• Non ci sono risultati.

L'inizio del processo, i personaggi e l'ambasciata francese a metà del XVI secolo

2.4 L'ordine di arresto

Il 19 agosto parte l’ordine di arresto nei confronti dei Cavazza e di Agostino Abondio, gli Inquisitori mandarono fuori dalla sala del Consiglio tutti i segretari e il Cancellier Grande69,

che sembrava essere in qualche modo imparentato con il Cavazza. Il manoscritto presente in marciana poi annota una dettaglio interessante: «Al Cancellier grande, et ai secretarii parve molto nuovo esser mandati fuori dal Consiglio, ma bisognò aver pazienza70». Solitamente non

si era nuovi a fare uscire persone dei vari organi di governo, soprattutto durante le votazioni. Basti vedere la formula “fora papalistas71” che prevedeva l’esclusione da ogni assemblea della

Repubblica di tutti coloro che avessero qualche legame di parentela con il pontefice o il clero, nel caso si discutesse di questioni inerenti alla Chiesa o al papato. Vennero addirittura costituiti appositi elenchi a partire dal 14 luglio del 1410. La questione era simile per quanto riguardava la giustizia penale: nel momento in cui si formava il tribunale o il collegio che avrebbe dovuto condurre e presiedere il processo, nessuno dei membri presenti avrebbe dovuto essere in alcun modo collegato alle famiglie imputate, cosa che poteva accadere spesso in vista la dinamicità delle cariche veneziane. Essendo le cariche a vita solamente due, il doge e il Cancellier grande, le altre cariche avevano durate brevi, spesso di un anno, il che garantiva alle famiglie patrizie buone possibilità di inserirvisi a rotazione.

Che venissero fatti uscire i segretari e il Cancellier Grande72 non era mai successo, e la cosa

aveva destato sicuramente una certa dose di preoccupazione. Vista però la natura del processo e soprattutto che gli imputati facevano parte della segreteria, non si poteva fare altrimenti. Non c’erano prove infatti che gli altri segretari fossero innocenti e non fossero al corrente di questi passaggi di informazioni.

Oltre a questo « li secretarii, et il Cancellier grande fossino trattenuti per quella notte in Palazzo, e poi la mattina si fazia qualche resoluzione73».

69 Secondo la cronologia riportata in: “A. Da Mosto, L’archivio di Stato di Venezia, Biblioteca d’arte editrice,

Roma, 1937” il Cancellier Grande in carica dovrebbe essere Andrea de Franceschi, in carica dal 17 settembre 1529 al 20 gennaio 1551

70 Successi de secretarii del Conseglio de Dieci et de Pregadi che rivelarono li secreti al Signor Turco l’anno 1542,

in BNM, ms. It., cl. VII, 2579 (12471) pp. 3

71 Letteralmente: “fuori i papalisti”

72 Ad oggi non è noto alcun caso di tradimento del Cancellier Grande dalla sua istituzione sino alla caduta della

Repubblica

73 Successi de secretarii del Conseglio de Dieci et de Pregadi che rivelarono li secreti al Signor Turco l’anno 1542,

34

Si ritenne saggio quindi trattenerli una notte all’interno del palazzo ducale, in una delle prigioni, e a mio parere anche interrogati, in attesa di decidere il da farsi. Non abbiamo però notizie sulla colpevolezza di alcuno di questi. La mattina infatti vennero rilasciati e si poté procedere con il processo.

L’incaricato di formare il processo fu dato al segretario dei Pregadi Nicolò Gabrieli, su ordine dei tre “Inquisitori sopra il propalar de li secreti”, di cui abbiamo i nomi: Sebastiano Foscarini, Stefano Tiepolo e Francesco Morosini74.

Tra la sera del 19 agosto e il 20 agosto viene inviato il Capitan Grande75 e un numero

imprecisato di uomini, alle abitazioni degli accusati, con l'ordine di prelevarli e portarli, anche con la forza, al Palazzo Ducale per interrogarli. Il primo da cui si andò fu Costantino Cavazza, ma quando gli armati entrarono in casa sua trovarono un’amara sorpresa: non solo Costantino non era presente, ma il giorno precedente aveva venduto ciò che possedeva di prezioso in casa agli ebrei76 del ghetto della città, ed era fuggito con l’aiuto di qualcuno. Per ora non fecero altro

se non sequestrare tutti i documenti che trovarono in casa e prendere il resto dei suoi beni rimanenti.

Ci si recò poi a casa di Nicolò Cavazza, e nemmeno questi fu trovato nella sua abitazione, questa volta però per motivi differenti, era a cena da suo fratello Giacomo:

« Lo stesso si fece a Nicolò Cavazza, il quale non fu ritrovato in casa, essendo a cena con suo fratello Giacomo; et essendo pervenuto l’avviso a quella casa, che li officiali erano nella sua per ritenerlo con tutto, che fosse pregato dal fratello di absentarsi, non lo volse fare in modo alcuno, dicendo, di non aver fatto male; et andò alla sua casa, et incontrò li ufficiali, che avevano già tolto le scritture, e fu ritenuto77»

Da queste righe emerge che Nicolò Cavazza si presentò volontariamente dagli uomini del Capitan Grande, guadagnandosi così il diritto di potersi difendere, cosa che chi si fosse

74 Ibid.

75 Il Capitan Grande è il capo degli sbirri, ovvero la "polizia" alle dirette dipendenze del Consiglio dei Dieci, che si

occupa di mantenere l'ordine pubblico in città. Questa figura acquisterà sempre più potere dalla fine del Cinquecento, divenendo uno strumento per combattere lo spionaggio, assumendo dei confidenti che

riferiscono a lui direttamente. Dal settembre del 1578 la sua autorità viene riformata, trasferendo sotto di lui i capitani minori (capitani delle barche) e si stabilisce che dovesse sempre indossare l'abito di colore scarlatto detto "Cremisin". Per approfondimenti sulla carica e sui confidenti vedere: Povolo, Claudio. La stanza di Andrea Trevisan, 2018, pp. 6-7; e Preto, Paolo. I servizi segreti di Venezia, 2016, pp. 193

76 Successi de secretarii del Conseglio de Dieci et de Pregadi che rivelarono li secreti al Signor Turco l’anno 1542,

in BNM, ms. It., cl. VII, 2579 (12471) pp. 5

35

presentato in ritardo o fosse fuggito non avrebbe avuto. Afferma inoltre di non aver compiuto alcun crimine contro la Serenissima.

Gli ufficiali procedettero come nel caso del fratello Costantino, sequestrando tutti i documenti in suo possesso, e scortandolo fino alle prigioni del Palazzo Ducale. Nessun provvedimento fu invece preso nei confronti del terzo fratello, Giacomo Cavazza, che pur avendo invitato Nicolò a fuggire, non viene perseguito. In aggiunta, il suo nome non compare in alcuno degli atti del processo.

36