hanno evidenziato chiaramente come i Branconio avessero “colonizzato” l’invaso della piazza di San Silvestro sui due lati prospicienti la Chiesa, e la Chiesa stessa, con la monumentale cappella in cornu
evangelii, i frequenti lasciti per l’abbellimento dell’edificio352 e il ruolo svolto
dalla famiglia nella vicenda della proprietà dei luoghi di riunione del popolo di Collebrincioni (il locale di appartenenza) che fruttarono probabilmente alla chiesa il dipinto del Ciarpi nella Capella detta del Popolo; il matrimonio tra Giuseppe Branconio e Giulia Porcinari alla fine del sesto decennio del ‘500 portò i Branconio ad estendere i propri possedimenti residenziali e produttivi nell’adiacente locale di Porcinari, nella parte terminale della Strada nuova, dove Giuseppe Branconio acquistò l’orto nel 1573, come risulta dal suo testamento (1592)353. Un atto del 1584354 documenta la vendita di una proprietà immobiliare ubi dicitur Ecclesia Sancti Leonardi de Porcinaro iuxta bona magnifici et Reverendissimi Domini Marci Antoni Branconii de Aquile : l’abitante di quella
350 Francesco di Giorgio Martini, Trattati di architettura, ingegneria e arte militare, ed. Milano 1967 p.71. 351 I TERRENIPOSTIENTROLACINTAMURARIADEFINITIMODERNAMENTEVUOTIURBANIERANOVERIEPROPRIINVESTIMENTI DESTINATIALL’IMMOBILIZZAZIONEDELCAPITALEOALLAPICCOLACOLTIVAZIONECITTADINAINDICANDOCOSÌUNSIGNIFICATIVO CAMBIODIDESTINAZIONED’USOPERQUESTOCASINO. SULL’EVOLUZIONEURBANISTICAELEFUNZIONIDEGLISPAZISIVD. E. SCONCI, ILCENTROSTORICODELL’AQUILA, L’AQUILA 1980, S.V. VIA GARIBALDI.
352A.L. Antinori, Monumenti e cose varie, vol. XLIX c.49 v., Ms.XVIII sec. in BPA. 353 L’
ATTOIN APPENDICE DOCUMENTARIAN. ASAQ, NOTAIO LUDOVICO MAGNANTE,14 APRILE 1592, B. 297, VOL. XI, C. 84 V., L’IDENTIFICAZIONEDELSITOÈPRECISAVISTOCHEINTUTTALACARTOGRAFIASTORICAENELLEFONTILADISTRUTTA CHIESADI SAN LEONARDODEI PORCINARISICOLLOCAALLAFINEDELL’ATTUALE VIA GARIBALDI, DIFRONTEALL’ATTUALE CASINO VICENTINI BRANCONIO. PERLACONOSCENZADELLACARTOGRAFIASTORICADELLACITTÀEISUOIASSETTIPRECEDENTI ALSISMASETTECENTESCOÈINDISPENSABILE L.RIVERA, LEPIANTEEIPROSPETTIDELLACITTÀDELL’AQUILA, BDASP, XVII, L’AQUILA, 1905, PP.104-141.
che verrà definita negli atti degli anni successivi Domus cum viridario è dunque il colto abate Marcantonio, che commissionò in quegli stessi anni la prima decorazione della cappella di famiglia in San Silvestro al cesuriano Giovan Paolo Donati e che destinò il casino ad accogliere la propria libreria, vincolandone l’uso con un codicillo del 1590355 valido per i suoi discendenti secondo cui la proprietà,
rigidamente inalienabile dall’asse familiare, doveva destinarsi esclusivamente agli studiosi della famiglia356.
Nonostante le consistenti perdite, all’abate Marcantonio va ascritta la prima fase di sistemazione del Casino di cui rimane l’enigmatica serie degli ovati ad affresco lungo la scala inferiore che conduce al giardino (sc.n?) e lo stemma di famiglia affiancato da nastri torchon a mo’ di cornucopie intagliato in pietra nell’arhivolto del portoncino sulla perpendicolare Via Coppito (fig.n?): ictu oculi, è evidente la somiglianza di disegno tra i nastri torchon scolpiti e lo stesso motivo, ma dipinto, nelle specchiature a grottesca nella Sala dei Re (sc.n?) in Palazzo Branconio su Piazza Silvestro. L’andamento della piegatura della spirale, la stessa leziosità decorativa nei due elementi fanno supporre la provenienza dalla medesima bottega357 negli stessi anni sul finire del nono decennio del Cinquecento. Lo stato
di conservazione mutilo e frammentario di questa prima parte della decorazione sulla scalinata d’accesso e l’impossibilità di visionarla se non attraverso foto risalenti agli anni’90 in occasione di un parziale restauro, non permettono alcuna ipotesi che vada oltre la già citata provenienza delle maestranze dal contemporaneo cantiere di Palazzo Branconio, quale primo esito della svolta tosco romana in pittura per la città.
In uno degli ovati è rappresentato il casino con la sua loggia affacciato sul giardino all’italiana, alle spalle di una raffigurazione allegorica femminile (forse Venere con Amore?): il precedente illustre del giardino geometricamente organizzato progettato dall’Ammannati (1576) per Villa Medici e raffigurato da Jacopo Zucchi qualche anno dopo358 riversato a Caprarola e nel giardino di Villa
355Il testamento di Marcantonio Branconio è in Fondo Pergamene Branconio, ASAq, rogato da Ferdinando Balneo, 23 gennaio 1590.
356 LIGIALLEPRESCRIZIONIRISULTANOGLIATTIDIDIVISIONEDEIBENIDELL’ABATE GIROLAMO BRANCONIOIN ASAQ, NOTAIO CARLANTONIO PANDOLFI, 15 MAGGIO 1629, B.438 C.126 SS., APP.DOC.N?
357 In cui sembrerebbero praticarsi disegno, intaglio e pittura, ancora in un’unica struttura imprenditoriale dalla fisionomia rinascimentale.
358 SUZANNE B. BUTTERS, FERDINANDETLEJARDINEDU PINCIO, IN A. CHASTELETAA., LA VILLA MEDICIS, VOL.2, ROMA 1991 PP.350-412 SUZANNE B. BUTTERS, FERDINANDETLEJARDINEDU PINCIO,… OP.CIT. P.358.LACONSIDERAZIONE DELL’AUTRICEDERIVADALL’INCONGRUENZATRALATESTIMONIANZADIPINTAELATESTIMONIANZADIDIVERSEFONTISCRITTE CHEDESCRIVONOILGIARDINONEGLIANNIDELLASUASTRUTTURAZIONEDEFINITIVA. ILGIARDINO MEDICIDIPINTODA ZUCCHIFU EVIDENTEMENTEUN’INTERPRETAZIONEINCUISIMESCOLARONOREALTÀEFANTASIADIUNLUOGOINREALTÀVOLUTAMENTE
Lante a Bagnaia359, divenne facilmente un modello in città, tramite i rapporti del
Cardinal Gambara stesso con l’orafo aquilano Gaspare Romanelli360, i rapporti con
l’entourage Farnesiano e la visione diretta del giardino Medici al Pincio sia dei fratelli Romanelli, con casa di proprietà esattamente sul Pincio “sotto la Chiesa
della Trinità dei Monti”361, che dell’aquilano Equizio Vetusti, cliente del
banchiere romano Giulio Bosco362 che cedette la porzione di terreno fondamentale
per il completamento del giardino363 .
Il loggiato, che venne restaurato e decorato dall’Abate Girolamo Branconio ad inizio del Seicento, era un tramite necessario tra il vasto giardino antistante che fu ed il costruito: purtroppo le perdite ingenti subite dall’intera struttura non permettono di godere appieno dell’osmosi voluta tra natura e residenza, visto che della struttura originale rimane il corpo centrale con il salone affrescato ( mutilo anch’esso per il crollo del soffitto nel terremoto del 1915 che però ha lasciato intatta la decorazione), mentre le logge crollarono forse in parte già nel 1703364.
La sala affrescata superstite appartiene dunque alla seconda fase decorativa e di vita dell’edificio, corrispondente alla proprietà dell’abate casauriense Girolamo Branconio: l’abate stesso nel suo testamento del 1628365 riporta esattamente della
cura da lui avuta per la casa, il loggiato ed il giardino che gli giungono in condizioni deplorevoli e che arricchisce di decorazioni, ma ciò che qui più conta è la sua ammissione di aver usato per questi lavori una congrua somma derivante da censi non suoi, ma del nipote orfano Alessandro, figlio naturale di suo fratello
ADATTATOADUNCONTESTO “COMMELEPASTICHEALL’ANTICA”: SIPOTREBBEIPOTIZZAREUNASTESSAINTERPRETAZIONE FORZATAINTERMINIDIGEOMETRIZZAZIONEDELVERDEEDELLOSPAZIOAPERTOPERILGIARDINODI CASINO BRANCONIO RAFFIGURATONELL’OVATOSULLESCALEDELPRIMOPIANO.
359 Sulla questione del valore “normativo” del giardino di Villa Lante a Bagnaia, la circolazione della sua fama e le quetsioni sollevate dai suoi cantieri che si tratteranno più avanti, si veda E. Lurin, Un artista francese a Bagnaia?Etienne Duperac e le Ville laziali del secondo Cinquecento, in Villa Lante a Bagnaia, a c. di S. Frommel e F. Bardati, Milano 2002 pp. 244-255.
360Il Cardinal Gambara fu protettore dell’orafo aquilano Romanelli e commendatario della ricca Badia di Santo Spirito, che nel 1600 troviamo essere appannaggio dello stesso Lorenzo Castrucci, in visita in Villa Oliva: sorge quasi spontaneo il dubbio che l’incomprensibile figura allegorica a chiusura di una delle Giornate Aquilane del Pisanelli con la lotta tra il gambero (simbolo del Cardinal Gambara) e la biscia sia un qualche riferimento per noi incomprensibile alla successione nella titolarità della Badia di Santo Spirito.Si veda il paragrafo su Villa Oliva.
361 Atto in ASAq, N.Gio.Bernardino Porzio 2 ottobre 1576, b.172 c.393 r. trascritto in Appendice documentaria.
362 Giulio Bosco era depositario dei pagamenti di Ludovico De Torres per la costruzione del Castello di Pizzoli effettuati per mano dell’aquilano Equizio Vetusti. I dati sono nel documento sul Castello Dragonetti de Torres di Pizzoli (App.Doc.n?).
363 Suzanne B. Butters, Ferdinand et le jardine du Pincio…op.cit., p. 400.
364Grazie a fotografie storiche si vede come ne rimanesse in piedi parte delle murature su Via Coppito, mentre a valle verso il giardino la struttura era compromessa dal crollo di tutti i solai ad eccezione della sala affrescata e fu ricostruito sui resti originali nel 1932. AA. VV., L’Aquila-i palazzi, L’Aquila 1998 p. 107. 365 Il testamento in ASAq, Notaio Carlantonio Pandolfi, 28 novembre 1628, b. 440, c.1171. Se ne vedano i brani riportati in Appendice.
Cesare che nel 1605 muore lasciandogli la curatela366 del piccolo di sei anni circa
permettendoci di istituire un prezioso post quem per la decorazione:
Già Leosini nel 1848367, sulla scia del Crispomonti368 attribuiva parte della
costruzione all’Abate Girolamo datandola al principio del XVII secolo e lascia un’accurata descrizione delle pitture del Casino
‘Bellissimi gruppi di putti nudi che leggono e cantano sono ancora nelle cadute logge del cennato casino nei quali si osserva un nobile e pastoso pennello, varietà e bellezze di teste espressive. In queste medesime logge vi sono dipinti alcuni fatti morali, cioè il triste fine a che trasporta la concupiscenza della carne, immaginato nella Maga Circe, al tocco della cui verga si tramutano gli uomini in bruti; ed altre siffatte belle rappresentanze che sono già in gran parte scomparse o guaste, solo potendosene ammirare in parte il vivace colorito e la disinvolta giudiziosa maniera dell’autore. Il quale forse onde fare un bel contrapposto di rappresentanze, ritrasse sopra di quelle, cioè nelle superiori logge, le virtù eroiche e atletiche in Perseo che, dato il crollo al Centauro è in sul trafiggerlo nel petto con nobile fierezza, e in Milone crotoniate che ha posto in terra il toro, mostrando egli di schiena le robuste membra. Le altre figure sono affatto rovinate. Una stanza, oltre delle scale dipinte di vari soggetti morali, ha delle storie bibliche, eseguite con tutta l’espressione: in una parte sembra che sia figurato il passaggio dal Mar rosso, in un altra l’arrivo degli Ebrei nella terra di Canaan- e nelle altre che sono più malconce di polvere non si discerne chiaramente il soggetto: solo mostrano un dotto disegno e molta espressione, animati composti, varie le teste, naturalezza ne’movimenti, nelle attitudini, negli scorci de’guerrieri atterriti, e fuggenti o caduti sotto le zampe degli animosi cavalli’
Leosini si spinge ad ipotizzare il nome dell’autore, tal Francesco Antonio Odit369,
ignoto pittore definito ‘zuccaresco’, traendo tal nome dall’acronimo F.ANT.IT che
366 L’
ATTODIISTITUZIONEDITUTELADI ALESSANDROACARICODELL’ABATE GERONIMOÈIN ASAQ, NOTAIO SANTO SANTUCCI, 5 OTTOBRE 1605, TESTAMENTODI ORAZIO BRANCONIO, B.439 C.448 V.
367A. Leosini, Monumenti…op.cit. p.51:“le sue pitture a fresco [Palazzo Branconio De Marco
oggi perso con facciata affrescata in origine] non che quelle del casino che sta li appresso, appartengono al principio del diciassettesimo secolo, e credo che a spese del mentovato Girolamo Branconi , il quale morì nel 1629, venissero eseguite”.
368C. Crispomonti, Historia dell’origine della Fondatione dell’Aquila, 1629 ms. vol.II, BPA,
pp.128-130.
369A questo pittore attribuisce la decorazione, datandola agli ultimi anni del Cinquecento, senza alcuna reale motivazione critica anche A. Cesareo, Memorie Raffaellesche in una decorazione di fine Cinquecento: ‘Le Storie di Mosè nel Casino Branconio a L’Aquila’,in Bollettino d’Arte 2003.123, pp. 39-50.
avrebbe lasciato sulla facciata affrescata del Palazzo Branconio (quello prospiciente la chiesa di San Silvestro) sotto il davanzale di una finestra.
Posto che l’esistenza di questa facciata affrescata di uno dei palazzi Branconio con affaccio plateale era già ricordata dal Cirillo nel perso manoscritto Elogio
degli uomini illustri( ante 1571), e riportata dal Crispomonti senza citarne alcun
pittore, il nome riportato dal Leosini parrebbe comparire sulla facciata dopo il 1629 (data di compilazione finale del Crispomonti): ed infatti F.ANT.IT può essere interpretata come la firma larvale di Cesare Fantitto, pittore di una certa fama attivo a L’Aquila nella seconda metà del Seicento370 che con ogni probabilità
ritoccò la facciata dell’antico Palazzo Branconio per conto di Caterina Maneri, moglie di Filippo Branconio371, e la cui spesa venne rivendicata dalle figlie Lucia
e Mariantonia nel ‘700. A confermare l’ipotesi dell’inesistenza di tal Francesco Antonio Odit, e quindi l’attribuzione della firma al Fantitto per i restauri della facciata è la notizia riportata in un Manoscritto Miscellaneo appartenente al Fondo Dragonetti-De Torres, intitolato Memorie di belle Arti e databile per il contenuto agli anni tra il 1769 ed il 1831 in cui ‘Fantitti o Fantuzi (scolare di Cesura o di
Zuccheri) facciata Palazzo vecchio Branconio incisore in rame incise le Logge di Raffaello’, liberando cos’ in un sol colpo Odit e Fantitto dalla responsabilità delle
pitture superstiti del Casino Branconio, databili al primo 20ennio del Seicento (sc.n?). L’autore del manoscritto identifica il Fantitto Aquilano con l’incisore Cesare Fantetti, autore della serie di incisioni dalle Logge Vaticane con Pietro Aquila372; non è ancora possibile oggi indicare se il Cesare Fantitto aquilano che
firma il ritratto di Paolo IV Carafa del Museo Nazionale dell’Aquila, la serie degli Uomini Illustri con Francesco Bedeschini373 per il Palazzo del Capitano e per il
Collegio dei Nobili negli anni ’70 del Seicento sia lo stesso incisore della serie delle Logge di Raffaello, di cui è data la nascita fiorentina nel 1659 : la distanza
370Nelle Riformagioni del 1688 il comune lo ricompensa per una serie dipinta di vescovi e pontefici. È sodale di Francesco Bedeschini, affermato imprenditore artistico nella seconda metà del Seicento che ereditò tale vocazione dal padre Giulio Cesare, con cui produsse il rarissimo libretto di disegni repertorio di decorazioni (sicuramente utilizzati per la progettazione per gli imponenti apparati in stucco che lo resero famoso), dedicandolo al Marchese Gaspare de Haro nel 1684.
371 Per la ricostruzione della consistenza e l’esatta del patrimonio immobiliare della famiglia Branconio su Piazza San Silvestro con la trascrizione di documenti inediti si rimanda a A. Petraccia, Palazzo Farinosi Branconio in Piazza San Silvestro: storia di una famiglia aquilana e della sua residenza, in BDASP, 2006 (XCVI), pp.349-401, in particolare pp. 364-371.
372 L’identificazione è anche in V. Bindi, Artisti Abruzzesi, p. Mentre per il Fantetti ritenuto fiorentino,
Rapahel Invenit, Stampe da Raffaello nelle collezioni dell’istituto nazionale della grafica, a c. di G. Bernini Pazzini, S. Massari, S. Prosperi Valenti Rodinò, 1985 p. 868. Il Cesare Fantitto Aquilano è censito in E. Benezit, Dictionaire de Peintres Sculpteurs Dessinateurs et Graveurs, 1966, t.3 p.668. Il Fantetti nel Benezit è a p. 665, accogliendo la tesi di due personalità distinte.
che separa il ciclo mosaico e gli ovati allegorici del Casino Branconio dal ritratto del Carafa ribadisce senza possibilità d’appello che né l’inesistente Odit né l’esistente Fantitto furono autori di queste belle storie bibliche affrescate, piuttosto da leggersi come prossime della decorazione del Refettorio di San Bernardino (schede nn?) visto che in entrambi i casi furono luoghi di cultura parauniversitaria di estrazione oratoriana.
Villa Oliva a Civita di Bagno
Come il Casino Branconio anche la contemporanea Villa Oliva di Civita di Bagno374, pur recando ancora tracce del suo diverso passato produttivo (peschiera,
palombaia, frutteto e garitte angolari per difendersi dalle incursioni banditesche), divenne ritrovo di dotti aristocratici, come narrato dal patrizio napoletano