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Le opere edilizie incongrue nelle disposizioni regionali lombarde per il

CAPITOLO 14. La delocalizzazione delle opere incongrue presenti in contesti agricoli e di

14.4 Le opere edilizie incongrue nelle disposizioni regionali lombarde per il

14.4.1 La legge regionale 31/2014

Come anticipato, la Regione Lombardia è intervenuta nel 2014 su questo tema nell’ambito della legge regionale sul consumo di suolo (L.R. 31/2014) finalizzata non solo ad una riduzione delle previsioni di nuova urbanizzazione (in particolare quelle legate agli ambiti di trasformazione dei Documenti di Piano dei PGT), ma anche alla rigenerazione dell’ambiente costruito (attraverso interventi urbanistico-edilizi abbinati a iniziative sociali) e, appunto, al recupero del suolo impermeabilizzato; infatti, la norma riconosce all’articolo 4 comma 919 il problema dell’esistenza nel territorio lombardo di opere edilizie incongrue presenti nel territorio agricolo e negli ambiti di valore paesaggistico per le quali prevedere

19 L’articolo non era previsto nella versione iniziale del progetto di legge di iniziativa del Presidente della Giunta Regionale ‘PDL 140’; è stato inserito attraverso il sub-emendamento 1287, recuperando quanto proposto dall’articolo 8 del ‘PDL 156’ di iniziativa consiliare.

volontari interventi di demolizione dei manufatti e contestuale ri-permeabilizzazione e recupero ambientale del suolo.

La L.R. 31/2014 attribuisce ai comuni la facoltà di identificare nell’ambito dei rispettivi piani di governo del territorio e sulla base di criteri definiti dalla Giunta regionale, le opere edilizie incongrue da demolire a fronte del riconoscimento di diritti edificatori dimensionati secondo criteri stabiliti dal piano stesso. I diritti edificatori così riconosciuti sono utilizzabili in opportuni ambiti individuati dal piano di governo del territorio entro il tessuto urbano consolidato. La legge precisa l’esclusione da tali previsioni degli edifici non norma con i permessi previsti dalla legge nonché, evidentemente, di quelli sottoposti a specifica tutela; inoltre nel caso di edifici ad uso agricolo, essi devono essere dismessi da almeno cinque anni per poter essere considerati nel ‘censimento’ delle opere incongrue.

Successivamente, con la legge regionale n. 4 del 15 marzo 2016, è stata data la possibilità di applicare i meccanismi di trasferimento dei diritti edificatori, anche per la mitigazione del rischio idrogeologico.

14.4.2 I Criteri per l’identificazione nei piani di governo del territorio delle opere edilizie incongrue

Per dare attuazione alle disposizioni normative, nel novembre del 2016, la Giunta Regionale ha approvato il documento recante “Criteri per l’identificazione nei piani di governo del territorio delle opere edilizie incongrue presenti nel territorio agricolo e negli ambiti di valore paesaggistico” (D.g.r.

18 novembre 2016 - n. X/5832).

- Per orientare l’operato dei comuni, la prima questione affrontata dai Criteri è stata quella di definire l’oggetto, ovvero la definizione di incongruità.

o Nell’esperienza dell’E-R questo aspetto si era rivelato da subito piuttosto critico, in quanto legato a componenti considerate piuttosto soggettive (per approfondire vedi Claser, 2003). Nel caso lombardo, il campo della valutazione viene ristretto al solo territorio agricolo o negli ambiti di valore paesaggistico sin dalla legge stessa – escludendo quindi i più problematici tessuti storici o consolidati, anche perché non coerenti con le finalità della legge - e si dichiara come con opere incongrue si intenda

“riferirsi in particolare alle opere edilizie esistenti […] che, per impatto visivo, dimensioni planivolumetriche o caratteristiche tipologiche e funzionali, rappresentino un’evidente alterazione negativa e permanente (detrattori ambientali) dell’integrità e dell’identità storica, culturale e paesaggistica dei luoghi”. Nel box che segue tale definizione entra ulteriormente nello specifico, precisando, ad esempio, che l’incongruità può essere dovuta a varie forme di interferenza quali la localizzazione in prossimità dei corsi d’acqua o in aree a pericolosità geologica e idrogeologica, o la localizzazione entro gli elementi di primo livello, i corridoi e i varchi della rete ecologica regionale, provinciale o comunale; oppure l’incongruità può essere valutata in relazione al conflitto con il sistema irriguo e la strutturazione del territorio agricolo (siepi e filari, orditura dei campi, sistema di parcellizzazione). Attraverso una lista

di rischio – si forniscono quindi utili elementi per orientare la valutazione da parte dei tecnici comunali e degli estensori dei piani.

- Il secondo aspetto che viene trattato dal documento riguarda il dimensionamento e l’atterraggio dei diritti edificatori riconosciuti come compensazione urbanistica.

o Viene sollecitata l’attenzione dei comuni verso la considerazione che i diritti volumetrici generati dalla demolizione delle opere incongrue debbano rientrare nel conteggio complessivo del dimensionamento del piano comunale, ovvero che debbano confrontarsi con il fabbisogno insediativo stimato e con l’eventuale necessità di incrementare la dotazione di servizi e infrastrutture. Viene ribadita l’importanza di ricollocarli in ambiti interni al tessuto urbano consolidato, privilegiando localizzazioni quali gli ambiti di rigenerazione urbana o le aree limitrofe alla mobilità pubblica. Come nel testo della legge non si fa riferimento all’obbligo di cessione pubblica dell’area ripristinata, né alla destinazione urbanistica che gli dovrà essere assegnata, ma il documento approvato dalla Giunta sottolinea l’obbligo di trascrizione dei diritti volumetrici generati dalla demolizione delle opere incongrue nel registro delle cessioni dei diritti edificatori; più precisamente, in esso sono da annotare il rilascio dei certificati attestanti l’attribuzione di diritti edificatori e l’avvenuto utilizzo degli stessi.

o Infine, i Criteri individuano alcuni aspetti che i Comuni possono utilizzare per dimensionare la quantità di diritti edificatori da riconoscere ai proprietari, con un’impostazione abbastanza analoga a quelle precedentemente illustrate e proposta dal DiAP (2011) e dalla legge Veneto 2050; inoltre, il documento regionale propone ai Comuni di prevedere eventuali incentivi per gli interventi che contemplino una gestione attenta dei materiali da demolizione prodotti (prevedendone in particolare la selezione e l’avvio a recupero) o che contemplino, oltre al rispristino ambientale dei suoli, anche proposte di riqualificazione e valorizzazione delle aree interessate (ad es.

la rinaturalizzazione dei luoghi, il recupero di manufatti di pregio storico-architettonico presenti nell’area, ecc.).

- L’ultima questione affrontata dai Criteri concerne il ripristino ambientale dei suoli. L’obbiettivo della Regione è quello di stimolare i comuni a considerare ogni intervento di demolizione non tanto e soltanto come un’operazione di eliminazione di un detrattore e conseguente generazione di un miglioramento estetico-visuale locale, per quanto in sé significativo, ma piuttosto come un tassello di un più ampio progetto di ridisegno del contesto volto all’implementazione della rete ecologica e/o della rete verde, alla valorizzazione delle aree di pregio ambientale, alla ricostruzione/consolidamento del paesaggio agrario, alla riqualificazione fluviale e alla sua messa in sicurezza.

14.4.3 Il PTR integrato ai sensi della L.R. 31/2014. I criteri per la Carta del consumo di suolo del PGT

La questione delle opere incongrue è stata affrontata anche dai documenti che hanno integrato il vigente PTR per adeguarlo alla L.R. 31/2014, più precisamente, da Criteri per l’attuazione della politica di riduzione del consumo di suolo. Tale documento, con il fine di tutelare il sistema rurale e il suolo agricolo, sollecita gli enti locali (nel momento della redazione dei propri strumenti di pianificazione) a

“promuovere il riutilizzo o la demolizione degli immobili dismessi e/o la demolizione delle opere edilizie valutate come incongrue (ai sensi della delibera di giunta redatta in conformità del comma 9 dell’art.4 della L.R. 31/14) che possono costituire elementi di degrado, disciplinando con attenzione la riqualificazione/permeabilizzazione dei suoli recuperati a seguito della demolizione delle opere/volumi incongrui, anche in considerazione del progetto di rete ecologica/rete verde comunale” (pag. 33).

Oltre a ciò, i criteri che vengono forniti per elaborare la Carta del consumo di suolo del PGT sembrano orientare i comuni verso il riconoscimento delle opere edilizie incongrue come aree della rigenerazione in quanto presentatati la seguente caratteristica: “e) aree esterne o ai margini del TUC/centro edificato abbandonate o usate impropriamente (tra le quali cave cessate non recuperate, aree residuali di infrastrutture, aree ad usi impropri rispetto ai vincoli di parco o altri vincoli di natura ambientale e paesistica, ecc.)”; se riconosciute come tali devono poi essere classificate come “aree che in considerazione della specifica collocazione territoriale, situazione ambientale e caratteristiche precipue, anche in seguito alle modificate condizioni del contesto urbanistico non risultano mostrare condizioni adeguate alla loro rigenerazione edilizia, affacciando piuttosto un’opportunità di ricostruzione di ecosistemi e rinaturalizzazione dell'ambiente, anche con finalità di ricomposizione del paesaggio rurale e rimboschimento” così da distinguerle dalle aree della rigenerazione destinate, invece, ad essere riutilizzate.

Dunque, se il tema delle opere edilizie incongrue, così come evidenziato dalla L.R. 31/2014 e dalla connessa D.G.R., fosse passato inosservato ai comuni lombardi, la sua ritrattazione nei Criteri – da consultare necessariamente per la costruzione della Carta del consumo di suolo – dovrebbe spingere i Comuni verso la considerazione di questa problematica così da individuare opportune strategie nei propri strumenti.