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Specialità tradizionali garantite : difficoltà di affermazione

1.2 Autonomia e prossimità alla disciplina dei marchi: pro- pro-prietà industriale e comunicazione di impresa

1.3 La misura del legame con l’origine geografica e i suoi riflessi di ordi- ordi-ne terminologico

1.3.2 Specialità tradizionali garantite : difficoltà di affermazione

Il terzo simbolo dell’Unione europea, disciplinato nel Pacchetto Qualità, corrisponde alle STG, le Specialità Tradizionali Garantite, e, nonostante sia stato più confuse e indefinite, verificandosi numerosi casi in cui, per esempio, vengano registrate come IGP prodotti (quali ad es. quelli ortofrutticoli) che abbiano un legame con il territorio maggiore rispetto a certi prodotti DOP (quali ad es. il settore delle carni trasformate). La suddetta divisione sembra, pertanto, divenire più uno strumento di politica commerciale in mano ai produttori, che una garanzia di informazioni veritiere rivolta ai consumatori, nella cui percezione, infatti, venendo meno il valore stesso della distinzione, i segni in questione divengono perfettamente sovrapponibili. Così F.Arfini, Il

nuovo Pacchetto Qualità: uno strumento (potenziale) a supporto delle politiche sviluppo rurale, Agri-regionieuropa, anno 9 n.35, Dicembre 2011.

77 La Commissione in seguito al documento sopra citato, Libro verde sulla qualità dei prodotti

agricoli: norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità, ha pubblicato anche una Comu-nicazione sulla politica di qualità dei prodotti agricoli del 28 maggio 2009, esplicitando, in entrambi,

le linee programmatiche ispiratrici dei successivi interventi normativi. Infatti in tali documenti si può ravvisare la base del c.d. “Pacchetto Qualità”, presentato dalla Commissione il 10 dicembre 2010 e composto, anche, dalla proposta di regolamento sui regimi di qualità dei prodotti agricoli avanzata dal Parlamento europeo e dal Consiglio. La proposta, infatti, è stata in seguito tradotta e consolidata nel citato Regolamento 1151/2012.

78 Vedi infra nota 56; sul tema, ancora F.Arfini, Il nuovo Pacchetto Qualità: uno strumento

(po-tenziale) a supporto delle politiche sviluppo rurale, Agriregionieuropa, anno 9 n.35, Dicembre 2013;

e in una posizione nettamente più critica, in ordine alla “soffocata” spinta di riforma, F. Capelli, Luci e

oggetto di riforma nel Reg. 2006 e, ancora, nel Reg. del 2012, risulta, ad oggi, ancora di difficile affermazione sul mercato. Disciplinate al Titolo III del suddetto regola-mento, le STG contrassegnano prodotti ottenuti secondo una pratica tradizionale, che possa conferire specificità al prodotto, senza un particolare legame con un dato territorio79. Tale segno, anch’esso soggetto a registrazione costitutiva, integra infatti il proprio carattere comunicativo con il solo valore dell’uso della “ricetta tradizio-nale” nella lavorazione del prodotto, prescindendo da qualsiasi rapporto tra le carat-teristiche organolettiche di quest’ultimo e il territorio di provenienza80. Tale assenza rende, come evidenziato da più parti in dottrina, il segno in questione incapace di conferire valore aggiunto al prodotto, e sebbene L’UE auspichi un intervento del le-gislatore nazionale diretto a supplire all’inerzia degli operatori economici proprio in ordine all’uso delle STG, difficilmente si può concepire una denominazione alimen-tare tipica e/o tradizionale che sia del tutto scollegata dalla località d’origine e quindi non registrabile nemmeno come IGP81. Reinterpretando la suddetta terminologia82, se ne prospetta l’utilizzo sia, per prodotti dalla diffusione esclusivamente locale, in 79 Per i presupposti della relativa fattispecie, art. 18 del Reg.1151/2012: “Un nome è ammes-so a beneficiare della registrazione come specialità tradizionale garantita se designa uno specifico prodotto o alimento:

a) ottenuto con un metodo di produzione, trasformazione o una composizione che corrispondono a una pratica tradizionale per tale prodotto o alimento;

b) ottenuto da materie prime o ingredienti utilizzati tradizionalmente.

2. Affinché un nome sia registrato come specialità tradizionale garantita, esso deve: a) essere stato utilizzato tradizionalmente in riferimento al prodotto specifico; b) designare il carattere tradizionale o la specificità del prodotto”.

80 Un noto esempio italiano di STG è la “Mozzarella”, denominazione che con l’aggiunta del segno o del logo in esame, garantisce al consumatore, che si tratti di prodotti lavorati secondo la ricet-ta tradizionale, ma, indifferentemente, da qualunque produttore e in qualunque paese d’Europa. 81 Tale totale assenza di legame con il territorio è difficilmente prospettabile anche consideran-do che le nozioni di DOP e IGP, così come delineate all’art 5 del Reg. 1151/2012, possono ben riferirsi ad aree geografiche anche notevolmente estese, sebbene necessariamente delimitate.

82 Rare sono le ipotesi di STG di successo, ma tra queste è interessante evidenziare il caso del “Jamon Serrano STG”, il prosciutto spagnolo, la cui denominazione “serrano”, che significa “di

montagna”, ha assunto nell’ambito delle STG un rilievo peculiare ed esclusivo, in quanto, per ragioni

linguistiche, in nessun altro paese europeo il suddetto termine può essere utilizzato per designare un prodotto di montagna, così F.Capelli, Luci e ombre nel nuovo Regolamento UE n. 1151/2012 sulla

funzione di promozione della località, attraverso la potenziale capacità attrattiva del turismo gastronomico, che, in ogni caso, come strumento realmente alternativo alle DOP e alle IGP, possa ridurne la proliferazione sul mercato europeo e internazionale, in modo tale da evitare che un numero eccessivo dei segni più noti determini una corrispondente perdita di valore e, quindi, di apprezzamento presso i consumatori delle stesse categorie delle DOP e IGP83.

Sul piano nazionale, con esclusivo riferimento ai Paesi membri dell’UE, l’a-spetto terminologico rimane per lo più correlato alla questione della supposta esclu-sività della disciplina comunitaria nel riconoscere e tutelare Do e Ig84, fatte salve solo le denominazioni nazionali previste da Leggi speciali, antecedenti rispetto ai Regolamenti, che non siano risultate con essi incompatibili85 o quelle straniere pro-tette in base a convenzioni internazionali sempre antecedenti, stipulate da singoli Stati membri con Paesi extra-UE. Il legislatore italiano nel CPI riporta entrambe le terminologie, Do e Ig, secondo un orientamento il più possibile inclusivo, ma senza operare tra queste alcuna distinzione, in merito non solo alla tutela, ma anche ai pre-supposti definitori. In Francia, il legislatore ha compiuto, invece, la scelta inversa, confermando, nel Codice di proprietà industriale, la stessa suddivisione operata a livello internazionale, conferendo a Do (Appellations d’origine) e Ig (rinominate

Indications géographiques protégeant les produits industriels et artisanaux) due

di-stinte sezioni di uno stesso Capitolo, ricomprese, però, entrambe, sotto ad un più 83 Ibidem; per un’analisi della debolezza delle STG, già nella riforma del Reg. 509/2006 in

particolare S.Masini, Sulla funzione delle specialità tradizionali garantite: una nomenclatura tra

tradi-zione e delocalizzatradi-zione, in DGA, 2006, pp. 490 e ss.; L.Costato, DOP, IGP e STG nei Regolamenti del 2006, adottati anche in relazione ai negoziati WTO, in RDA, 2006, pp. 352 e ss.

84 Vedi infra nota 55.

85 In Italia, sebbene manchi nell’art. 30 del CPI la relativa clausola di salvezza, la dottrina ritiene tuttora in vigore alcune leggi speciali inerenti a specifici settori, tra cui la l. 164/1992 per i vini, la l.125/1954 per i formaggi, la l.313/1998 sull’etichettatura dell’olio extravergine d’oliva, dell’olio di oliva vergine e olio di oliva e la l.568/1970 sulla coltivazione, raccolta e commercio dei tartufi freschi o conservati: così, V.A. Zanon, Indicazioni geografiche, in A.Vanzetti e G.E.Sironi (a cura di), Codice

generale titolo di Indications géographiques86.