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Gli organi della procedura fallimentare e i loro poter

L’intervento di riforma, come già accennato nel precedentemente, ha attuato una profonda modifica sugli assetti e i rapporti degli organi fallimentari: si ha una maggiore valorizzazione di taluni organi quali il curatore e il comitato dei creditori e una maggiore funzione di garanzia da parte del giudice delegato e del tribunale. Su tale premessa si sviluppa il presente paragrafo.

94 La decisione del curatore è soggetta all’autorizzazione non più del giudice delegato bensì del

comitato dei creditori, ed è questo un punto qualificante del nuovo assetto dei rapporti tra gli organi della procedura e del ruolo rilevante attribuito dalla riforma ai rappresentanti dei creditori.

95 Questo principio generale, che in passato veniva desunto dalla interpretazione

giurisprudenziale; con esclusione dei contratti per i quali il legislatore espressamente prevedeva lo scioglimento o il subingresso automatico del curatore per effetto del fallimento, è ora affermato espressamente dall’art. 72 1° comma. La stessa soluzione è estesa anche al contratto preliminare, anche qui confermando le soluzioni già accolte in passato dalla giurisprudenza, con esclusione di quanto previsto dall’art. 72 bis per i contratti riguardanti gli immobili da costruire. MAFFEI ALBERTI A., “Commentario breve alla legge fallimentare”, ed. Cedam, Padova, 2000,

pag. 282 e segg.

Il complesso degli organi97 preposti al fallimento, forma l’ufficio fallimentare98 nel quale si concentrano i soggetti dotati di particolari funzioni attribuite dalla legge, al fine di raggiungere gli obiettivi propri della procedura fallimentare, ossia l’amministrazione del patrimonio del fallito, l’accertamento dello stato passivo, la liquidazione dell’attivo fallimentare, e da ultimo, la distribuzione del ricavato tra i creditori insinuati nella procedura, tale ufficio è composto dal tribunale fallimentare, il giudice delegato, il curatore fallimentare ed il comitato dei creditori.

In questo paragrafo andrò ad illustrare quali sono i poteri e doveri degli organi fallimentari, ad eccezione della figura del curatore fallimentare, alla quale ho riservato la stesura del prossimo capitoli “Il ruolo del curatore fallimentare”.

A) Il tribunale:

Il tribunale fallimentare è “il tribunale che ha dichiarato il fallimento, e che quindi ha instaurato la procedura”; esso è l’organo supremo del fallimento, che sovrintende a tutta la procedura con vasti poteri affidatigli dall’art. 23 L.F.99.

97 Sotto il profilo processuale con il termine organo si intende la persona o le persone medianti

le quali il processo opera e si svolge, tale concetto si contrappone a quello delle parti, che sono i soggetti del processo e subiscono l’attività degli organi, nella procedura fallimentare ovviamente sono il fallito e i creditori.

98 Secondo PROVINCIALI, la procedura fallimentare sia per il suo interesse pubblico sia per la

sua complessità implica una organizzazione del tutto particolare che prende appunto il nome di ufficio fallimentare. Tesi questa non condivisa da parte della dottrina e in particolare da Sandulli, in quanto afferma che, a ciascun organo è affidata la gestione di una parte del procedimento con competenze autonome, specifiche e di reciproco controllo ma non certo che sussiste un rapporto gerarchico in senso tecnico fra i vari uffici, riscontrabile dall’assenza di facoltà di sostituzione nell’esercizio delle diverse funzioni da parte degli organi attribuitigli dalla legge. Per un maggior approfondimento sullo sviluppo della dottrina inerente il rapporto organico tra questi soggetti ed il fallimento (in particolare Bonelli, Caselli, Lipari, Ferrara, Bonsignori, De Martini, Pajardi, Andrioli, Satta) si veda QUATRARO B., D’AMORA S., “Il manuale interdisciplinare del fallimento – Il curatore fallimentare”, Tomo I, II ed. Giuffrè, Milano, 1999, pag. 422 e segg.

99 A norma dell’art. 23 L.F. POTERI DEL TRIBUNALE FALLIMENTARE: Il tribunale fallimentare

deve:

- provvedere, in tutti i casi in cui non è prevista la competenza del giudice delegato, alla nomina, revoca o sostituzione, per giustificati motivi, degli organi della procedura;

- può, in ogni tempo, sentire in camera di consiglio il curatore, il fallito e il comitato dei creditori;

Il tribunale fallimentare, oltre che organo preposto alla procedura fallimentare con l’attività ricordata è anche giudice naturale di tutte le cause che derivano dal fallimento qualunque ne sia il valore100, si tratta di un’importante deroga ai normali criteri della competenza per valore, materia e territorio, dettata dalla finalità di riunire davanti ad un solo giudice la trattazione di tutte quelle cause che si trovino in un rapporto di dipendenza dal fallimento, cioè situazioni soggettive o pretese che traggono origine dalla procedura fallimentare101.

Sono di competenza del tribunale fallimentare le controversie che nascono in dipendenza dello stato di dissesto dell’imprenditore ed anche quelle che incidono sulla procedura stessa, volte quindi a realizzare il patrimonio del debitore e ad assicurare la “par conditio creditorium”, tale competenza si estende anche all’accertamento dei crediti da lavoro dipendente102. Si considerano invece estranee a tale “attrazione” tutte quelle azioni che il curatore esercita per valere pretese inerenti rapporti che non discendono direttamente dal fallimento o che in qualche modo vi abbiano un collegamento103.

Per quanto riguarda questa volta la competenza, ma sotto il punto di vista territoriale, bisogna fare alcune precisazioni; il nuovo art. 9104 L.F., prevede la

a. le controversie relative alla procedura stessa (quando non sono di competenza del giudice delegato);

b. i reclami contro i provvedimenti del giudice delegato.

100 Si dice infatti che il fallimento esercita una vis attractiva delle cause stesse.

101 Ad esempio le revocatorie ordinarie e fallimentari, le azioni dirette al recupero dei beni,

cause di opposizione al passivo ecc.. si è inoltre specificato con la nuova formulazione dell’art. 24 L.F. che si includono anche le cause reali immobiliari, tale situazione era infatti secondo la vecchia disciplina esclusa.

102 Secondo la sentenza della CORTE DI CASSAZIONE del 5 dicembre 2000, n. 15447, sussiste la

competenza funzionale del tribunale fallimentare ogni volta che si vuole ottenere un accertamento del rapporto di lavoro subordinato strumentale al riconoscimento di pretese dirette al pagamento di somme di denaro, e inoltre la CORTE DI CASSAZIONE il 7 giugno 2001, n. 7738

si è pronunciata ribadendo che, resta invece la competenza del giudice del lavoro quando l’indagine giudiziaria su tale rapporto abbia finalità diverse e non collegabili direttamente con la procedura stessa (es. illegittimità di licenziamento).

103 Sono cioè escluse, da tale vis attractiva, le azioni relative a rapporti che già si trovavano nel

patrimonio del fallito, iniziate o proseguite dal curatore (es. azioni di pagamento, risoluzione ecc); si tratta praticamente di azioni che si pongono con il fallimento in relazione di mera occasionalità, e, rispetto alle quali, il curatore si trova sostanzialmente nella stessa posizione in cui si sarebbe trovato l’imprenditore se non fosse fallito. Per un maggior GUGLIELMUCCI L., “Lezioni di diritto fallimentare”, ed. Giappichelli, Torino, 2004, pag. 32.

104 Art. 9 L.F. COMPETENZA: Il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove

non rilevanza della dislocazione della sede dell’impresa105 se essa è intervenuta nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione del fallimento106. Su tale argomento sono stati inoltre introdotti due nuovi articoli 9 bis 107 e 9 ter108.; il 9 bis dispone circa il fallimento dichiarato da tribunale incompetente, secondo cui il tribunale la cui dichiarazione non risulti di competenza disponga la trasmissione degli atti al tribunale ritenuto competente, anziché revocare la sentenza di fallimento pronunciata dal tribunale109 mentre il 9 ter tratta della competenza nel caso in cui il fallimento è stato dichiarato da più

Il trasferimento della sede intervenuto nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento non rileva ai fini della competenza.

L’imprenditore, che ha all’estero la sede principale dell’impresa, può essere dichiarato fallito nella Repubblica anche se è stata pronunciata dichiarazione di fallimento all’estero.

Sono fatte salve le convenzioni internazionali e la normativa dell’Unione europea.

Il trasferimento della sede dell’impresa all’estero non esclude la sussistenza della giurisdizione italiana, se è avvenuto dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 6 L.F. o la presentazione della richiesta di cui all’articolo 7 L.F..

105 Riferimento alla sede principale, cioè la sede intesa come “centro d’affari dell’attività

d’impresa”.

106 Aspetto già introdotto all’art. 161 L.F. inerente la domanda di concordato, secondo la

modifica apportata con la legge 80/05 del 14/05/05.

107 Art. 9 bis FALLIMENTO DICHIARATO DA TRIBUNALE INCOMPETENTE: Il tribunale che si

dichiara incompetente o è dichiarato incompetente all’esito del giudizio di cui all’articolo 18, dispone con decreto l’immediata trasmissione degli atti a quello competente. Il tribunale dichiarato competente, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la prosecuzione del fallimento, provvedendo alla nomina del nuovo giudice delegato e del curatore. Restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti. Qualora l’incompetenza sia dichiarata all’esito del giudizio di cui all’articolo 18, l’appello, per le questioni diverse dalla competenza, è riassunto, a norma dell’articolo 50 del codice di procedura civile, dinanzi alla corte di appello competente. Nei giudizi promossi ai sensi dell’articolo 24 dinanzi al tribunale dichiarato incompetente all’esito del giudizio di cui all’articolo 18, il giudice assegna alle parti un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell’articolo 50 del codice di procedura civile e ordina la cancellazione della causa dal ruolo.

108 Art. 9 ter CONFLITTO POSITIVO DI COMPETENZA: Quando il fallimento è stato dichiarato da

più tribunali, il procedimento prosegue avanti al tribunale competente che si è pronunciato per primo. Il tribunale che si è pronunciato successivamente, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la trasmissione degli atti al tribunale che si è pronunziato per primo. Si applica l’articolo precedente, in quanto compatibile.

109 Secondo la disciplina del 1942 la sentenza di fallimento pronunciata da un tribunale

dichiarato incompetente era nulla, e la nullità travolgeva tutte le attività processuali compiute nell’ambito della procedura stessa.

tribunali, in tal caso prevede che la procedura prosegua davanti al tribunale che si è pronunciato per primo, si attua cioè il principio della prevenzione110.

I provvedimenti emessi dal Tribunale su tali materie e con i quali il tribunale esercita il suo potere prima della riforma non erano soggetti a impugnazione111. Oggi gli stessi provvedimenti divengono tutti reclamabili, compreso quello di revoca del curatore112 . Tale disciplina è contenuta nel nuovo art. 26 “reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale”, tale articolo viene definito all’interno della relazione illustrativa del decreto legislativo “uno dei cardini dell’intero corpo normativo”113, esso deve essere presentato, nella forma del ricorso, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto o dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice, in ogni caso comunque decorsi novanta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento.

B) Il Giudice Delegato:

Il giudice delegato è colui che “esercita la funzione di vigilanza e di controllo, sulla regolarità della procedura” . Cosi oggi l’art. 25 della L.F.114 disciplina il

110 Principio della prevenzione: prevale la procedura aperta per prima. Stesso principio utilizzato

quando una impresa sia assoggettabile sia alla procedura di fallimento che alla procedura di liquidazione coatta amministrativa.

111Anche se l’indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte, prima della riforma si esprimeva

su tale contenuto non ammettendo il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Costituzione. A tale proposito si veda CORTE DI CASSAZIONE 14 febbraio 1995, n. 1584.

112 Previsto dall’art. 37 L.F. REVOCA DEL CURATORE: Il tribunale può in ogni tempo, su

proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori d’ufficio, revocare il curatore. Il tribunale provvede con decreto, sentiti il curatore e il comitato dei creditori. Contro il decreto di revoca o di rigetto dell’istanza di revoca, è ammesso reclamo alla corte di appello ai sensi dell’art. 26 L.F., il reclamo non sospende l’efficacia del decreto.

113 Dal punto di vista processuale, uno dei cardini dell’intero corpo normativo in quanto è stato

introdotto un modello processuale quale il reclamo destinato a regolare la maggio parte dei conflitti che possono sorgere all’interno della procedura. Il procedimento presenta uno snodo essenziale nella previsione per la quale si prevede un processo camerale che si conclude con decreto motivato. RELAZIONE ILLUSTRATIVA RIFORMA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI,

commento all’art. 26.

114 Art. 25. L.F. I POTERI DEL GIUDICE DELEGATO: Il giudice delegato esercita funzioni di

vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura e:

- riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio:

potere riservato a quest’organo, che nella precedente versione dirigeva le operazioni del fallimento115.

L’intervento del giudice sugli atti del curatore e del comitato avviene a posteriori, solo per rimediare ad eventuali anomalie; non lo si può più definire l’organo che fa funzionare l’intera procedura, come avveniva in passato, ma gli si può però confermare, come avveniva in passato di avere la funzione di tramite tra procedura e tribunale.

Bisogna però riconoscere che se i poteri a lui sottratti vengono affidati al curatore, esso non può effettuare una gestione incontrollata della procedura; a tal fine infatti l’attuale legge per verificare la sua maggiore autonomia prevede per il giudice il potere di convocazione del curatore, quella di vincolare con alla autorizzazione del giudice ogni iniziativa giudiziale, quella di liquidare il compenso ai difensori nominati dal curatore e di disporne la revoca. Rimane invece invariato, e perciò in capo al giudice il potere di pronunciare provvedimenti urgenti finalizzati alla conservazione del patrimonio del debitore

- emette o provoca da dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, ad esclusione di quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione;

- convoca il curatore e il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e ogni qualvolta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura;

- su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito alle persone la cui opera è stata richiesta dal medesimo curatore nell’interesse del fallimento;

- provvede, nel termine di quindici giorni, sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori;

- autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto; - su proposta del curatore, nomina gli arbitri, verifica la sussistenza dei requisiti

previsti dalla legge;

- procede all’accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati da terzi.

115 Tale potere, lo si può quindi ridefinire dopo la riforma ridimensionato a tal punto che si è

parlato di “rivoluzione copernicana nell’ambito delle procedure concorsuali”. Quindi se prima gli spettava di dirigere operazioni del fallimento, ora svolge funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura”. Su tale aspetto si veda: AA. VV., “Fallimenti, analisi su più livelli”, Il sole 24 ore, sez. Norme e Tributi, 30-07-2005, pag. 27; AA.VV., “Sella: il paese ha bisogno di una revisione delle regole”, Il sole 24 ore, sez. Norme e Tributi, 10-11-2004, pag. 25; BELLINAZZO M., “Al giudice resta il controllo formale”, Il sole 24 ore, sez. Sud, 14-06-2006,

pag. 3; MARIANONI R., “Il giudice lascia spazio al comitato”, Il sole 24 ore, sez. Norme e

Tributi, 24-12-2005, pag. 27; MARINONI R., “Giudici delegati solo con vigilanza” Il sole 24 ore,

fallito, tale potere bisogna però ricordare116, non è illimitato, ma è condizionato alla mancata contestazione da parte dei terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione stessa117. Tale norma deve essere letta congiuntamente con il riformulato art. 87-bis L.F.118 che introduce la previsione che il giudice possa con decreto restituire i beni mobili ai soggetti che vantano diritti chiaramente riconoscibili119.

La nomina degli ausiliari della curatela non è più attribuita al giudice delegato, ma al curatore, al giudice spetta solo la liquidazione dei compensi e di disporre l’eventuale revoca. Viene anche eliminata la previsione che attribuiva al giudice il compito di sorvegliare l’opera prestata nell’interesse del fallimento da qualsiasi incaricato, tale potere si è spostato in capo al curatore che, oltre a nominare gli incaricati, proporrà al giudice se lo ritiene opportuno la revoca degli stessi.

Cambia il sistema d’autorizzazione che il giudice delegato rilascia al curatore. In ultima analisi, occorre sottolineare che, l’ultimo comma dell’art. 25 L.F.120 , il legislatore prevede, per sottolineare ed assicurare l’imparzialità dei procedimenti di impugnazione verso gli atti del giudice, che questi non vi può più partecipare e non può neppure decidere su cause da lui autorizzate, tale decisione è

116 Precisazione presente nella nuova formulazione che riprende il consolidato orientamento

giurisprudenziale, come sottolineato anche nella RELAZIONE ILLUSTRATIVA RIFORMA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI, commento art. 25.

117 In altre parole il giudice non ha il potere di emettere decreti di acquisizione nei confronti di

terzi che rivendichino un proprio diritto reale o personale sui beni oggetto dell’acquisizione.

118Art. 87bis L.F. INVENTARIO SU ALTRI BENI: In deroga a quanto previsto dagli art. 52 L.F. e

103 L.F. , i beni mobili sui quali i terzi vantano diritti reali o personali chiaramente riconoscibili possono essere restituiti con decreto del giudice delegato su istanza della parte interessata e con il consenso del curatore e del comitato dei creditori, anche provvisoriamente nominato. i beni di cui al primo comma possono non essere inclusi nell’inventario. Sono invariati i ben di proprietà del fallito per i quali il terzo detentore ha diritto di rimanere nel godimento in virtù di un titolo negoziale opponibile al curatore. Tali beni non sono soggetti alla presa in consegna a norma dell’articolo 88”.

119 La ratio delle norme, è di evitare inutili e dispendiose acquisizioni da parte del fallimento per

beni che non sono palesemente di proprietà del fallito e, che, pertanto, dopo essere stati acquisiti dovranno far ritorno nelle mani dei legittimi proprietari.

120 “Il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia autorizzato, né può far parte del

collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti”.SILLA F., “Da motore del sistema ad

arbitro del gioco:depotenziato il ruolo del giudice delegato”, Il sole 24 ore, sez. Guida Pratica, 25-02-2006.

sicuramente in linea per la difesa dei principi della carta costituzionale, anche se in questo caso non si è seguito l’orientamento giurisprudenziale121.

Dall’analisi fin qui fatta sui nuovi poteri del giudice delegato è possibile cogliere il ridimensionamento del suo ruolo all’interno dello svolgimento della procedura e il potenziamento di altri poteri inerenti proprio il controllo dell’operato del curatore. Sebbene però gli siano stati sottratti dei poteri, egli pur sempre rimane il garante della legalità, chiamato a provvedere nei casi di reclamo contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori122.

Per evitare eventuali stasi o mal funzionamenti della procedura, in qualsiasi situazione si ravvisi un’anomalia, la normativa prevede un intervento decisivo e risolutivo da parte del giudice delegato. E’ previsto infatti, che sia il giudice a provvedere nei casi di inerzia o di impossibilità di funzionamento del comitato dei creditori o anche in situazioni in cui si riscontri urgenza per l’adozione del provvedimento123, si potrebbe quindi concludere vista la prassi, sempre piena di circostanze anomale o della poca affidabilità del comitato creditori, che la figura del giudice delegato possa rivivere la sua vecchia posizione ed influenzare la procedura stessa.

121 “Il reclamo è una vera e propria impugnazione in senso tecnico in quanto diretto a garantire

il controllo di un organo superiore nei confronti dei provvedimenti del giudice delegato; per tale ragione sarebbe da escludere che al collegio chiamato a decidere su di esso possa partecipare il giudice delegato che ha emanato il provvedimento impugnato. Tuttavia, costantemente la giurisprudenza è nel senso di ammettere la partecipazione del giudice delegato, quale relatore, al collegio del tribunale fallimentare che decide sul reclamo, in ragione del principio di concentrazione processuale di ogni controversia negli organi della procedura, nonché in considerazione della posizione del giudice delegato il quale è garante della rapidità delle fasi

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