• Non ci sono risultati.

Capitolo II: Apparizione e sviluppo del jihadismo globalizzato

2.3 L’organizzazione di Al-Qaida

Indubbiamente, l’11 settembre 2001 ha rappresentato uno dei maggiori traumi collettivi nella storia recente degli Stati Uniti, rendendo al-Qaida e il suo leader Bin Lāden l’incarnazione del “male assoluto”.139

Il fatto di essersi concentrati su Bin Lāden, idealizzandolo come leader assoluto dell’organizzazione, ha permesso che si tralasciassero altri importanti movimenti jihadisti nella regione, che pur appoggiandosi ad al-Qaida, avevano obiettivi e metodologie diverse. Probabilmente era stata proprio la miopia dell’amministrazione militare americana a non indentificare la creazione di altri gruppi terroristici, che si sono evoluti a partire dal 2003, con l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti.

Al-Qaida infatti non è un’organizzazione piramidale con gerarchie ben precise, al contrario è piuttosto definibile come sistema amorfo che grazie alla sua struttura fluida è riuscito a diffondersi e a sopravvivere per circa trent’anni, adattandosi alle condizioni esterne, non sempre stabili.

Al giorno d’oggi, al-Qaida è piuttosto un label, un’etichetta a cui fanno riferimento diverse organizzazioni terroristiche.

Al-Qaida è certamente un gruppo terroristico, e come tale utilizza una serie di strumenti propri dei gruppi terroristici del secolo scorso, non necessariamente di matrice islamica: ad esempio l’uso di esplosivi contro i civili, un grande numero di vittime, l’intenzione di colpire l’economia e i centri finanziari in generale, la pratica di tenere ostaggi in attesa di riscatto e una stretta collaborazione con il crimine organizzato relativamente al traffico di armi e droga.

Tra le caratteristiche di questo gruppo terroristico vi è la sua natura transnazionale, l’assenza di Stati sponsor e la resistenza acefala. La struttura di al-Qaida è stata paragonata a sistemi manageriali che operano sull’orlo del caos, dove con una struttura ridotta al minimo, individui e gruppi si organizzano spontaneamente, coerenti alla vision dell’intera organizzazione.

La rete di Al-Qaida può piuttosto definirsi come un sistema “auto-organizzante”, dove gli aderenti all’organizzazione sono guidati da un’ideologia piuttosto che da ordini precisi provenienti dall’alto. Gli affiliati ad al-Qaida infatti “interiorizzano” l’ideologia jihadista al punto che successivamente sono in grado di agire autonomamente, senza bisogno di ordini precisi, ma sempre all’interno dell’ottica jihadista, in quanto i valori dell’organizzazione sono ormai parte del loro bagaglio ideologico.140

138 J.P. Filiu, Les frontières du jihad, Fayard, Parigi 2006, p.143.

139 M. Fumagalli, L’arcipelago del terrore, in Le spade dell’Islam, “Limes”, 2011, p.45. 140 Ivi, p.47.

56 Più che una “multinazionale del terrore” è possibile considerare al-Qaida come un label, un’organizzazione attorno alla quale orbitano diversi gruppi jihadisti.

La sua struttura è estremamente fluida e dai contorni non definiti. Bin Lāden è stato il fondatore e leader indiscusso fino alla data della sua scomparsa, nel 2011. Attualmente, il leader dell’organizzazione è il braccio destro di Bin Lāden, al-Ẓawāhirī, mentre il pensatore che ha dato le basi ideologiche e l’ispirazione a Bin Lāden è lo scomparso ʻAbdallah ʻAzzām, di cui si è parlato in precedenza.

La struttura di al-Qaida possiede dei comitati di riferimento al suo interno: il comitato militare, finanziario, religioso, media e il maǧlis aš-šūrā. La divisione in comitati è una struttura imitata da molti gruppi jihadisti.

Il comitato militare si occupa del reclutamento e dell’addestramento dei militanti, gestisce i servizi di intelligence, e offre supporto logistico agli attacchi.

Il comitato finanziario gestisce le risorse finanziarie di al-Qaida, dai finanziamenti alla gestione dei traffici di armi e droga.

Il comitato religioso si occupa di diffondere e rafforzare il supporto ideologico e religioso dell’organizzazione.

Il comitato media si occupa di diffondere e promuovere le attività di al-Qaida nel mondo.

Infine la presenza di un maǧlis aš-šūrā si occupa di mediare tra la leadership e i quattro comitati. La sua importanza è decisamente subordinata a quella dei quattro comitati, anche se nelle teorie sullo Stato islamico moderno, il consiglio della šūrā dovrebbe avere un’importanza centrale.

Durante la guerra in Afghanistan venne anche fondata la famosa “Brigata 55”, conosciuta anche come “Legione Araba” ovvero l’apparato di sicurezza di Bin Lāden.

Se si fosse trattata di un’organizzazione terroristica con una struttura classica, probabilmente la strategia americana di eliminarne fisicamente il leader avrebbe causato lo smantellamento di al-Qaida. I fatti dimostrano che la strategia si è rivelata fallimentare, visto l’ampliamento del raggio d’azione dell’organizzazione. Al-Qaida infatti è strutturata appositamente per continuare ad esistere indipendentemente dall’assenza del suo leader, anzi l’eliminazione di Bin Lāden gli avrebbe conferito lo statuto di martire tra i jihadisti, accrescendo la fama dell’intera organizzazione.

Sicuramente la forza di al-Qaida risiede nelle sue strategie e nella sua ideologia. La base afghana è stata per molto tempo una base fisica e geografica, oltre che ideologica, garantendo per molto tempo protezione all’organizzazione. Inoltre, con il tempo l’organizzazione ha stretto importanti relazioni con alcuni dei più importanti gruppi terroristici del Medio Oriente, oltre che con alcune importanti Ong e istituzioni islamiche, dalla quali veniva talvolta finanziata141.

Ultimo, ma non per importanza, è il valore simbolico di al-Qaida. L’organizzazione infatti incarna gli ideali anti imperialistici ed è promotrice di un’unione panislamica in chiave anti-occidentale.

57 Un esempio della retorica jihadista è certamente la “Dichiarazione dal fronte islamico mondiale per la Guerra Santa contro ebrei e crociati” di Bin Lāden, pronunciata il 23 febbraio 1998.

Nel lessico jihadista, gli “Stati crociati” sono gli Stati occidentali considerati in guerra contro l’Islam, in primis gli Stati Uniti con i suoi alleati. “L’alleanza con gli ebrei” fa riferimento all’alleanza tra Stati Uniti e lo Stato d’Israele.

Una delle principali ragioni che avrebbero portato a questa dichiarazione di guerra è l’occupazione del territorio saudita da parte degli Stati Uniti, forte del ḥadīṯ secondo cui Muḥammad avrebbe chiesto in punto di morte di liberare la ǧazīrat al-ʻarab dalla presenza di “ebrei e cristiani”.142 La seconda

giustificazione alla dichiarazione di guerra è l’attacco contro il popolo iracheno e l’embargo contro l’Iraq, che avrebbe provocato circa un milione di morti tra la popolazione.

La terza ragione è l’asservimento della politica estera americana al “piccolo Stato degli ebrei” (Israele), il cui obiettivo sarebbe distruggere l’Iraq (storicamente, uno dei paesi cardine della regione) e trasformare gli altri Paesi della regione in “Stati di cartapesta”, facilmente manovrabili.

Secondo l’autore, queste tre ragioni costituirebbero da parte dell’alleanza dei crociati una vera e propria dichiarazione di guerra contro i musulmani e contro il Profeta. Trattandosi di un attacco di miscredenti contro la umma musulmana, Bin Lāden considera che il ǧihād difensivo in questo caso sia un obbligo per ogni musulmano, un farḍ ʻayn, opinione generalmente condivisa dagli ʻulemāʼ.143

Citando al-Qurtubi, al-Ġazalī, al-Maqdisī e Ibn Taymiyya, Bin Lāden evince che respingere l’aggressore in nome della religione sia un dovere. Di conseguenza, rende pubblico il suo responso secondo cui sia un dovere per ogni musulmano, indipendentemente da dove si trovi, uccidere gli americani e i loro alleati, sia militari che civili, fin quando non saranno liberate la moschea al-Aqsa e la grande moschea della Mecca e finché gli invasori ne usciranno sconfitti e non vi sarà più fitna, conformemente a quanto ordinato nel Corano (IX:36, II:193, IV:75).

Seguendo la dottrina classica del ǧihād, Bin Lāden invita a saccheggiare e appropriarsi dei beni che verranno sottratti al vinti, in quanto la legge islamica permette di impossessarsi dei beni materiali degli avversarsi non musulmani una volta sconfitti.144

La dichiarazione di Bin Lāden si conclude con l’autore che si rivolge agli ʻulemāʼ, ai governatori, ai giovani e ai militari, invitandoli ad attaccare gli americani e i loro alleati, legittimandosi con i versetti del Corano che invitano al ǧihād. (VIII:24, IX:38-39; III:139).145 Il messaggio che Bin Lāden vuole dare

è fortemente politico: tuttavia, l’utilizzo di ḥadīṯ, versetti del Corano e riferimenti classici come Ibn Taymiyya e al-Qurtubi dà a questa dichiarazione di guerra l’aspetto di una comunissima fatwa.

142 O. Bin Laden, Dichiarazione del fronte islamico mondiale per la Guerra Santa contro ebrei e crociati in Al-

Qaida. I testi, G. Kepel e J. Milelli (a cura di), Presse Universitaries de France, Parigi 2005, p.47.

143 Ivi, p.49. 144 Ivi, p.51.

145 Queste sure contengono alcuni dei passaggi più bellicosi del Corano e per questo motivo solo largamente

58 L’originalità di Bin Lāden non risiede tanto nei suoi scritti, che risultano essere un patchwork di teorie altrui. Il suo apporto innovativo è soprattutto l’aver impiegato “penna e spada” a servizio del jihadismo globalizzato.

Il pensiero di Bin Lāden è piuttosto frutto degli avvenimenti politici a lui contemporanei. Nonostante la sua insistenza nel voler recuperare la purezza originaria dell’Islam, in realtà i suoi discorsi riflettono le dinamiche del mondo globalizzato. Infatti, più che un’ideologia sistemica, gli scritti, i discorsi e le fatāwa di Bin Lāden sembrano essere una risposta ad hoc degli eventi a lui contemporanei, offrendo dunque un apporto limitato dal punto di vista dell’ideologia.

Le caratteristiche del pensiero di Bin Lāden si pongono in una posizione di continuità e al tempo stesso di rottura con gli altri ideologi del jihadismo. Ad esempio, Qutb è spesso citato come punto di riferimento per Bin Lāden, soprattutto per l’importanza attribuita al ǧihād. Tuttavia, come visto in precedenza, per Qutb il ǧihād è uno strumento per estirpare la ǧāhiliyya e riscostruire una società in cui la sovranità appartenga a Dio. Contrariamente, per Bin Lāden l’obiettivo ultimo non è la sovranità, bensì il ǧihād stesso, considerato l’apice della religione.

D’altro canto, Bin Lāden condivide con ʻAzzām l’idea che il ǧihād sia un obbligo di ogni musulmano, un farḍ ʻayn al pari degli altri pilastri della fede, secondo solo al credo. Egli infatti percepisce il ǧihād come una condizione perenne, un continuo conflitto tra la dār al-ḥarb e la dār al-Islām.

Bin Lāden legittima la violenza contro l’alleanza di ebrei e crociati partendo dal presupposto che la comunità musulmana sia sotto attacco, dal punto di vista culturale, economico, morale, simbolico e fisico.

Espressione di questa violenza non sono semplicemente gli attacchi contro l’Iraq, l’oppressione del popolo palestinese, o l’occupazione del sacro territorio meccano. Si tratta anche di un’oppressione culturale, che si esprime attraverso l’imperialismo culturale americano, l’indifferenza verso le zone colpite dalla guerra, la satira contro i musulmani (ad esempio, le vignette satiriche contro il Profeta). Dunque non sarebbero i musulmani ad introdurre l’elemento di violenza in un mondo pacifico, quanto piuttosto la violenza contro l’Occidente sarebbe una risposta legittima alla violenza subita.

Inoltre, Bin Lāden non fa differenze all’interno dei nemici dell’Islam, ovvero differenziando i miscredenti e la gente del Libro. Per lui i crociati sono soprattutto America e Inghilterra, alleati con Israele. E’ evidente come nella sua dichiarazioni di guerra scavalchi totalmente le regole di condotta che un buon musulmano dovrebbe seguire durante il ǧihād, così come lo status speciale che spetterebbe a cristiani ed ebrei in quanto gente del Libro.146

Queste premesse legittimano secondo Bin Lāden un attacco contro i nemici dell’Islam, indipendentemente dal luogo in cui essi si trovino, o da quanto la minaccia sia lontana o reale. La logica delle sue affermazioni elimina la distinzione tra ǧihād offensivo o difensivo, violenza reale e minaccia simbolica, civili e soldati, colpevoli e innocenti, estrapolando i conflitti dal loro contesto specifico e

59 portando alla totale deterritorializzazione del ǧihād, esortando tutti i musulmani a combattere tutti gli infedeli, ovunque essi si trovino.

Sebbene le sue idee si basino sulle teorie di pensatori islamisti decisamente più strutturati, la peculiarità di Bin Lāden sta nell’aver sviluppato una propria retorica, e la sua capacità di veicolare i suoi messaggi in base al proprio pubblico: musulmano e non, americano o iracheno, gli ʻulemāʼ, le élites globali o gli arabi del Golfo.

Un esempio della retorica di Bin Lāden è il frequente ricorso al tema dell’umiliazione. Ricordando le umiliazioni subite dalle popolazioni musulmane nel vari conflitti globali, Bin Lāden offre il ǧihād come immediata opportunità di rivincita storica, politica ed economica. Non solo, Bin Lāden dona al ǧihād una componente di virilità, la possibilità di determinarsi come uomo attraverso il ǧihād contro l’Occidente e i regimi autoritari, che avrebbero minato la dignità della propria popolazione. In questa retorica, anche le donne assumono un ruolo motivazionale. Alle donne può venir chiesto di sostenere i propri uomini in guerra, o di sabotare i prodotti del nemico.147

Infine, le donne figurano come premio dopo il martirio (le famose vergini del paradiso). Una volta recuperata la loro virilità, i muǧāhiddīn potranno facilmente sconfiggere l’alleanza di ebrei e crociati, lasciandoli a loro volta “umiliati e sconfitti”.148

Documenti correlati