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Il Numerus Ariminensium.

Nel documento Issue 8, “L’Esarcato 554-751” (pagine 63-65)

UN FILO CONDUTTORE PER UN’ANALISI DELLA PRESENZA BIZANTINA IN CITTÀ

5. Il Numerus Ariminensium.

5.1. Cenni sull’organizzazione militare dei romani d’Oriente in Italia ed il Numerus Ariminensium.

Non è semplice, in effetti, sintetizzare quella che fu l’organizzazione militare bizantina in una situazione mutevole e fluida come quella che si venne a creare nei secoli che videro la presenza dei Romani d’Oriente in Italia.

Ci si limiterà allora a dire che, già nell’esercito giustinianeo che riconquistò la penisola ai Goti, l’unità di base fu il numerus, un termine che già si trova a definire reparti armati nel IV secolo, ma che nel VI secolo, in ambito imperiale definiva formazioni sia di fanteria che di cavalleria composte dai 200 ai 400 uomini comandati da un conte o un tribuno.

Sappiamo poi che, tra la fine del VI secolo e gli inizi del VII erano stazionati in Italia diversi reggimenti di questo genere, in parte reclutati sul posto ed in parte trasferiti da altre regioni, tra i quali risultano un Numerus Sirimisianus (dalla regione di Sirmio, fra Danubio e Sava), un Numerus Argentensium (forse bosniaco o forse nominato così dal nome di Argenta, in Romagna), un Numerus victricium Mediolanensium, un Numerus

Veronensis.

Questi numeri appaiono essere tutti di stanza a Ravenna, mentre a Rimini, sede del duca, risulta essere stanziato il

Numerus Ariminensium.

Si trattava di truppe poste sotto il comando di duces – ufficiali sottoposti all’esarco – che detenevano comandi militari nella loro qualità di magistri militum, sebbene, talvolta, quest’ultimo termine possa riferirsi ad ufficiali privi del grado di

duces. Nelle città e nelle fortezze poi, poteva essere il tribunus a

comandare la difesa.148

148 FERLUGA J., L’organizzazione militare dell’esarcato, in CARILE A. (a cura di), Storia di Ravenna, II.1, Venezia,

Venendo quindi a citare in particolare le vicende del

Numerus Ariminensis, possiamo notare come la sua presenza è

da ritenersi pressoché certa tra le truppe che, nel 693, si recarono a Roma a sostegno di papa Sergio,149 mentre assai più tardi, nel 729, probabilmente fu coinvolto in uno scontro che si svolse nel riminese150 e nel quale un esercito longobardo ebbe la peggio.

Tra i componenti del Numerus, emergono dalle antiche carte i nomi di un Verus, magister militum detentore di carica evidentemente separata da quella di dux, identificabile in un documento presente nel Codice bavaro e risalente agli anni tra il 688 ed il 705.151 Si nota poi un Johannes Vicarius Numeri

Ariminensium,152 mentre secondo L. Tonini, il Theodosius

tribunus et dativus civ. Ariminensis, avrebbe ricoperto incarico di

carattere civile.153

Per quanto riguarda poi il reclutamento di tale milizia sappiamo che, mentre nel periodo iniziale della dominazione bizantina ad elementi reclutati sul posto se ne aggiungevano altri – particolarmente per i gradi superiori - di provenienza da varie regioni dell’impero (ed anche al di fuori di esso), con il passar del tempo e con il radicarsi di stanziamenti di personale forestiero, l’elemento locale prevalse di gran lunga nella composizione dei numeri, sino a diventare pressoché esclusivo.

Ne derivò che, come appare chiaramente ad esempio nel caso di Trieste, la circoscrizione dove risiedevano i soldati possessori di terre fu indicata con il termine stesso di numerus e l’uso lessicale induce a credere che sempre numerus potesse essere sostitutivo addirittura di civitas, mentre il termine miles, soldato, avrebbe potuto servire a designare l’abitante della città.154

D’altro canto, come afferma J. Ferluga, la territorializzazione dei numeri, all’inizio dell’VIII secolo era un fatto acquisito anche nell’esarcato e nella pentapoli e tale struttura militare, formatasi durante il dominio bizantino, rimase quasi immutata anche successivamente alla caduta del dominio dei Romani d’Oriente in Italia.155

5.2. Il Numerus Ariminensium e le possibili relazioni con S. Vitale.

Quindi, sulla base delle succinte notizie appena fornite a proposito dell’organizzazione militare nell’esarcato e nella pentapoli si ritiene risulti comunque evidente come,

149 ANASTASIUS BIBLIOTECARIUS. In Sergii I Vitae; Sect. 161, in TONINI, Rimini…, cit., p.189.

150 PAULUS DIACONUS, Historia Longobardorum, L: VI e XLIX, in TONINI, Rimini…, cit., p. 202.

151 Nel Codice bavaro, al n. 23, in TONINI, Rimini…, cit., p. 190.

152 Nel Codice bavaro, al n. 54, in TONINI, Rimini…, cit., p. 191.

153 Nel Codice bavaro, al n. 27, ibidem.

154 FERLUGA, L’organizzazione…, cit., p. 385.

155 FERLUGA, L’organizzazione…, cit., p. 386. Basti ricordare come nel 769 Maurizio, «nefandissimo» duca di

Rimini, alla guida delle proprie milizie, installò con la forza delle armi lo scriniario Michele quale vescovo ravennate, cfr. ibidem.

verosimilmente proprio nei secoli nei quali ebbe atto il dominio bizantino in Italia, si giunse all’apice di quel fenomeno che è già stato più volte qui citato come “militarizzazione della società”.

A questo proposito, si è anche notato che, come altrove, anche in Ariminum si formò e fu a lungo presente una milizia cittadina organizzata per la difesa del territorio e dipendente dal duca della pentapoli.

Per ricollegarci poi in modo più specifico alla devozione presente nella chiesa riminese di S. Vitale, si potrebbe richiamare ancora una volta proprio il concetto di “militarizzazione della società”, il quale è stato utilizzato dall’Orselli appunto per spiegare alcune caratteristiche assunte dalla figura di S. Vitale quando essa divenne rappresentativa delle istanze religiose degli ambienti legati all’attività bellica.

A tutto ciò possiamo aggiungere il fatto che sappiamo come fosse usanza delle milizie bizantine poste a difesa delle città eleggere un edificio sacro a custodia delle proprie insegne; possiamo citare in proposito il caso di Amalfi, ove gli stendardi erano tradizionalmente riposti in S. Maria del Bandon – da

bandon, termine greco indicante lo stendardo –156 ma anche

quello di Genova ove si tramanda che il vexillum fosse riposto nella chiesa di S. Giorgio, santo militare cui le milizie erano assai devote.157

Nel documento Issue 8, “L’Esarcato 554-751” (pagine 63-65)