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1. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovuto alla sopravvenuta inidoneità del lavoratore, il lavoratore ha diritto a essere ricollocato in altra posizione di lavoro adattabile alle sue condizioni, anche con ragionevoli costi a carico dell’impresa;

l’onere della prova a carico del datore di lavoro si estende sino all’impossibilità della ricollocazione del lavoratore anche a seguito di ragionevoli modifiche organizzative. (Trib.

Ravenna 30/11/2011, Est. Riverso, in D&L 2012, con nota di Yara Serafini, “La tutela del posto di lavoro in caso di sopravvenuta inidoneità allo svolgimento delle mansioni:

estensione dell’obbligo di repêchage”, 566)

2. Qualora il lavoratore contesti la legittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo basato sulla necessità di ridurre il personale, il datore di lavoro deve provare l’effettiva necessità di soppressione del posto o di dover organizzare diversamente l’impresa nonché l’impossibilità di assegnare il ricorrente ad altro incarico. Nel caso in cui sorga la necessità di dimostrare l’effettiva consistenza dell’organico, ai fini dell’applicazione della tutela reale o di quella obbligatoria, ricade sul datore di lavoro l’onere di provare che le dimensioni dell’impresa sono inferiori a quelle minime previste dall’art. 18 della l. 20 maggio 1970, n. 300. (Cass. 22/11/2011 n. 24573, Pres. Roselli Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2012, 192)

3. Il datore di lavoro che intende licenziare per giustificato motivo oggettivo ha l’onere di provare di non potere adibire il lavoratore a una mansione diversa da quella per la quale era stato assunto, nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 13 della l. n. 300/1970 (principio del cosiddetto repechage). Tuttavia, l’onere probatorio del datore di lavoro, concernendo un fatto negativo, va assolto mediante la dimostrazione di correlativi fatti positivi, ad esempio dimostrando che i residui posti di lavoro al tempo del recesso fossero stabilmente occupati o che, dopo il licenziamento, non sia stata effettuata alcuna nuova assunzione, se e in quanto i nuovi assunti non vadano a ricoprire le posizioni lasciate vacanti dai lavoratori licenziati. Il lavoratore deve fornire deduzioni e allegazioni che prospettino la possibilità di una diversa e

adeguata utilizzazione. (Trib. Prato 17/11/2011, Giud. Barracca, in Lav. nella giur. 2012, 313)

4. La circostanza che dopo il licenziamento non siano stati assunti altri lavoratori nel settore per il quale il lavoratore licenziato aveva offerto la propria disponibilità non è da sola sufficiente a provare l’impossibilità di reimpiegare il lavoratore stesso. (Cass. 24/5/2011 n.

11356, Pres. Lamorgese Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Fabio Massimo Gallo, 144)

5. Non è sufficiente a integrare il giustificato motivo oggettivo di licenziamento la semplice cessazione dell'interesse al distacco o la soppressione del posto presso la società

distaccataria, dovendo in ogni caso essere verificati gli elementi costitutivi del giustificato motivo oggettivo con riferimento all'ambito aziendale del datore di lavoro distaccante, sul quale ricade anche l'onere probatorio circa la impossibilità di repêchage. (Cass. 5/3/2010 n.

5403, Pres. Battimiello Est. Nobile, in D&L 2010, 582)

6. In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’ultimazione delle opere edili per la cui realizzazione i lavoratori sono stati assunti non è sufficiente a configurare un giustificato motivo di recesso, salvo che il datore di lavoro non dimostri l’impossibilità di utilizzazione dei lavoratori medesimi in altre mansioni compatibili, con riferimento alla complessità dell’impresa e alla generalità dei cantieri nei quali è dislocata la relativa attività, dovendosi peraltro esigere dal lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell’accertamento di un possibile reimpiego, mediante l’indicazione di altri posti in cui poteva essere collocato, cui corrisponde l’onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità nei posti predetti, da intendersi assolto anche mediante la dimostrazione di circostanze indiziarie, come la piena occupazione negli altri cantieri e l’assenza di altre assunzioni in relazione alle mansioni del dipendente da licenziare (Cass. 22/10/09 n. 22417.

Pres. Battimiello, in Lav. e prev. Oggi n. 5/10, con nota di M.Cerasi Allegazione dei posti disponibili e prova del repêchage nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo: la problematica ripartizione degli oneri tra lavoratore e datore”)

7. È onere del datore di lavoro fornire la prova dell’effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dell’esistenza del nesso di causalità tra le ragioni inerenti all’attività produttiva o l’organizzazione del lavoro e il licenziamento del lavoratore e dell’impossibilità di impiegare quest’ultimo in altri ruoli e mansioni nell’ambito dell’organizzazione aziendale. (Trib. Milano 24/3/2009, Est. Bianchini, in Orient. Giur. Lav.

2009, 168)

8. In merito alle motivazioni di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro ha l'onere di provare, anche vista la costante giurisprudenza, di provare la sussistenza delle regioni economico-organizzative poste a fondamento della decisione di ridimensionare il personale e l'impossibilità di procedere al cosiddetto repéchage. (Corte App. Torino 12/2/2009, D.ssa Sanlorenzo, in Lav. nella giur. 2009, 530)

9. In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, intimato a lavoratore che abbia sempre svolto la sua attività in via telematica dal proprio domicilio, a causa del

trasferimento delle stesse mansioni a lavoratori attivi presso gli uffici della convenuta in altra città, uffici ai quali il dipendente licenziato già faceva capo, occorre la prova rigorosa delle ragioni per le quali dette prestazioni non possono continuare a essere effettuate, come in precedenza, dal domicilio del lavoratore stesso. (Trib. Roma 8/1/2009, Giud. Emili, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Alessandro Gallo, 609)

10. In tema di requisiti di legittimità del recesso spetta al datore di lavoro la dimostrazione che tutti i posti residui equivalenti a quello del lavoratore, dipendente licenziato, sono

stabilmente occupati da altri lavoratori; non è comunque possibile gravare il datore di lavoro di una prova diabolica o negativa e impossibile in forza del principio di creazione

giurisprudenziale, non esistente nella legge e informato al concetto estrema ratio del

licenziamento, che per quanto giustificato dalla tutela costituzionale del lavoro e del singolo

lavoratore trova un limite nella tutela anche della libertà di impresa. Quindi tale onere inerente alla rigorosa prova dell'impossibilità di una diversa allocazione del licenziato va temperato con il richiedere che anche il lavoratore indichi circostanze di fatto utili a

dimostrare o anche a far presumere l'esistenza, nell'ambito dell'azienda, di posti di lavoro cui poter essere adibito. (Trib. Milano 1/7/2008, dott. Taraborrelli, in Lav. nella giur. 2009, 95) 11. Il controllo giudiziale sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo comporta la

verifica dell'assolvimento, da parte del datore di lavoro, dell'onere di provare tre fatti:

l'effettività della dedotta ristrutturazione organizzativa, la relativa incidenza sulla posizione rivestita in azienda dl lavoratore licenziato o un riassetto organizzativo per una più razionale ed economica gestione dell'azienda e l'impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre

mansioni equivalenti. (Trib. Milano 19/2/2008 D.ssa Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2008, 960)

12. Il datore di lavoro che proceda a licenziamento per giustificato motivo oggettivo ha l'onere di dimostrare l'impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni equivalenti a quelle svolte prima della riorganizzazione aziendale; grava comunque sul lavoratore l'onere di allegazione e indicazione precisa della possibilità di essere adibito ad altre mansioni, al fine di far valere il relativo onere probatorio contrario datoriale. (Cass. 10/5/2007 n. 10672, Pres. Ianniruberto Est. Stile, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Marco Novella, "I concetti di costo contabile, di costo-opportunità e di costo sociale nella problematica costruzione gius-economica del giustificato motivo oggettivo di licenziamento", e con nota di Pietro Ichino, "Il costo sociale del licenziamento e la perdita aziendale attesa per la prosecuzione del rapporto come oggetto del bilanciamento giudiziale", 989)

13. Nell'ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo grava sull'imprenditore l'onere di provare sia l'effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento, sia l'impossibilità di ricollocare diversamente il dipendente licenziato nell'ambito

dell'organizzazione aziendale, sia la dimostrazione dell'esistenza dei requisiti occupazionali, che impediscono l'applicazione della disciplina generale di cui all'art. 18 SL. (Trib. Pistoia 20/4/2007, Est. De Marzo, in D&L 2007, con nota di Chiara Mancini, "Spunti in tema di sottoscrizione e motivazione della lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e di prova del requisito dimensionale", 1213)

14. In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo per soppressione del posto di lavoro presso l’unica sede sita nel territorio nazionale di un’impresa sopranazionale, deve escludersi che la stessa debba fornire la prova della non reimpiegabilità del lavoratore anche al di fuori dei confini italiani e in relazione a tutte le sedi secondarie collocate nei diversi stati membri dell’Ue. (Trib. Milano 13/10/2004, Est. Bianchini, in D&L 2005, con nota di Enrico U. M. Cafiero, “L’obbligo di repêchage si applica solo nell’ambito del territorio nazionale?”, 226)

15. L’onere della prova del motivo illecito del licenziamento è in capo al lavoratore che può raggiungerla anche a mezzo di presunzioni gravi, precise e concordanti. (Trib. Milano 7/10/2004, Est. Atanasio, in D&L 2005, con nota di Alba Civitelli, “Sul licenziamento discriminatorio”, 237)

16. La prova in ordine al concreto assolvimento dell'obbligo di repechege può essere accolta, concernendo un fatto negativo, mediante la dimostrazione di fatti positivi corrispondenti come il fatto che i residui posti di lavoro, riguardanti mansioni equivalenti, fossero al tempo del licenziamento stabilmente occupati da altri lavoratori, o il fatto che, dopo il

licenziamento e per un congruo periodo, non sia stata effettuata alcuna nuova assunzione.

(Trib. Roma 12/2/2003, Est. Pascarella, in Lav. nella giur. 2003, 590)

17. L'esistenza o meno del giustificato motivo oggettivo deve essere valutata sulla base di elementi di fatto esistenti al momento della comunicazione del recesso e non su circostanze future ed eventuali. In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro ha l'obbligo di provare l'impossibilità di assegnare al dipendente mansioni

equivalenti, ma tale onere, concernendo un fatto negativo, può essere assolto mediante la dimostrazione di correlativi fatti positivi, come la stabile occupazione, al momento del recesso, dei residui posti di lavoro relativi a mansioni equivalenti, o il fatto che dopo il licenziamento-e per un congruo periodo-non sia stata effettuata alcuna assunzione nella stessa qualifica. (Cass. 14/12/2002 n. 17928, Pres. Ed Est. Putaturo, in D&L 2003, 403, con notadi Roberto Muggia, "Licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo: fatti rilevanti ed onere della prova")

18. Se è a carico del datore di lavoro l'onere di provare l'effettiva necessità di ridimensionare la struttura produttiva e l'impossibilità di utilizzare altrimenti il lavoratore in mansioni

equivalenti, un onere minimo di allegazione dei fatti che provino la pretestuosità del

licenziamento spetta al lavoratore (Cass. 18/11/98, n. 11646, in Dir. Lav. 2000, pag. 31, con nota di Lepore)

19. Non assolve l'onere della prova dell'impossibilità di reimpiego del lavoratore per perdita di appalto cui era adibito, il datore di lavoro che abbia contestualmente assunto, in osservanza di norma collettiva, altri lavoratori precedentemente impiegati da diversa impresa su appalto successivamente acquisito dal medesimo datore di lavoro (Pret. Monza, sez. Desio,

31/10/95, est. Barberis, in D&L 1996, 495)

20. Nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro deve provare che la risoluzione del rapporto di lavoro è dovuta a serie e concrete ragioni di carattere produttivo – organizzativo e che non vi siano possibilità di adibire il lavoratore licenziato a mansioni equivalenti a quelle precedentemente svolte (Cass. 24/6/94 n. 6067, pres. Mollica, est.

Amore, in D&L 1995, 436)

21. In relazione all'ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell'art. 3 L. 604/66, l'onere del datore di lavoro di dimostrare l'impossibilità di un'altra utilizzazione dei lavoratori licenziati va assolto mediante la dimostrazione di fatti positivi come il fatto che i residui posti di lavoro, riguardanti mansioni equivalenti, fossero al tempo del

licenziamento stabilmente occupati da altri lavoratori e il fatto che, dopo il licenziamento e per un congruo periodo, non sia stata effettuata alcuna nuova assunzione nella stessa qualifica dei lavoratori licenziati; tale dimostrazione deve concernere tutte le sedi dell'attività aziendale, essendo sufficiente la limitazione all'azienda cui erano addetti i lavoratori licenziati solo nel caso di preliminare rifiuto dei medesimi a trasferirsi altrove (Cass. 3/6/94 n. 5401, pres. Buccarelli, est. Putaturo, in D&L 1995, 190, nota MUGGIA, Risarcimento da licenziamento illegittimo: vecchia e nuova disciplina)

VARIE

1. La netta riduzione dell’attività amministrativa cui sia addetta una dipendente, provata dalla società datrice di lavoro e accompagnata dal rifiuto della lavoratrice di accettare l’offerta di un impiego a tempo parziale, costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento nel caso in cui sia accertata l’impossibilità di adibirla ad altre mansioni equivalenti. (Cass.

6/6/2013 n. 14319, Pres. Vidiri Rel. D’Antonio, in Lav. nella giur. 2013, 845)

2. In ipotesi di licenziamento per soppressione di uno o più posti di lavoro, il datore di lavoro, il quale non abbia coperto integralmente i posti riservati agli invalidi in azienda secondo l'aliquota di legge, è tenuto a mantenere in servizio l'invalido anche se in posizione meno produttiva rispetto a quella soppressa, cui l'invalido era in precedenza addetto, a meno che non fornisca la prova della mancanza assoluta nell'ambito dell'intera azienda di mansioni

compatibili con lo stato di invalidità, ancorché corrispondenti a una qualifica inferiore. Ove si verifichi tale impossibilità, il datore di lavoro non è tenuto a mantenere in servizio l'invalido in un posto di lavoro assegnato ad altro dipendente. (Cass. 26/6/2009 n. 15049, Pres. Mattone Est. Lamorgese, in D&L 2009, con nota di Enrico U.M. Cafiero, "Sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo del dipendente invalido avviato obbligatoriamente", 781)

3. È legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovuto al comprovato calo dell’attività anche quando il datore di lavoro, pur avendo ancora bisogno delle prestazioni rese dal lavoratore licenziato, decida di “esternalizzarle” affidandole a soggetti estranei all’organizzazione aziendale. (Trib. Milano 20/1/2009, Est. Peragallo, in Orient. Giur. Lav.

2009, 175)

4. È legittimo il licenziamento intimato per la chiusura della filiale presso la quale prestava la propria attività lavorativa il dipendente, anche qualora ciò non comporti la soppressione delle mansioni cui egli era adibito, bensì si realizzi una loro redistribuzione tra gli altri dipendenti, ben potendo il datore di lavoro scegliere di mantenere più a lungo in servizio coloro che ritiene più adeguati a far fronte alle incombenze relative alla chiusura di una sede e che sono utilizzabili in mansioni più ampie. (Trib. Milano 20/1/2009, Est. Peragallo, in Orient. Giur. Lav. 2009, 178)

5. La sola prova di una flessione del volume degli incassi non è sufficiente per far ritenere legittimo il recesso, se manca la prova dell'impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni equivalenti. (Trib. Milano 15/7/2008, Est. Casella, in Orient. giur. lav. 2008, 748) 6. Qualora nell'arco di 120 giorni dal licenziamento per giustificato motivo oggettivo venga

attuata una riduzione di personale riguardante più di cinque lavoratori, lo stesso deve essere dichiarato illegittimo per mancato rispetto della procedura di cui all'art. 24 della L. 223/91.

(Trib. Parma 13/4/2007, Est. Brusati, in D&L 2007, 923)

7. E' illegittimo il licenziamento per giustificato motivo obiettivo, motivato con una più

economica gestione e contenimento dei costi (nella specie, neppure provati). (Trib. Ravenna 21/7/2006, ord., Pres. G.G. Lacentra, Est. M. Parisi, in Lav. nella giur. 2006, con commento di Michele Miscione, 996)

8. E' illegittimo il licenziamento per giustificato motivo obiettivo, motivato con una generica esigenza di ridurre i costi per sostituire il lavoratore licenziato, di costi alti per qualifica, con altro lavoratore meno costoso. (Nella specie, si è ritenuto che il licenziamento non fosse collegabile a una dichiarata ristrutturazione, per la distanza di tempo rispetto a quando la ristrutturazione sarebbe avvenuta, mentre a prova dell'insussistenza di una causa oggettiva starebbero anche i tentativi effettuati prima del licenziamento per una conciliazione che comportasse la cessazione del rapporto). (Trib. Ravenna 12/6/2006, ord., Est. R. Riverso, in Lav. nella giur. 2006, con commento di Michele Miscione, 993)

9. E' illegittimo il licenziamento, disposto per motivi obiettivi, per cui sia mancato

l'assolvimento del tentativo di repechage e cioè di ricollocare altrimenti il lavoratore su tutte le sedi di lavoro anche do società collegate con unico centro decisionale, considerando l'impiego indifferenziato all'interno di uffici comuni di lavoratori provenienti dalle diverse società e altri elementi che fanno dedurre l'unicità dell'impresa ai fini giuridici. (Trib.

Ravenna 12/6/2006, ord., Est. R. Riverso, in Lav. nella giur. 2006, con commento di Michele Miscione, 993)

10. E' legittimo il licenziamento di un lavoratore (quadro) assunto per dirigere lo stabilimento di una società controllata dalla società sua datrice di lavoro, allorchè la controllata sia posta in liquidazione - con chiusura dell'azienda e licenziamento di tutti i suoi dipendenti - e risulti che il mantenimento tra la forza lavoro del dipendente il cui posto, perciò, è stato soppresso, comporterebbe per il suo datore di lavoro un costo rilevante, incompatibile con le difficoltà finanziarie che lo stesso attraversava da tempo e che si siano acuite nell'ultimo periodo di

vigenza del rapporto tanto da determinare una notevole riduzione di personale. (Trib. Milano 26/6/2003, Est. Negri Della Torre, in Lav. nella giur. 2004, 88)

11. La mera difficoltà nell'espletamento delle mansioni inerenti alla qualifica a causa di

impedimenti fisici, che sia superabile mediante l'adozione di diverse modalità di esecuzione del lavoro, compatibili con l'organizzazione aziendale, cui il datore di lavoro è tenuto nell'ambito del suo dovere di cooperazione anche a norma dell'art. 2087 c.c., non concreta giustificato motivo di recesso, ove non si traduca in impossibilità della prestazione (nella fattispecie la Corte ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto privo di giustificazione il recesso intimato ad una lavoratrice, con mansioni di cameriera ai piani di un albergo, affetta da ernia lombosacrale, la quale era in condizioni di continuare a

disimpegnare i compiti inerenti alla qualifica, sia pure con un rendimento inferiore rispetto ai livelli di produzione stabiliti dall'impresa, circostanza che non integrava, secondo il giudice di merito, impossibilità della prestazione lavorativa). (Cass. 5/3/2003 n. 3250, Pres.

Ciciretti Est. Picone, in D&L 2003, 793)

12. Il sindacato sulle scelte aziendali sotto il profilo della congruità ed opportunità è consentito al giudice solo per accertare la non pretestuosità e l'effettività dei motivi addotti, non per valutare, sostituendosi all'imprenditore, che ne subisce il rischio, la bontà o la razionalità delle stesse. Pertanto, non può considerarsi pretestuosa e non effettiva la soppressione di un posto conseguente ad un riassetto organizzativo sperimentato dal datore di lavoro a fronte di problemi di distribuzione della forza vendita su una parte del territorio in cui opera. (Corte d'appello Milano 5/9/2002, Pres. e Rel. Ruiz, in Lav. nella giur. 2003, 387)

13. Va ritenuto illegittimo il licenziamento disciplinare intimato al lavoratore assunto obbligatoriamente per il quale successivi accertamenti medici disposti nell'ambito del procedimento penale abbiano accertato l'insussistenza dei requisiti richiesti per la qualifica di invalido. (Trib. Milano 24/5/2002, Est. Ianniello, in D&L 2002, 742)

14. Non costituiscono circostanze idonee a giustificare il licenziamento il rinvio a giudizio del lavoratore e la sentenza del giudice dell'udienza preliminare di non doversi procedere per la prescrizione del reato. (Trib. Milano 24/5/2002, Est. Ianniello, in D&L 2002, 742)

15. Non costituisce giustificato motivo oggettivo - né soggettivo - di licenziamento il rifiuto del dipendente invalido, le cui precarie condizioni di salute siano note al datore di lavoro fin dall'assunzione, di effettuare mansioni diverse da quelle previste all'inizio del rapporto, ed incompatibili con lo stato di invalidità. (Trib. Milano 4/4/2002, Est. Peragallo, in D&L 2002, 718, con nota di Matteo Paulli, "Giustificato motivo oggettivo per impossibilità sopravvenuta della prestazione ed eccezione di inadempimento")

16. La falsa rappresentazione della realtà, sia in ordine alla durata effettiva della missione che alle spese effettivamente sostenute, posta in essere nella più assoluta consapevolezza - al fine ovvio di trarne dei benefici e confidando (con ogni probabilità) nella episodicità dei controlli aziendali - costituisce comportamento particolarmente grave, quindi, suscettibile di essere sanzionato con il licenziamento che appare, nella specie, l'unica misura idonea e congrua a tutelare l'interesse del datore di lavoro. La gravità del comportamento emerge poi con chiarezza, se si considera la particolare natura e la qualità del rapporto di lavoro di inviato speciale che legava il ricorrente alla RAI, rapporto che presuppone, all'evidenza, proprio perché espletato per la gran parte al di fuori del controllo diretto del datore di lavoro, un elevatissimo grado di fiducia, naturalmente non circoscritta all'espletamento delle

specifiche mansioni nell'ambito dell'organizzazione radiotelevisiva, ma che,

necessariamente, si deve estendere alla massima correttezza e alla lealtà della complessiva condotta. Merita poi di essere sottolineata la rilevante incidenza del comportamento

necessariamente, si deve estendere alla massima correttezza e alla lealtà della complessiva condotta. Merita poi di essere sottolineata la rilevante incidenza del comportamento

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