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OFDM: Orthogonal Frequency-Division Multiplexing

Introdotta nel mondo delle telecomunicazioni a partire dall’anno 1995 con lo standard DAB (Digital Audio Broadcasting), nonostante i primi studi in merito risalgano al lontano 196629, l’ Orthogonal Frequency-Division Multiplexing (OFDM) è una metodologia di trasmissione multi-portante che, fin dal suo esordio, ha riscontrato un notevole successo nel campo comunicazioni digitali. Grazie ai numerosi vantaggi che la caratterizzano, come l’innata robustezza rispetto a canali affetti da multipath e la sua facilità di implementazione, questa tecnica è diventata il formato di segnalazione per numerosi standard di comunicazione tra i quali IEEE 802.11 (Wi-Fi), DVB-T, ADSL per citarne alcune dei più popolari. La sua ubiqua diffusione ha permesso a industria e ricerca di familiarizzare molto rapidamente con questa tecnologia, riuscendo oltretutto a superare anche alcune problematiche che avevano accompagnato le prime versioni e per tutte queste ragioni, l’OFDM è stato adottato pressoché all’unanimità come formato d’onda per la quarta generazione di reti radiomobili.

Contrariamente ad una modulazione a singola portante, una modulazione multi-portante (Multi Carrier Modulation, MCM) suddivide la banda totale disponibile in una molteplicità di sotto-bande o sotto-portanti (Sub-Carrier, SC) di ampiezza inferiore. Tale procedimento, può essere visto, in linea di principio, come la ripartizione di un flusso informativo ad elevata velocità, in una serie di sotto-flussi paralleli e quindi più lenti. Ogni sotto-flusso viene associato ad una SC, le quali risultano opportunamente spaziate in frequenza, per evitare che si interferiscano reciprocamente. Tale interferenza prende il nome di Inter-Carrier Interference (ICI). Come appare evidente dalla figura 3.2 nelle tradizionali tecniche FDM vengono imposte opportune bande di guardia in modo da separare opportunamente gli spettri dei segnali.

Figura 3.2 – FDM (a) ed OFDM (b) a confronto

[29] - R.W. Chang, “High-Speed Multichannel Data Transmission with Bandlimited Orthogonal Signals” - BELL LABS, Bell Sys.Tech. J, vol. 45, pag. 1775–96, 1966.

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Così facendo però, ampie porzioni dello spettro risultano inutilizzabili, il che si traduce in una sensibile riduzione dell’efficienza spettrale della trasmissione. L’OFDM riesce ad garantire una condizione di assenza di ICI nonostante la sovrapposizione delle sottoportanti in frequenza, con notevole risparmio dal punto di vista dell’occupazione di banda complessiva del segnale. Per comprendere come questo risultato sia ottenuto, dobbiamo considerare l’equivalente in banda base di un generico modulatore multi-portante, riportata in figure 3.3, dove con {cn} sono indicati i simboli (complessi) appartenenti alla costellazione in trasmissione.

Figura 3.3 – Equivalente in banda base di un generico modulatore multi-portante.

Il modulatore opera su blocchi di N elementi, ripetendo il medesimo processing per ciascun blocco. Per maggiore chiarezza descriveremo il comportamento del modulatore considerando inizialmente un singolo blocco, per poi estendere il ragionamento al caso generale.

Definito Rs la frequenza di segnalazione dei simboli in ingresso al MCM, possiamo indicare con Ts, l’intervallo di segnalazione dei simboli {cn} , (o tempo di simbolo), pari a .

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Il convertitore Serie/Parallelo (S/P) suddivide il flusso informativo dei simboli in ingresso su gli N rami in parallelo del modulatore, dilatandone l’intervallo di segnalazione. Ognuno di questi sotto- canali è quindi caratterizzato da un tempo di simbolo N volte più lento rispetto all’originale, pari a:

Successivamente, la moltiplicazione per l’esponenziale complesso effettua una traslazione su una differente frequenza per ognuno dei rami considerati, equispaziando le sotto-portanti di Δf .in sequito a questa operazione, il segnale di ogni SC è dato da:

con:

Che esplicita la durata estesa del simbolo di ciascun sotto-canale.

Il segnale in uscita al MCM, è ottenuto come combinazione lineare dei segnali sulle singole sottoportanti e risulterà quindi nella forma:

La (3.4) rappresenta l’uscita del MCM riferita ad un singolo blocco. Estendendo questo risultato al caso generale, considerando la totalità dei simboli otteniamo:

Dove l indica l’indice di blocco considerato, e identifica l’n-esimo simbolo relativo al l- esimo blocco. Rimane però da definire il Δf . Per fare questo senza perdita di generalità, possiamo concentrarci su un singolo blocco (l = 0), e calcolarne la densità spettrale di potenza (DSP) della (3.5) ottenendo:

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Dove sono stati considerati simboli la cui potenza risulti unitaria:

Appare evidente che la DSP del segnale multi-portante è data dalla combinazione lineare delle DSP delle singole SC, ognuna delle quali risulta traslata in frequenza rispetto alla successiva dalla quantità Δf che pertanto rappresenta la spaziatura tra le sottoportanti. Questa dovrà essere scelta in modo tale che, in ricezione, l’ICI risulti nulla o comunque trascurabile, al fine di riuscire a demodulare correttamente le singole sotto-portanti.

Consideriamo quindi il demodulatore ottimo, associato al generico flusso k-esimo che, in presenza del solo rumore gaussiano bianco è riportato in figura 3.4

Figura 3.4 – Demodulatore ottimo per il generico sottoflusso k-esimo

Tale schema prevede la conversione in banda base della SC, il passaggio attraverso il filtro adattato con relativa operazione di campionamento, rappresentati dall’operazione di integrale, ed il decisore a soglia finale. La variabile di decisione relativa al simbolo presente sulla sotto-portante k-esima sarà data quindi da:

Tuttavia, la presenza degli altri sotto-canali interferisce inevitabilmente sull’operazione di decisione. Sempre facendo riferimento al singolo blocco, l’effetto del singolo sotto-canale m, (con m ≠ k ), sulla variabile di decisione è dato da:

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Come si evince dalla (3.8) al fine di ridurre a zero il contributo dell’interferenza generato dalle sottoportanti diverse da quella in esame, potremmo considerare , il che equivarrebbe a posizionare le SC molto distanti nello spettro, ovvero la strategia comunemente utilizzata nelle tradizionali modulazioni FDM. Tuttavia, essendo ( m-k ) un intero, la scelta più efficiente dal punto di vista di spettrale è quella di considerare , con Q intero non nullo Questa condizione è sufficiente a garantire l’ortogonalità delle varie sotto-portanti, tale da annullare l’ICI. Ovviamente ai fini di una minore occupazione di banda complessiva del segnale, viene scelto il minore tra i valori di Q possibili, ( Q =1 ) il che si traduce in:

La scelta di imporre una spaziatura tra le sotto-portanti pari alla loro frequenza di segnalazione, fa si che questa particolare configurazione del modulatore multi-portante venga definita come OFDM, il cui segnale, nel domino temporale, sarà dato nella forma:

La giustificazione nella scelta di questo nome risulta evidente se si torna a considerare l’aspetto della DSP del segnale, limitandoci sempre all’osservazione di un singolo blocco per volta.

Come appare chiaro dalla figura 3.5, nonostante gli spettri dei segnali associati alle singole sottoportant risultino parzialmente sovrapposti in frequenza, la (3.9) garantisce l’assenza di centrando ciascun sotto-portante. I risultati appena esposti sono però riferiti a segnali tempo- continui. Occorre quindi trovare una struttura efficiente di modulatori e demodulatori OFDM digitali, che implementino le operazioni appena descritte

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Figura 3.5 – Densità spettrale di potenza di un segnale OFDM15

Per quanto riguarda la struttura di un trasmettitore OFDM digitale dobbiamo far riferimento allo schema a blocchi riportato in figura 3.6. I bit {bi} in ingresso al mapper vengono convertiti in simboli complessi, sulla base della specifica costellazione usata in trasmissione. Questi vengono poi suddivisi in blocchi di Nsc elementi ed inviati al modulatore OFDM, il cui ingresso sarà quindi:

A questi simboli, dopo il convertitore S/P vengono aggiunti Nv simboli nulli, definiti portanti virtuali e che andranno a formare le bande di guardia ai lati dello spettro del segnale OFDM, necessarie a permettere ad i lobi laterali delle funzioni sinc( ) una sufficiente attenuazione.

Figura 3.6 – Schema a blocchi di un trasmettitore OFDM in banda base

A questo vettore di simboli esteso, viene poi applicata la Trasformata Discreta di Fourier Inversa (IDFT) che produce in uscita il vettore di campioni s , generalmente definito come simbolo OFDM,

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di dimensione pari al vettore di simboli in ingresso: N = Nsc + Nv. Tipicamente il valore di N viene scelto in modo tale da risultare una potenza di due, in modo da poter sfruttare l’ algoritmo di IFFT (Inverse Fast Fourier Transform) per implementare l’operazione di IDFT più rapidamente. Si viene quindi a creare una corrispondenza bi-univoca tra i simboli in ingresso ed in uscita alla IDFT data da:

In ricezione, in condizioni ideali, una volta noto il vettore di simboli s , basterà applicare la trasformazione inversa, ovvero la Trasformata Discreta di Fourier (DFT), per ri-ottenere così i simboli di partenza . Tuttavia, come riportato in figura 3.6, prima di trasmettere ogni blocco di simboli s è necessario aggiungere il Prefisso Ciclico (CP) in testa al blocco, costituito dalla ripetizione degli ultimi Ncp elementi del vettore s .

Si rende necessaria l’aggiunta del CP poiché, nel transitare su un canale affetto da multipath, il simbolo OFDM subisce un allungamento, Δτ , legato al ritardo massimo dei cammini che compongono il canale di comunicazione. Nel caso di assenza di CP, come visibile in figura 3.7, questo fenomeno porta ogni simbolo a sovrapporsi con il successivo, creando un interferenza che per suddetta ragione viene comunemente definita Interferenza Inter-Simbolica (ISI). Questa degrada notevolmente le prestazioni del sistema, pertanto si rende necessaria l’introduzione di una soluzione volta a contrastarla.

Un semplice quanto efficace metodo per annullare l’effetto dell’ISI, è quello di introdurre un intervallo di guardia, Tg , tra un simbolo OFDM ed il successivo, sufficientemente ampio da permettere alle code di ciascun simbolo di attenuarsi ( Tg > Δτ ). Sebbene l’introduzione di un tempo di guardia in cui non vi sia alcuna trasmissione risulti sufficiente ad eliminare del tutto l’interferenza inter-simbolica, questa strategia costringerebbe l’interfaccia radio a frequenti

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transizioni On/Off che risultano sconsigliabili sotto diversi aspetti, oltre al fatto che un’eventuale errore di sincronizzazione porterebbe inevitabilmente alla perdita di campioni utili del segnale. Il prefisso ciclico viene introdotto proprio per risolvere queste due problematiche.

Figura 3.7 – Effetto dell’ ISI dovuta ad un canale affetto da multipath, e utilizzo del CP per contrastarla.

Piuttosto che introdurre un tempo di guardia vuoto, si copiano gli ultimi Ncp campioni di ciascun simbolo OFDM e li si posiziona al suo inizio, come riportato in (3.13). Ovviamente la durata dei CP, indicata con Tcp , (proporzionale alla sua lunghezza), deve essere maggiore di Δτ , in modo da assorbire completamente l’effetto dell’ISI. In questo modo si evitano le transizioni acceso/spento degli stadi a RF, e si riescono a compensare anche eventuali errori di sincronismo, poiché, fin tanto che l’errore di sincronismo è tale da essere contenuto nel CP, si riescono comunque a ricevere, seppur con un diverso ordine, tutti i campioni del simbolo OFDM, evitando così la perdita di informazioni. Ovviamente, l’inserzione del CP estende di Tcp la durata complessiva di un simbolo OFDM, il che si traduce in una riduzione dell’efficienza nel temporale della comunicazione che può essere valutata come:

Solitamente, riferendoci allo standard LTE, il prefisso ciclico ha una durata inferiore ad 1/8 rispetto al tempo di simbolo OFDM+CP. Valori tipici dell’efficienza sono quindi nell’ordine di 0.9 ÷ 0.95, che risultano tollerabili a fronte de i numerosi benefici introdotti dall’utilizzo del prefisso ciclico.

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Dopo l’aggiunta del CP il segnale è pronto per essere inviato agli stadi RF e trasmesso. Dopo essere transitato sul canale di comunicazione, viene demodulato in banda base dal ricevitore, il quale effettua le operazioni inverse a quelle effettuate in trasmissione. Lo schema a blocchi del ricevitore è riportato in figura 3.8. Come il trasmettitore, anche il ricevitore opera a blocchi, la cui dimensione però in questo caso risulta essere pari a N+Ncp. Una volta stimato l’inizio del simbolo OFDM+CP, vengono prelevati gli N+Ncp campioni successivi, viene rimosso il prefisso ciclico ed al vettore di simboli s’ rimanente, la cui dimensione è adesso pari ad N, viene applicata l’operazione di DFT (o FFT) duale rispetto a quella in trasmissione, invertendo così la (3.12)

In uscita alla DFT vengono rimosse le portanti virtuali, dopodiché i restanti Nsc simboli, vengono serializzati mediante il convertitore P/S e inviati ad de-mapper che effettua la stima ottenendo una sequenza di bit pari a quella inizialmente trasmessi, a meno di eventuali errori di canale.

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