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• L’oggetto transizionale consente di mantenere interrelate due aree altrimenti separate, quella della realtà interna e quella della realtà esterna.

• L’oggetto transizionale compare tra i quattro e i dodici mesi.

• Il bambino ha bisogno di investire un oggetto del potere transizionale, tali che rappresentino un ponte tra la realtà interna e quella esterna. Si colloca tra la “creatività

primaria e la percezione obiettiva basata sull’esame di realtà”.

• Anche se non tutti i bambini vi fanno ricorso, la presenza dell’oggetto transizionale è un indice sicuro di una

potenziale capacità di elaborare l’onnipotenza e la separazione.

• L’oggetto transizionale viene quindi progressivamente dimenticato.

• Può rimanere nell’adulto nella consapevolezza di mantenere un “luogo di riposo”, ove lasciar

fluttuare la mente e giocare con le proprie idee.

Oppure come spazio del gioco, della creatività, del sentimento religioso, ma anche della perdita del sentimento affettuoso, dell’assuefazione alla droga, dei rituali ossessivi.

• W. distingue a tal proposito l’oggetto transizionale dall’oggetto feticcio o oggetto tossico.

Quest’ultimo mantiene il soggetto in uno stato di continua dipendenza, distoglie da sé e dalla

realtà esterna.

Comunicare o non comunicare? (Winnicott 1963)

Nell’ambito della salute esiste un nucleo della personalità che corrisponde al vero Sé. Ritengo che tale nucleo non comunichi mai direttamente con il mondo degli oggetti percepiti e che l’individuo sappia che questo nucleo non deve entrare in comunicazione con la realtà esterna né venirne influenzato. Sebbene le persone sane comunichino e amino comunicare, è anche vero che ogni individuo è un essere isolato che non comunica in modo permanente, in permanenza sconosciuto e mai realmente scoperto. […] Al centro di ogni persona c’è un elemento incomunicabile, inviolabile, che è sacro e va preservato. Le esperienze traumatiche, che portano all’organizzazione delle difese primitive, rappresentano una minaccia al nucleo isolato, la minaccia che venga scoperto, modificato e che ci si metta con esso in contatto. La difesa consiste in un ulteriore occultamento del Sé nascosto… Essere stuprati o essere mangiati dai cannibali sono cose di poco conto rispetto alla violazione del nucleo del Sé mediante la comunicazione che si insinua attraverso le difese. …possiamo capire l’odio che la gente ha verso la psicoanalisi, la quale è penetrata assai nella personalità umana e costituisce una minaccia per il bisogno che l’individuo ha di restare segreto e isolato.

Il problema è: come isolarsi senza doversi circondare di barriere?

Credo che, inerente in ogni tipo di artista, si possa scoprire un dilemma dovuto alla coesistenza di due

tendenze: il bisogno urgente di comunicare e il bisogno ancora più urgente di non essere scoperto. Ciò potrebbe spiegare la nostra impossibilità a concepire un artista

che arrivi alla fine del compito che impegna totalmente la sua natura. (Winnicott 1963)

Forse non è stata data abbastanza attenzione al fatto che il mistico si ritira in una posizione in cui può comunicare segretamente con oggetti e fenomeni soggettivi, poiché la perdita di contatto col mondo della realtà condivisa è

compensata da un vantaggio nel sentirsi reale (Winnicott 1963).

Tutto ciò che è profondo ama la maschera; le cose più profonde provano perfino odio per l’immagine e il simbolo […]. Esistono fatti così delicati che si fa bene a coprirli e a renderli irriconoscibili sotto una grossolanità; esistono atti d’amore e di traboccante generosità, in seguito ai quali non c’è nulla di più consigliabile di prendere un bastone e

picchiare di santa ragione il testimone oculare: e con ciò offuscare la sua memoria […] il pudore è ingegnoso. Non sono le cose peggiore quelle di cui ci si vergogna di più (F.

Nietzsche, Al di là del bene e del male, 40).

Ogni profondo pensatore teme più l’essere compreso che l’essere frainteso (F. Nietzsche, idem, 290).

• La parte principale della vita degli adulti, degli adolescenti, dei bambini e dei lattanti si svolge

all’interno di quest’area intermedia, a metà strada fra soggettività e oggettività, fra sogno e realtà.

La stessa civiltà può essere descritta a partire da questa visuale, dice Winnicott (1970). Nei

fenomeni transizionali occorre accettare il

paradosso ce collega la realtà interna a quella esterna. Non chiediamo mai dell’orsacchiotto del bambino (che è un simbolo della disponibilità

materna) se è stato creato o se era già lì.

• Negli adulti l’area transizionale è l’area degli interessi culturali, lavorativi, religiosi, politici, artistici ecc.

• Tutto è «transizionale» in quanto «abitiamo» la realtà non passivamente, subendola, ma in modo attivo, tentando di comprenderla dal nostro punto di vista: non ci sono «cose», ma le cose come

sono per noi, pur restando che le cose qualcosa di reale, di altro da noi, non costruzioni soggettive.

– Ad esempio, chi crea utilizza la propria spontaneità originaria, il proprio peculiare punto di vista, la propria prospettiva per «vedere» qualcosa dal proprio punto di

vista; contemporaneamente si «connette» con la realtà: la creazione è, così, un qualcosa di «oggettivo-soggettivo»

– Anche l’umorismo può essere visto come un fenomeno transizionale in quanto chi ride si distacca per un attimo dal dato oggettivo e lo rilegge secondo la propria prospettiva;

c’è un guizzo di onnipotenza nell’umorismo, un qualcosa di

«antidepressivo», in quanto chi fa umorismo non accetta di essere passivo: pur stando dentro la realtà, la assume in modo soggettivo, la sovrasta e la sorpassa, pur stando dentro la realtà.

L’umorismo di Einstein che fa la linguaccia è il simbolo della libertà del creare, il richiamo ad esercitare la propria «onnipotente»

prospettiva soggettiva, con libertà, ma anche con

serietà, tendendo dell’

«oggettività» della realtà.

• «Formarsi», nella prospettiva di Winnicott, significa modificare il proprio Sé

adeguandolo alla realtà ma continuando a

essere sé stessi. È abitare lo spazio «tra»

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