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MONISMO E SCIENZA POLITICA

3.1 Oltre la storia delle idee

Voegelin coglie le aporie intellettuali e spirituali che hanno condotto al totalitarismo e nel fare ciò ne analizza in profondità le radici e la natura epistemologica e politica. Per Voegelin, come per Berlin, a fondamento del fenomeno totalitario vi sono istanze monistiche di dominio totale e, come per il filosofo inglese, anche per il pensatore tedesco la storia delle idee diviene un mezzo per indagare le origini della deriva ideologica dell’Occidente e per elaborarne una particolare interpretazione. Anche se, come è stato detto, nel vocabolario politico voegeliniano raramente ricorre il termine monismo, questo è a tutti gli effetti uno dei presupposti speculativi da cui muove l’a- nalisi voegeliniana delle forme di schiavitù politica e della degenerazione della modernità. In questo senso, Voegelin e Berlin, pur presentando diversi percorsi metodologici, culturali e politici, mostrano assonanze interpretative nel comprendere la natura delle ideologie politiche totalitarie. Tra queste, poi, per entrambi, il marxismo sembra essere la variante più pericolosa.

Il percorso ermeneutico sviluppato da Voegelin è complesso e artico- lato, sia dal punto di vista metodologico sia contenutistico: la storia delle idee voegeliniana non si struttura come semplice contestualizzazione di eventi e di concetti, né è una rassegna del pensiero di diversi autori, ma de- scrive, coniugando storia politica e teoria politica, una vasta trama di attori, di discorsi culturali, politici e sociali dai quali emerge una specifica linea d’indagine. L’indagine al centro della storiografia delle idee di Voegelin è – come ritiene Walsh – “the analysis of the larger movements of order and disorder”, e quindi delle idee che rivelano “the crucial emergence or decline of order”.158 In questo contesto, egli produce un esame penetrante

dei movimenti ideologici di massa, moderni e contemporanei, e individua

158 D. WALSH, Editor’s Introduction, in E. VOEGELIN, Crisis and The Apocalypse of Man,

tre principali nodi teorico-storici alla base della crisi ideologica della modernità: scientismo, secolarizzazione e gnosticismo. Questi modelli di pensiero sono reciprocamente coinvolti nella “crisis of the spirit” che ha investito l’Occidente e della quale gli esperimenti totalitari del XX secolo sono la manifestazione più feroce e brutale.159

Obiettivo della riflessione voegeliniana sul totalitarismo ideologico è anche la critica alla modernità: la logica del moderno, legata al razionalismo scientifico astratto e a filosofie universalistiche, ha prodotto, da un lato, un’assoluta immanenza, cancellando la metafisica classica e cristiana e, dall’altro, una ragione che non tiene conto della dimensione divina, quale polo dell’ordine politico. L’uomo è così imprigionato nella sua dimensione mondana-materiale, ridotto a tassello di una totalità indivisa, omogenea, non curante della pluralità delle dimensioni dell’essere. L’essere umano è pertanto vittima di visioni riduzionistiche “which hypostatize society and history as an absolute, eclipsing personal existence and its meaning”.160

Nell’interpretazione di Voegelin è, poi, la vasta famiglia delle dottri- ne gnostiche a rappresentare la caratteristica principale della modernità e, quindi, il disordine politico (e esistenziale) che la pervade e la domina. La logica gnostica si fonda, infatti, su un rigoroso immanentismo, sul rifiuto da parte dell’essere umano di vivere in tensione con il fondamento della realtà e sulla pretesa di possedere la conoscenza perfetta, per edificare un ordine politico definitivo. La gnosi moderna costruisce un ‘mondo di sogno’, una ‘seconda realtà’ dove tutto è possibile e in cui l’uomo e la società sono rappresentati come onnipotenti e capaci di autoredenzione. Nella diagnosi voegeliniana della crisi di civiltà del moderno lo gnosticismo è, pertanto, l’assolutizzazione della libido dominandi umana: affermando di poter con- trollare il destino dell’uomo, si rende schiavo l’uomo stesso di sistemi di pensiero, politici e sociali, per mezzo dei quali tiranni e dittatori impongono la propria autorità sul destino dell’umanità intera.

La lettura voegeliniana dei movimenti ideologici moderni e contem-

159 E. VOEGELIN, Crisis and The Apocalypse of Man, cit., p. 162.

160 E. VOEGELIN, Reason: The Classic Experience, in ID., Publishes Essays 1966-1985, cit.,

p. 290. Sul tema della crisi della modernità la bibliografia è assai imponente; si rimanda qui a due importanti volume: C. GALLI (a cura di), Logiche e crisi della modernità, Bologna, Il Mulino, 1991; ID., Modernità. Categorie e Profili Critici, Bologna, Il Mulino, 1988.

poranei e del totalitarismo si snoda attraverso due passaggi cruciali: gli anni ‘40, incentrati sulla storiografia delle idee e sull’elaborazione della

History of Political Ideas, e gli anni ‘50, che vedono la pubblicazione di The New Science of Politics (1952). In queste due fasi della sua produzione

scientifica, Voegelin guadagna l’accesso teorico e metodologico a questioni che dominano il discorso sull’ordine politico moderno, quali: la raziona- lità (scientista-positivista) che connota la modernità, la rilevanza di leggi di sviluppo immanente della storia nella chiusura monistico-totalitaria, il processo di secolarizzazione quale tratto peculiare della crisi del moderno, il rapporto tra trascendenza e immanenza quale nucleo della storia dell’uomo e quindi delle condizioni di ordine o disordine della stessa.

Negli anni ‘40, la pur originale storia delle idee voegeliniana è ancorata ad una ricostruzione genealogica delle idee e delle mentalità che avevano contributo al sorgere del totalitarismo: in una successione temporale, non sempre lineare, il pensatore tedesco mette in evidenza, da un lato, diverse situazioni tipiche, che permettono di risalire alle diverse idee politiche, e, dall’altro, fa di alcuni uomini di pensiero i tipi ideali di tutta un’epoca. Da questo punto di vista, pur cogliendo il nesso profondo tra eventi della storia, idee e personalità, Voegelin talvolta sembra cedere all’elencazione degli ideologists o spiritual activists che esprimono la decadenza spirituale e intellettuale della civiltà occidentale. Tuttavia, questo indirizzo di ricerca viene ‘abbandonato’ negli anni ’50; Voegelin stesso ammette: “I had to give up «ideas» as objects of a history and establish the experience of reality – personal, social, historical, cosmic – as the reality to be explored histo- rically. These experiences, however, one could explore only by exploring their articulation through symbols”.161

Cosa realmente significa questa affermazione? Più che di vero e pro- prio abbandono è più opportuno parlare di un ispessimento filosofico subito dall’indagine voegeliniana nel corso delle ricerche condotte. Voegelin è sempre più incline a uno studio che fondi antropologia filosofica e filosofia della storia e, così procedendo, gli è sempre più chiaro come le idee politiche nascano dal modo in cui l’uomo reagisce a determinate esperienze che si presentano nel corso della vita umana. Al linguaggio delle idee si sostituisce

così quello delle ‘esperienze’ in grado di fornire una risposta più dettagliata agli interrogativi radicali che l’uomo costantemente si pone. Oltre a ciò, l’a- nalisi critica delle esperienze è svolta esaminando i diversi depositi simbolici (per esempio, proprio le idee o le istituzioni politiche, sociali, religiose…) presenti nel corso della storia ed espressione dell’esperienze stesse. I sim- boli comunicano le esperienze d’ordine (e di disordine) vissute dall’uomo, ovvero il modo in cui gli esseri umani hanno organizzato le proprie esi- stenze sociali e politiche. A questo punto, la storia non è esclusivamente storia delle idee, ma anche history of experiences and symbolizations: una storia fatta di esperienze e simboli che si interroga anche sul senso della realtà e dell’agire umano. Voegelin si allontana, perciò, dall’ambito della storia delle idee per abbracciare una ricerca filosofico-politica più radicale che lo porta a rivedere l’assetto metodologico e i contenuti della History

of Political Ideas. Il risultato di tale nuova prospettiva d’indagine è Order and History, un altro monumentale trattato che rappresenta a tutti gli effetti

l’opus magnum di Voegelin: lo scopo è “a philosophical inquiry concerning the order of human existence in society and history”, ovvero tracciare la storia dell’ordine della società umana, dal suo emergere nell’antico oriente fino al periodo presente.162

Il piano inziale di quest’opera della maturità prevedeva lo studio delle organizzazioni imperiali del vicino oriente e la loro esistenza nella forma del mito cosmologico, l’indagine circa il popolo eletto e la sue esperienze d’ordine nella storia, la ricerca riguardante la polis, il suo mito e lo sviluppo della filosofia come forma simbolica del suo ordine, l’analisi degli imperi a multiciviltà e della nascita della cristianità, e infine l’esame del moderno Stato nazionale e della gnosi. Tali temi si sarebbero dovuti distribuire in sei volumi (Israel and Revelation, The World of the Polis, Plato and Aristotle,

Empire and Christianity, The Protestant Centuries, The Crisis of Western Civilization), che riorganizzavano gli studi storico-filosofici compiuti per

la stesura della History of Political Ideas. I primi tre volumi uscirono tra il 1956 e il 1957, ma poi il progetto voegeliniano andò incontro ad alcuni cambiamenti. Il lavoro si arenò, da un lato, a causa della mole che avrebbe raggiunto, perché, come dimostra la stessa History, era costume di Voegelin

non presentare soltanto le formulazioni teoriche, ma anche i materiali sui quali le stesse si basavano;163 dall’altro, le assunzioni teoretiche dalle quali

era partito avevano subito un ulteriore sviluppo. Nel 1958 Voegelin fu poi chiamato all’Università di Monaco, a occupare la cattedra che era stata di Max Weber e a dirigere l’Institut für politische Wissenschaft, Istituto che diresse fino al 1969.164

Al di là del tracciato teorico-filosofico seguito, l’impalcatura portante dell’opera era lo studio della storia: perennemente proteso ad interrogare la storia e a ridefinire i caratteri della propria ricerca storica, Voegelin desidera discernere nel corso del suo fluire le forme simboliche attraverso le quali gli esseri umani hanno organizzato le loro esistenze socio-politiche. La storia è ora per Voegelin – ed è questo il passaggio che segna l’‘abbandono’ della

History of Political Ideas – storia di sistemi di simboli che ordinano di

volta in volta, attraverso sedimentazioni più o meno compatte, più o meno differenziate, l’esistenza umana. In questo senso, costante è per l’uomo il pericolo di considerare i simboli trovati come definitivi, unici e assoluti, sottratti alla loro temporalità e contingenza storica e perciò di generare ‘mostri politici’ tirannici, dispotici o totalitari, che tentano di esaurire la questione dell’ordine politico, ovvero di rimuovere la questione del fonda- mento trascendente dello stesso.

Al centro della riforma metodologica di Order and History c’è, ancora una volta, l’affermazione forte che non si può dare un significato alla storia, così come avevano tentato di darlo le filosofie finalistiche del XVIII e XIX secolo, ma ci si deve perennemente interrogare sul suo significato. Questa è la conseguenza di un movimento della storia definito ora dal filosofo te-

163 “If I went through with the program, the sequel to the first three volumes would have been

not another three volumes as planned but perhaps six or seven volumes more. The general public was unfamiliar with the sources that led to certain theoretical insights, so the theore- tical insights could not be presented without the sources” (E. VOEGELIN, Autobiographical Reflections, cit., p. 107).

164 Il quarto volume, The Ecumenic Age, fu pubblicato nel 1974; mentre l’ultimo volume, In

Search of Order, uscì postumo nel 1987. Negli anni in cui la stesura del trattato fu interrotta, Voegelin sviluppò e precisò la filosofia della coscienza, che in parte già faceva da sottofondo a The New Science of Politics e al primo impianto di Order and History. In The Ecumenic Age venivano spiegate le difficoltà incontrate nell’impresa ed i motivi del cambiamento metodologico-strutturale. Il quinto volume, In Search of Order, doveva costituire la summa della nuova prospettiva teorica, ma fu interrotto dalla morte dell’autore.

desco come esodo, perché scandito da fratture epocali, frutto del passaggio da forme più compatte a forme più differenziate di esistenza individuale e collettiva165 e di un ordine (politico ed esistenziale) generato dalla tensione

verso il fondamento divino della realtà.166

Non è questa la sede per entrare nei dettagli dello studio voegeliniano sui fenomeni d’ordine del corso storico e sui vari simboli che gli uomini usano per interpretare l’ordine stesso, ma se è vero che Voegelin sposta il centro della propria ricerca dalle idee alle esperienze della realtà, che per ar- ticolarsi generano una varietà di simboli, è anche fuori di dubbio che costante è l’interesse per il processo di secolarizzazione che investe l’Occidente: dalla History of Political Ideas, passando per The New Science of Politics (1952) e poi per scritti successivi quali Wissenschaft, Politik und Gnosis (1959), fino ai primi volumi di Order and History (Israel and Revelation,

The World of the Polis e Plato and Aristotle) Voegelin non perde di vista

quanto sia pericoloso perdersi in “modes of existence in untruth”,167 ovvero

incorrere in progetti di unità politica monolitica che eliminano il rapporto con la dimensione divina e conducono alla illusoria costruzione di uno Stato perfetto.168 Per il pensatore tedesco, e ciò può piacere o non piacere,

soluzioni politiche che escludono, rimuovono, dimenticano o occultano il riferimento ad un fondamento trascendente sono sintomo di disordine politico, sono esperimenti gnostici, prodotti arbitrari della ragione umana, come dimostrano i moderni movimenti rivoluzionari di massa.

Quella di Voegelin è certamente una ‘scienza politica-scienza dell’ordi- ne’ densa e fatta di tematiche complesse, nella quale l’indagine storiografica,

165 Afferma Voegelin: “When a society gains a new insight into the true order of personal and

social existence, and when it will abandoned the larger society of which it is a part when it gains this new insight, this constitutes an exodus” (E. VOEGELIN, Configurations of History, in ID., Published Essays 1966-1985, cit., p. 104).

166 Sul concetto di esodo in Voegelin cfr. S. CHIGNOLA, Pratica del limite. Saggio sulla

filosofia politica di Eric Voegelin, cit., pp. 99-116; G. ZANETTI, op. cit., pp. 71-79.

167 E. VOEGELIN, On Debate and Existence, in ID., Published Essays 1966-1985, cit., pp. 36-51. 168Come osserva Sandoz: “It is worth stressing that no dislocating break in Voegelin’s thought

occurred after the publication of The New Science of Politics in 1952; that work signaled the watershed in the philosopher’s thinking. The meditative horizon opening there is explored, amplified, refined, and productive of major new insights, to be sure […].” (E. SANDOZ, Editor’s Introduction, in E. VOEGELIN, Published Essays 1966-1985, cit., p. XIV).

prima, e filosofica poi, sull’origine intellettuale del totalitarismo, è anche il rifiuto perentorio di qualsiasi dogmatismo e, perciò, uno studio antidogmati- co e anti-ideologico del reale, volto a recuperare “the philospoher’s freedom of reason”169 e a superare uno studio della società e del politico inquinato da

progressismi, positivismi, ideologie scientiste e metodologie neokantiane.

3.2 Il problema della rappresentanza nell’indagine voegeliniana sul