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I.3 La raccolta dei dati

6. C ONCLUSIONI

L’elevato numero di laureati intervistati e l’ampia copertura territoriale dei nove atenei considerati, consentono di trarre conclusioni in larga parte rappresentative della situazione italiana: ciò è tanto più importante se si ricorda che non esistono analoghe indagini a livello nazionale; la più “recente” è quella svolta dall’ISTAT nel 1995 su un campione di laureati del 1992. La situazione del mercato del lavoro, in Italia come in Europa, sta subendo evoluzioni talmente rapide (legate in particolare alla flessibilità del lavoro) da rendere in poco tempo superate le informazioni disponibili e richiedendo quindi un continuo monitoraggio della situazione. È in quest’ottica che ha preso il via il progetto di monitoraggio degli sbocchi occupazionali dei laureati legato alla banca-dati ALMALAUREA, che prevede la rilevazione della situazione lavorativa dei laureati degli atenei aderenti ad uno, due e tre anni dalla conclusione degli studi, per analizzare in dettaglio i modi ed i tempi di ingresso dei laureati nel mercato del lavoro. Inoltre, nei prossimi anni, la ripetizione della stessa indagine, intervistando nuove coorti di laureati, consentirà di esaminare l’evoluzione del “fenomeno occupazione” nel corso del tempo.

Il risultato principale emerso da questo primo passo del progetto, è che, a poco più di un anno dal conseguimento del titolo, risulta occupato il 52,5% dei laureati. La situazione complessiva è, ovviamente, il frutto di realtà talvolta molto distanti: i tassi di occupazione delle diverse facoltà sono molto variabili in quanto risentono, oltre che di innegabili differenze dovute ad una maggiore

“spendibilità” di alcune lauree rispetto ad altre, degli obblighi istituzionali di proseguire la formazione professionale con tirocini, praticantati e specializzazioni, che, insieme agli obblighi di leva, incidono notevolmente sui risultati occupazionali, dopo un intervallo di tempo relativamente breve come quello trascorso dalla laurea. Come prevedibile esistono inoltre differenze tra gli atenei, non dovute solo al contesto socio-economico in cui operano, ma proprio al diverso peso che hanno le varie facoltà all’interno di ciascuna

università. Il tasso di occupazione per regione di residenza del laureato conferma, comunque, caratteristiche e differenze già note, con valori più elevati nelle regioni del Nord-est e situazioni meno positive nel Meridione.

Sarebbe, tuttavia, riduttivo esprimere una valutazione sulla capacità del mercato del lavoro italiano di “assorbire” i laureati che il sistema universitario produce osservando il solo tasso di occupazione, soprattutto ad un solo anno dalla conclusione degli studi. Infatti il 20,9% dei laureati non ha un lavoro, ma non lo sta nemmeno cercando (nell’80% circa dei casi per motivi di studio), mentre quasi metà (43,6%) dei laureati che si dichiarano in cerca di lavoro (26,6% degli intervistati) non sarebbe in realtà disponibile ad iniziarlo immediatamente, poiché ancora impegnato nella formazione post-laurea o nel servizio di leva.

Alla luce di queste considerazioni, quindi, solo 15 intervistati su cento possono essere effettivamente definiti “disoccupati”: una parte di essi ha comunque avuto almeno un’esperienza di lavoro dopo la laurea, mentre tra chi non ha mai lavorato solo una parte ha iniziato subito a cercare un’occupazione.

D’altra parte si deve sottolineare che non tutti i laureati occupati hanno trovato un lavoro rispondente alle proprie aspettative: l’11,8% di chi ha un lavoro non è soddisfatto, ed il 34,7% vorrebbe cambiarlo (o è “costretto” a cambiarlo avendo un contratto a tempo determinato). Inoltre l’indicatore di efficacia che abbiamo costruito consente di affermare che per il 38,8% degli occupati la laurea è risultata (nel breve periodo di osservazione) poco o per nulla efficace.

La qualità del lavoro svolto, comunque, appare in generale buona, considerato il breve tempo trascorso: oltre la metà dei laureati ha un’occupazione stabile, mentre il 13,5% ha un contratto di formazione e lavoro. Esiste poi una certa corrispondenza tra occupazione trovata e studi intrapresi, come si evince dal ramo di attività economica in cui operano i laureati delle varie facoltà, sebbene esistano lauree che offrono una preparazione più specifica e finalizzata allo svolgimento di determinate professioni, mentre altre sono più “generiche”, e forma giovani capaci di

indirizzarsi ai più diversi rami professionali (è il caso di facoltà quali Giurisprudenza, Economia, Scienze politiche).

I tempi necessari per la ricerca di un’occupazione appaiono, tutto sommato, piuttosto brevi, se si considera che il 56,4% dei laureati occupati hanno trovato lavoro in meno di tre mesi. Non bisogna comunque trascurare che quasi un laureato occupato su cinque ha dovuto impegnarsi nella ricerca per oltre sei mesi. Le lievi differenze tra i sessi, in questo come in altri aspetti esaminati, appaiono dovuti esclusivamente ad una diversa concentrazione dei laureati dei due sessi nelle varie facoltà, piuttosto che ad un reale “vantaggio”

di uno nei confronti dell’altro.

Le modalità utilizzate per trovare lavoro denotano un’elevata propensione ad agire autonomamente, proponendosi direttamente ai possibili datori di lavoro, e accantonando la tendenza evidenziata in altre ricerche (anche se soprattutto legate ad attività lavorative poco qualificate), di cercare l’aiuto di parenti o conoscenti.

Per quanto riguarda l’attività svolta, il 22,4% ha un lavoro stabile autonomo, la grande maggioranza dei dipendenti (71,3) è occupata in aziende private, gli occupati si dividono equamente tra aziende di piccole e grandi dimensioni, ed i settori di attività più diffusi sono quelli del terziario. Anche in questi casi le differenze tra le facoltà di provenienza sono, ovviamente, notevoli.

Gli aspetti del lavoro maggiormente rilevanti per i laureati in cerca di lavoro, appaiono quelli più strettamente legati alla propria formazione (acquisizione di professionalità, rispondenza agli interessi culturali, coerenza con gli studi fatti) ed alla stabilità dell’occupazione, mentre vengono lasciati in secondo piano, almeno in questo primo approccio al mercato del lavoro, aspetti quali la possibilità di guadagno, il tempo libero o la localizzazione della sede di lavoro; questi, probabilmente, come fanno capire le valutazioni date dagli occupati al proprio lavoro, assumeranno maggiore rilevanza in seguito, quando gli elementi primari saranno ormai acquisiti e consolidati.

In conclusione, la realtà che emerge può essere considerata, alla luce, come più volte ribadito, del breve intervallo temporale tra laurea ed intervista ed in attesa di una conferma che si potrà ottenere “seguendo” i laureati nel loro percorso professionale nei prossimi anni, tutto sommato positiva. Non devono però essere trascurate le differenze, talvolta molto accentuate, tra le diverse realtà, ed in particolare tra le varie facoltà, da cui è necessario trarre indicazioni utili per una corretta pianificazione dell’istruzione universitaria, che non può prescindere da analisi e verifiche sull’utilità ed efficacia “esterna” del sistema universitario.