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Oltre la “fine dei viaggi”

Come abbiamo visto, la letteratura dei viaggi sedentari, al pari della letteratura di viaggio, si conferma un genere di lunga durata, capace di attraversare epoche differenti e di perpetuare se stesso attraverso diversificate temperie culturali, accogliendo tutto il vasto sfondo delle declinazioni poetiche. Si può affermare che il canone del viaggio stanziale ha raggiunto persino l‟epoca postmoderna, in cui la passione per il paradosso e per la contraddizione si muove ora anche in questo sentiero letterario con rinnovato interesse, poiché il viaggio virtuale ha accentuato la tendenza a viaggiare da fermi nel momento in cui la tecnologia moderna offre grandi facilitazioni al viaggio mentale.

Nella produzione letteraria italiana degli ultimi anni i viaggi stanziali sembrano trovare un discreto ubi consistam all‟interno sia del settore narrativo e poetico, sia, come ha notato Davide Papotti, del

settore sempre più vivace della narrativa dedicata ai luoghi, che pare delinearsi, con particolare predilezione per la dimensione urbana, come percorso assiduamente alimentato dalle esigenze di rassicurazione identitaria sempre più diffuse nella contemporaneità393.

Ciò che mostra la contemporaneità è quanto l‟ombra lunga del viaggio continui a proiettare la sua influenza anche sulla letteratura stanziale in un maniera radicalmente nuova rispetto ai secoli precedenti:

Il gradiente spaziale della letteratura sembra aver spostato, almeno in parte, il proprio baricentro dalla tradizionale mobilità errante della letteratura di viaggio ad un tentativo di dar voce agli abitanti, ai radicati, ai fedeli frequentatori di un luogo (…)394.

Questo significa, di conseguenza, che

393 D. Papotti, Viaggiatori pigri, panchine, viaggi da fermo: poetiche di itineranza alternativa in

Angelo Ferracuti, Antonio Pascale, Beppe Sebaste, “Quaderni del Novecento”, 10, 2010, p.56.

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116 Lo sguardo effimero del viaggiatore, pronto ad accogliere per iscritto le proprie impressioni di viaggio, lascia spazio alla capacità di “vedere” i luoghi propria del connoisseur geografico, di chi ha una lunga frequentazione alle spalle e può vantare un solido dialogo con il genius

loci395.

A partire dall‟epoca postmoderna, in definitiva, persistono possibilità narrative e poetiche di strutturare un resoconto di viaggio attraverso formule e pratiche di stanzialità, assumendo

una connotazione spiccatamente provocatoria, in cui il presunto viaggiatore si propone innanzi tutto come “bastian contrario” rispetto alle assodate regole connaturate al reportage dell‟altrove396

.

La connotazione d‟immagine letteraria che Guglielmo Scaramellini397 attribuisce alla testimonianza letteraria sembrerebbe la più adatta a realizzare a pieno quella concentrazione di pensiero spaziale di cui parlava Flavio Lucchesi398 a proposito della letteratura di viaggio, capace di creare veri e propri “luoghi letterari” anche nell‟era in cui la rete elettronica - sostituendosi quando alle forme cartacee, quando ai mezzi trasporto - ha reso l‟uomo realmente sedentario.

Come gettare uno sguardo sulla contemporaneità? Per poter chiarire quanto appena affermato, si propone qui di isolare un corpus di letteratura di viaggio sedentario al tempo di internet, che comprende scrittori particolarmente attivi nella nostra letteratura, ma non ancora entrati nel novero dei “grandi autori”, tuttavia degni di essere citati e studiati in questa sede sia per la qualità delle proprie opere, sia per aver assunto il canone dei viaggi da fermo.

Scopriremo che la scommessa, praticata attraverso strategie esistenziali e narrative diversificate, non è solo quella di “indagare forme di conoscenza territoriale

395

D. Papotti, op. cit., p. 56. 396 Ivi, p. 57.

397 G. Scaramellini, Testi di viaggio e geografia, Milano, Unicopli, 1985.

398 F. Lucchesi, (a cura di) L’esperienza del viaggiare. Geografi e viaggiatori del XIX e XX

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alternative e/o complementari al classico viaggio itinerante”399: tra le opere di tali autori400, si trovano quelle in cui vi risiede, in varia misura, la tradizione del viaggio sedentario che nel nostro percorso è iniziata con Ariosto, accogliendo e mettendo in pratica soprattutto le “proposte” provenienti da De Maistre e Leopardi, con una particolare attenzione a quella risposta calviniana alla compressione spazio-tempo “come letteratura”. Una tradizione che, unita ad un certo desiderio di conoscenza territoriale, di aderenza ai luoghi, si rivelerà essere una sete della geografia della memoria letteraria.

Ad un primo livello di osservazione, possiamo dire che gli autori presi in esame realizzano il tema in modi differenti: Beppe Sebaste tramite un ostentato ed orgoglioso “stare in panchina”; Antonio Pascale con una proclamata accidia odeporica; Angelo Ferracuti attraverso l‟esplorazione del proprio microcosmo/regione401.

Nei testi che analizzeremo non manca il movimento attraverso spostamenti lungo la diegesi della narrazione, ma l‟area geografica è molto circoscritta: proprio per questo lo spazio letterario diventa quello geografico. Terminata l‟epoca dell‟ “arte del viaggiare” - così definita da Attilio Brilli e di cui Claude Lévi-Strauss per primo seppe amaramente e lucidamente mostrare il vuoto lasciato402 -, subentra quella che Papotti chiama “manuale dell‟arte di star fermi”403

.

399 D. Papotti, op. cit., p. 57. 400

È bene specificare che il complesso della produzione letteraria degli scrittori presi in considerazione, per quanto possa presentare tracce del tema del viaggio sedentario, non rappresenta, ovviamente, la completa traduzione del canone.

401

Il rimando lessicale va all‟opera di Claudio Magris, Microcosmi, Milano, Garzanti, 1997, testo fondamentale per l‟assestamento del genere letterario dell‟atlante personale.

402 Il primo riferimento va a A. Brilli, Quando viaggiare era un’arte: il romanzo del Grand Tour, Bologna, Il Mulino, 1995, opera con la quale lo studioso ha analizzato con profondità, ed una certa nostalgia, il fenomeno del Grand Tour con riferimenti ai secoli precedenti; di viaggio come arte della tribolazione e della ricerca del proprio destino, secondo l‟antica etimologia del termine alto-francese

travail, parla anche Alain de Botton in The Art of Travel, New York, Pantheon, 2002, trad. it. di A.

Rusconi, L’arte del viaggiare, Parma, Guanda, 2002; il secondo riferimento riguarda C. Lévi-Strauss,

Tristes Tropiques, Paris, Plon, 1955, trad. it. Tristi Tropici, Milano, Il Saggiatore, 1965, testo nel quale

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Uno “stare fermi” che non nasce da accidia o mancanza di curiosità: al contrario, l‟affetto per i luoghi, da cui deriva la piacevolezza della contemplazione, “l‟intimo piacere di carezzare lo spazio con gli occhi e con le parole della propria scrittura”404, nasce proprio grazie ed attraverso l‟esperienza dell‟alterità. Una volta che il viaggiatore ha fatto ritorno a casa, l‟arricchimento dato dalle esperienze compiute in viaggio crea il cantore della sedentarietà, perché, in virtù del bagaglio conoscitivo acquisito, egli è in grado di apprezzare e valutare le meraviglie delle sedentarietà: un nuovo modo di viaggiare senza spostarsi fisicamente, il cui fascino risiede non nel gradiente di scoperta, quanto nel piacere della relazione coi luoghi; un viaggio senza passare i confini che permette di attraversare i luoghi affettivi - siano essi geografici o letterari - cogliendone le sfumature più significative. Il solo rimanere seduti, infatti, favorisce lo sviluppo di un alto tasso di capacità mentale di rappresentazione negli animi più sensibili.

Il movimento più evidente, forse, è quello della penna che scrive su di un foglio, atto che di norma richiede di fermarsi; nello stesso momento di sosta, anche il pensiero si ferma, acquisendo la possibilità di vagare con l‟immaginazione, prima verso quei luoghi, poi alla ricerca della parola giusta capace di tradurre quel sogno. Ecco che, ancora una volta e di più, il libro, tramite la scrittura, che permettere di osservare cose altrimenti invisibili, diventa geografia.

Gli autori contemporanei insieme ai propri testi, in conclusione, sembrano proporsi come veicoli ideali per quello stesso processo di cui parla Luigi Marfè405, dove oggi il viaggio compie un‟azione d‟innovazione della letteratura, offrendole nuove

importanti studi sui radicali cambiamenti del tema del viaggio; nel campo della critica letteraria si segnala il numero monografico «Fine dei viaggi»: spazio e tempo nella narrazione moderna, “L‟Asino d‟oro”, 1, Torino, Loescher Editore, maggio 1990.

403 D. Papotti, op. cit., p. 57. 404 Ibidem.

405 L. Marfè, Oltre la fine dei viaggi. I resoconti dell’altrove nella letteratura contemporanea, Firenze, Leo S. Olschki, 2009.

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possibilità di introdurre a scoperte. Marfè, animato da prospettiva più ottimistica, può vantare di aver individuato una diversa chiave di lettura, che mostra quanto taluni autori attivi dal secondo dopoguerra, “in un mondo che il turismo ha reso sempre più opaco” concependo l‟avventura come mero prodotto commerciale, abbiano

rinnovato le convenzioni della letteratura di viaggio. Sovrapponendo il piano della scrittura a quello dei loro itinerari, hanno infatti rimesso in moto la possibilità della letteratura di raccontare il mondo e di riflettere sulla questione dell‟identità in maniera obliqua.406

Essi, in definitiva, hanno sviluppato nuove forme di scrittura che abbattono ogni barriera fra documentazione e finzione, rientrando in una dimensione che supera la fine dei viaggi, screditando il tramonto narrativo annunciato da Walter Benjamin nel celebre saggio su Nikolaj Leskov.407

Le personalità che varranno qui analizzate rientrano a pieno titolo in tale dimensione attraverso le proprie strategie compositive; non compiendo, tuttavia, un viaggio alla ricerca dell‟incontro e del sé, bensì riscoprendo il valore ed il piacere del transito. In altre parole, tali autori superano la fine dei viaggi proprio perché si inseriscono nella letteratura del viaggio sedentario, nella misura in cui

l‟arte del viaggiare in modo stanziale (…) è fatta di geografie immaginarie, non nel senso di alternative alla realtà, ma proprio nel senso letterale della parola, di identità geografiche fondate sull‟immaginazione.408

In tale processo riaffiora infine, in maniera circolare rispetto al percorso individuato in questa sede, la pratica del viaggio cartografico effettuato a tavolino, osservando una mappa; una pratica che oggi, grazie allo sviluppo della tecnologia, si esprime al meglio nella fotografia, l‟arte per eccellenza capace di catturare l‟attimo; l‟eccezionalità che tali

406 L. Marfè, op. cit., p. XIX.

407 W. Benjamin nel saggio Der Erzähler. Betrachtungen zum Werk Michail Lesskows (1935), in Id., Illuminationen. Ausgewählte Schriften 1, trad. it. a cura di R. Solmi, Il narratore. Considerazioni

intorno all’opera di Nikolaj Leskov, in Id., Angelus Nuovus, Torino, Einaudi, 1966, pp. 236-238,

sosteneva che l‟arte del viaggiare stesse volgendo al termine poiché era venuta meno la saggezza del lontano.

408

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autori dimostrano sta nell‟abilità di registrare i fotogrammi lungo il film, dell‟evoluzione spazio-temporale, con le parole.

3.2 Beppe Sebaste e il viaggio mentale lungo le coordinate della memoria