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Alle origini della tutela: la trasformazione del concetto di terroir

2.2 Sistemi di protezione internazionali e regionali (UE)

2.2.2 Alle origini della tutela: la trasformazione del concetto di terroir

In seno al consiglio TRIPs del 2002, in opposizione all’estensione di tutela delle Ig, l’Australia ha posto in dubbio la legittimità del relativo diritto di esclusiva, dal momento che, privo, alla base, di una qualsiasi attività inventiva o creativa da ri-compensare, si rivelerebbe “fondato [unicamente] su una contingenza storica, laddo-ve, cioè, sia (accidentalmente) presente nel prodotto una connessione geografica”157. Da più parti la suddetta posizione, nella sostanza condivisa da tutti Paesi refrattari alla tutela delle Ig, è ritenuta estremamente limitativa, “rea” di lasciare ai margini valori intangibili, connaturati anche alla sola logica comunicativa del segno e in gran parte comuni, oltretutto, anche ai marchi. Per la tutela della veridicità del messaggio di provenienza, fino ad ora, può apparire sufficiente l’operato richiamo alla discipli-na della concorrenza sleale, ma volgendo l’attenzione alla dimensione qualitativa (e al relativo sistema dei controlli), elemento caratterizzante delle Do, emergono ine-vitabilmente specifiche esigenze di protezione. Analizzando il progressivo sviluppo della tutela, concentrandosi qui specialmente sulle ripercussioni nelle convenzioni internazionali, si può ripercorrere la trasformazione del concetto di Ig, che, per la maggior parte degli ordinamenti di tutela sui generis, è inscindibile dalla logica evo-lutiva del terroir d’origine. Infatti, a partire dall’Arrangement di Madrid158, la confi-157 Trad. “But the important question worth asking was whether governments should grant

simi-lar monopoly rights based on an accident of history where there would be a geographical connection to a product” in TRIPS Council, “Minutes of the Meeting on 25-27 e 29 November, and 20 December

2002”, 5 febbraio 2003 [72] (IP/C/M/38).

158 E’ corretto precisare che solo alcuni autori, tra cui il già citato D.Gangjee (cfr. nota 145), individuano nell’Accordo di Madrid sulla repressione delle indicazioni di provenienza false o fallaci il primo momento della transizione di significato di terroir, altri rinviano il rilievo dei primi segnali di trasformazione al testo dell’Accordo di Lisbona del 1958.

Interessante, a tal proposito, anche la posizione espressa da D.Sarti, che ritiene lo schema proposto dall’Accordo di Madrid piuttosto ambiguo e per questo difficilmente inquadrabile insieme agli altri sistemi di tutela sovranazionali. La suddetta Convenzione, infatti, presenterebbe norme dalla “portata estremamente ampia, applicandosi potenzialmente a qualsiasi tipologia di prodotto, indipendentemente da un milieu géographique rigorosamente inteso nel senso di esistenza di specifiche tradizioni loca-li”. Una tale incertezza interpretativa lascerebbe, pertanto, potenzialmente possibile l’assimilazione

gurazione delle Ig, secondo anche la contestuale definizione di milieu géographique, ha conosciuto un’evoluzione di significato importante, rappresentando, pertanto, un essenziale punto di riferimento per comprendere la portata dei successivi Accordi internazionali e l’assetto politico globale delle diverse realtà nazionali.

Secondo molteplici autori l’archetipo della storia della tutela delle Do è rap-presentato dalla regolamentazione francese159 del prodotto vinicolo160, cioè dal pro-gressivo riconoscimento legale di Indication de provenience, Appellation d’origine (AO) e la loro ultima trasformazione in Appellation d’origine controlée (AOC). A fondamento delle AO si pone un terroir inteso in senso olistico e geograficamente deterministico, statico in quanto costituito da una combinazione irripetibile di suolo, topologia, clima e contributo umano. Alcuni autori arrivano a celebrare un “goût de

terroir”161, un senso palpabile di “somewhereness”, di cui i frutti di un territorio sono permeati, potendo pertanto ravvisare un’adeguata tutela anche nella sola garanzia di veridicità dell’indicazione di provenienza. Ancora lontano da un’effettiva protezione dell’Accordo di Madrid sia al modello di milieu del sistema “CUP/TRIPs”, che alla logica comunitaria deducibile dal Reg. UE 1151/2012. La soluzione, tutt’altro che univoca, rimarrebbe relativa alle diverse implicazioni normative considerate: così D.Sarti, Le indicazioni d’origine geografica: storia, questioni

terminologiche e proposte interpretative, in Studi in memoria di Paola A.E. Frassi, Giuffré, Milano

2010, pp. 631-632.

159 La storia giuridica francese viene considerata da più parti paradigmatica, in quanto sono riconducibili all’ordinamento francese diversi elementi di innovatività della materia. Già a inizio XX secolo, contestualmente ad altri Paesi europei, la Francia conosce un considerevole incremento di pro-tezione delle Ig attraverso sia il riconoscimento di un sistema di registrazione, sia l’elaborazione di una precisa definizione dei legittimi utilizzatori del segno e del relativo potere di inibitoria dell’uso illegittimo di terzi, finendo per assimilare, nella sostanza, le Ig ai marchi. La legislazione francese, inoltre, ha il merito di aver posto in essere l’essenziale distinzione tra Indicazioni di provenienza e Do, differenziazione trasfusa tanto nel diritto internazionale quanto in altre realtà territoriali affini. Tuttavia il più rilevante elemento di innovatività, secondo Heath, consterebbe nel riconoscimento, alle sole Do, di una tutela proprietaria, che, conferisce al titolare non solo la facoltà di agire contro un uso sleale della stessa, ma un vero e proprio diritto positivo, presupposto indispensabile per garantire una prote-zione che prescinda dal pericolo di inganno (inteso come erroneità di comprensione). Così C.Heath,

Indicazioni geografiche e Accordo di Lisbona, in il Diritto Industriale, 3/2012, pp.235 e ss.

160 Di cui D.Gangjee ne offre un’approfondita panoramica in Relocating the law of

Geographi-cal indications, Cambridge University press, Cambridge 2012, pp. 77-124.

161 In particolare vedi M.Kramer, The notion of terroir, in F.Allhoff, Wine & Philosophy: A Symposium on thinking and Drinking, Blackwell, Oxford 2008, p. 225.

della qualità e, ancor più, della reputazione, un concetto ancora così intensamente ancorato al mito del territorio ha ben presto rivelato i suoi limiti intrinseci. Le ca-tegorie merceologiche interessate, infatti, rimangono inevitabilmente circoscritte ai soli prodotti agro-alimentari o vitivinicoli, risultando problematica l’inclusione, nel suddetto paradigma, dei prodotti c.d. “reputazionali”, i quali, basati sull’originalità della ricetta o del processo produttivo, o anche solo appartenenti a settori differenti (come ad es. l’artigianato), possono difficilmente essere oggetto di verifica empirica. D’altra parte i confini della regione d’origine da cui si attinge la denominazione de-nunciano spesso una matrice politica, considerando che, anche storicamente, le stes-se indicazioni stes-sembrano riferirsi più all’originaria organizzazione dei mercati che alla natura dell’effettivo luogo di produzione, almeno in principio, di certo, geografi-camente più diffuso162. Dal momento in cui il fattore umano, già in minima parte sot-teso alle AO, inizia ad acquistare un ruolo preminente163, il paradigma volge verso la 162 Può, in tal senso, fungere da esempio la vicenda storica di una celebre denominazione della cultura agro-alimentare italiana, quale il Parmigiano-Reggiano. Ebbene si ha notizia che, intorno al XIII secolo, in occasione della ripresa dei traffici commerciali, il sopracitato prodotto caseario rappre-sentasse un bene pregiato, di lusso per le più importanti corti europee dell’epoca. L’essenziale qualità del prodotto risultava acclarata dalla sola provenienza, a sua volta attestata e garantita dall’importatore e dagli intermediari. Una tale precisazione si rende necessaria in quanto, presumendo che all’epoca produzioni analoghe sussistessero in tutto il territorio padano, l’autentica origine del noto appellativo geografico risieda nella circostanza che una particolare organizzazione di mercati ponesse il Ducato di Parma al centro di un fondamentale snodo stradale. In tal caso, quindi, l’indicazione si riferirebbe più al luogo di partenza delle spedizioni, che a quello di reale produzione, considerando come, progressi-vamente, le zone produttive più distanti dal centro mercantile di riferimento si siano indirizzate verso differenti comparti di mercato, maggiormente convenienti proprio per la differente collocazione delle relative reti commerciali. La reputazione territoriale si mostrerebbe così maggiormente legata alle scel-te produttive della collettività, descel-terminascel-te dall’economia esscel-terna alla zona, che all’originale portata fruttifera del terroir, così in S.Magagnoli, Reputazione, skill, territorio, in Storia economica, Edizioni Scientifiche Italiane, Anno XIV (2011) n. 2, pp. 265 e ss.

163 Secondo un prospettiva storica più sociale che giuridica, la ricerca di un’identità nazionale francese, fondata sulla nozione di diversità locale e regionale, compare nella cultura già di fine Rivolu-zione. Il desiderio di opporre costumi e folklore locali alla tendenza centralizzatrice della Terza Repub-blica ha determinato l’identificazione dell’autenticità francese nella relazione simbiotica tra territorio e abitanti, laddove siano imputabili all’ambiente geografico di insediamento le particolari modalità di vita delle stesse comunità. E mentre la Germania inizia a cercare l’affermazione nazionale sul triste-mente noto ideale etnico, è in questo peculiare binomio, di paesaggio e cultura, che la Francia sembra invece voler riconoscere la propria unicità di nazione. D. Gangjee, Relocating the law of Geographical

già citata transizione; il terroir diventa infatti una contingente composizione di fat-tori umani e naturali, secondo un’impostazione dinamica, in grado cioè di innovarsi continuamente in un costante confronto con il consumo e la domanda di mercato. Il crescente ruolo riconosciuto al know-how, costituito dall’insieme di “usages locaux,

loyaux et costants”164, rappresenta il nuovo punto di partenza verso il

riconoscimen-to legale delle AOC. Proprio in quesriconoscimen-to reinterpretariconoscimen-to legame tra terririconoscimen-torio, abitanti e prodotti si cela la chiave per una tutela che presupponga l’attendibilità dell’origine indicata, ma sia rivolta anche verso la qualità. Il tratto distintivo delle AOC, come emerge chiaramente dalla lettera dell’istituto, risiede nella riconosciuta centralità del controllo, tanto dei confini geografici della produzione quanto, soprattutto, delle sue peculiari specificazioni. Una simile impostazione è tale da condurre gli interpreti ad una definizione di Do precisa e ad una conseguente, mirata, repressione di un even-tuale uso fraudolento, ponendo l’indicazione al riparo tanto dalla generalizzazione del termine, quanto dalla dequalificazione del prodotto, con inevitabile perdita di re-putazione. Con la Legge della Repubblica francese del 30 giugno 1935, lo scrutinio di legittimità non viene infatti più affidato all’incertezza di una pronuncia giudiziale, ma ad un’istituzione pubblica, nella specie il Comité National des Appellations

d’O-rigine165 (CNAO), adibita al coordinamento di tutti gli interessi pubblici e privati della materia. Può apparire superfluo rimarcare ancora una volta l’importanza dei suddetti controlli imparziali, ma tuttavia sono questi stessi che rivelano come, par-164 Tale locuzione è richiamata dal testo dell’art. 1 della Legge francese del 6 maggio 1919 relativa alla protezione delle AO, disponibile in www.wipo.int, di cui in seguito il testo in lingua ori-ginale: “Article premier. – Toute personne qui prétendra qu’une appellation d’origine est appliquée à son préjudice direct ou indirect et contre son droit à un produit naturel ou fabriqué et contrairement à l’origine de ce produit, ou à des usages locaux, loyaux et constants, aura une action en justice pour faire interdire l’usage de cette appellation. La même action appartiendra aux syndicats et associations régulièrement constitués depuis six mois au moins, quant aux droits qu’ils ont pour objet de défendre.”

165 Il CNAO è stato rinominato, nel 1947, Institut National des Appellations d’Origine (INAO), che è l’organo istituzionale che, attualmente, svolge l’essenziale funzione di gestione ed amministra-zione delle Do nazionali francesi (vedi supra nota n. 26), sebbene, con la già citata riforma del sistema francese del 2006, molteplici competenze siano state trasferite in capo alle associazioni di produttori.

tendo da un utilizzo della reputazione territoriale collettiva166 in qualità di strumento di garanzia della qualità del prodotto, si sia giunti, per converso, a tutelare proprio la qualità del prodotto per difenderne, al contempo, anche la reputazione167.