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sopravvenute, del titolo professionale necessario per l esercizio della attività lavorativa richiesta dal datore di lavoro è idonea a incidere sulla

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In genere

1. Il Giudice del merito, adito per la declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogato al prestatore per soppressione delle mansioni cui il medesimo era addetto, è tenuto al controllo della effettiva sussistenza del giustificato motivo oggettivo posto alla base del recesso datoriale, mentre non può sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, in quanto espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione. Il datore di lavoro, in ogni caso, ha l’onere di provare l’impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse da quelle precedentemente svolte, pur esigendosi dallo stesso lavoratore una collaborazione nell’accertamento di un suo possibile reimpiego nel contesto lavorativo, mediante l’allegazione dell’esistenza di altri posti di lavoro nei quali poteva essere utilmente collocato, conseguendo a tale allegazione l’onere della parte datoriale di provare la non utilizzabilità dei posti predetti. (Cass. 8/11/2013 n. 25197, Pres. Roselli Est. Mammone, in Lav. nella giur. 2014, 181)

2. Il “motivo oggettivo” di licenziamento è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost.; spetta invece al giudice il controllo della reale sussistenza delle esigenze tecnico-economiche dedotte dal datore di lavoro, e cioè della effettiva e della non pretestuosità del riassetto organizzativo operato. (Cass. 1/8/2013 n. 18416, Pres. Stile Rel. Venuti, in Lav. nella giur.

2013, 1041)

3. In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la non equivalenza delle

mansioni – valutata con riferimento alle specifiche motivazioni e finalità del licenziamento – impedisce il riferimento, quale parametro di valutazione del rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede, ai criteri di cui alla L. 223/1991, consentito nel solo caso di licenziamento di personale omogeneo e fungibile. (Corte app. Milano 10/6/2013, Pres.

Sbordone Rel. Pattumelli, in Lav. nella giur. 2013, 960)

4. L’art. 18 comma 7 Stat. Lav., come modificato dall’art. 1 comma 42 l. 28 giugno 2012, n.

92 (Riforma Fornero), prevede che il giudice possa applicare la disciplina di cui al

medesimo art. 18 comma 4 Stat. Lav., nuova formulazione (c.d. reintegra debole) allorché accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e applichi invece la disciplina di cui all’art. 18 comma 5 Stat. Lav., nuova formulazione, (c.d. tutela risarcitoria piena) nelle altre ipotesi in cui accerti che non

ricorrono gli estremi del giustificato motivo. La sussistenza del fatto principale addotto a giustificazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo esclude la manifesta insussistenza del fatto e quindi l’applicabilità della tutela reale e la violazione del solo obbligo di repêchage da parte del datore di lavoro è sanzionabile unicamente con la tutela indennitaria. Per poter qualificare un licenziamento come ritorsivo ex art. 18 comma 1 St.

lav., nuova formulazione, continua a essere necessario che il motivo illecito, oltre che determinante, sia anche esclusivo della volontà del datore di lavoro di licenziare.

L’esclusività non può ritenersi presente allorché si accerti che il fatto addotto come giustificato motivo sia reale. (Trib. Milano 20/11/2012, ord., Giud. Casella, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Daniela Zonetto, 581)

5. La necessità di contenere i costi a fronte di uno stato di crisi che si concretizzi in un forte calo del fatturato aziendale costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento laddove il datore di lavoro decida di sopprimere i posti di lavoro dei dipendenti che svolgono attività commerciale diretta e dimostri l’impossibilità di ricollocarli in altre funzioni, al cui svolgimento siano stabilmente addetti altri colleghi. (Cass. 6/7/2012 n.

11402, Pres. Roselli Rel. Bandini, in Lav. nella giur. 2012, 1112)

6. La esistenza di una situazione di impossibilità sopravvenuta della prestazione di lavoro, derivante dalla mancanza in capo al lavoratore, per effetto di disposizioni normative

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sopravvenute, del titolo professionale necessario per l’esercizio della attività lavorativa richiesta dal datore di lavoro è idonea a incidere sulla funzionalità della relativa

organizzazione di lavoro (nella specie, la Corte ha confermato il licenziamento di una lavoratrice in possesso di un titolo di massofisioterapista conseguito all’esito di un corso biennale, in quanto non più valido per abilitare allo svolgimento di tale professione. Il diploma di massofisioterapista è equipollente al diploma universitario di fisioterapista solo se conseguito all’esito di un corso triennale). (Cass. 22/5/2012 n. 8050, Pres. Lamorgese Est.

Meliadò, in Orient. Giur. Lav. 2012, 376)

7. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo – che consiste in “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa “e può ravvisarsi nella soppressione del posto di lavoro, inteso come attività lavorativa svolta dal dipendente poi licenziato – autorizza il datore di lavoro a riorganizzare l’attività

lavorativa tra altri dipendenti, diversi da quello licenziato; esso è legittimo a condizione che non risulti meramente strumentale a un incremento di profitto ma che sia diretto a

fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti; il lavoratore ha quindi il diritto che il datore di lavoro (su cui incombe il relativo onere) dimostri la concreta riferibilità del licenziamento individuale a iniziative collegate a effettive ragioni di carattere produttivo e organizzativo, e che dimostri, inoltre, l’impossibilità di utilizzare il lavoratore stesso in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione. (Cass. 18/4/2012 n.

6026, Pres. Vidiri Rel. Tricomi, in Lav. nella giur. 2012, 721)

8. È illegittimo il licenziamento comminato a seguito di una non rilevante contrazione

dell’attività produttiva che non comporti la necessità di ridurre il personale, specialmente nel caso in cui l’azienda abbia proceduto, nell’imminenza del recesso e con evidente scopo sostitutivo, alla stipula di un contratto di collaborazione a progetto con altro soggetto. (Cass.

19/1/2012 n. 755, Pres. Roselli Rel. Curzio, in Lav. nella giur. 2012, 407)

9. L’indicazione dei motivi del licenziamento (per giustificato motivo oggettivo, n.d.r.) deve essere specifica, cioè idonea a realizzare il risultato perseguito dalla legge, costituito dalla conoscenza, da parte del lavoratore, delle ragioni sottese al provvedimento; a tal fine è necessario che la motivazione individui tali fatti con sufficiente precisione, anche se sinteticamente, per modo che risulti senza incertezza l’ambito delle questioni sottese al licenziamento (nel caso di specie si giustificava il licenziamento con affermazioni del

seguente tenore “diminuite possibilità di lavoro” “le fasi lavorative per le quali ha prestato la sua opera sono notevolmente diminuite”). (Trib. Roma 11/5/2011, Giud. Masi, in Lav. nella giur. 2011, 850)

10. Quando il giustificato motivo oggettivo di licenziamento si identifica nella generica

esigenza di riduzione di personale assolutamente omogeneo e fungibile, ai fini del controllo della conformità della scelta dei lavoratori da licenziare ai principi di correttezza e buona fede di cui all’art. 1175 c.c. non essendo utilizzabili né il normale criterio della “posizione lavorativa” da sopprimere in quanto non più necessaria, né tanto meno il criterio della impossibilità di repechage (in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili), ben può farsi riferimento, pur nella diversità dei rispettivi regimi, ai criteri che l’art. 5 l. n. 223 del 1991 ha dettato per i licenziamenti

collettivi per l’ipotesi in cui l’accordo sindacale ivi previsto non abbia indicato criteri di scelta diversi e, conseguentemente, prendere in considerazione in via analogica i criteri dei carichi di famiglia e dell’anzianità. (Cass. 28/3/2011 n. 7046, Pres. Foglia Est. Mammone, in Orient. Giur. Lav. 2011, 189)

11. In tema di licenziamento, sebbene il giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive sia rimesso alla valutazione del datore di lavoro, come espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., esso deve essere pur sempre contemperato con il rispetto della dignità umana, trattandosi di diritto

fondamentale della persona richiamato dalla stessa norma costituzionale nonché dalla

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legislazione del lavoro anche in relazione al diritto alla conservazione del posto di lavoro sul quale si fondano sia l’art. 18 St. Lav. che l’art. 30 del Trattato di Lisbona del 31 dicembre 2007, entrato in vigore dal 1° gennaio 2009. (Cass. 27/10/2010 n. 21967, Pres. ed Est.

Foglia, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di M. Pallini, “L’utilità sociale quale limite interno al potere di licenziamento?”, 86)

12. In materia di obbligo di repechage è illegittimo il licenziamento del lavoratore, qualora il datore di lavoro non riesca a dimostrare di non poter ricollocare il lavoratore in altri rami dell'azienda, valutando anche le sedi all'estero. (Cass. 15/7/2010 n. 16579, Pres. Sciarelli Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2010, 940)

13. In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo la scelta tra più lavoratori fungibili e omogenei tra loro deve essere effettuata applicando analogicamente i criteri dei carichi di famiglia e dell’anzianità previsti dall’art. 5 L. 23/7/91 n. 223, a pena di

illegittimità del licenziamento. (Trib. Milano 8/7/2010, Est. Mariani, in D&L 2010, 866) 14. In virtù del principio di immodificabilità del licenziamento è precluso al datore di lavoro, il

quale intimi un licenziamento per giustificato motivo oggettivo (mancanza di lavoro) invocare in giudizio una giusta causa, tra l’altro senza dedurre in quale sede e con quali modalità essa sia stata contestata al lavoratore. (Cass. 30/4/2010 n. 10538, Pres. Vidiri Est.

Di Nubila, in Lav. Nella giur. 2010, 728)

15. In materia di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo determinati da ragioni inerenti all’attività produttiva, il datore di lavoro ha l’onere di provare, con

riferimento alla capacità professionale del lavoratore e all’organizzazione aziendale esistente all’epoca del licenziamento, anche attraverso fatti positivi, tali da determinare presunzioni semplici (come il fatto che dopo il licenziamento e per un congruo periodo non vi siano state nuove assunzioni nella stessa qualifica del lavoratore licenziato), l’impossibilità di adibire utilmente il lavoratore in mansioni diverse da quelle che prima svolgeva, giustificandosi il recesso solo come extrema ratio (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza della corte territoriale che, con riferimento ad azienda di grandi dimensioni, aveva ritenuto non assolto dal datore di lavoro l’onere probatorio, sul rilievo delle numerose assunzioni nell’anno seguente a quello del licenziamento, di personale con la medesima qualifica del lavoratore licenziato, e dell’elevato livello di istruzione di questo, che ne consentiva l’utilizzazione in settori diversi da quello in cui era stato precedentemente addetto). (Cass.

26 marzo 2010 n. 7381, Pres. Roselli Est. D’Agostino, in Orient. Giur. Lav. 2010, 469) 16. Nella nozione di giustificato motivo di licenziamento sono riconducibili anche le ipotesi di

riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell’azienda, che peraltro non devono essere pretestuosi e strumentali, ma volti a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti che influiscano decisamente sulla normale attività produttiva imponendo un’effettiva necessità di riduzione dei costi. (Cass. 7/4/2010 n. 8237, Pres. Sciarelli Est.

Balletti, in Orient. Giur. Lav. 2010, 461)

17. Non integra la fattispecie legale di giustificato motivo oggettivo un licenziamento attuato senza soppressione del posto di lavoro né delle mansioni, ma con ridistribuzione delle mansioni tra il restante personale, senza che venga neppure dedotta la necessità di far fronte a difficoltà economiche contingenti o l'esistenza di effettive ragioni tecnico-produttive che impongano un più razionale assetto aziendale. (Corte app. Torino 30/3/2009, Pres. Girolami Est. Pasquarelli, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2010, con commento di Carla Spinelli,

"Redistribuzione delle mansioni e giustificato motivo oggettivo di licenziamento", 316) 18. Nell’ipotesi di licenziamento plurimo per giustificato motivo oggettivo di lavoratori con

mansioni perfettamente fungibili a quelle di altri, il datore di lavoro è obbligato ad agire, nell’individuazione dei soggetti da espellere, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede e di criteri oggettivi predeterminati da modellare su quelli previsti per i licenziamenti collettivi, così da escludere che il licenziamento delle persone selezionate possa essere il

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risultato di una scelta con contenuto discriminatorio. (Trib. Milano 24/3/2009, Est.

Bianchini, in Orient. Giur. Lav. 2009, 168)

19. Qualora il licenziamento sia disposto per giustificato motivo oggettivo, in particolare per ragioni di carattere contingente, per contrazione reale dell'attività lavorativa, per effettività della crisi dedotta dal datore di lavoro, non sarà il giudice a dover determinare il "giusto numero" di dipendenti da licenziare, traducendosi il suo controllo nella verifica della effettiva esistenza delle esigenze obiettive di cui parla l'art. 3 della legge n. 604/66 e delle ragioni della scelta del singolo lavoratore licenziato. (Trib. Bergamo 23/2/2009, d.ssa Finazzi, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Monica Fasano, 499)

20. Presupposti della legittimità del licenziamento sono l'effettività delle ragioni organizzative e/o produttive poste a fondamento del recesso, che devono trovare fondamento in situazioni oggettive , e la sussistenza di un nesso causale tra tali ragioni e la soppressione del posto di lavoro, mentre la motivazione della scelta imprenditoriale di procedere alla riorganizzazione non è sindacabile dal giudice, rientrando nella libertà di iniziativa economica tutelata

dall'art. 41 Cost. e può anche essere costituita da finalità di innovazione, risparmio dei costi o incremento dei profitti. (Trib. Roma 4/11/2008, Giud. Trementozzi, in Lav. nella giur.

2009, 202)

21. Nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento è riconducibile anche

l'ipotesi del riassetto organizzativo dell'azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa e deciso dall'imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, imponendo un'effettiva necessità di riduzione dei costi; tale motivo oggettivo è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost., mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore, con la conseguenza che non è sindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del posto cui era addetto il

lavoratore licenziato, sempre che risulti l'effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, non essendo, peraltro, necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite e attribuite.

(Trib. Milano 29/3/2008, d.ssa Cincotti, in Lav. nella giur. 2008, 1171)

22. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo può essere legittimo solo ove le mansioni del lavoratore risultino effettivamente soppresse e non sia possibile adibire lo stesso a mansioni equivalenti. (Trib. Milano 28/3/2008, d.ssa Peragallo, in Lav. nella giur. 2008, 1172)

23. E' inammissibile, per carenza di interesse ad agire, la domanda con cui il datore di lavoro si rivolga al giudice per accertare la sussistenza o meno dei presupposti per il futuro esercizio del potere di recesso per giustificato motivo oggettivo; il Giudice esercita solo un compito di controllo del rispetto dei vincoli di forma e di contenuto che condizionano l'effettivo

esercizio di quel potere e non può assumere, rispetto a esso, alcuna funzione sostitutiva o consultativa. (Trib. Savona 5/3/2008, Est. Acquarone, in D&L 2008, con nota di Paola Perrucco, "Il potere di licenziamento e l'accertamento preventivo dei presupposti del suo legittimo esercizio", 664)

24. Per giustificato motivo oggettivo deve intendersi quel motivo derivante da una

riorganizzazione o ristrutturazione che ha condotto alla soppressione di attività o posizioni e non la mera crisi aziendale o la redistribuzione delle attività su altri addetti; inoltre, qualora le posizioni rimaste siano fungibili rispetto a tutti i dipendenti, l'impresa ha l'obbligo di agire, nell'individuazione dei lavoratori da licenziare, nel rispetto dei principi di correttezza e di buona fede e nel rispetto di criteri oggettivi predeterminati da modellare su quelli

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previsti per i licenziamenti collettivi, così da escludere che il licenziamento delle persone selezionate possa essere il risultato di una scelta a contenuto discriminatorio. (Trib. Milano 17/12/2007, Est. Bianchini, in D&L 2008, con nota di Chiara Zambrelli, "Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e criteri di scelta dei lavoratori con mansioni fungibili", 658) 25. La costante giurisprudenza di legittimità e di merito, al fine di evitare il rischio che la tutela

cautelare assuma una funzione surrogatoria, nei confronti del processo del lavoro, per sua natura rapido, ritiene che sia necessario un accertamento puntuale e preciso circa la sussistenza dei requisiti essenziali, cui è subordinato il ricorso alla tutela d'urgenza. In merito a un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è onere del ricorrente fornire la prova in ordine alla situazione di vulnus alla vita familiare e di relazione temibile nell'arco della durata del giudizio ordinario. Inoltre è preferibile perchè più conforme alla ratio dell'art. 700 c.p.c., l'orinetamento secondo cui deve escludersi che in caso di licenziamento illegittimo il periculum in mora sussista in re ipsa. (Trib. Milano 8/12/2007, D.ssa

Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2008, 536)

26. Il licenziamento per motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva è scelta riservata all'imprenditore, quale responsabile della corretta gestione dell'azienda anche dal punto di vista economico e organizzativo, sicché essa, sia effettiva e non simulata o pretestuosa, non è sindacabile dal giudice quanto ai profili della sua congruità e opportunità.

(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, nel riconoscere l'effettività della scelta imprenditoriale di razionalizzare l'attività aziendale, aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato a una biologa addetta a un laboratorio di analisi, il cui posto di lavoro, a seguito della contrazione delle richieste concernenti l'attività del laboratorio la quale attività, per detto motivo, si era concentrata in due soli giorni alla settimana era stato soppresso, con assegnazione delle sue mansioni ad altra dipendente, in aggiunta a quelle da quest'ultima già svolte, senza che l'azienda avesse proceduto ad assunzione in sostituzione della lavoratrice licenziata). (Rigetta, App. Taranto, 24 giugno 2004). (Cass. 22/8/2007 n.

17887, Pres. De Luca Est. Monaci, in Dir. e prat. lav. 2008, 1478)

27. Costituisce g.m.o. di licenziamento l'ipotesi di riassetto organizzativo dell'azienda attuato al fine di una più economica gestione, deciso per far fronte a situazioni sfavorevoli, che influiscano in modo decisivo sulla normale attività produttiva, dovendosi escludere che il rapporto di lavoro abbia più motivo di attendersi dal lavoratore la stessa utilitas che l'aveva indotto ad assumerlo, vale a dire lo stesso flusso di redditi che gli consente la valorizzazione del capitale investito. (Trib. Palermo 17/5/2007, Giud. Cavallaro, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Marco Novella, "I concetti di costo contabile, di costo-opportunità e di costo sociale nella problematica costruzione gius-economica del giustificato motivo oggettivo di licenziamento", e con nota di Pietro Ichino, "Il costo sociale del licenziamento e la perdita aziendale attesa per la prosecuzione del rapporto come oggetto del bilanciamento

giudiziale", 989)

28. Ai fini della sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, ferma restando la prova dell'effettività e della non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, le ragioni inerenti all'attività produttiva possono sorgere, oltre che da esigenze di mercato, anche da riorganizzazioni o ristrutturazioni, quali che ne siano le finalità, quindi anche quelle dirette a un risparmio dei costi o all'incremento dei profitti, quale che ne sia l'entità.

(Cass. 10/5/2007 n. 10672, Pres. Ianniruberto Est. Stile, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Marco Novella, "I concetti di costo contabile, di costo-opportunità e di costo sociale nella problematica costruzione gius-economica del giustificato motivo oggettivo di

licenziamento", e con nota di Pietro Ichino, "Il costo sociale del licenziamento e la perdita aziendale attesa per la prosecuzione del rapporto come oggetto del bilanciamento

giudiziale", 989)

29. Nel licenziamento attuato per ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro, il suindicato giurisdizionale non può coinvolgere i criteri di gestione dell'impresa e

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le scelte operate dall'imprenditore, il quale però ha l'onere di dimostrare l'impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni equivalenti e di non aver effettuato nuove

assunzioni in qualifiche analoghe per un congruo periodo successivo al recesso. (Corte App.

Roma 29/3/2007, Pres. Cataldi Est. Cocchia, in D&L 2007, con nota di Emanuela Fiorini,

"Società con sede all'estero, numero dei dipendenti e tutela reale", 905)

30. Il requisito dell'immediatezza del provvedimento espulsivo rispetto alla contestazione degli addebiti applicabile con riferimento al licenziamento individuale per giusta causa o

giustificato motivo soggettivo non si adatta al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, poichè le ragioni di garanzia e difesa a tutela del lavoratore - con

particolare riferimento all'esigenza di evitare che il lavoratore possa essere esposto a tempo indeterminato al pericolo del licenziamento per i fatti contestatigli, posta a base del suddetto requisito di legittimità - non sussistono nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo (dipendente da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al funzionamento di essa), nel quale occorre solo controllare che ricorrano in concreto le esigenze organizzative poste dal datore di lavoro a fondamento del provvedimento espulsivo. (Cassa con rinvio, App. Trieste 30/4/2004). (Cass. 19/12/2006 n. 27101, Pres.

Mercurio Est. D'Agostino, in Dir. e prat. lav. 2007, 1972)

31. In ipotesi di licenziamento intimato da una società appartenente a un gruppo che costituisca un unico complesso aziendale, l'accertamento in ordine alla motivazione del licenziamento, alla possibilità del c.d. repechage e ai requisiti dimensionali, deve essere effettuato con riferimento all'intero complesso aziendale. (Trib. Milano 23/10/2006, Est. Martello, in D&L 2007, 223)

32. Il licenziamento per esigenze aziendali non può risolversi nella mera riduzione del personale, nel senso che la riorganizzazione deve dar corso alla eliminazione reale ed effettiva di una posizione lavorativa, per cui tra la prima e la seconda sussista un rapporto di causalità reciproca e non invece a una mera redistribuzione di mansioni che permangono come aspetto essenziale dell'attività dell'azienda. (Corte app. Milano 25/1/2006, Rel.

Sbordone, in Lav. nella giur. 2006, 1027)

33. Presupposti di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono costituiti dall’effettività e obiettività delle ragioni aziendali addotte a giustificazione del recesso; dalla necessità che dette ragioni siano funzionali a fronteggiare situazioni sfavorevoli

sopravvenuti e contingenti, che influiscano sulla normale attività produttiva e impongano la riduzione dei costi, sì da doversene escludere il carattere pretestuoso e occasionale;

dall’esistenza del nesso causale tra tali ragioni e l’atto datoriale; dall’effettiva soppressione del posto di lavoro, conseguente alla scelta aziendale. (Corte app. Roma 31/8/2005, Pres.

Lanzellotto Rel. Di Stefano, in Lav. Nella giur. 2006, 615)

34. Ai fini della sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento ciò che conta è la situazione fattuale esistente al momento dell’intimazione del recesso. (Cass. 14/7/2005 n.

14815, Pres. Mattone Est. Di Cerbo, in Orient. Giur. Lav. 2005, 642)

35. Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento, nella cui nozione rientra l’ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell’azienda, funzionali a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti, le quali influiscano in modo decisivo sulla normale attività produttiva ed impongano un’effettiva necessità di riduzione dei costi, richiede che le ragioni inerenti l’attività produttiva siano tali, nella loro oggettività e non in forza di un atto del datore di lavoro che presenti margini di arbitrarietà, da determinare, con stretto nesso di consequenzialità, l’inutilizzabilità della posizione lavorativa considerata.

Nell’ipotesi di licenziamento motivato da determinate esigenze relative ad una

riorganizzazione aziendale finalizzata ad una più economica gestione, l’impossibilità di trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale può in astratto configurare motivo obiettivo di recesso. (Cass. 6/7/2005 n. 14215, Pres. Ciciretti Rel. Miani Canevari, in Lav. e prev. oggi 2005, 1454)

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36. Qualora il lavoratore non possa più svolgere le mansioni cui sia addetto e l’impedimento sia a lui imputabile per dolo o colpa, è legittimo il licenziamento intimato dal datore di lavoro per giustificato motivo consistente nella sopravvenuta impossibilità della prestazione lavorativa in relazione alle mansioni suddette, senza che il recedente debba fornire la prova di non aver potuto adibire il lavoratore ad altro posto nell’azienda, anche con mutamento di mansioni, essendo tale prova necessaria solo quando l’impedimento non sia addebitabile al lavoratore. (Nella specie, la Cass. ha cassato la sentenza di merito che, senza dare rilievo al comportamento dei lavoratori, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento di due dipendenti della Società Aeroporti di Roma – cui era stato ritirato il tesserino di accesso all’area

aeroportuale in seguito a denuncia in flagranza per tentato furto di bagagli – per non avere la società fornito la prova dell’impossibilità di un loro diverso utilizzo). (Cass. 6/6/2005 n.

11753, Pres. Ciciretti Rel. Celentano, in Lav. e prev. oggi 2005, 1454)

37. Il ricorrere di nuove assunzioni a fronte di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo non è ontologicamente incompatibile con l’esistenza di un ridimensionamento aziendale e non è, quindi, di per sé stesso fonte di illegittimità del licenziamento. Il rapporto tra esigenze di ridimensionamento aziendale e licenziamento per giustificato motivo oggettivo a essa ricollegabile va sempre valutato con riferimento al ruolo e alle mansioni di pertinenza del singolo lavoratore all’interno dell’azienda. (Cass. 15/5/2005 n. 7832, Pres. Senese Est. Stile, in Orient. Giur. Lav. 2005, 348)

38. Il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, nel cui ambito rientra anche l’ipotesi di riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell’impresa, è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, atteso che tale scelta è

espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Costituzione, mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore; ne consegue che non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta

imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, né essendo necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in

precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite. (Sulla base di tali principi la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto insussistente il giustificato motivo oggettivo di licenziamento del lavoratore di una società cooperativa a responsabilità limitata, dando rilievo alla circostanza che non era stata accolta la domanda di quel lavoratore di essere ammesso come socio ed alla circostanza che la società, dopo il licenziamento del lavoratore, aveva ammesso due nuovi soci. In riferimento a quest’ultima circostanza la Suprema Corte ha anche rilevato che erroneamente erano state poste sullo stesso pieno due posizioni diverse, quella del

dipendente e quella del socio). (Cass. 4/11/2004 n. 21121, Pres. Mattone Rel. Stile, in Lav. e prev. oggi 2005, 366)

39. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, basato su inesistenti ragioni organizzative che trova la sua reale motivazione nella partecipazione a uno sciopero da parte del

lavoratore, deve essere dichiarato nullo perché discriminatorio. Le conseguenze sono quelle di cui all’art. 18 SL così come previsto dal combinato disposto dell’art. 3 L. 11/5/90 n. 108 e dell’art. 15 SL. (Trib. Milano 7/10/2004, Est. Atanasio, in D&L 2005, con nota di Alba Civitelli, “Sul licenziamento discriminatorio”, 237)

40. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ferma restando la necessità di provare l’effettività del processo di riorganizzazione, è legittima ogni ragione (in senso economico) che abbia determinato tale processo e quindi non solo i motivi estranei alle determinazioni imprenditoriali, ossia esigenze di mercato, ma anche le modifiche

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organizzative esclusivamente finalizzate ad un incremento dei profitti. (Trib. Sulmona 21/09/2004, Est. Paglierini, in Lav. nella giur. 2005, 89)

41. Il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, nel cui ambito rientra anche l’ipotesi di riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell’impresa, è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa; ne consegue che non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, né essendo necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite. (Fattispecie in tema di licenziamento di un lavoratore con compiti di natura sindacale, nella quale il settore al quale era addetto il lavoratore – dipendente dell’Associazione degli Industriali – era stato assorbito nelle competenze del direttore dell’Associazione medesima). (Cass.

18/8/2004 n. 16163, Pres. Senese Rel. Filadoro, in Lav. nella giur. 2005, 175)

42. Il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva deve essere valutato dal datore di lavoro senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa. Il licenziamento deve risultare però dall’effettiva e non pretestuosità del riassetto organizzativo operato. Al datore di lavoro permane l’onere di provare, oltre la sussistenza delle ragioni del licenziamento, l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni nell’ambito dell’organizzazione aziendale. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo non può essere determinato da esigenze di mero risparmio.

(Trib. Grosseto 13/8/2004, Est. Ottati, in Lav. nella giur. 2004, 1208)

43. Ai fini della configurabilità di un legittimo licenziamento per giustificato motivo obiettivo non è sufficiente l’eventuale inidoneità del lavoratore ad effettuare la propria prestazione, in un determinato luogo o secondo determinate modalità, ma occorre anche la prova, a carico del datore di lavoro, circa la impossibilità di reimpiego dello stesso lavoratore nell’ambito dell’organizzazione sindacale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che si era pronunciata nel senso dell’illegittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore che aveva rifiutato, a causa di una nevrosi della quale soffriva, di sottoporsi ai controlli medici con prelievo sanguigni richiesti dalla società in quanto quest’ultima non era

obbligata per legge a sottoporre il dipendente a tali controlli per salvaguardare la sua salute e sicurezza nel luogo di lavoro, ma ne aveva semplice facoltà, ed inoltre non era stata neppure dedotta l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni differenti). (Cass. 27/2/2004 n. 4050, Pres. Mileo Rel. De Luca, in Lav. nella giur. 2004, 900, e in Dir. E prat. Lav. 2004, 1936)

44. Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 della legge 604/1966 è determinato dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore. Ai fini della legittimità dello stesso, sul datore di lavoro incombe la prova della concreta riferibilità del licenziamento a iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo e della impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita, in relazione al concreto contenuto professionale dell'attività cui il lavoratore stesso era precedentemente adibito.

(Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di appello che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento di due dipendenti di un agente assicurativo intimato a seguito della parziale cessione del portafoglio dell'impresa

assicuratrice ad altro agente, giudicando priva di riscontro probatorio la dedotta riduzione dell'attività dell'agente per effetto dello scorporo di detto portafoglio-ritenuto solo uno degli elementi concorrenti ad individuare la consistenza dell'impresa-che avrebbe determinato la sovrabbondanza delle posizioni lavorative dei ricorrenti rispetto al nuovo assetto

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dell'agenzia, nonché la parimenti dedotta riduzione del fatturato, senza che assumesse rilevanza la circostanza della mancata assunzione di altre persone). (Cass. 3/7/2003 n.

10554, Pres. Trezza Rel. Giacalone, in Dir. e prat. lav. 2004, 71)

45. Nella valutazione circa la sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento deve tenersi conto di tutte le circostanze della fattispecie concreta, anche precedenti all'atto di recesso, ivi compreso il comportamento del datore di lavoro, il quale è contrattualmente obbligato ad attivarsi per prevenire o rimuovere situazioni ostative all'utile prosecuzione del rapporto (Cass. 5/3/2003, n. 3250, Pres. Ciciretti, Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2003, 689, con nota di Pietro Ichino e Luigi Cavallaro, Un caso interessante per la riflessione sulla nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento: due opinioni)

46. Il controllo giudiziale sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo comporta la verifica dell'assolvimento, da parte del datore di lavoro, dell'onere di provare tre circostanze:

l'effettività della dedotta ristrutturazione organizzativa; la relativa incidenza sulla posizione rivestita in azienda dal lavoratore (la soppressione del reparto o dell'attività cui era addetto il lavoratore licenziato o un riassetto organizzativo per una più razionale ed economica

gestione dell'azienda) e l'impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni

equivalenti, dovendo in particolare risultare, in base ad inequivoci elementi, che nell'ambito dell'organizzazione aziendale non vi erano, all'epoca del licenziamento, altre possibilità di evitare la risoluzione del rapporto se non quella, vietata dall'art. 2103 c.c., di adibire il lavoratore ad una mansione dequalificante rispetto a quella precedentemente esercitata.

(Cass. 17/2/2003 n. 2353, Pres. Ciciretti, Est. Cuoco, in D&L 2003, 402)

47. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è illegittimo qualora non risulti dimostrata a cura del datore di lavoro l'integrale soppressione delle attività svolte dal dipendente

licenziato all'interno del contesto aziendale. (Trib. Firenze 16/2/2002, Est. Lococo, in D&L 2002, 855, con nota di Filippo Pirelli, "Ultrattività del contratto collettivo e giustificato motivo oggettivo di licenziamento")

48. Nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento rientra anche l'ipotesi del riassetto organizzativo dell'azienda per una più economica gestione d'essa attuato non per un incremento del profitto ma per far fronte a situazioni economiche sfavorevoli, non

occasionali, che incidano in modo decisivo sulla normale attività aziendale (Cass. 18/11/98, n. 11646, in Dir. Lav. 2000, pag. 31, con nota di Lepore)

Soppressione del posto

1. In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice che non può, invece, sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro ha l’onere di provare, anche mediante

elementi presuntivi e indiziari, l’effettività delle ragioni che giustificano l’operazione di riassetto. (Nella specie, il recesso era stato motivato sul presupposto della soppressione del posto cui era addetta la lavoratrice, le cui mansioni erano però state assegnate ad altra

dipendente, assunta con contratto a termine per più volte, e avente diverso inquadramento; la S.C., nell’escludere l’effettività delle ragioni indicate dal datore in ragione dell’identità delle

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mansioni delle lavoratrici, ha ritenuto l’illegittimità del recesso). (Cass. 14/5/2012 n. 7474, Pres. Miani Canevari Est. Napoletano, in Orient. Giur. Lav. 2012, 371)

2. Non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore licenziato, anche se la riorganizzazione sia attuata per una più economica gestione dell’impresa, e senza che la necessaria verifica dell’effettività delle scelte comporti un’indagine in ordine ai margini di convenienza e di onerosità dei costi connessi alla suddetta riorganizzazione, con il solo limite del controllo della reale sussistenza delle ragioni poste dall’imprenditore a fondamento delle proprie scelte e dell’effettività e non pretestuosità del riassetto organizzativo operato. (Cass. 3/8/2011 n.

16925, Pres. Vidiri Rel. Zappia, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di C. Pederzoli,

“Licenziamento pretestuoso e motivo illecito: un’incerta linea di confine”, 362)

3. Non è sindacabile nei suoi profili di congruità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto a cui era addetto il lavoratore licenziato, sempre che risulti l’effettività e non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, non essendo peraltro necessario che vengano soppresse tutte le mansioni in

precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite e attribuite. (Cass. 24/5/2011 n. 11356, Pres. Lamorgese Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Fabio Massimo Gallo, 144)

4. E' illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dalla società controllata italiana sul presupposto della soppressione delle funzioni cui era adibita la dipendente, laddove emerga che, in ordine alle medesime attività, alla dipendente era stato proposto di iniziare un nuovo rapporto di lavoro regolato dal diritto inglese con la società controllante. (Trib. Milano 11/3/2010, Est. Vitali, in D&L 2010, con nota di Giuseppe Bulgarini d'Elci, "Sul giustificato motivo oggettivo nell'ambito di un'impresa multinazionale e sulla compatibilità ai fini dell'art. 18 SL di collaboratori e progetti fittizi", 586)

5. Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, quindi, lungi dal discendere da un generico ridimensionamento dell'attività imprenditoriale sussiste solamente laddove ricorra "la necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, soppressione che non può essere meramente strumentale a un incremento del profitto, ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti.

(Trib. Bari 11/5/2009, d.ssa Arbore, in Lav. nella giur. 2009, 849)

6. In caso di licenziamento per giustificato motivo, il datore di lavoro che adduca a fondamento del licenziamento la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il

lavoratore licenziato ha l'onere di provare non solo che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa, alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore per l'espletamento di mansioni equivalenti a quelle svolte, ma anche di aver prospettato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale, purché tali mansioni siano compatibili con l'assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito

dall'imprenditore. (Cass. 13/8/2008 n. 21579, Pres. Senese Est. Bandini, in Lav. nella giur.

2008, 1273)

7. E' illegittimo il licenziamento intimato in ragione della soppressione di un settore lavorativo che, per contro, nei fatti, continua a venire impiegato dalla società, utilizzando in parte gli stessi addetti e, comunque, tutti quelli precedentemente assegnati a tale mansione e organizzando l'attività lavorativa in modo pressoché identico a prima. (Trib. Milano 3/7/2008, Est. Beccarini Crescenzi, in Orient. giur. lav. 2008, 743)

8. Il licenziamento per motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva è scelta riservata all'imprenditore, quale responsabile della corretta gestione dell'azienda anche dal punto di vista economico e organizzativo, sichhé essa, quando sia effettiva e non

simulata o pretestuosa, non è sindacabile dal giudice quanto ai profili della sua congruità e

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opportunità (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, nel riconoscere l'effettività della scelta imprenditoriale di razionalizzare l'attività aziendale, aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato a una biologa addetta a un laboratorio di analisi, il cui posto di lavoro, a seguito della contrazione delle richieste concernenti l'attività del laboratorio - la quale attività, per detto motivo, si era concentrata in soli due giorni alla settimana - era stato soppresso, con assegnazione delle sue mansioni ad altra dipendente, in aggiunta a quelle da quest'ultima già svolte, senza che l'azienda avesse proceduto ad

assunzioni in sostituzione della lavoratrice licenziata). (Cass. 22/8/2007 n. 17887, Pres. De Luca Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2008, 190)

9. In tema di giustificato motivo oggettivo di licenziamento, tra la soppressione parziale del posto e il riassetto organizzativo dell'azienda mediante l'utilizzazione di altri dipendenti in servizio, non c'è un nesso di automatica e diretta consequenzialità, nel senso che la

valutazione del giustificato motivo oggettivo non si esaurisce nel riconoscimento

dell'autenticità, e non pretestuosità, della soppressione parziale, implicando, la soppressione parziale, una maggiore o minore attività residuale che il lavoratore licenziato potrebbe svolgere per il solo fatto che già la espletava in precedenza. Conseguentemente, il datore di lavoro può respingere la parziale utilità residuale della prestazione lavorativa riorganizzando l'attività produttiva con la redistribuzione delle mansioni tra altri dipendenti solo dopo che sia stata esclusa, per ragioni tecnico-produttive, la possibilità di espletamento, a opera del lavoratore solo parzialmente eccedentario, della parte di prestazione lavorativa liberatasi per effetto della parziale soppressione del posto ricoperto e quindi la possibilità di continuare a utilizzare, solo parzialmente, il dipendente nella stessa posizione lavforativa originaria, esclusione verificabile ove la prestazione del lavoratore non sia in concreto utilizzabile altrove in azienda ovvero in caso di indisponibilità, del lavoratore medesimo, a svolgere l'attività lavorativa residuata con rapporto part-time. (Cass. 16/3/2007 n. 6229, Pres.

Mercurio est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2007, con commento di Giorgio Mannacio, 790) 10. La domanda riconvenzionale proposta dal datore di lavoro per l'accertamento dei

presupposti di un futuro licenziamento per giustificato motivo oggettivo del dipendente - per l'ipotesi di reintegrazione dello stesso a seguito di pronuncia di illegittimità del

licenziamento intimato per giusta causa - è inammissibile, giacchè l'indagine in merito all'effettiva soppressione dell'a posizione lavorativa e alla possibilità di repechage deve essere effettuata in rapporto all'organizzazione aziendale esistente all'epoca del recesso e non può essere quindi effettuata preventivamente. (Trib. Milano 14/3/2007, Est. Di Leo, in D&L 2007, con nota di Sara Huge, "Simulazione della malattia e accertamenti giudiziari", 533)

11. È illegittimo il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo, a seguito di soppressione della unità produttiva allorquando sia documentato l’avvenuto trasferimento della ubicazione territoriale della stessa. Diversamente opinando si legittimerebbe il

licenziamento in relazione al mutamento del solo stabile all’interno del quale fosse collocata l’azienda o un ramo della stessa. (Trib. Milano 29/9/2005, Est. Di Leo, in Orient. Giur. Lav 2005, 929)

12. È giustificato il licenziamento di un dirigente avvenuto a seguito di una seria ed effettiva riorganizzazione aziendale. (Trib. Milano 1/4/2003, Est. Peragallo, in D&L 2003, 767) 13. Il controllo giurisdizionale del licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo,

consistente in un riassetto organizzativo che comporti la soppressione del posto di lavoro, è limitato alla verifica della reale sussistenza del motivo asserito dall'imprenditore, al quale, nell'esercizio della libertà di iniziativa economica garantita dall'art. 41 Cost., è riservata la scelta sulle modalità attuative del riassetto, senza che su ciò possa influire l'appartenenza dell'impresa ad un gruppo economico o societario, non potendo il lavoratore vantare diritti nei riguardi delle imprese del gruppo o con riferimento ai loro assetti produttivi. (Cass.

1/2/2003, n. 1527, Pres. Ciciretti, Rel. Rosselli, in Dir. e prat. lav. 2003, 1281)

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14. Il giudice non può sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, atteso che tale scelta è espressione di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost.; egli deve controllare solo la reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore. Di conseguenza non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti la effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, né essendo necessario ai fini della configurabilità del giustificato motivo oggettivo, che

vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato. (Corte d'appello Milano 23/7/2002, Est. Ruiz, in Lav. nella giur. 2003, 190)

15. In tema di giustificato motivo oggettivo di licenziamento, non è sindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo, del reparto o del posto a cui era addetto il dipendente licenziato,

sempreché risulti l'effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato. Tale principio si estende anche ai datori di lavoro non imprenditori, come il condominio, in forza dell'art. 1, l. n. 604/1966 (nella specie, era stato licenziato il portiere del condominio e la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva accertato la soppressione della posizione lavorativa del portiere organizzata secondo il modulo del rapporto di lavoro subordinato e l'affidamento, sucessivamente alla ristrutturazione dell'immobile, di un

servizio di custodia a una società). (Cass. 7/1/2002, n.88, Pres. Ianniruberto, Est. Mammone, in Riv. it. dir. lav. 2003, 108).

16. E' illegittimo il licenziamento di un lavoratore per giustificato motivo oggettivo qualora, pur essendo dimostrata l'avvenuta chiusura della sede periferica alla quale il dipendente era addetto, l'azienda abbia violato l'obbligo di repechage attraverso il contemporaneo

affidamento di mansioni analoghe presso la sede centrale ad un consulente esterno. (Trib.

Milano 20/12/2001, Est. Ianniello, in D&L 2002, 433, con nota di Andrea Bordone, " Unità produttiva e regime del licenziamento")

17. In tema di licenziamento, ai sensi dell'art. 3, l. n. 604/66, non sussiste un giustificato motivo oggettivo, quando risulti che il dipendente licenziato sia stato immediatamente sostituito con altro lavoratore adibito alle medesime mansioni, anche se apprendista e titolare di un salario inferiore a quello dovuto al primo; infatti, in tal caso il recesso non si inserisce in una diversa organizzazione aziendale intesa al mantenimento o al potenziamento del livello di produttività o di competitività dell'azienda, essendo invece unico obiettivo dell'imprenditore quello di conseguire un risparmio sulle retribuzioni al personale dipendente attraverso la sostanziale elusione degli obblighi contrattuali assunti nei confronti di questo. (Cass.

17/3/01, n. 3899, pres. Trezza, est. Dell'Anno, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 374) 18. Ai fini della configurabilità della ipotesi di soppressione del posto di lavoro, integrante -

nella impossibilità di una diversa collocazione del dipendente - il giustificato motivo oggettivo di recesso, non è necessario che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, nel senso della loro assoluta, definitiva eliminazione nell'ottica dei profili tecnici e degli scopi propri dell'azienda di appartenenza, atteso che le stesse ben possono essere soltanto diversamente ripartite e attribuite nel quadro del personale già esistente, secondo insindacabili e valide, o necessitate, scelte datoriali relative ad una ridistribuzione o diversa organizzazione imprenditoriale, senza che detta operazione comporti il venir meno della effettività di tale soppressione (Cass. 14/6/00, n.

8135, pres. Lanni, in Orient. giur. lav.2000, pag. 742)

19. L'interesse alla soppressione di un posto di lavoro in relazione all'obiettivo

ridimensionamento dell'attività produttiva e la legittimità del conseguente licenziamento per giustificato motivo oggettivo non vengono meno in riferimento alla circostanza che il lavoratore interessato si trovi in aspettativa non retribuita per espletamento di un mandato politico (Cass. 4/3/00, n. 2470, pres. De Musis, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 349 e in

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Riv. it. dir. lav 2000, pag. 676, con nota di Nappi, Svolgimento di funzioni pubbliche elettive e licenziamento per giustificato motivo oggettivo)

20. La soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore dall'atto dell'assunzione non determina, di per sé sola, la risoluzione del rapporto di lavoro, che infatti si realizza solo quando possa escludersi la possibilità di adibire il lavoratore ad altra attività equivalente (Trib. Milano 18 ottobre 1999, est. Martello, in D&L 2000, 218)

21. Mentre è consentito all'imprenditore procedere a licenziamento individuale, o collettivo, per dichiarata necessità di sopprimere posti di lavoro in esubero non è per contro legittima la decisione di espellere lavoratori in base alla semplice determinazione di sostituirli con altri addetti meno qualificati o meno costosi per l'azienda (Pret. Milano, sez. Cassano d'Adda, 8/1/96, est. Litta Modignani, in D&L 1996, 776)

22. Deve ritenersi illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo nel caso in cui le mansioni svolte dai lavoratori licenziati non siano state soppresse, ma siano state

semplicemente ridistribuite tra altri lavoratori (Cass. 24/6/95 n. 7199, pres. Mollica, est.

Simoneschi, in D&L 1996, 496, nota S. MUGGIA, Brevi osservazioni sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo)

23. In caso di licenziamento per soppressione del posto di lavoro, si deve escludere che la riorganizzazione del lavoro, da cui consegue il giustificato motivo oggettivo allegato, possa rispondere a esigenze di carattere soggettivo di un mero incremento del profitto

imprenditoriale, essendo invece necessaria la prova, che grava sul datore di lavoro, di una sfavorevole situazione congiunturale non contingente, che influisca in modo decisivo sulla normale attività e imponga un'effettiva esigenza di riduzione dei costi (Pret. Roma 23/3/95, est. Cocchia, in D&L 1995, 1054)

Sopravvenuta inidoneità fisica

1. Il datore di lavoro, prima di poter legittimamente licenziare il lavoratore divenuto inidoneo allo svolgimento delle proprie mansioni, deve verificare che non siano presenti nel proprio assetto produttivo altre mansioni – quand’anche inferiori – cui quest’ultimo può essere assegnato (c.d. “repechage”). Il lavoratore ha solo l’onere di allegare tale possibilità, mentre grava sul datore di lavoro la prova dell’inesistenza di tali mansioni. (Cass. 19/10/2012 n.

18025, Pres. De Renzis Rel. Venuti, in Lav. nella giur. 2013, 91)

2. L’inidoneità permanente rileva quale impossibilità della prestazione lavorativa anche se accertata senza ricorso alla consulenza tecnica d’ufficio (nella specie, relativa a un licenziamento di un infermiere seguito all’impossibilità sopravvenuta della prestazione derivante da una forma di permanente inidoneità psico-fisica del lavoratore, la Corte ha confermato la decisione dei giudici del merito che non avevano disposto alcuna CTU, atteso che, dalle risultanze probatorie in atti, emergeva con chiarezza che le condizioni di salute del lavoratore erano tali per cui egli avrebbe potuto svolgere solo mansioni aventi determinate caratteristiche, cioè di tipo sedentario, non stressanti e che non comportassero turni di notte;

la società datrice di lavoro aveva dimostrato l’impossibilità di reimpiegare il lavoratore in mansioni equivalenti a quelle di appartenenza o anche inferiori, ma compatibili con il suo stato di salute, nell’ambito dell’organizzazione aziendale. In questa situazione la richiesta CTU sarebbe stata una “formalità superflua”, in quanto finalizzata ad accertare dati che già emergevano con evidenza dalle risultanze istruttorie, in quanto non era in discussione

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l’esistenza di una generica residua capacità lavorativa del lavoratore). (Cass. 26/4/2012 n.

6501, Pres. Lamorgese Rel. Tria, in Lav. nella giur. 2012, 717)

3. Nel caso in cui il motivo del licenziamento consista nella inidoneità permanente del

lavoratore allo svolgimento delle mansioni per sopravvenuta infermità occorre anche fornire la prova dell’impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni inferiori, utilizzabili

dall’impresa secondo l’assetto organizzativo di essa insindacabilmente stabilito

dall’imprenditore. (Trib. Milano 24/1/2012, Giud. Tarantola, in Lav. nella giur. 2012, 412) 4. In tema di sopravvenuta inidoneità del lavoratore allo svolgimento delle mansioni assegnate,

il licenziamento disposto dal datore di lavoro va ricondotto, ove il lavoratore possa essere astrattamente impiegato in mansioni diverse, al giustificato motivo oggettivo ai sensi

dell’art. 3 l. n. 604 del 1966, con diritto al termine e all’indennità di preavviso, diversamente dall’ipotesi in cui la prestazione sia divenuta totalmente e definitivamente impossibile, senza possibilità di svolgere mansioni alternative, nel qual caso va ravvisata una causa di

risoluzione del rapporto che non ne consente la prosecuzione, neppure provvisoria ai sensi dell’art. 2119 c.c., ed esclusa l’applicabilità dell’istituto del preavviso; ne consegue, con riguardo allo speciale rapporto di lavoro di lavoro dei piloti, che in caso di inidoneità

permanente al volo resta preclusa al datore di lavoro la possibilità di disporre l’esecuzione di una prestazione lavorativa diversa – prevedendo il contratto collettivo di settore (art. 11), a favore del pilota dichiarato inidoneo, solamente un diritto di preferenza per le “nuove”

assunzioni del personale di terra – con conseguente immediata risoluzione del rapporto di lavoro senza attribuzione, in mancanza di un diverso riconoscimento nel contratto collettivo, dell’indennità di preavviso (nella specie, la Suprema Corte, in applicazione dell’anzidetto principio, ha cassato con rinvio la decisione impugnata, dovendosi accertare se, nel caso concreto, il contratto collettivo attribuisse l’indennità di mancato preavviso anche

nell’ipotesi di risoluzione del rapporto per inidoneità permanente al volo). (Cass. 29/3/2010 n. 7531, Pres. Roselli Est. Picone, in Orient. Giur. Lav. 2010, 474, e in in Riv. it. dir. lav.

2011, con nota di Federico D'Aiuto, "Impossibilità sopravvenuta assoluta nella prestazione nel settore della navigazione: risoluzione di diritto o recesso unilaterale", 3)

5. L'esercizio dell'iniziativa economica privata, garantita dall'art. 41 Cost., non è sindacabile nei suoi aspetti tecnici dall'autorità giurisdizionale, ma deve svolgersi nel rispetto dei diritti al lavoro (artt. 4, 35, 36 Cost.) e alla salute (art. 32 Cost., 2087 c.c.), con la conseguenza che non viola l'art. 41 cit. il giudice che dichiara illegittimo il licenziamento intimato per

sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni assegnate, senza che il datore di lavoro abbia accertato se il lavoratore potesse essere addetto a mansioni diverse e di pari livello, evitando trasferimenti di altri lavoratori o alterazioni dell'organigramma aziendale. (Cass. 13/10/2009 n. 21710, Pres. ed est. Roselli, in D&L 2009, 1058)

6. In caso di sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore alle mansioni, quand’anche il ricorso ai mezzi offerti dalle avanzate tecnologie sia in grado di eliminare i gravosi sforzi fisici nell’esecuzione di determinati lavori, non è configurabile un obbligo dell’imprenditore di adottarli per porsi in condizione di cooperare all’accettazione della prestazione lavorativa, che vada oltre il dovere di garantire la sicurezza imposto dalla legge. (Cass. 19/8/2009 n.

18387, Pres. Ianniruberto Est. Picone, in Orient. Giur. Lav. 2010, con nota di Benedetto Fratello, “Limiti all’obbligo di cooperazione del datore di lavoro in caso di sopravvenuta inidoneità psicofisica del lavoratore”, 441)

7. La sopravvenuta inidoneità psicofisica del lavoratore può giustificare il licenziamento solo se il datore di lavoro offre documentazione specifica che attesti la inidoneità stessa e dia prova di aver valutato correttamente la possibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni compatibili. (Trib. Ravenna 29/10/2007, ord., Giud. Riverso, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Stefano Tortini, 938)

8. In caso di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del dipendente allo svolgimento delle mansioni lavorative, il datore di lavoro è tenuto a dimostrare l'impossibilità di

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assegnare al lavoratore mansioni anche non equivalenti, a condizione che il lavoratore abbia, anche senza forme rituali, manifestato la propria disponibilità ad accettarle. (Cass. 6/3/2007 n. 5112, Pres. Mattone Est. Monaci, in D&L 2007, con nota di Andrea Bordone, "Inidoneità sopravvenuta della prestazione e repechage", 504)

9. È illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore a seguito di sopravvenuta inidoneità fisica o psichica a svolgere le mansioni affidategli, allorchè il datore di lavoro, cui incombe il relativo onere, non provi l'impossibilità di adibirlo a mansioni equivalenti e compatibili con le residue capacità lavorative, semprechè il rinvenimento di idonee mansioni non debba comportare una modifica dell'assetto organizzativo aziendale. (Trib. Firenze 4/7/2003, Est.

Nuvoli, in D&L 2004, con nota di Irene Romoli "Sopravvenuta inidoneità fisica del dipendente allo svolgimento delle mansioni affidategli: un giustificato motivo oggettivo di licenziamento", 170)

10. Ai fini della responsabilità ex art. 2087 c.c., il datore di lavoro, che abbia acquisito conoscenza della malattia del lavoratore, suscettibile, con valutazione prognostica, di probabile od anche solo possibile ingravescenza oltre i limiti della sua naturale evoluzione negativa, e perciò tendente all'inidoneità alla mansioni affidategli, in ragione delle modalità di espletamento delle stesse, è legittimato al licenziamento solo previo accertamento di fatto, insindacabile in sede di giudizio di legittimità, ove congruamente e logicamente motivato, della sopraggiunta incompatibilità del dipendente alle mansioni e quindi dell'impossibilità di mantenimento del posto di lavoro in relazione al pregiudizio, da valutarsi in termini di certezza o anche di rilevante probabilità di aggravamento delle sue condizioni di salute per effetto dell'attività lavorativa in concreto svolta (Cass. 13/12/00, n. 15688, pres.

Ianniruberto, est. Mazzarella, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 145)

11. In caso di impossibilità sopravvenuta parziale allo svolgimento della prestazione, sussiste il diritto del lavoratore ad essere assegnato a mansioni diverse ed equivalenti (semprechè sussistenti in azienda) ed anche inferiori, dietro manifestazione di consenso del lavoratore alla dequalificazione finalizzata alla salvaguardia del superiore interesse all'occupazione, per le cui richieste al datore di lavoro il lavoratore deve attivarsi precisando le residue attitudini professionali tali da rendergli possibile una diversa collocazione in azienda (nella fattispecie è stato anche ritenuto che il lavoratore certificato inidoneo alla mansione di operatore unico aeroportuale - caratterizzata intrinsecamente dall'attività di carico e scarico bagagli e zavorra - non può pretendere di permanere nella stessa mansione venendo esonerato dal compito principale e gravoso del carico e scarico, eliminabile eventualmente non già con mezzi e strumenti in dotazione dell'azienda ma con l'acquisto di mezzi ad hoc offerti dalle nuove tecnologie, non essendo configurabile un obbligo dell'imprenditore di adottarli per porsi in condizione di cooperare all'accettazione della prestazione lavorativa di soggetti affetti da infermità, che vada oltre il dovere di garantire la sicurezza imposta dal decreto legislativo n.

626/94) (Cass. 5/8/00, n. 10339, pres. Genghini, in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2083) 12. Nel caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore e di conseguente impossibilità

della prestazione lavorativa - che è un'ipotesi nettamente distinta dalla malattia del dipendente (anche essa causa di impossibilità della prestazione lavorativa) in quanto ha natura e disciplina giuridica diverse, atteso che, a differenza della malattia ( avente carattere temporaneo), essa ha, invece, carattere permanente o, quanto meno, durata indeterminata e indeterminabile - è ravvisabile un giustificato motivo di recesso del datore di lavoro ex artt.

3 L. n. 604/66, 1463 e 1464 c.c., indipendentemente dal superamento del periodo di comporto, soltanto quando la sopravvenuta incapacità fisica abbia carattere definitivo e manchi un apprezzabile interesse del datore di lavoro alle future prestazioni lavorative (ridotte) del dipendente (Cass. 14/12/99 n. 10465, est. Castiglione, in Riv. Giur. Lav. 2000, pag. 439, con nota di Valente, Lavoro a tempo parziale e periodo di comporto tra vecchia disciplina e nuove disposizioni; in D&L 2000, 359, n. Veraldi, Rapporto di lavoro a tempo parziale e periodo di comporto)

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13. Non è legittimo il licenziamento di una lavoratrice che abbia perso una parte della capacità lavorativa qualora risulti possibile al datore di lavoro modificare la propria organizzazione aziendale compatibilmente con le sopravvenute limitazioni della lavoratrice medesima;

infatti, non può ritenersi onere eccessivo e sproporzionato per l'azienda, tale da escludere l'obbligo del cd. repêchage, il sopraggiunto forzato minore rendimento della lavoratrice - dipendente da oltre vent'anni - e la conseguente necessità di sopperirvi con altra forza lavoro (Trib. Milano 26 ottobre 1999, est. Frattin, in D&L 2000, 219)

14. La sopravvenuta inidoneità fisica del dipendente allo svolgimento delle mansioni alle quali è addetto non integra una causa di risoluzione per sopravvenuta impossibilità della prestazione ai sensi degli artt. 1463 e 1464 c.c., se non nei limiti della configurabilità del giustificato motivo ex art. 3, L. 15/7/66 n. 604, e quindi a fronte dell’onere gravante sul datore di lavoro di allegare e dimostrare l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altra attività riconducibile alle mansioni già svolte o ad altre equivalenti o, se ciò è impossibile, ad altre inferiori, compatibilmente con l’assetto organizzativo dell’impresa (Cass. 7/8/98 n. 7755, pres. La Torre , est. Roselli, in D&L 1998, 1029)

15. Deve ritenersi illegittimo il licenziamento comminato al lavoratore per presunta inidoneità fisica allo svolgimento delle mansioni, nel caso in cui il datore di lavoro, in violazione degli artt. 2087 c.c. e 48 D. Lgs. 19/9/94 n. 626, abbia omesso di introdurre mezzi meccanici atti ad alleviare gli sforzi fisici del lavoratore (nella fattispecie il lavoratore non è stato

reintegrato nel posto di lavoro ex art. 18 SL, per intervenuto secondo licenziamento intimato per dichiarato superamento del periodo di comporto) (Pret. Monza, sez. Desio 15/12/97, est.

Di Lauro, in D&L 1998, 765)

Carcerazione

1. Anche nel caso di licenziamento intimato in ragione della custodia cautelare in carcere cui sia stato sottoposto il lavoratore, il datore di lavoro è tenuto al rispetto delle regole in

materia di licenziamenti disciplinari stabiliti dall’art. 7, legge n. 300 del 1970. (Trib. Milano 5/7/2005, Est. Peragallo, in Orient. Giur. Lav. 2005, 925)

2. L'art. 102 bis disp. att. cod. proc. pen., nel prevedere che chi sia stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere ovvero a quella degli arresti domiciliari ha diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro qualora venga pronunciata in suo favore sentenza di assoluzione, di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero venga disposto

provvedimento di archiviazione, presuppone che il licenziamento sia stato determinato in stretto rapporto di causalità con la detenzione, e cioè che il recesso del datore di lavoro sia fondato esclusivamente sul fattore obiettivo dello "status custodiae" del prestatore d'opera;

ne consegue che la citata disposizione non può dare titolo alla reintegrazione nel posto di lavoro qualora il licenziamento risulti, come nella specie, in via autonoma giustificato sulla base di elementi ulteriori rispetto alla mera assenza del lavoratore determinata da

provvedimento cautelare. (Nella specie, la S.C ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva accertato che il licenziamento era stato intimato al lavoratore sottoposto alla misura della custodia in carcere, sia per motivi disciplinari, e cioè per motivi riconducibili, in base al Ccnl applicabile, ad una giusta causa, sia per impossibilità sopravvenuta alla prestazione, ai sensi dell'art. 1464 c.c. e dell'art. 3 della legge n. 604/1966, e non anche per lo stato di detenzione al quale egli era stato sottoposto). (Cass. 1/4/2003, n. 4935, Pres.

Ciciretti, Rel. Stile, in Dir. e prat. lav. 2003, 1989)

(17)

3. Stante il principio della immutabilità dei motivi di recesso, non è consentito al datore di lavoro che abbia comminato un licenziamento disciplinare dedurre in giudizio, quale ulteriore motivazione del licenziamento, la carcerazione preventiva del dipendente. La carcerazione preventiva per fatti estranei allo svolgimento del rapporto non costituisce inadempimento contrattuale, ma integra un fatto oggettivo determinante l'oggettiva

impossibilità sopravvenuta della prestazione, il cui rilievo deve essere valutato alla stregua dei criteri oggettivi di cui all'art. 3 L. 15/7/66 n. 604 con relativo onere probatorio a carico del datore di lavoro (nella specie il giudice ha ritenuto una carenza di organico non riferita a singole qualifiche e l'intervenuta assunzione in corso d'anno di 80 nuovi addetti non fosse sufficiente a dimostrare il venire meno dell'apprezzabile interesse alla prosecuzione della prestazione dopo una carcerazione preventiva durata tre mesi). (Trib. Livorno 17/9/2002, in D&L 2003, 411)

4. La disposizione prevista dall'art. 102 bis disp. att. c.p.p., quale introdotto dall'art. 24 L.

8/8/95 n. 332 - secondo cui chiunque sia stato licenziato perché sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere ovvero degli arresti domiciliari ha diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro in caso di sentenza di assoluzione, di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero di provvedimento di archiviazione - non ha inciso sulla disciplina della legittimità del licenziamento, bensì soltanto sulle sue conseguenze essendo stato

riconosciuto il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro; né sulla legittimità del

licenziamento, fondato esclusivamente sul protrarsi dell'impossibilità da parte del lavoratore di rendere la sua prestazione, può incidere il successivo accertamento dell' ingiustizia della carcerazione preventiva (Cass. 2/5/00 n. 5499, pres. Trezza, est. Lupi, in Orient. Giur. Lav.

2000, pag. 492 e in Dir. lav. 2001, pag. 20, con nota di Pozzaglia, La reintegrazione del lavoratore licenziato per ingiusta detenzione)

5. Deve essere accolta l'istanza di reintegrazione ex art. 700 c.p.c. nel posto di lavoro di una lavoratrice licenziata a seguito di arresto per fatti estranei all'attività lavorativa convalidato con ordinanza del Gip, cui ha fatto seguito la concessione degli arresti domiciliari con autorizzazione ad assentarsi dall'abitazione per riprendere la propria attività lavorativa (Trib.

Milano 21 febbraio 2000 (ord.), est. Mascarello, in D&L 2000, 460)

6. La carcerazione preventiva del lavoratore per fatti estranei al rapporto di lavoro non costituisce inadempimento di obblighi contrattuali, ma integra un fatto oggettivo che determina una sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione lavorativa, in relazione alla quale la persistenza nel datore di lavoro dell'interesse a ricevere le ulteriori prestazioni del dipendente detenuto deve essere valutata secondo criteri obiettivi, a norma dell'art. 3, seconda parte, L. 15 luglio 1966, n. 604, cioè con riferimento alle esigenze dell'azienda, da valutarsi con giudizio ex ante e non già ex post. Si dovrà cioè tener conto delle dimensioni dell'azienda stessa, del tipo di organizzazione tecnico-produttiva in concreto attuata, della natura e importanza delle mansioni del lavoratore detenuto, della durata ragionevolmente prevedibile della custodia cautelare, della possibilità di affidare temporaneamente ad altri dipendenti i compiti da lui svolti senza ricorrere a nuove

assunzioni e, più in generale, di ogni altra circostanza rilevante ai fini della determinazione della misura della tollerabilità dell'assenza (nella specie, è stata cassata la sentenza del Tribunale di Salerno 7 febbraio 1997, per avere i giudici di merito compiuta la valutazione sull'impossibilità sopravvenuta della prestazione con giudizio ex post, e non già ex ante e per avere essi suggerito, in aperta violazione dell'art. 2103 c.c., l'opportunità di adibire il lavoratore anche a mansioni inferiori a quelle di assunzione o alle ultime effettivamente svolte, ovvero di avvicendare più lavoratori su una qualifica superiore, allo specifico fine che nessuno di loro potesse effettivamente acquisirla) (Cass. 1/9/99, n. 9239, in Riv. It. Dir.

Lav. 2000, pag. 547, con nota di Borzaga, In tema di carcerazione preventiva del lavoratore e giustificato motivo oggettivo di licenziamento)

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