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Nuovi generi, nuovi problem

Gli spunti forniti da questa breve analisi del film Revolutionary Road evidenziano certamente l’eclettismo retorico delle categorie fin qui esaminate. Cerchiamo adesso di spiegare meglio il funzionamento concettuale del genere cavelliano. Attraverso le operazioni di compensazione e negazione descritte nei libri sulle commedie e sui melodrammi, Cavell intende proporre un’idea di genere in netto contrasto con le teorie strutturaliste secondo le quali un genere è una sistema formale di caratteristiche, un oggetto con delle proprietà determinate. «Pensiamo all’eredità comune dei membri di un genere come a una storia, diciamo un mito. I membri di un genere saranno interpretazioni di esso, o per usare le parole di Thoreau, sue revisioni, che potranno altresì diventare interpretazioni l’una dell’altra. Il mito deve essere costruito, o ricostruito, dai membri del genere che lo eredita e, finché il genere è (per quanto ne sappiamo) insaturo, la costruzione del mito deve rimanere provvisoria» (Cavell 1999, pp. LI- LII). In un saggio del 1982, intitolato “The Fact of Television” (che è parte della raccolta di scritti cavelliani sul cinema Cavell on Film (2005), già citata in precedenza), l’autore di Alla ricerca della felicità e Contesting Tears riprende la questione, ponendo un ulteriore distinguo tra il concetto di “genere-medium” e quello di “genere- ciclo”91: «In ciò che definisco genere del rimatrimonio, la presenza o

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Il concetto di genere-ciclo è riferibile alle serie televisive, in cui i singoli episodi sono istanze di un dato insieme di personaggi e ambientazioni, mentre il genere- medium ha a che fare con i film e possiede le specifiche teoriche che abbiamo tentato di annoverare tra queste pagine. Cavell associa al ciclo il processo di “serializzazione”, contrapposto a quello di “generazione” che è invece proprio del cinema. Le procedure di serializzazione televisiva si basano su vere e proprie formule di composizione narrativa, per cui ogni istanza è una perfetta

198 assenza persino del titolo di genere non assicura che una data istanza

appartenga o meno al genere stesso. L’appartenenza deve essere conquistata, guadagnata, come argomento di ogni membro rispetto agli altri; allo stesso modo l’adiacenza di genere deve essere provata […]» (Cavell, 2005, p. 69, traduzione mia). Il termine “adiacenza” ci riporta nuovamente al cuore della trattazione e ci pone un ulteriore interrogativo: è possibile applicare il meccanismo retorico di Cavell nel tentativo di individuare altri generi, per non dire “nuovi generi”? Quali sono i generi adiacenti individuabili a partire dalle commedie del rimatrimonio e dai melodrammi della donna sconosciuta? È lo stesso Cavell a fornire una risposta parziale fin dai tempi del suo primo libro dedicato all’argomento, Alla ricerca della felicità: «Sono spinto qui a sottolineare la prossimità dei film del rimatrimonio con film che narrano la creazione della donna (o dell’umano) con altri mezzi. […] l’intera gamma di opere nelle quali il procedimento della macchina da presa soffia la vita in una creatura umana sin dall’inizio, o priva una creatura umana della vita» (Cavell, 1999, pp. 225-226). Sulla base di tale assunto, i possibili generi adiacenti potrebbero, dunque, essere tre: una certa tipologia di noir in cui hanno sostanziale peso le questioni del desiderio, della perdita dell’innocenza, della rimozione, con particolare rilievo dato alla figura femminile; i film horror che propongono delle versioni alternative del mito di Pigmalione, alla stregua di un qualsiasi Frankenstein o di altre storie concernenti creature inumane che prendono vita a causa di una precisa volontà creatrice92, e di quei film il cui intrigo si costruisce intorno

esemplificazione di un preciso format e non necessita di dialogare con le altre istanze generate dalla stessa formula (sotto questo aspetto, si tratta di concetti evidentemente più affini alle teorie strutturaliste). L’obiettivo del saggio “The Fact of Television” è proprio quello di operare una conversione teorica che possa aiutare a individuare alcune figure cardine della testualità televisiva, tra le quali spicca quella dell’evento. Per tanto non sarà preso in considerazione nel presente elaborato, che invece si propone di riflettere unicamente sul concetto di genere cinematografico.

92 Altro esempio significativo portato da Cavell è quello de L’esorcista (The

199 alla difficoltà di distinguere gli uomini da altre razze di mostri

(zombie, alieni, vampiri ecc.): «Parlo qui del cinema dell’orrore nei termini […] di una percezione dell’instabilità del dato di fatto dell’esistenza umana, una percezione della sua vicinanza con l’inumano, con il mostruoso» (ivi, p. 226); infine, il western come genere che tratta il tema dell’istituzione della civiltà nello stesso senso in cui la commedia del rimatrimonio ci racconta di una separazione dalla società. Soffermandosi sul primo di questi tre generi adiacenti, Cavell approfondisce in diverse occasioni alcuni aspetti legati alla filmografia di Alfred Hitchcock, come perfetto emblema di raccordo tra cinema di genere, autorialità e ontologia.

Il corpus filmico di Hitchcock ci fornisce esempi utili: il suo Intrigo internazionale condivide un’infinita lista di caratteristiche con le commedie del rimatrimonio, fatto che implica, seguendo le mie precedenti tematizzazioni, il suo riferirsi alla legittimità del matrimonio. In questo film, come in altre avventure, girate da Hitchcock e da altri registi, tale legittimità viene conferita dalla sopravvivenza di una coppia di sposi in relazione a un’avventura che ruota intorno alla salvezza di una nazione. Ma il film può essere compreso anche nei termini di una negazione del genere del rimatrimonio per quanto concerne la caratteristica della donna che deve subire qualcosa come una morte e una rinascita. Quando ciò accade in Hitchcock, ad esempio nel caso de La donna che visse due volte, il film immediatamente precedente a Intrigo internazionale, si giunge alla catastrofe. In Intrigo internazionale è l’uomo che passa attraverso una morte e una rinascita (e per questo motivo sostengo che abbia a che fare con la struttura formale del rimatrimonio). Una dozzina di anni prima, in Notorius, Hitchcock compensava l’assenza della caratteristica “morte e rinascita della donna” (mantenendo

film l’autore si identifica virtualmente con Frankenstein doppiando la voce della ragazza posseduta, cambiandole gli occhi e fornendole i poteri straordinari di lanciarsi per aria e di gettare vomito. Il lato negativo, oscuro del mito del cinema come cooperatore alla creazione dell’umanità, è la scoperta che la saldezza della nostra umanità è messa in discussione, che noi ci possediamo soltanto, dimoriamo in noi stessi come alieni» (ibidem).

200 appunto il lieto fine con rimatrimonio) enfatizzando il fatto che una

simile morte e rinascita non fosse condizione necessaria all’ottenimento dell’amore da parte dell’uomo, ma piuttosto l’effetto del suo fallito riconoscimento (come accade, fondamentalmente, in riferimento alla mia trattazione su Racconto d’inverno). (Cavell, 2005, p. 67, traduzione mia)

Il caso de La donna che visse due volte (Vertigo, 1958) è particolarmente significativo perché riprende una struttura simile a quella di Lady Eva, in cui, come sappiamo, l’intreccio si dipana a partire dalla fatidica domanda: “Le donne sono due o è una sola?”. A differenza del film di Hitchcock però, in quello di Sturges lo spettatore è fin dall’inizio a conoscenza della macchinazione e gode della dabbenaggine del protagonista maschile, incapace di capire che si tratta della stessa persona. Come ci fa notare Cavell nell’articolo del 1977, “What Becomes of Things on Film”, i dilemmi commedici qui lasciano il posto a un’atmosfera decisamente diversa, all’interno della quale il tema della creazione della donna assume connotati inquietanti (il che rende evidente il dato di fatto relativo all’adiacenza di genere): «Non mi conosci? Dimmi chi sono. In La donna che visse due volte […] il movimento non procede dalla realtà al luogo di un’impressione, ma siamo portati a condividere la ricerca semi-allucinatoria, semi- necrofila, dell’eroe nel regno del congiuntivo per la donna che egli immagina morta. La confusione riguardante la domanda se vi sia una sola donna o due, o se la donna sia sopravvissuta o morta, viene percepita come una confusione in merito alla sua stessa identità di uomo. La sua esistenza ha luogo altrove e non nel mondo che noi vediamo» (Cavell, 2005, p. 6, traduzione mia). Ma è Intrigo internazionale (North by Northwest, 1959) a risaltare come autentico romance – o, per lo meno, come thriller romantico – e, quindi, a fregiarsi del titolo di possibile commedia del rimatrimonio, secondo un’analisi operata da Cavell nell’articolo “Pazzo solo tra nord e nord

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