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Durante il postglaciale, in concomitanza alla progressiva ingressione marina, i vecchi alvei fluviali si modificarono, l’attuale costa istriana rocciosa venne presto raggiunta dal mare in rapida ingressione, mentre la paleopianura veneto friulana modificò la propria linea di costa in periodi molto più lunghi a causa della sua bassa pendenza. In questo susseguirsi di modificazioni delle linee di costa, i tratti terminali dei fiumi che sfociavano in questa pianura deviarono più e più volte. Gli apparati deltizi del fiume Isonzo e del fiume Tagliamento con il passar dei secoli, cambiarono direzione, non contribuendo più al trasporto e conseguente sedimentazione dei materiali sabbiosi nell’area lagunare ed il mare piano piano invase anche la terraferma.

Si formarono zone paludose (in gran parte poi bonificate nei secoli successivi) finchè si cominciò a delineare la topografia e la morfologia dell’attuale laguna.

Esiste una differenziazione in termini d’età fra le due lagune: più giovane, addirittura post romana quella orientale la laguna di Grado, relativamente più vecchia la laguna di Marano.

Si pensa che il bacino di Marano abbia avuto origine circa 5000 anni fa, raggiungendo però una configurazione molto simile a quella attuale appena 1600 anni fa.

Molto probabilmente tutto l'arco litorale da Ravenna a Monfalcone doveva essere caratterizzato da una grande laguna, di cui oggi restano solo dei relitti risparmiati dai grandi processi d'interrimento del Po, Adige-Brenta, Piave, Tagliamento e Isonzo, che hanno visto protendere rapidamente in mare le loro gettate deltizie soprattutto dopo il 1000 d.C. (Brambati, 1985).

La laguna di Grado è più recente rispetto a quella di Marano, infatti circa 4500 anni fa, mentre nella zona di Marano gli ambienti deltizi e lagunari erano già formati, l’area lagunare gradese era ancora una piana alluvionale solcata dai fiumi Torre,

Natisone e Isonzo, assumendo una forma simile a quella attuale solo circa 1.100 anni fa, come testimoniano i caratteri morfologici (Gatto e Marocco, 1992).

In seguito ad una migrazione verso Est dell'Isonzo l'area ad occidente di Grado cominciò ad assumere la configurazione tipica di una laguna. Ma solo recentemente, in seguito ad una ulteriore divagazione verso Est dell'Isonzo, avvenuta tra il IX ed il XVIII sec., il territorio si trasformò completamente in laguna.

Numerose costruzioni di epoca romana e paleocristiana ricoperte di sedimenti lagunari situate a circa 100 m al largo della città vecchia di Grado, e alcuni resti di strade, tra cui quella di Barbana e da numerosi reperti rinvenuti in mare (Chiesa di S. Gottardo su fondali di 5 metri) confermano la recente formazione del bacino di Grado (Brambati, 1985; Caressa et al., 1995).

Nell’800 inoltre prese piede la vallicoltura che nel tempo ha condizionato la libera circolazione delle acque all’interno della laguna. Oggigiorno le valli sono riparate dall’azione erosiva delle correnti di marea in quanto i loro argini sono costruiti in pietra e hanno un’elevazione che va da 2.0 a 2.5 m sul l.m.m..

L’estensione delle valli da pesca è stata monitorata nel tempo in ogni bacino lagunare e ne risulta che la loro distribuzione non è omogenea nell’ambito della laguna. Nel 1952 erano occupati da valli 547.5 ha nel bacino di Primero, 317.2 ha nel bacino di Grado, 95.0 ha nel bacino di Morgo e 243.2 ha in quello di Porto Buso (Dorigo, 1965). Il censimento del comune di Grado effettuato nel 1989 evidenzia un cambiamento in questa distribuzione, in particolare al tempo si contavano 513.3 ha nel bacino di Primero, 202.6 ha nel bacino di Grado, 82.0 ha nel bacino di Morgo e

444.3 ha in quello di Porto Buso; le principali cause di questo mutamento sono la

costruzione della Valle Noghera (220.0 ha) nel bacino di Porto Buso e la progressiva perdita di spazi vallivi nel bacino di Grado dovuta all’incremento urbanistico dell’abitato.

L'impatto antropico inoltre è da attribuirsi alle attività industriali di Porto Nogaro, situato 1 Km a Nord della foce dell’Alussa-Corno ed alla zona industriale di Torviscosa. Si è stimato che dal 1949 (quando è diventato operativo un impianto Cloro-Soda) sono stati scaricati nell’Aussa-Corno circa 20 Kg/giorno di Hg. La

quantità di Hg scaricato diminuì nel 1970 a 6-7 Kg/giorno fino al 1984 quando furono installati impianti di depurazione; in accordo con questa stima si è calcolato che vennero scaricati 186.000 Kg di Hg nel fiume e gran parte di questi raggiunsero la laguna. Anche in profondità nei sedimenti sono stati riscontrati alti livelli di Hg, dovuti ai solidi sospesi portati dall’Isonzo e ricondotti ad attività minerarie (Covelli

etal., 2001; 2008).

Per la notevole presenza di mercurio la laguna di Grado e Marano presenta un’area vincolata denominata Sito Inquinato di Interesse Nazionale (D.M. 468/2001) soggetto a bonifica (D.M. 471/1999).

Nonostante le normative che ne sanciscono la protezione, il sistema lagunare di Grado-Marano non è esente da problemi, i quali derivano soprattutto dall’inquinamento sia industriale che agricolo, dai reflui urbani immessi nelle acque, dai trasporti effettuati in laguna, dal turismo, dal diportismo nautico, dalla vallicoltura e dalla pesca.

La convenzione di Rasmar, nata nel 1971 (il cui scopo è proprio la protezione delle zone umide dallo sfruttamento eccessivo) protegge parte della laguna di Grado-Marano, la quale, inoltre, è considerata un Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C.) e una Zona di Protezione Speciale (Z.P.S.) rispettivamente secondo le direttive europee 92/43/CEE del 21 Maggio 1992 (Direttiva “Habitat”) e 79/409/CEE del 02 Aprile 1972 (Direttiva “Uccelli”).

E proprio per tutelare un ambiente naturale così delicato la regione Friuli Venezia Giulia ha istituito una serie di aree naturali protette fra cui le Riserve naturali della Valle Cavanata, della Foce dell'Isonzo (esterna al sito oggetto di studio), della Valle Canal Novo e delle Foci dello Stella. In particolare due aree sono dichiarate zone umide di importanza internazionale secondo i criteri Ramsar:

Marano Lagunare -Foci dello Stella (1400 ha) Valle Cavanata (248 ha)

Sono state inoltre identificate quattro Riserve Naturali Regionali: Foce dell'Isonzo -Isola della Cona (2.338 ha)

Foci dello Stella (1.357 ha) Valle Canal Novo (124 ha)

CAPITOLO 3-MATERIALI E METODI