• Non ci sono risultati.

Nuovi assiomi: egoismo sociale, non sazietà indebolita e

71 Istat (2016).

Evidenze empiriche, provenienti soprattutto dall’economia sperimentale, mettono in dubbio che la teoria della scelta economica razionale possieda una buona accuratezza predittiva. L’approccio metodologico assunto prevede che una migliore accuratezza predittiva possa derivare dall’inclusione di nuovi aspetti, realistici o meno, relativi all’oggetto della teoria. Includere nuovi aspetti non sempre è sinonimo di una migliore accuratezza predittiva. Abbiamo già visto nel primo capitolo (§ 6) che un incremento di realismo non migliora necessariamente l’accuratezza predittiva della teoria, a dire il vero potrebbe addirittura peggiorarla.

È bene rimarcare che il nostro approccio metodologico fa sì che il criterio di preferenza fra teorie alternative si basi sulla capacità delle teorie stesse di predire su di un ristretto insieme di fenomeni e non su tutti i fenomeni su cui la teoria potrebbe predire. Potrebbe accadere che tenere conto di certe evidenze empiriche, migliori una teoria costruita per soddisfare una specifica necessità predittiva ma peggiori una teoria che mira a soddisfare una diversa necessità predittiva. È ragionevole aspettarsi che per quanto riguarda la nostra necessità predittiva, tenere conto delle evidenze empiriche che mostrano specifiche violazioni di certi assiomi della teoria della scelta economica razionale,

porti a sviluppare una teoria alternativa con una maggiore accuratezza predittiva. Gli esseri umani sono influenzati da certe caratteristiche dell’ambiente decisionale quando si confrontano con scelte economiche e, talvolta, le loro decisioni possono essere spiegate assumendo che si preoccupino anche del benessere altrui. Alcune necessità predittive sono soddisfatte meglio da teorie che non contemplano tali aspetti, in quanto si rivelano aspetti irrilevanti, oppure marginalmente rilevanti, e tenerne conto complica la teoria, rendendola pressoché inutilizzabile. Ad esempio, le necessità predittive tipiche della teoria economica neoclassica non sarebbero soddisfatte con più accuratezza se questa tenesse conto di tali aspetti. La teoria neoclassica vuole soprattutto predire certe caratteristiche del mercato, ad esempio l’andamento di mercati competitivi con beni standardizzati. Al fine di predire su certe caratteristiche che emergono da comportamenti aggregati, i mercati appunto, tenere conto dell’effetto di particolari dettagli dell’ambiente decisionale e dell’attenzione degli agenti per il benessere altrui porterebbe a sviluppare una teoria assolutamente intrattabile:

“Prendiamo ad esempio il modesto pesce swai adagiato sul tuo piatto di

portata. La catena delle relazioni economiche necessarie a far sì che quel pesce arrivi dagli allevamenti vietnamiti sul Mekong fino alle cucine del servizio ristorazione di Harvard che lo cucina è una

incredibile prodezza

dell’organizzazione sociale. Se iniziassimo la nostra analisi riferendoci all’altruismo o alle idiosincrasie comportamentali degli allevatori vietnamiti ciò ci porterebbe rapidamente a perderci nel bosco teoretico. Ma facendo nostra la semplice assunzione dell’egoismo razionale, la fatica e lo sforzo necessari per la produzione di quei piccoli filetti beige acquistano un senso (almeno per coloro che non devono mangiarli). Prendendo in prestito una frase, non è dalla benevolenza dell’allevatore di swai, dell’autotrasportatore o dei dipendenti del servizio ristorazione di Harvard che ci aspettiamo il

nostro pranzo, ma dalla loro cura per il loro proprio interesse personale”.73

Lo stesso Kahneman ritiene che un approccio alternativo all’economia rispetto alla teoria neoclassica spesso è portatore di complicazioni ingiustificate, dato che non garantisce benefici in termini di accuratezza predittiva. Queste le parole di Kahneman a proposito dell’assenza della teoria del prospetto nei manuali adottati nelle aule universitarie:

“Quasi tutti gli studenti di economia hanno sentito parlare di teoria del prospetto e avversione alla perdite, ma è difficile trovare queste espressioni nell’indice di un manuale di introduzione all’economia. A volte sono addolorato per questa omissione, ma in realtà è del tutto comprensibile se si pensa al ruolo centrale che ha la razionalità nella teoria economica standard [...] Inoltre, le lacune della razionalità di cui tiene conto la teoria del prospetto sono spesso irrilevanti per le

predizioni della teoria economica, che funzionano con grande precisione in alcune situazioni e forniscono buone approssimazioni in molte altre”.74

L’irrealismo della teoria neoclassica è una caratteristica superflua nella misura in cui non ne inficia l’accuratezza predittiva. Come abbiamo visto, lo stesso Friedman riconosce che un’indagine empirica sia lo strumento migliore per avanzare ipotesi nuove o migliorarne di vecchie. Nei termini dell’economista Lionel Robbins, le ragioni dietro ai valori economici che gli esseri umani attribuiscono ai beni materiali non è oggetto di studio della scienza economica. È la psicologia a interrogarsi su tali ragioni, non l’economia. Agli economisti è sufficiente assumere “l’ovvietà che differenti possibilità offrono differenti incentivi, e che questi incentivi possono essere ordinati secondo la loro intensità”.75 Nei termini di Robbins, ai nostri fini il

punto è capire se l’individuazione degli incentivi e il loro ordine nel caso specifico del potenziale whistleblower, sia prevedibile attraverso la teoria economica neoclassica con una accuratezza migliore

rispetto a quella di una teoria alternativa, che tiene conto di certi aspetti psicologici.

La proposta che segue è sulla scia di teorie consolidate, alternative a quella dell'utilità attesa e particolarmente indicate nei casi in cui considerazioni morali hanno un ruolo significativo nella decisione. Karl Popper, ad esempio, propone di applicare alle scienze sociali il metodo da lui stesso definito “metodo zero”. Il filosofo della scienza austriaco sostiene che vada postulata una completa razionalità dell'individuo, che funge da “coordinata zero”, idealtipo, e successivamente calcolare le deviazioni rispetto a tale coordinata che emergono nei reali comportamenti degli individui. Gli scienziati sociali hanno il compito di costruire un modello a partire da una situazione sociale, il corrispettivo – nelle scienze naturali – delle condizioni di partenza. In tale processo l'individuo perde la sua individualità per diventare un “tipo” immerso nella situazione, nella quale fini e credenze diventano nient'altro che elementi di un modello situazionale generalizzabile. Tale attività consiste nell'analisi situazionale. A questo punto entra in gioco il principio di razionalità, per il quale gli agenti agiscono sempre in maniera razionale, ossia in maniera appropriata alla situazione in cui si trovano. L'idea di Popper è che il principio di razionalità è l'equivalente di una legge

universale nelle scienze naturali, ma l'analogia regge solo parzialmente. Infatti, c'è un'alta probabilità che il principio si riveli falso: sembra abbastanza evidente che gli agenti non si comportano sempre in maniera appropriata alla situazione. Perciò, il principio di razionalità non può essere considerato un a priori, tuttavia, non può neanche essere considerato una teoria empirica esplicativa – non è una tesi psicologica. Il principio di razionalità è piuttosto un principio minimo utile.76 Nel caso in cui la teoria che lo assume è

falsificata, ciò che viene effettivamente falsificato è la congiunzione fra il principio e l'analisi situazionale. Popper propone allora di mantenere il principio di razionalità e correggere l'analisi situazionale, la quale – a differenza del principio di razionalità – è inquadrata epistemologicamente come una ipotesi controllabile. La volontà di Popper è realizzare una estensione del metodo dell'analisi economica al complesso delle scienze sociali.77 Si tratta di una teoria epistemologica

della razionalità soggettiva che ha molte affinità con quella sviluppata da Raymond Boudon. Anche il sociologo francese ha proposto una teoria della razionalità alternativa rispetto alla teoria dell'utilità

76 Per approfondimenti si veda Caldwell (1991) e Borghini (2000). 77 La proposta di Popper non è scevra da problematiche.

Particolarmente interessante è l'analisi di Allen Oakley (2002), il quale sottolinea che il desiderio di Popper di affidarsi a un metodo obiettivo e rifiutare soggettivismo e psicologia è tradito dall'uso di

attesa. Boudon spiega l'azione riferendosi alle “buoni ragioni”, le quali attengono alla condivisione, da parte dell'agente, di certe tipologie di credenze (ad esempio le norme etiche e l'idea di giustizia).

Riconoscere il ruolo causale delle buone ragioni ha portato Boudon a rifiutare i postulati della teoria razionale-utilitaristica e sviluppare una teoria con al centro L'Homo Sociologicus, il quale è cognitivamente razionale, ossia un agente capace di sviluppare un sistema di argomenti relativi alla situazione in cui è immerso e agire di conseguenza. Il mio approccio ha forti affinità con entrambe le proposte.78 Da una parte,

la revisione degli assiomi contenutistici suggerita dai risultati dell'economia comportamentale condivide lo stesso spirito che muove l'analisi situazionale di Popper. Il mio è infatti un tentativo – basato su ricerche empiriche – di render conto di elementi di un modello situazionale che accresconol'accuratezza predittiva della teoria. Nel nostro caso specifico si tratta di modellare la situazione in cui è immerso il potenziale whistleblower. Allo stesso modo, il tentativo di Boudon di raffinare il concetto di razionalità dell'azione umana è affine alla nostra attenzione al peso dell'utilità altrui sulla scelta del soggetto. La differenza fondamentale fra il mio approccio e quello di Boudon

e Popper consiste nel fatto che per questi ultimi è la comprensione della logica delle azioni ad essere al centro. Dato l'approccio qui assunto, la comprensione è gregaria all'accuratezza predittiva. Abbiamo già visto che il nostro atteggiamento metodologico permette di cogliere e sfruttare i meriti delle ricerche empiriche senza per questo rinunciare a ritenere l'accuratezza predittiva il principale obiettivo della teoria.