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Ontologia sociale del denaro in “Philosophie des Geldes” Il denaro come oggetto sociologico

La relazione come scambio

2.1. Ontologia sociale del denaro in “Philosophie des Geldes” Il denaro come oggetto sociologico

Nel capitolo dedicato all’analisi economica che vive la società trans-moderna (Donati 2013: 92), Donati – utilizzando una metodologia relazionale secondo lo schema AGIL – offre un prospetto esemplificativo per chiarire i due assetti fondamentali e paradigmatici entro i quali si muove l’economia:

Società moderna Società trans-moderna

A (mezzi) Denaro = moneta (currency) Denaro ≠ moneta (il denaro diventa titolo d’accesso a beni e servizi senza equivalenti monetari; la novità sta nel fatto che i titoli vengono erogati dalla società civile, e non dal

complesso Stati/Mercato) G (scopi) L’unico vincolo di scopo posto al

denaro è che procuri altro denaro

Vengono posti dei vincoli di scopo al denaro (nelle sue varie forme, monetarie e non monetarie)

I (norme) L’impresa ha solo una responsabilità sociale interna verso i dipendenti

L’impresa ha una responsabilità anche verso l’esterno (gli

stakeholders della comunità)

L (valori) I motivi di valore sono individualistici, strumentali, acquisitivi

I motivi di valore sono relazionali (ispirati alla

sussidiarietà&solidarietà per produrre beni comuni intesi come beni relazionali)

In questo paragrafo Donati dimostra come sia possibile mettere in relazione di reciprocità il sistema sociale e i cosiddetti “mondi vitali” in una possibile nuova configurazione societaria relazionale (Donati 2013: 93; Donati 2009). In altri termini, egli prova a indicare l’aspetto pratico che può avere un’analisi morfogenetico-relazionale nell’indagine dei fenomeni sociali della trans-modernità, nella misura in cui intende superare l’impasse del

dualismo e della logica binaria lib/lab nella direzione di una “logica relazionale”69 che rende più collaborative e interagenti le diverse sfere della società (Donati 2013: 95).

Come già sostenuto in un saggio su Tönnies e le categorie di Gemeinschaft e Gesellschaft, Donati ritiene che:

“Il «soggetto» di cui la sociologia deve trattare è qualcosa che non è né soltanto sistema né soltanto mondo vitale, ma l’uno e l’altro insieme: cioè relazione sociale, in quanto mediazione di soggetti che stanno dentro e fuori di essa” (Donati 1988: 232).

E le parole di Donati suonano in sintonia con quelle di Habermas che auspica un assetto in cui alla complessità sociale crescente si affianchi una soggettività razional-relazionale che non smarrisca le sue radici fondamentali con la Lebenswelt:

“Limitare la crescita della complessità monetario-amministrativa non equivale assolutamente a rinunciare a forme moderne di vita. Nei mondi vitali strutturalmente differenziati si forma un potenziale di ragione che non può essere ricondotto al concetto di crescita della complessità del sistema” (Habermas 1986: 48).

Nelle pagine che seguono s’intende analizzare il denaro dalla prospettiva simmeliana, accogliendo punti di forza e inevitabili contraddizioni interne, in maniera soprattutto non relativista, ma relazionale. La più immediata e forse pesante critica che Simmel dovette fronteggiare alla pubblicazione di Philosophie des Geldes fu proprio quella di aver eretto un monumento eterno al relativismo (sociale e soprattutto culturale). Non fu facile per il sociologo berlinese difendersi da queste critiche, e emblematica resta la testimonianza di una lettera indirizzata all’amico e collega Rickert datata 15 aprile 1917: a diciassette anni dalla pubblicazione di Philosophie des Geldes, che aveva segnato la posa della prima pietra della sua “filosofia della cultura”70 e del suo “relativismo” filosofico, emerge con estrema chiarezza e vigore il concetto di relazionismo:

“Ho il sospetto che lei mi ritenga in fondo uno scettico, la qual cosa è completamente errata. Certo ciò che molte volte si intende per relativismo non è molto diverso da quel che segue: che tutte le verità sono relative,

                                                                                                               

69 Nello schema relazionale proposto da Donati interagiscono in modo attivo la sfera dei beni privati

(denaro), la sfera dei beni pubblici (potere politico), quella dei beni relazionali secondari (associazioni) e quella dei beni relazionali primari (famiglia).

70 Gregor Fitzi individua in Simmel tre fasi dell’evoluzione interna della “filosofia della cultura”: 1) le

riflessioni sulla cultura oggettiva (tema che emerge a partire dalla Philosophie des Geldes); 2) il rapporto tra vita e forme, tema che si intensi- fica nel pensiero simmeliano a partire dall’Auseinandersetzung con la

Lebensphilosophie di Bergson; 3) analisi della modernità e pensiero della crisi (il pensiero maturo di Simmel)

che probabilmente sono errori, che l’intera morale è relativa, cioè che altrove ha altri contenuti, e simili banalità. Ciò che io intendo per relativismo è un’immagine metafisica del mondo assolutamente positiva ed è così poco scetticismo quanto il relativismo fisico di Einstein o di Laue [...]

Lei scrive: «Qualche verità può essere vera solo relativamente, ma che tutto ciò che è vero lo sia solo relativamente, è assurdo». Evidentemente dunque non ho chiarito ciò che io intendo per relativismo della verità. Ciò per me non vuol dire affatto che verità e non verità siano relative l’una all’altra; bensì che verità significa una relazione di contenuti l’uno con l’altro, nessuno dei quali possiede di per sé verità, proprio come nessun corpo è pesante per sé, ma solo nel rapporto reciproco dell’uno con l’altro” (Gassen e Landmann 1958: 118)

Köhnke adduce importanti e dettagliate argomentazioni in favore di una lettura “relazionista” e non relativista del pensiero simmeliano: impiegata originariamente in

Philosophie des Geldes come principio euristico nella teoria della conoscenza, quella della

relazione dinamica (Wechselwirkung) è una categoria che mette in relazione appunto soggetto e oggetto in una logica processuale, interattiva, aperta, rintracciabile tuttavia in

forme determinate (Köhnke 1996: 480 e ss.). Effettivamente l’interpretazione dominante

del pensiero simmeliano, nel panorama socio-filosofico novecentesco, ha autorizzato e legittimato una lettura più relativista che relazionista. La teoria simmeliana, da questo punto di vista, sembra avvicinarsi molto al paradigma “relazionale” di Pierre Bourdieu:

“Il campo del potere – scrive Bourdieu – (da non confondere con il campo politico) non è un campo come gli altri: è lo spazio dei rapporti di forza tra diverse specie di capitale, o, più esattamente, tra agenti abbastanza provvisti di una delle diverse specie di capitale da essere in grado di dominare il campo corrispondente, agenti le cui lotte si intensificano ogni volta che viene messo in discussione il valore relativo delle diverse specie di capitale (per esempio il «tasso di cambio» tra capitale culturale e capitale economico), ossia soprattutto quando qualcosa minaccia gli equilibri consolidati in seno al campo delle istanze specificamente deputate alla riproduzione del campo del potere” (Bourdieu 1984: 48).

Una sociologia davvero relazionale, che voglia intervenire in modo non relativistico, ma “relazionale”, quindi evidenziando le pratiche sociali in grado di produrre capitale sociale (per dirla ancora con Bourdieu) e soprattutto “beni relazionali”, affronta la questione del denaro da una prospettiva, per così dire, critica. Recupero un vecchio teorema della “teoria critica della società” di Horkheimer (già nel suo testo programmatico del 1937) (Horkheimer 1937), nella quale la teoria non si limita solo ad un elenco di enunciati (positivisticamente o analiticamente ordinati secondo una logica pragmatista) per spiegare (erklären) – nel senso delle scienze naturali – il tessuto del sociale, ma indica anche i nodi

di trasfigurazione del reale sociale stesso. Esiste un modo di considerare il denaro come lente per leggere le dinamiche e i fenomeni sociali che però non sia puro mezzo di una logica “economica”, ma elemento di una logica “relazionale”. Scrive Donati:

“Senza sostituire il denaro come moneta dello scambio economico, [la configurazione della società relazionale] evita che il denaro funga da strumento per la gestione del sociale; […] nella società relazionale la relazione conta più della moneta, anche negli scambi; la relazione può operare come opera il denaro quando è configurata come un titolo di accesso a beni e servizi” (Donati 2013: 38-39)71.

Questo breve cappello introduttivo è utile ai fini della comprensione delle analisi che seguono: quello che Simmel affronta in modo esemplare, capillare, ma – come vedremo – anche in modo ambiguo e non sempre coerente (rispetto alle sue stesse premesse teoriche) ha a che fare con una configurazione delle forme sociali e culturali della modernità che si danno in una cornice semantica e teorica che inerisce al “denaro” come simbolo supremo di comprensione di tali fenomeni. Quello che, tuttavia, Simmel non sviluppa nelle sue indagini è un contributo realmente critico e sociologicamente operativo: l’intuizione del denaro resta sullo sfondo di una “istantanea sub specie aeternitatis” di quello che per Simmel è l’essenza del moderno. Wechselwirkung come “scambiabilità pura” come reciprocità incondizionata, che mette in crisi la soggettività dell’uomo moderno sia dal punto di vista sociale che culturale. Non c’è diagnosi critica del tempo, né è accompagnata un’analisi specifica delle forme sociali con cui si dipana questa “reciprocità pura” e anonima del denaro: si tratta piuttosto di una sorta di profezia ben configurata e argomentata la quale prospetta (e legittima, per certi versi) l’ingresso nel mondo moderno dell’“uomo senza qualità”, per dirla con una locuzione di Musil non solo fortunata, ma vicina allo Zeitgeist simmeliano, e quella “solitudine del cittadino globale” abbozzata da Bauman nelle sue analisi della società a noi contemporanea.

Il discorso che qui ci interessa sviluppare (e che Bauman persegue) è proprio quello legato alla sfera dell’agency nella configurazione sociale della modernità e dopo-modernità. In altri termini, a partire da Simmel – e questo è un apporto innegabile che emerge dalle sue indagini sul denaro e sull’analisi socio-psicologica dell’individualità scandita dalle

                                                                                                               

71 Si tratta di una distanza siderale dalla posizione assunta da Luhmann, il quale, in una dimensione di analisi

che esalta la ricorsività e la circolarità sistemica e in una radicale rivisitazione del paradigma parsonsiano, sostiene che il “sistema economico” opera come sottosistema autopoietico secondo un’autonomia funzionale (Luhmann 1984). Questa è una delle radicalizzazione del discorso simmeliano sul denaro legato alla massimizzazione degli effetti legati alla logica dello scambio, alla considerazione cioè delle dinamiche socio- culturali animate e legittimate da una pura reciprocità che immanentizza le transazioni sociali.

cosiddetta “transazioni sociali moderne” (differenziazione funzionale della società) – la questione dell’agire individuale e la connessa possibilità di agire in modo libero all’interno di un contesto sociale dato (struttura) risultano elementi imprescindibili dell’analisi sociologica.

Come la monetarizzazione e la finanziarizzazione dell’esistenza siano diventate determinanti nella definizione dell’identità sociale individuale, la storia della sociologia contemporanea ha imparato ad apprenderlo a partire da Simmel. Gli esiti a cui giunge la riflessione simmeliana non sono dissimili dalla diagnosi baumaniana della società del XXI secolo. La libertà individuale propugnata dal mercato è vista da Bauman in maniera negativa: è intesa, cioè, come assenza di limiti e di costrizioni, come “deregolamentazione” (Deregulierung) (Junge e Kron 2014), come «riduzione, sul piano legislativo, dell’interferenza politica nelle scelte umane (meno Stato, più denaro in tasca)» (Bauman 2000: 77). Il mercato non è invece in grado di costruire una “libertà attiva fondata sulla ragione” – verrebbe da aggiungere “relazionale” – , strettamente connessa alla responsabilità individuale, atta a fungere da criterio di scelta e da guida per l’azione, una libertà che sappia coraggiosamente incidere sulla realtà ed elaborare il significato di bene

relazionale. La società del denaro è, dunque, quella configurazione sociale determinata

dall’incertezza del suo elemento costitutivo: incertezza, rischio, instabilità, crisi, fluidità dei contorni, indecidibilità sono i tratti caratteristici della dimensione sia esteriore che interiore72.

“Contrariamente a quanto suggerisce – continua Bauman – il supporto metafisico della mano invisibile, il mercato non persegue la certezza, né può evocarla, e tanto meno garantirla. Il mercato prospera sull’incertezza (chiamata, di volta in volta, competitività, flessibilità, rischio e ne produce sempre più per il proprio nutrimento” (Bauman 2000: 38).

Su questa linea si muove la diagnosi di Ulrich Beck che definisce la nostra come una

Weltrisikogesellschaft (Beck 2008), e poco cambia, rispetto allo spirito delle riflessioni

simmeliane, nella affatto rassicurante condizione umana descritta da Beck di rischio e incertezza supportata da politiche sbiadite nella loro identità profonda e costruite nel dare risposta ad una (presunta o reale) insicurezza sociale e individuale. Il contributo di Beck si

                                                                                                               

72 Archer e Donati sostengono che la cosiddetta “modernizzazione riflessiva” genera una radicale incertezza

inscrive nel solco della tradizione tipicamente tedesca di un Kulturpessimismus che rimanda alle lontanissime righe del Tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler.

Max Weber aveva effettivamente riscontrato nella Philosophie des Geldes il modello di una “penetrante, innovativa e provocatoria interpretazione degli effetti onnipervasivi della razionalizzazione nella società e nella cultura moderna” (Levine 1972)73.

Weber ha avuto, come è noto, nei confronti di Simmel un’ammirazione intellettuale innegabile, sebbene criticasse sostanzialmente la sua metodologia. È altrettanto innegabile il debito di Weber nell’elaborazione della tesi sostenuta in L’etica protestante e lo spirito

del capitalismo. Resta una critica teorica di fondo a Simmel, che ci interessa da vicino: nel

saggio del 1904/1905, Knies und das Irrationalitätsproblem, Weber rimprovera a Simmel di non aver distinto chiaramente tra Geldwirtschaft (economia materiale) e Kapitalismus (capitalismo). Weber era rimasto colpito da un passo particolarmente significativo da Il

capitalismo moderno (1902) di Werner Sombart, che integrava l’analisi simmeliana e

capovolgeva per certi versi il punto d’osservazione sul capitalismo della teoria marxiana:

“Il capitalismo è nato dal profondo dell’anima europea. Lo stesso spirito, da cui è sorto il nuovo Stato e la nuova religione, la nuova scienza e la nuova tecnica, crea anche la nuova vita economica. […]

L’economia capitalistica è tutto questo [aspirazione all’infinito, volontà di potere, spirito d’intrapresa], perché al centro del fine da cui è dominata non si trova una persona viva con i suoi bisogni naturali, ma una cosa astratta: il capitale. Nell’astrattezza dello scopo è insita la sua illimitatezza. Nel superamento della concretezza di tutti gli scopi individualistici è insito il superamento della sua limitatezza” (Sombart 1967: 173 e ss.).

Philosophie des Geldes segna un punto di svolta decisivo nel percorso di Simmel e nella

stessa parabola sociologica che sembra – solo apparentemente – interrompersi con la pubblicazione di questo volume. Mi sembra calzante l’intuizione di Lewis Coser il quale sostiene che si tratti di un volume in cui sono interconnesse tra loro la filosofia e la sociologia della cultura (Coser 1983): la produzione sociologica simmeliana e i suoi interessi, infatti, non si interrompono bruscamente per poi essere ripresi attorno agli anni di

Soziologie (1908). Pubblicata nel 1900 (stesso anno della morte di Nietzsche e della

pubblicazione di Interpretazione dei sogni di Freud), quest’opera cambia radicalmente il modo di fare filosofia e sociologia, perché inaugura una nuova stagione di pensiero per le scienze sociali.

                                                                                                               

73 Per un approfondimento del rapporto tra Weber e Simmel mi limito a segnalare Levine 1971; Scaglia 2010;

La ricerca simmeliana, improntata prevalentemente su temi di etica, s’innesta e s’intreccia a due nuovi programmi di ricerca: l’indagine sui fenomeni sociali (i processi di socializzazione e le forme sociali cui perviene l’azione reciproca) e l’analisi della società moderna (il fenomeno socio-culturale della modernità e il suo impatto sulla vita individuale). Philosophie des Geldes viene posta dalla critica simmeliana sostanzialmente nella fase detta “criticista-relativistica”: la definizione è di Michael Landmann (Landmann 1968). Si tratta di una rielaborazione della periodizzazione del pensiero simmeliano in tre fasi (fase “positivista”, “criticista” e “metafisica”) fatta da Frischeisen-Köhler (M. Frischeisen-Köhler 1920), Landmann ne aggiungerebbe una quarta “pantragistica”, legata cioè all’ultima produzione del filosofo prima della sua morte: sarebbe il periodo in cui Simmel elabora il celebre concetto di “tragedia della cultura”74.

Il mondo (sia nel senso empirico-naturalistico che sociale) non è così come appare. Nel saggio simmeliano Über eine Beziehung der Selektionslehre zur Erkenntnistheorie del 1896 troviamo scritto:

“[...] la conoscenza corretta della cosa non è effettuata per mezzo di un suo rispecchiamento diretto nello spirito [im Geist]; anche la verità non trova nel suo compimento e nel suo criterio un parallelismo metafisico con un assoluta obbiettività; la questione è quale sia allora il suo criterio, che tra tutte le rappresentazioni ha dichiarato l’una vera e l’altra falsa. Poiché non possono andare al di là di sé, deve esserci un rapporto

immanente tra di esse, una interna conformità, un’armonia della singola rappresentazione con la totalità della

concezione del mondo [Weltbildes]” (Simmel 1992b: 67).

Simmel opta per una teoria per così dire relazionale, nel senso che già pensava ad una soluzione di tipo funzionalistico-utilitarista (non senza echi evoluzionisti) della configurazione del mondo. La configurazione del mondo è sempre mediata da forme culturali e sociali (come avrà modo di chiarire nei suoi saggi dedicati al tema della cultura e delle sue manifestazioni). Più avanti, infatti, scriveva:

“Il dualismo tra il mondo come fenomeno, come esso esiste per noi in modo logico-teoretico, e il mondo inteso come quella realtà, che risponde al nostro agire pratico, è stato con ciò superato; anche le forme del pensiero, che producono il mondo come rappresentazione, sono state determinate da azioni e reazioni pratiche, che formano la nostra costituzione spirituale, non diversamente da quella fisica, secondo necessità

                                                                                                               

74 Per avere un’idea più dettagliata sulla periodizzazione delle pubblicazioni simmeliane si rimanda ai

seguenti studi: von Wiese 1910; Spykman 1925; Gassen e Landmann 1958; Mueller 1960; Freund 1981; Vanderberghe 1997 e Levine 1997.

evoluzionistiche” (Simmel 1992b: 74)75.

È un’idea che Simmel riprenderà molto tempo dopo per spiegare ad esempio il fenomeno dell’arte e della religione. Si tratta di due forme culturali (“oggetti culturali”), ovvero oggettivazioni dello spirito, che, nate da istanze per così dire soggettivistico- individualistiche, finiscono per orientare l’agire individuale come se da questo fossero estranee, avulse. Il mondo dell’arte – sostiene Simmel nel saggio del 1906 Die Religion – può rappresentare interazioni sociali o un simbolismo religioso attraverso dipinti o poesie; allo stesso modo, il mondo della religione può essere visto come veicolo per una trascendenza spirituale, ma anche essere rintracciato in forme di interazione sociale come ad esempio nel dono (Simmel 1995; Levine 2010).

L’intuizione fondamentale di Simmel, che si staglia sullo sfondo di Philosophie des Geldes – e che dovrebbe spiegare le dinamiche poco sopra menzionate – è che l’interazione sociale (che regge tali meccanismi) debba considerarsi alla stregua dello scambio economico, quindi in termini di “denaro”. Le forme personali sono quindi sostituite da relazioni impersonali, che sono limitate ad uno scopo specifico (riconducibili quindi ad una forma di

agire strumentale). Il “denaro”, in questi termini, accrescerebbe la libertà personale e

favorirebbe la differenziazione sociale: diventa il simbolo della razionalizzazione, della calcolabilità e dell’impersonalità (Coser 1983: 306 e ss.).

La società moderna è pienamente simboleggiata dal denaro («questo Dio della società moderna» apostrofa Moses Hess), l’incarnazione del mezzo divenuto fine e valore in sé (temi centrali del’opus magnum di Simmel). L’economicizzazione delle categorie teoretiche è una delle operazioni fondamentali nella riflessione simmeliana, che muove verso uno sposamento o, se si vuole, una commistione e convergenza di argomenti propriamente filosofici con temi e metodi d’approccio economico-sociali76. La filosofia del                                                                                                                

75 Si tratta di nuovi orizzonti per Simmel provenienti dall’evoluzionismo, dalla neuro-fisiologia,

dall’etnologia e dalla nascente psicologia scientifica, mostrando ad un tempo la necessità di svecchiare sia la metodologia che il linguaggio filosofico. Tutto ciò emerge a chiare lettere, per esempio, in un articolo pubblicato anonimo nel febbraio del 1897 da Simmel sulla rivista «Jugend» (nella quale si contano anonimi e con pseudonimo o con la sigla G. S. una trentina di interventi (Rammstedt 1991: 127 e ss.); dal titolo, che non a caso richiama Nietzsche, Jenseits der Schönheit: l’idea di una bellezza trascendente, appartenente ad un ordine ideale del pensiero, viene criticata attraverso l’utilizzo, ancora una volta, del concetto di “funzionalità”; il bello viene a perdere la sua “aura”, per dirla con Benjamin, e perde sia valore che dignità ideali; il principio e il rigore scientifico utilizzato sobriamente da Nietzsche in campo morale in Al di là del

bene e del male (1886), viene applicato da Simmel in campo estetico. Cfr. G. Simmel [anonimo], Jenseits der Schönheit, in «Jugend», 2, 1897 ora in G. Simmel, Miszellen, Glossen, Stellungnahmen, Umfrageantworten, Leser- briefe, Diskussionbeiträge 1889-1918. Anonyme und pseudonyme Veröffentlichungen 1888-1920,

GSG 17, Suhrkamp, Frankfurt am Main 2004, p. 234.

76 Il contributo della Philosophie des Geldes costituisce per Blumenberg un fallimentare tentativo di

denaro non è numismatica, ma economica nel senso delle logiche legate non tanto alla moneta e alla sua storia, quanto agli interessi legati alla funzione valoriale svolta, alla funzione di scambio, alla flessibilità d’approccio e alla relazionabilità tra ambiti differenti, che il denaro ha il potere di strutturare e attuare.

Restando in questo ordine di idee e coerentemente a questo linguaggio, il riferimento alla

teoria dello scambio sociale è inevitabile. Mi riferisco in particolare a Homans e al primo

Blau che hanno contribuito sensibilmente alla formulazione di un modello teorico basato sullo scambio sociale. I due autori in momenti differenti (Homans 1958; Blau 1964), ma nella stessa atmosfera culturale (il dibattito accademico-scientifico di New York degli anni ’60), propongono un modello che a Simmel fa inevitabilmente riferimento. Mi pare emblematico il caso, in particolare, di Homans che, nel saggio Social Exchange and

Behavior, dedichi le primissime righe proprio a Simmel, onorandone la memoria non solo

da un punto di vista formale, ma sostanziale, ovvero nella trattazione sistematica del tema dello scambio (Homans 1958: 597).

Lo scambio sociale è visto come un sistema di reciprocità, basato su “obblighi non