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Il nuovo corso economico del Giappone

Nel documento Global Outlook 2014: rapporto finale (pagine 145-148)

Parte IV: Approfondimenti

5. Il nuovo corso economico del Giappone

Per molti versi, il 2013 è stato l’anno della “Abenomics”, vale a dire di quell’insieme di manovre di politica monetaria e fiscale particolarmente aggressive volte a sostenere la domanda aggregata (prima e seconda freccia) e di riforme strutturali volte ad aumentare la crescita potenziale dell’economia (terza freccia) ideate e in corso di implementazione in Giappone da parte del premier Shinzo Abe. Il Global Outlook ne ha parlato con Pietro Ginefra, Responsabile della delegazione della Banca d'Italia a Tokyo.

Per quanto riguarda le prime due frecce, l‘Abenomics ha comportato in Giappone l’avvio di una politica fiscale espansiva per sostenere la domanda aggregata, nonché il rinvio del processo di stabilizzazione della dinamica delle finanze pubbliche (anche l’aumento dell’IVA dal 5 all’8 per cento da realizzare nel 2014 potrebbe essere sospeso se l’andamento dell’economia nel secondo semestre del 2013 non fosse soddisfacente, come pare probabile). A questa si aggiunge l’approvazione di: un budget supplementare superiore al 2% del Pil, e di una legge finanziaria per il 2013 che prevede un disavanzo pari a circa il 9%, con un incremento degli investimenti pubblici del 15% rispetto al 2012 e pari al 6% del totale della spesa. Inoltre, Shinzo Abe ha varato una politica monetaria che consente di conseguire un tasso di inflazione obiettivo pari al 2 per cento e un tasso di cambio dello yen più in linea con valori di equilibrio di medio periodo (105 yen per dollaro americano e 130 yen per euro). Si è trattato di un’operazione di “quantitative and qualitative monetary easing” (QQE): che ha implicato, oltre alla condivisione del tasso di inflazione obiettivo (2%) con la banca centrale, anche un notevole aumento degli acquisti di titoli governativi (50.000 miliardi di yen all’anno) e l’aumento della scadenza media dei titoli governativi acquistati (da 3 anni a circa 7 anni). Come conseguenza, nel marzo 2013 il rapporto base monetaria/Pil era del 30% in Giappone 30%, contro il 15%

dell’area euro e il 20% degli USA. A fine 2014 la base monetaria dovrebbe raggiungere i 270.000 miliardi di yen (oltre il 50% del Pil).

Nel breve termine, la politica della Banca del Giappone (BOJ) ha determinato un consistente aumento della volatilità sul mercato dei bonds nazionali, con possibili effetti indesiderati nel medio-lungo termine come l’aumento della rischiosità del bilancio della BOJ, che può generare possibili perdite e conseguente riduzione della fiducia del mercato nei confronti della banca centrale; e la creazione di squilibri finanziari e di distorsioni nei mercati delle attività finanziarie. I primi effetti visibili sul tasso di cambio sono stati all’insegna di un deprezzamento notevole dello Yen. Per altri versi, la politica fiscale ha avuto come effetto l’aumento dei tassi di interesse connesso con aspettative di accelerazione della dinamica positiva dei prezzi al consumo:

questo potrebbe generare effetti piuttosto preoccupanti sul costo del servizio del

debito e sul capitale delle banche giapponesi, che detengono una quota rilevante dei titoli di stato per buona parte decennali. Un aumento dei tassi di interesse determinerebbe perdite in conto capitale in grado di erodere una parte cospicua del capitale del sistema bancario giapponese.

Spinto dalla Abenomics, il Giappone ha mostrato tassi di crescita inconsueti all’inizio dell’anno (del 3.5% nel primo trimestre 2013), il che ha fatto crescere l’ottimismo sull’efficacia delle “tre frecce”. Dopo le elezioni del 21 luglio 2013, Shinzo Abe ha in pugno la maggioranza in entrambi i rami del parlamento giapponese, con una prospettiva di tre anni senza elezioni. Tutto pronto quindi per scoccare la “terza freccia” del suo programma volto ad attuare robuste riforme strutturali. Le politiche fiscali e monetarie espansive, poste in essere nel primo semestre 2013, erano relativamente semplici da implementare, mentre appare assai più complessa la realizzazione di riforme che mutano la struttura dell’economia e delle relazioni industriali e sanciscono la perdita di posizioni di vantaggio conseguite nel tempo da differenti classi sociali.

Il Giappone proviene da un periodo di riforme del mercato del lavoro, volute dall’ex premier Jounichiro Koizumi e orientate a una maggiore flessibilità nella gestione della manodopera. Ciò ha consentito di mantenere il tasso di disoccupazione su livelli relativamente contenuti, pari a circa il 4%, anche nel corso dell’ultimo quinquennio caratterizzato dalla grande recessione. Ora, da Shinzo Abe si attendono politiche volte non tanto a ridurre il tasso di disoccupazione, quanto ad aumentare la produttività e il valore aggiunto creato dal sistema economico giapponese.

Negli ultimi venti anni, il Giappone ha registrato tassi di crescita del Pil pro-capite sostanzialmente in linea con quelli di paesi europei come Francia e Italia.

La crescita è stata peraltro conseguita mediante la realizzazione di politiche fiscali espansive che hanno portato il rapporto debito pubblico/Pil su livelli esorbitanti, pari a circa il 240%. Ciò ha contribuito a ridurre la volatilità del ciclo economico. Tuttavia, come la letteratura economica suggerisce, la crescita del reddito pro-capite può essere conseguita solo con politiche dell’offerta che aumentino la produttività del lavoro e quella totale dei fattori. Tra queste, accanto alle riforme istituzionali - liberalizzazioni e privatizzazioni - vi sono le politiche a favore dell’innovazione di processo e di prodotto, quelle energetiche e quelle demografiche.

In un mondo competitivo, in cui l’Asia emergente svolge il ruolo del concorrente più agguerrito (si veda il Capitolo 2 più sopra, dedicato alle tigri asiatiche e al Myanmar), in quanto ancora poco strutturato sotto il profilo delle normative di sicurezza sul lavoro, delle infrastrutture previdenziali e sanitarie e delle relazioni industriali, gli elettori giapponesi si attendono dal governo Abe politiche che aumentino, nel medio periodo, la competitività e la produttività del sistema economico, affrontando, tra l’altro, il problema della scarsa

disponibilità di fonti energetiche (riducendo l’utilizzo di energia nucleare) e il basso tasso di natalità (che mette a repentaglio la sostenibilità del sistema nel medio periodo).

Ginefra ha sottolineato come la situazione politico-economica non sia tanto diversa, a ben vedere, da quella europea e italiana dove la popolazione invecchia (in particolare, in Italia e in Germania) e la produttività ristagna (in particolare, in Francia e nei paesi dell’Europa meridionale). D’altronde, il Giappone è un’economia post-industriale con i problemi tipici delle economie avanzate. Il processo di sviluppo che ha portato la manodopera agricola a migrare nelle fabbriche e quella operaia nel settore dei servizi via via che aumentava la produttività nell’agroindustria e nella manifattura, impone alle economie capitalistiche avanzate di aumentare la produttività del lavoro nel settore dei servizi in modo da soddisfare le aspettative di reddito di coloro che vi sono occupati.

Il problema è di natura soprattutto distributiva e geo-politica: la presenza dell’Asia emergente costringe le imprese giapponesi esportatrici - insieme a quelle europee - ad essere competitive sui mercati internazionali grazie anche a una manodopera ad alta produttività e livelli salariali elevati. Sono i lavoratori espulsi dai settori a più alto valore aggiunto ad essere penalizzati. Impiegati nei servizi, con tassi di crescita della produttività più bassa, questi devono accontentarsi di salari più contenuti.

Ginefra ha notato come la sfida sia complessa: la stabilità politica conseguita con le recenti elezioni è condizione necessaria per accettarla, ma la capacità di elaborare politiche credibili ed efficaci dipende dalla qualità della classe dirigente giapponese. Non a caso, i dati sulla crescita del Giappone hanno segnato un rallentamento evidente negli ultimi mesi del 2013 (cfr figura 28): un dato allarmante che riflette la difficoltà della “terza freccia” della Abenomics.

Figura 28 – Crescita del Pil Giapponese per trimestre (valore annualizzato), 2008-2013

6. I

L

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ENEZUELA IN TRANSIZIONE

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TRA RETAGGI DEL

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