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Roberto Liberti

Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli

Il Laboratorio FA.RE. Fashion Research Lab dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli è un laboratorio di ricerca internazio- nale nel campo della moda che integra i saperi maturati nell’ambito del design e del design per la moda con le discipline nel campo delle nuove tecnologie, degli advanced materials, della comunicazione e della valorizzazione dei giacimenti culturali della moda italiani. Promuove la ricerca avanzata nel campo della moda e i nuovi ta- lenti creativi e scientifici, collaborando con le istituzioni interna- zionali, gli enti e le aziende più prestigiose nel campo della moda per incentivare la ricerca e il miglioramento competitivo delle im- prese fashion oriented. Il Laboratorio si configura come una fab- brica creativa capace di integrare saperi complessi allo sviluppo di nuovi prodotti-servizi materiali e immateriali nel settore fashion oriented. Promuovendo lo sviluppo di sistemi produttivi avanzati e sostenibili nel settore della moda e processi democratici nella definizione di nuove modalità di consumo.

La ricerca condotta dal laboratorio di ricerca ed in particolare quella che si vuol descrivere nel presente contributo, riguarda l’a- nalisi dei giacimenti culturali della moda italiani che tanto hanno contato per la definizione del made in italy partendo da analisi di imprese attive nella Regione Campania. Tale ricerca parte proprio dall’analisi dei clusters ancora oggi esistenti nei nostri territori produttivi, che costituiscono la vera forza del sistema manifattu- riero nel comparto moda in Italia.

Molto spesso non si ha una esatta coscienza della forza del settore moda italiano, e inoltre si tende, spesso erroneamente, a limitare il campo della moda a quello del dress design. Ad una lettura più approfondita dei fashion clusters italiani, appare immediatamente come il campo del “vestito” propriamente detto rappresenti solo una parte del sistema moda, visto che attorno ad esso ruota tutto un universo di accessori e di componenti che rendono inossidabile e riconoscibile al mondo intero un oggetto marcato con tale pre- zioso label, tutti oggetti dell’universo fashion driven.

In effetti la crescita di prodotti che possono vantarsi del marchio di origine made in Italy , mondialmente conosciuto non tanto per il luogo di origine quanto per il grado di eccellenza del prodotto,

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è direttamente correlata alla crescita costante di numerosissime aziende e distretti industriali specializzati nel settore che po- tremmo definire fashion design oriented.

Da sempre il design e la moda italiana posseggono fama indi- scussa per livello di riconoscibilità e qualità del prodotto, tanto da identificare il made in Italy come sinonimo di eleganza e alto contenuto stilistico. È vero anche che il settore moda e design costituiscono due capisaldi dell’economia del nostro Paese: un universo di produzioni manifatturiere che spaziano dal TAC alla piccola pelletteria, dalla lavorazione orafa a quella degli occhiali, tanto da porre gli stilisti e designer italiani a modello di costan- te riferimento per altre nazioni che difficilmente riusciranno a scalzare l’Italia dal trono che occupa nel campo della creatività e dell’alto contenuto di design. In effetti il modello portante delle specializzazioni produttive italiane nel campo manifatturiero è basato in gran parte sul sistema design oriented , che comprende quindi i seguenti settori: il sistema moda-tempo libero, il sistema arredo-casa, e la meccanica strumentale collegata alle principali specializzazioni del made in Italy stesso.

Si tratta di categorie diverse che, tuttavia, fanno riferimento ai concetti comuni di specializzazione nella trasformazione delle materie prime e delle tecnologie ad esse collegate, a logiche pro- duttive di natura distrettuale o per aree provinciali specializzate in poli produttivi, attraverso il fattore comune che è rappresenta- to dalla valorizzazione ai massimi livelli qualitativi delle produzio- ni in termini di design e di innovazione del prodotto.

In tal senso il sistema del made in Italy è riconoscibile e spendibile sul mercato nonostante gli attacchi di Paesi molto concorrenziali con il nostro, grazie alla grande componente di innovazione e so- prattutto di design che i prodotti italiani posseggono. In termini di categorie merceologiche il sistema moda-tempo libero compren- de le produzioni tessili tra cui ricordiamo quella laniera, cotoniera e della seta; le produzioni nel settore della maglieria e delle calze; quelle relative all’abbigliamento ovvero di vestiti, gonne, pantalo- ni, cravatte, etc., degli accessori per la moda per cui siamo cono- sciuti in tutto il mondo (borsetteria, valigeria, calzature); inoltre il settore dell’oreficeria-gioielleria e degli occhiali che costituiscono un importante ruolo nella diffusione dei prodotti d’alta moda e alto design italiani.

È interessante evidenziare a tal proposito il formidabile contri- buto dei comparti fashion design oriented relativamente alla bilancia commerciale italiana. In effetti i prodotti del sistema

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moda-tempo libero, sono in grado di equilibrare quasi del tutto il deficit agro-alimentare ed energetico del nostro Paese. Tali osservazioni vanno al di là del territorio nazionale se si verifica come grazie al know-how consolidatosi lavorando con i clienti italiani, i produttori di macchine industriali nel nostro paese guar- dano sempre con maggiore interesse ai mercati internazionali accrescendo notevolmente le capacità di esportazione sul mer- cato globale. I produttori italiani sono divenuti leader mondiali nelle macchine per la lavorazione dei tessuti, delle pelli e del cuo- io, inoltre è da sottolineare come la nostra nazione risulti essere co-leader nella produzione di macchine per l’imballaggio e per la lavorazione delle materie plastiche.

Quello del tessile-abbigliamento è un settore fortemente radica- to nel territorio nazionale, questa considerazione è confermata dall’ampia diffusione dei distretti afferenti a tale settore. Si carat- terizza come un settore molto frammentato che si sviluppa attra- verso una lunga serie di relazioni di filiera che dalla filatura giungo- no al capo di abbigliamento finito e destinato all’acquirente finale. Il principale motivo di vantaggio competitivo del prodotto italia- no è rappresentato dalla costante ricerca di originalità, suppor- tata da un costante rinnovamento dell’offerta. Tutto ciò risulta alimentato anche dall’interazione fra diverse componenti del si- stema, che collega in rete quei soggetti che lavorano le materie prime con i distributori finali, passando per gli artefici del design e i produttori meccanotessili. Sono queste relazioni di filiera che hanno costituito finora motivo di vantaggio competitivo e, in virtù della loro concentrazione in determinate aree geografiche, l’ani- ma dell’economia dei distretti.

L’emergenza di nuovi competitors internazionali, le strategie di ri- sposta da questi sollecitate nei più importanti attori nazionali del settore, centrate anche sulla delocalizzazione di fasi produttive, da una parte permettono di ricercare nuove modalità di vantaggio competitivo, da un’altra tendono a svuotare di contenuto il tradi- zionale distretto, rendendo necessaria una sua rivisitazione e nuo- ve modalità di rilancio. Ciò soprattutto colpendo, fino a metterne a rischio la possibilità di sopravvivenza, quegli attori di distretto intermedi al processo di lavorazione, ovvero i conto terzisti. La moda italiana deve il proprio successo alla padronanza dell’in- tera filiera del tessile abbigliamento e alle sue caratteristiche principali: la dimensione media delle aziende inferiore a quella dei Paesi industrializzati, che consente una maggiore flessibilità in presenza di una crescente varietà dei semilavorati e dell’accor- ciamento del loro ciclo di vita, l’elevato grado di specializzazione

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delle imprese, la prevalenza di rapporti contrattuali di subforni- tura, l’elevato grado di interrelazione delle imprese tessili che consente all’intera filiera di operare come un grande laboratorio di innovazioni in un settore, come quello della moda, che per sua natura si alimenta dell’innovazione continua. La moda italiana deve il proprio successo anche al binomio filiera-distretti.

Il fenomeno di delocalizzazione produttiva, che recentemente ha interessato molte delle imprese del settore, sebbene limi- tatamente alle fasi di lavorazione del prodotto meno critiche o relativamente più standardizzate, ha indubbiamente alterato gli equilibri interni alla filiera rischiando di comprometterne almeno in parte i fattori di competitività.

Gli investimenti di molte aziende italiane rivolti alla delocalizza- zione della produzione al di fuori del territorio locale, accompa- gnati da un investimento forte sulla distribuzione e sulla pro- mozione del prodotto confezionato nei paesi asiatici o dell’Est europeo, ha mostrato come la produzione italiana del TAC possa garantire competitività sui mercati internazionali facendo leva non sui grandi numeri, ma sul valore aggiunto determinato dal progetto e dalla elevata qualità della produzione.

Ciò è vero in particolare se si pensa alla scommessa, oggi tenden- zialmente persa, del passaggio di molte aziende dal fenomeno di subfornitura a quello di brand ownership, che ha fatto sì che solo le aziende più mature e con una reale propensione al rischio sia- no rimaste sul mercato; tutte le altre che rappresentano l’anello debole della catena del sistema moda, subfornitrici di subfor- nitrici, si sono naturalmente dissolte. Ad esempio l’alta sartoria maschile campana di indiscutibile qualità è rimasta in piedi in tale momento di crisi, costituendo un fenomeno di spicco nelle pro- duzioni del Made in Italy. Le produzioni di eccellenza rappresen- tate, inoltre, dagli altri comparti leader come le seterie di Como, i lanifici di Biella, ed ancora Prato oppure le seterie storiche di San Leucio, Solofra per la concia delle pelli, il settore delle pelli tosca- no e quello calzaturiero che è diffuso da nord a sud della nostra penisola, costituiscono le altre forze strategiche su cui sarà ne- cessario lavorare in futuro per la competitività del prodotto Made in Italy e su cui il laboratorio FA.RE sta lavorando a diversi livelli in particolare partendo dalla valorizzazione dei giacimenti cultura- li storici della nostra Regione (Livio De Simone, Mario valentino, Emilio Schuberth, Amina Rubinacci, Kiton, Tramontano etc.) Ciò che il contributo vuol sottolineare è la metodologia di proget- tazione nel campo del design per l’innovazione nel settore Moda, sottolineando l’importanza delle strategie di condivisione, dei

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